Ricci, Giuliano de’
Nacque a Firenze il 12 maggio 1543 «nella casa che fu di Niccolò Machiavelli – come amava ricordare – posta nella via de’ Guicciardini, popolo di Santa Felicita quartiere di Santo Spirito» (Sartorello 2007, p. 137), da Giovanni di Giuliano di Ardingo (1508-1590) e da Bartolomea (Baccia) Machiavelli (m. 1584). Si spense nella propria città natale il 10 novembre 1606. Ebbe come modello ideale e irraggiungibile la statura del nonno materno, che contribuì ad alimentare in lui una robusta e precoce vocazione per le lettere, in particolare per la storia. Una vocazione che tuttavia fu avversata dal padre che lo forzò, contro le sue aspirazioni, a seguire le proprie orme, impegnandolo nella bottega di famiglia. Il padre, infatti, che apparteneva al ramo povero della casata fiorentina de’ Ricci, esercitò per tutta la vita una modesta attività di battiloro e, pur avendo ricoperto diverse cariche politiche, non rientrò mai tra la schiera dei cittadini influenti. Poco più che ventenne R., in seguito a una rissa, si trasferì per qualche anno a Perugia, presso lo zio Bernardo (secondogenito di M., → Machiavelli, Bernardo), che ricopriva la carica di tesoriere provinciale della Camera apostolica, una figura di peso all’interno dell’amministrazione dello Stato pontificio.
Gli anni perugini furono decisivi per la sua formazione intellettuale. Nonostante lo zio Bernardo l’avesse impiegato come contabile, R., libero dall’ingombrante presa paterna, ritrovò quella consuetudine con gli studi dai quali era stato bruscamente allontanato perché «parve a’ suoi che troppo vi si fosse ingolfato et immerso, et che in agibilibus restasse più presto troppo addietro» (Sartorello 2007, p. 140). Ebbe parte attiva nella fondazione dell’Accademia degli Eccentrici di Perugia, e il suo coinvolgimento è testimoniato, oltre che da due rari componimenti poetici, da tre lezioni pronunciate in tre diverse adunanze, tra il marzo del 1567 e l’aprile del 1568. La prima di queste è dedicata allo statuto e ai fondamenti del diritto, e ben esemplata nel De nobilitate legum et medicinae di Coluccio Salutati; la seconda lezione è consacrata a un’altra accesa polemica, quella contro le stampe, nei confronti della quale R. assunse una posizione conservatrice se non reazionaria, facendo suoi «tutti i motivi dominanti della posizione della Chiesa cattolica uscita dal Concilio di Trento [...] vagheggiando il beato ritorno a un’età ormai anacronistica nella quale la cultura veramente ‘nobile’ era alla portata di pochi eletti» (Sapori 1972, p. 164). La terza e ultima lezione è dedicata all’invidia, uno dei sette vizi capitali codificati dalla cultura medievale.
Costretto suo malgrado a rientrare a Firenze, s’impegnò a tempo pieno nella bottega di famiglia, senza tuttavia rinunciare completamente alla propria vocazione di storico e di letterato. Scrisse due prioristi a famiglie, che sono ancor oggi una fonte indispensabile per la storia delle famiglie fiorentine perché, oltre ai consueti elenchi dei priori, per le famiglie più importanti R. compilava l’elenco delle cariche politiche ricoperte da tutti i discendenti e, seguendo un ideale albero genealogico, ricostruiva l’intera storia di quella casata. Compilò un dizionario storico-geografico, un trattato dei mesi dell’anno, una commedia e altre opere minori. Di grande interesse è poi una sua voluminosa cronaca di Firenze (1532-1606), anche per gli impliciti legami che presenta con i modelli storiografici della prima metà del 16° sec., in particolare con quello seguito dal famoso nonno materno. Rimasta sconosciuta fino alla seconda metà del secolo scorso, questa impresa lo impegnò tutta la vita, con una scrittura condotta secondo precisi criteri, come egli stesso spiega:
scrivendo io per mio passatempo non mi voglio obbligare in questi miei scritti a dire se non quel che io veggo et che mi perviene a notitia senza domandarne alcuno, lontano da ogni adulazione et solo per il vero, acciò che ad ogni tempo ciascuno possa essere sicuro et certo che quello di che ho fatto memoria è lontano da ogni passione et giusto et vero senza aggiugnere o levare niente (Cronaca (1532-1606), a cura di G. Sapori, 1972, p. 97).
Ancora più interessante è un’altra precisazione a proposito di vicende che riguardano un parente di R. e di cui egli dà conto:
potrebbe ad alcuno parere che io facessi errore a far nota del caso che seguita, poi che in esso viene in qualche parte infamato un mio parente. Et a chi fosse di questa oppenione gli rispondo che fu sempre, è, et sarà, mia intentione lo scrivere liberamente quello che a me parrà degno di memoria senza alcun rispetto et senza alcuna adulatione (Cronaca, cit., pp. 79-80).
