CALANDRINI, Giuliano
Nacque a Lucca, dove fu battezzato il 21 ag. 1514, da Filippo di Giovan Matteo e da Caterina di Benedetto Buonvisi. In qualità di primogenito ricevette dal padre l'incarico di dirigere i commerci e l'amministrazione della casa e, a partire dall'agosto del 1552, fu anche esonerato dall'obbligo di presentare rendiconti e designato come principale erede; in particolare gli vennero assegnate in legato, col vincolo dell'inalienabilità, alcune terre a livello, che sarebbero dovute passare, dopo la sua morte, ai figli Giovanni, Filippo e Cesare. In un successivo testamento, dell'11 ag. 1553, fu invece dichiarato coerede in parti eguali con il fratello Benedetto.
Il C. aveva sposato, poco dopo il 1540, Caterina di Agostino Balbani, sorella di Niccolò e Turco, dopo aver avuto, fuori del matrimonio, un figlio naturale, Scipione, che si sarebbe distinto tra i riformati italiani in ambiente svizzero come divulgatore delle nuove idee religiose. Dalla moglie ebbe Giovanni, battezzato in Lucca il 6 giugno del 1544, Chiara nata nel 1545, Laura nel 1547, Filippo nel 1548, Cesare nel 1550, Camilla nel 1552. In Lucca partecipò alla vita pubblica e ottenne varie volte l'anzianato: nel 1546, nel 1549, nel 1551; fu anche anziano surrogato nel bimestre gennaio-febbraio 1555.
La sua attività nella mercatura e nel cambio si svolse, sulle orme del padre, in collegamento con le aziende Buonvisi, sia a Lucca, dove partecipò alla compagnia del banco "Eredi di Ludovico, Benedetto Buonvisi, Michele Diodati e C." del 1555-1559, di cui era anche "governatore" quando si fosse trovato in patria, sia in Francia, dove fu socio della compagnia del banco di Lione dei Buonvisi degli anni 1554-1559, diretta da suo fratello Benedetto. In Francia e in Svizzera, venuto in contatto con gli ambienti riformati, strette relazioni con il re di Navarra e con suo fratello. il principe di Condé, ebbe modo di maturare la conversione, forse già preparata in Lucca attraverso la frequentazione di Aonio Paleario. Abiurò il cattolicesimo, celebrando la sacra cena in Ginevra fra il 1552 e il 1557, quando era pastore della Chiesa italiana Celso Massimiliano Martinengo; nel 1560 (e non nel 1575, come sostenne il Ruffini) poté quindi essere accolto senza esame nella comunità italiana riformata di quella città.
è improbabile tuttavia che il C. abbia fissato la sua residenza a Ginevra fin da quel tempo, mentre pare certo che non abbia più osato rientrare a Lucca, anche se la sua conversione non era ancora di dominio pubblico. Continuò presumibilmente a vivere in Francia, staccandosi dai cugini Buonvisi e realizzando progressivamente i beni italiani per trasferirli all'estero.
Il C. incaricò il fratello Benedetto, rimasto a Lucca, ma anche lui segretamente incline alla Riforma, di alienare per tempo i possedimenti della casa; fu soprattutto nel 1567, all'esplodere in Lucca delle persecuzioni contro gli eretici, che i Calandrini misero in atto tutta una serie di vendite che preludeva immediatamente alla fuga dell'intera famiglia. Che il C. abbia preceduto gli altri si può anche dedurre dal fatto che Benedetto aveva dovuto accompagnare presso di lui in Francia, nel 1566, quella Zabetta Arnolfini, vedova di Niccolò Diodati, che, dopo la morte per parto di Caterina Balbani, avvenuta nel 1554, gli era stata promessa in sposa, e la figlia di Giuliano, Laura, promessa sposa del figlio di Zabetta, Pompeo Diodati, bandito fin dal marzo del 1566 per motivi religiosi.
