MEDICI, Giuliano
de’. – Nacque a Firenze nel 1520, ultimo figlio di Pierfrancesco (il Giovane o il Popolano) e di Maria di Tommaso Soderini.
Il ramo della famiglia discendeva da Lorenzo di Giovanni (morto nel 1440), fratello minore di Cosimo il Vecchio. Anche se ancora legata al ramo principale della casata, la famiglia del M. non rivestiva un ruolo politico importante, pur disponendo di cospicui beni immobili. Già nel 1523, però, tra Pierfrancesco e suo cugino Giovanni (il futuro Giovanni dalle Bande Nere), sorsero alcune controversie causate dal progressivo assottigliarsi del patrimonio, ridotto sostanzialmente a una serie di beni immobili vincolati in fedecommesso da Pierfrancesco il Vecchio (1431-69) e posseduti in comune dalle due famiglie. Il contrasto non impedì che le due famiglie vivessero a stretto contatto, ma condizionò pesantemente la vita della generazione più giovane, quella a cui il M. apparteneva.
Durante l’infanzia il M. risiedette prevalentemente a Firenze e nella villa medicea di Cafaggiolo. Morto il padre, nel 1525, fu allevato dalla madre insieme con le sorelle Laudomia e Maddalena e il fratello maggiore Lorenzo detto Lorenzino. Gli studi dei due maschi si svolsero sotto la guida di un letterato di qualche valore, il canonico di S. Lorenzo Giovan Francesco Zeffi. Nell’autunno del 1526 lo scoppio della guerra tra l’imperatore Carlo V e il papa Clemente VII Medici e la discesa delle truppe imperiali in Italia resero precario il governo mediceo e indussero Maria Soderini ad allontanare i figli dalla Toscana. Lo stesso fece pure Maria Salviati, da poco vedova di Giovanni de Medici (morto nel 1526) e madre di un fanciullo quasi coetaneo del M., Cosimo, futuro duca di Firenze.
Dopo un viaggio reso difficile dagli eventi bellici, il M., suo fratello Lorenzino e il cugino Cosimo raggiunsero Venezia alla fine del dicembre 1526.
Anche il soggiorno veneziano dei due fratelli rimane poco conosciuto: sembra che abbiano alloggiato in un modesto palazzetto nella contrada di S. Maria Mater Domini, anche a causa delle persistenti difficoltà economiche della famiglia.
Nel maggio 1527, caduto il regime mediceo, anche Maria Soderini raggiunse i figli a Venezia, dove la famiglia rimase fino all’autunno del 1528. In seguito, il peggioramento delle relazioni tra la Repubblica di Venezia e Clemente VII indusse la Soderini a trasferirsi con i figli in Romagna e, dopo un breve soggiorno nel Mugello, a Bologna, dove giunsero nell’agosto 1529. Il 24 febbr. 1530 assistettero alla cerimonia di incoronazione di Carlo V da parte del papa.
In seguito alla riappacificazione tra Clemente VII e Carlo V, il M. e la sua famiglia raggiunsero Roma nella primavera dello stesso anno e furono accolti alla corte papale. Dopo la caduta del regime repubblicano (agosto 1530) e l’insediamento di Alessandro de’ Medici come duca di Firenze, il M. rientrò con la famiglia a Firenze, dove alloggiò in un palazzetto contiguo al palazzo Medici di via Larga.
La parentela con il duca Alessandro non procurò alla famiglia del M. particolari vantaggi. Anzi, nel 1536 la vertenza tra il duca e Lorenzino, da una parte, e il cugino Cosimo, dall’altra, relativamente ai beni posseduti in comune dalle famiglie si risolse a sfavore del M. e dei suoi congiunti, che si ritrovarono in condizioni economiche sempre più precarie. Nonostante ciò, potevano nutrire speranze in un miglioramento: in base a quanto stabilito da Carlo V, se il duca Alessandro fosse morto senza eredi, la successione al Ducato di Firenze sarebbe spettata al ramo della famiglia al quale il M. apparteneva.
Nel 1537 la vita del M. ebbe però una svolta definitiva, a causa delle azioni del fratello Lorenzino, che, nella notte tra il 5 e il 6 genn. 1537, assassinò il duca Alessandro. In quel frangente, il M. era con la madre a Cafaggiolo, ma pagò le conseguenze di quanto il fratello aveva compiuto. Già il 9 gennaio gli oligarchi fiorentini esclusero Lorenzino e la sua famiglia da ogni diritto alla successione. Il M. e le sue sorelle presero la via dell’esilio: si trasferirono prima a Bologna e poi, intorno al 1538, a Venezia contando sull’aiuto economico di Filippo Strozzi, il capo riconosciuto dei fuorusciti antimedicei che fin dal primo momento aveva dato il proprio sostegno a Lorenzino.