Queste note risalgono agli anni in cui R. ricevette l’incarico (1573) assieme al cugino Niccolò (figlio del secondogenito di M.) di curare un’edizione ‘purgata’ delle opere del celebre avo. Il documento che attesta l’affidamento del compito ai due nipoti da parte della Congregazione dell’Indice è noto (Bertelli 1976), come pure note sono le vicende legate a questo tentativo di ‘rassettare’ le opere di M. (Pieraccini 1981), assieme all’infelice esito di cui lo stesso R. dà conto nel suo Priorista, dove dice esplicitamente che
se bene si faticò attorno alla detta revisione [...] e a Roma si mandò le correctioni delle Historie, sino adesso, che siamo nel 1594, non si è condotto questa opera a fine, perché nello stringnere il negotio volevano, quelli signori, che si ristampassono sotto altro nome (Grande priorista a famiglie, Quartiere di S. Spirito, c. 270r).
Se è improbabile che dopo due decenni R. credesse ancora nella possibilità di realizzare questo progetto, è certo che nella correzione fu impegnato diversi anni (Pieraccini 1981), e soprattutto che continuò a tenere aggiornato il suo Apografo con la persuasione di fare cosa utile a «tutto l’universale» (Tommasini 1883-1911, 1° vol., p. 622). R., infatti, raccolse e ordinò numerosi scritti e documenti inediti del nonno materno, arricchendoli di moltissime note e commenti (di carattere storico), con il preciso ed esplicito intento di contrastare (e superare) il vulgato ritratto di M. che fece per primo Paolo Giovio (→), e di avviare una più sicura e documentata ricostruzione biografica (Procacci 1995, p. 305). Scoperta nel 1725 dal cruscante Antonio Rosso Martini, e pubblicata nel 1883 da Oreste Tommasini (che edita i cappelli introduttivi e i commenti ai testi machiavelliani), questa raccolta rappresenta a tutti gli effetti la prima attendibile biografia di Machiavelli. Vi è senz’altro nella raccolta ricciana un intento apologetico nei confronti del famoso avo, soprattutto lì dove, di contro all’immagine fissata da Giovio di un M. irridente e ateo, egli contrapponeva il ritratto di un Segretario fiorentino pio «et osservante della religione» (Pieraccini 1981, p. 254), morto «cristianamente nel suo letto, visitato da tutti gli amici, in braccio della moglie, et de’ figlioli» (Tommasini 1883-1911, 1° vol., p. 644). E in effetti, egli non fu del tutto immune da remore e perplessità in qualche modo legate all’atmosfera controriformistica, poiché castrò in numerosi punti gli scambi epistolari nei passi che giudicava licenziosi, e decise, forse per ragioni di convenienza politica, di non copiare la commedia le Maschere (→). È comunque indubitabile che sia le ricerche condotte nel Settecento dagli eruditi italiani, sia la svolta che interesserà gli studi a carattere storico-biografico su M. legata alle celebrazioni fiorentine del 1869, hanno avuto come punto di riferimento imprescindibile le lunghe e pazienti ricerche svolte da R. che per primo tracciò la strada.
Bibliografia: Grande priorista a famiglie, 4 voll., BNCF, Pal. E.B. 14.1/1-4; Priorista a famiglie, 2 voll., BNCF, B.R. 22-23; Rime degli Accademici Eccentrici di Perugia, BNCF, Magl. Cl. VII 1177, parte IV; Letione in lode della scientia legale detta da G. de’ R. nella Accademia degli eccentrici di Perugia, Firenze, Biblioteca Moreniana, Fondo Bigazzi, ms. 279, cc. 1r-23v; Cronaca (15321606), a cura di G. Sapori, Milano-Napoli 1972. Si vedano inoltre: L. Passerini, Genealogie [famiglia Ricci], BNCF, G.F.A.; R. de’ Ricci, Memorie storiche della famiglia Ricci, 2 voll., ASF, Acquisti e doni 99-100; O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2 voll., Torino-Roma 1883-1911 (rist. anast. Bologna 1994-2003); P. Giovio, Elogi degli uomini illustri, a cura di F. Minonzio, trad. di A. Guasparri, F. Minonzio, Torino 2006.
Per gli studi critici si vedano: A. Salza, L’Accademia degli Eccentrici di Perugia, Perugia 1898; L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria apostolica di Perugia e Umbria, Perugia 1901; G.B. Furiozzi, Notizie sulla famiglia di Machiavelli, «Il pensiero politico», 1969, 2, pp. 473-75; G. Sapori, Giuliano de’ Ricci e la polemica sulla stampa nel Cinquecento, «Nuova rivista storica», 1972, 56, pp. 151-64; S. Bertelli, Egemonia linguistica come egemonia culturale e politica nella Firenze cosimiana, «Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance», 1976, 38, pp. 249-83; L. Pieraccini, Alcuni aspetti della fortuna di Machiavelli a Firenze nel secolo XVI, «Studi e ricerche», 1981, 1, pp. 221-70; G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, Roma-Bari 1995; L. Sartorello, L’autobiografia inedita di Giuliano de’ Ricci nipote di Machiavelli, «Bruniana & Campanelliana», 2007, 13, pp. 131-45; L. Sartorello, Una lezione accademica di Giuliano de’ Ricci, nipote di Machiavelli, sull’invidia, «Atti e memorie dell’Accademia galileiana di scienze, lettere ed arti già dei Ricovrati e Patavina», 2007-2008, 120, 3, pp. 69-113; L. Sartorello, Machiavelli nella storiografia post-risorgimentale. Tra metodo storico e usi politici, Padova 2009; L. Sartorello, Censura e modernità in una inedita orazione di Giuliano de’ Ricci (1543-1606), «Giornale storico della letteratura italiana», 2013, 190, 1, pp. 67-93.