Al ricongiungimento con la figlia Laura e la sposa Zabetta, seguì per il C. quello con gli altri familiari: il fratello e la cognata Maddalena Arnolfini, i figli e il genero Michele Burlamacchi, sposo di Chiara, dei quali è incerto se fuggissero tutti insieme da Lucca nella primavera del 1567 o in due tempi, prima i figli Cesare e Giovanni tra il 1566 e il 1567, e successivamente gli altri.Soltanto ora il governo lucchese prendeva provvedimenti contro questo gruppo di esuli, citando a giustificarsi dell'accusa di eresia il C. insieme con il figlio Filippo nel luglio 1567, condannandolo poi come eretico e ribelle il 4 novembre dello stesso anno e confiscandogli infine tutti i beni immobili.
Il soggiorno in Francia non fu fortunato a causa dello scoppio delle guerre civili: il C. infatti dovette ben presto lasciare la "seigneurie di Luzarches, che aveva preso" a firma insieme con Pompeo Diodati, e seguire l'esercito ugonotto del principe di Condè, suo amico, che si ritirava in seguito alla sconfitta di St.-Denis dell'11 nov. 1567. Duro fu il peregrinare, specialmente per le due figlie del C., Laura e Chiara, che erano incinte, ma, giunti a Montargis, gli italiani trovarono sicuro rifugio presso Renata di Francia, signora del luogo. A Montargis il C. battezzò la nipote Renea di Michele Burlamacchi. Conclusa la pace di Longjumeau (marzo 1568), il C. rientrò nel giugno a Luzarches, senza tuttavia poter attendere ai suoi affari perché nuovi torbidi mettevano in pericolo l'esistenza stessa dei profughi. Fortunatamente un altro protettore, il duca di Bouillon, Henri Robert de La Marck, li ospitò a Sedan circa un anno, fino alla pace di St.-Germain (agosto 1570). Scampato alla notte di S. Bartolomeo (24 ag. 1572), il C. riparò ancora una volta, insieme con i suoi, presso il duca di Bouillon, a Sedan; e proprio qui, presumibilmente di contagio, morì nel dicembre del 1573.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Comune, Corte dei Mercanti, n. 87, cc. 5, 29v-30, 48-49, ss; Firenze, Bibl. naz., Collezione Guicciardiniana 2.3.2.: V. Burlamacchi, Libro di memorie diverse della Chiesa italiana di Geneva dal 1550 al 1669, cc.n.n.; Ginevra, Bibl. publ. et univers., ms. Suppl. 438: Libro de' degnissimi ricordi delle nostre famiglie, cc.51 ss., 86, 88; Lucca, Bibl. govern., ms. 1109: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi (sec. XVIII), cc. 67 s., 72; J. A. Galiffe, Notices généalogiques sur les familles genevoises depuis les premiers temps jusqu'à nos jours, II, Genève 1836, pp. 536-561; Ch. Eynard, Lucques et les Burlamacchi. Souvenirs de la Réforme en Italie, Paris 1848, pp. 208 ss., 213, 216 ss., 241 ss.; J. B. G.Galiffe, Le refuge italien de Genève aux XVIe et XVIIe siècles, Genève 1881, p. 153; G. Sforza, La Patria, la famiglia e la giovinezza di Papa Niccolò V, in Atti della R. Accademia lucchese di sc., lett. e arti, XXIII(1884), pp. 314 s., 319 e passim;F.Tocchini, Note sulla Riforma a Lucca dal 1540 al 1565, in Boll. stor. lucchese, IV(1932), p. 116; A. Pascal, Da Lucca a Ginevra. Studi sulla emigrazione religiosa lucchese a Ginevra, Pinerolo 1935, passim; F. Ruffini, Studi sui riformatori ital., a cura di A. Bertola-L. Firpo-E. Ruffini, Torino 1955, pp. 421-422; F. Casali, L'azienda domestico-patrimoniale di Ludovico Buonvisi e la sua partecipazione alle compagnie principali del casato (con trascrizione del libro personale suo e degli eredi degli anni 1549-1569), tesi di laurea, università di Pisa, fac. di economia e comm. [1964], ad Indicem.