Ormai adolescente, il M. visse dunque insieme con Zeffi sotto la tutela di Filippo Strozzi, che in una lettera a Lorenzino dell’aprile 1537 (Ferrai, pp. 424-429), suggerì di fargli completare gli studi a Padova per poi avviarlo alla carriera ecclesiastica. Questi progetti non ebbero seguito: dopo la sconfitta degli esuli fiorentini a Montemurlo, nell’agosto 1537, e il suicidio in carcere di Filippo Strozzi, nel dicembre 1538 la famiglia del M. si trovò «in estrema necessità di tutte le cose», come scrisse Matteo Giberti a Francesco Guicciardini il 16 febbr. 1539 (in Guasti, p. 42). Anche in questa fase, tuttavia, non mancò al M. e ai suoi l’appoggio degli Strozzi, tanto più che nel 1539 Laudomia e Maddalena sposarono due figli di Filippo Strozzi, rispettivamente Pietro, futuro maresciallo di Francia, e Roberto.
I movimenti del M. non sono facilmente ricostruibili, ma sembra che negli anni Quaranta del Cinquecento abbia vissuto tra l’Italia e la corte di Caterina de’ Medici, regina di Francia dal 1547, che protesse molti esuli fiorentini. In quel periodo il M. fu tenuto discretamente d’occhio dagli inviati medicei in Francia, che pure non lo ritenevano pericoloso per la stabilità della situazione politica fiorentina, in quanto privo di risorse sufficienti a svolgere una politica propria.
In seguito il M. partecipò, sia pure in una posizione defilata, alla guerra di Siena. In particolare, nell’agosto 1554 era presente alla battaglia di Scannagallo (Valdichiana), nella quale il cognato Pietro Strozzi cercò inutilmente una vittoria campale sulle forze imperiali. Caduta Siena, riparò nell’isola d’Elba, con Strozzi e le residue forze della Repubblica, ma fuggì a Civitavecchia di fronte all’attacco dell’esercito imperiale e mediceo. Nel 1556 fu con Strozzi e altri fuorusciti a Civita Castellana, sotto la protezione papale.
Nel 1558 partecipò all’assedio di Thionville, piazzaforte spagnola della Mosa, dove Strozzi trovò la morte. Nel novembre dello stesso anno il papa Paolo IV si adoperò presso il re Enrico II per far ottenere al M. il vescovato di Comminges, di cui era titolare il nipote del pontefice, Carlo Carafa, ma senza successo.
Nel 1559, grazie agli interventi di Pio IV, Cosimo I accettò di riconciliarsi con gli Strozzi e con il M. che, come scrisse R. Galluzzi, «non avendo fuori di Toscana capitali, né mercatura, sussisteva con le sovvenzioni della Regina, e delli Strozzi» (p. 274). Poiché il M. restava uno dei candidati a un’eventuale successione al Ducato di Firenze, Cosimo subordinò la riconciliazione al fatto che il M. rimanesse celibe e abbracciasse la carriera ecclesiastica, impegnandosi in cambio a concedergli una pensione di 500 scudi.
Nel 1561 il M. ottenne il vescovato di Béziers, rassegnato dal cardinale Lorenzo Strozzi, figlio di Filippo, a testimonianza del persistere di robusti legami tra gli esponenti del fuoruscitismo repubblicano fiorentino.
L’episcopato del M. corrispose a una fase particolarmente difficile per la diocesi, a causa della presenza di una forte comunità ugonotta. Nel maggio 1562 gli ugonotti, capeggiati da Jacques de Crussol, signore di Beaudiné, si impadronirono militarmente della città, compiendo diverse uccisioni e devastando numerose chiese. In seguito il conflitto si allargò anche ad altri luoghi della diocesi, come a Lignan, dove una guarnigione vescovile fu sopraffatta.
Solo nel corso del 1563, grazie a un editto di pacificazione, fu ristabilita la quiete. Nel dicembre 1564 la città fu visitata dal re Carlo IX e dalla regina madre Caterina de’ Medici. In quell’occasione il M., che ospitò il sovrano nel suo palazzo, gli presentò una serie di proteste contro le violenze degli ugonotti. Data la difficile situazione della diocesi, il M. chiese di poter risiedere a Roma, ma il papa Pio V, nel marzo 1566, lo invitò a rimanere a Béziers per proseguire la difesa del cattolicesimo.
Il M. riuscì ad accumulare diverse cariche religiose, a conferma della sua posizione sempre più importante. Nel 1570 fu provvisto dell’antica abbazia di Saint-Victor di Marsiglia. Nel 1571, alla morte del cardinale Lorenzo Strozzi, Carlo IX lo indicò al pontefice come suo successore nell’arcivescovato di Aix, ma il M. fu preconizzato alla nuova sede solo nel 1574, pur avendone già ottenuto nel frattempo l’amministrazione e le rendite. In ogni caso, il M. non risiedette che saltuariamente ad Aix, preferendo soggiornare nell’abbazia di Saint-Victor o nel castello di Auriol.
La carriera ecclesiastica non fu sufficiente a garantire al M. una situazione economica solida. Perciò nel 1574 si rivolse al granduca di Toscana Francesco I affinché soccorresse «negli ultimi anni suoi un servitore che porta il nome della casa sua» (in Pieraccini, p. 448), e nel 1576 si recò a Firenze per sistemare la sua situazione patrimoniale. In quell’occasione il M. cedette a Francesco I i suoi residui beni, tra cui la villa di Cafaggiolo, in cambio di «meglio che dieci milia ducati contanti e alquanti centi di ducati ogni anno» (Arditi, p. 108).
Nel marzo 1576 rassegnò l’arcivescovato di Aix al cugino Alessandro Canigiani e passò alla sede episcopale di Albi. La diocesi di Albi era ritenuta una delle più importanti di Francia a causa delle considerevoli rendite, ma le guerre di religione, particolarmente cruente in quell’area, avevano fortemente indebolito l’autorità episcopale. Il M. raggiunse la sede solo nel maggio 1577 e vi svolse una intensa attività, esercitando anche funzioni di supplenza rispetto alle autorità civili. Si devono al M., tra l’altro, la costruzione di un convento dei cappuccini e la ricostruzione di quello dei carmelitani, distrutto dalla guerra. Allo stesso tempo, il M. consolidò i suoi rapporti con il granduca Francesco I, il quale nel 1585 patrocinò una sua elevazione al cardinalato, che però non si realizzò.
Il M. morì nel castello di Auriol, in Provenza, nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1588 e fu sepolto nell’abbazia di Saint-Victor.
Fonti e Bibl.: G. Ughi, Cronica di Firenze o compendio storico delle cose di Firenze…, a cura di F. Frediani, in Archivio storico italiano, 1849, t. 7, App., pp. 190-192; B. Segni, Istorie fiorentine dall’anno MDXXVII al MDLV, a cura di G. Gargani, Firenze 1857, pp. 314, 345; I. Nardi, Istorie fiorentine, a cura di A. Gelli, Firenze 1858, p. 88; Négociations diplomatiques de la France avec la Toscane, a cura di G. Canestrini - A. Desjardins, III, Paris 1865, pp. 258, 293; Correspondance du nonce en France Anselmo Dandino (1578-1581), a cura di I. Cloulas, Rome 1970, ad ind.; B. Arditi, Diario di Firenze e di altre parti della Cristianità (1574-1579), a cura di R. Cantagalli, Firenze 1975-76, pp. 107 s.; Correspondance des nonces en France Lenzi et Gualterio, légation du cardinal Trivultio (1557-1561), a cura di J. Lestocquoy, Rome 1977, ad ind.; R. Galluzzi, Istoria del Granducato di Toscana, I, Firenze 1822, pp. 95, 273 s.; G. Adriani, Istoria de’ suoi tempi, Prato 1822-23, II, pp. 19, 26; IV, p. 221; S. Ammirato, Istorie fiorentine…parte seconda, con l’aggiunte di Scipione Ammirato il giovane, XI, Firenze 1827, pp. 136, 245; M.C. Compayré, Études historiques et documents inédits sur l’Albigeois…, Albi 1841, pp. 100-102; A. Ademollo, Marietta de’ Ricci ovvero Firenze al tempo dell’assedio, Firenze 1841, pp. 1020, 1022; E. Sabatier, Histoire de la ville et des évêques de Béziers, Béziers 1854, pp. 335-339; C. Guasti, Alcuni fatti della prima giovinezza di Cosimo I de’ Medici, in Giorn. storico degli archivi toscani, II (1858), pp. 13-64; L.A. Ferrai, Lorenzino de’ Medici e la società cortigiana del Cinquecento, Milano 1891, pp. 14, 29, 33, 266 s., 336, 419, 424-429, 435 s., 439, 447; J.-H. Albanès, Gallia Christiana novissima…, I, 1, Montbéliard 1895, coll. 123-126; P. Gauthiez, Lorenzaccio (Lorenzino de Médicis), 1514-1548, Paris 1904, pp. 32, 38, 57, 61, 264; L. Romier, Les origines politiques des guerres de réligion: d’après des documents originaux inédits, Paris 1913, I, p. 153; G. Pieraccini, La stirpe de’ Medici di Cafaggiolo: saggio di ricerche sulla trasmissione ereditaria dei caratteri biologici, II, Firenze 1925, pp. 447-449; G. Spini, Cosimo I de’ Medici e la indipendenza del principato mediceo, Firenze 1945, p. 32; R. Cantagalli, Cosimo I de’ Medici, granduca di Toscana, Milano 1985, ad ind.; J.F. Dubost, La France italienne, XVIe-XVIIe siècle, Paris 1997, ad ind.; Hierarchia catholica…, III, pp. 101, 113, 135.
S. Tabacchi