GIAMPICCOLI, Giuliano Marco
Nacque il 3 maggio 1703 a Belluno, in una famiglia di antiche tradizioni cittadine, da Girolamo e da Livia Ricci, sorella del celebre pittore Marco.
Il G. apparteneva, quindi, per via materna a una dinastia di artisti che dalla fine del Seicento aveva contribuito a legare saldamente il nome di Belluno alla migliore produzione pittorica della Repubblica di Venezia e a farla nota nel mondo. In particolare dalla eredità artistica dello zio Marco Ricci resterà immancabilmente segnata, fin dal suo esordio, tutta la carriera incisoria del G., sul versante della traduzione a stampa dei modelli pittorici di lui così come della diretta ispirazione dalle sue celebri acqueforti. La collocazione critica del G. tra quel gruppo di incisori bellunesi di professione che diedero un importante contributo alla produzione a stampa nel Veneto del Settecento, quali Giambattista Brustolon, Antonio Baratti, Pellegrino De Col, Pietro e Francesco Monaco, pure storicamente ineccepibile, non dà conto appieno tuttavia del suo ruolo di autentico capofila e di autonomo mediatore tra l'attività calcografica delle botteghe veneziane - prima tra tutte quella di Giuseppe Wagner - e l'impresa bassanese dei Remondini, cui affiancò una propria produzione editoriale.
Trascorsa l'infanzia a Belluno, il G. deve aver iniziato almeno dal 1725 quel pendolarismo tra Belluno e Venezia che caratterizzerà la sua vicenda biografica e professionale e che può essere peraltro motivato da un suo tirocinio incisorio nella Dominante (forse nell'ambito della bottega di Wagner), tirocinio di cui non resta però documentazione certa e che se fosse stato invece svolto a Belluno avrebbe avuto come unico possibile riferimento l'esperienza grafica del Ricci, la cui applicazione acquafortistica risulta però, nell'arco del percorso artistico, assai tardiva e prevalentemente sperimentale.
Nel gennaio 1732 sposò a Venezia Maddalena Bertola, di probabili origini bellunesi per via materna, e fissò la propria residenza nella parrocchia di S. Antonino, dove intorno al 1738 figura esercitare l'attività di incisore, secondo l'elenco degli incisori attivi circa quell'anno redatto da Tommaso Temanza nel suo Zibaldon di memorie storiche…, e dove la sua presenza è documentata dagli atti di battesimo di alcuni dei figli fino al 1741. Intorno al 1740 il G. assunse la direzione della bottega incisoria attiva presso la stamperia Remondini di Bassano; il tradizionale riferimento al 1730 è infatti ora da ritardare di circa un decennio, sulla base del ricco epistolario, solo parzialmente edito (De Nard, 1996), con gli imprenditori bassanesi.
L'ingente materiale documentario raccolto nell'epistolario con gli imprenditori Remondini conservato presso la Biblioteca del Museo civico di Bassano del Grappa è una fonte primaria di grande interesse per testimoniare la prassi operativa che la collaborazione con una così articolata realtà produttiva nel campo delle immagini a stampa veniva a comportare: dal tirocinio speso a ritoccare i rami altrui per rinfrescarne il segno usurato dalle alte tirature fino al progressivo ruolo del G. quale intermediario tra la calcografia e gli artisti che fornivano soggetti destinati alla riproduzione, da Giovanni Battista Piazzetta a Pietro Longhi. All'inizio del 1751 il G. fu coinvolto, insieme con quest'ultimo artista, in un caso assai eloquente circa i disinvolti modi operativi adottati dai Remondini. Gli editori bassanesi avevano infatti in progetto di far copiare una fortunata serie di stampe da scene di genere di Pietro Longhi, già edita da Wagner; ma questi riuscì a far sì che i rivali bassanesi fossero costretti dalle autorità a far incidere nuovi soggetti, sempre su invenzione di Longhi, da altri incisori, tra i quali il G. stesso (Marini, 1994).
Che l'attività del G. continuasse in realtà a dividersi fra Bassano, Venezia e Belluno, lo dimostrano le nascite in quest'ultima città di altri figli nel 1733, 1734, 1738 e 1740, fino a un definitivo stabilirvisi della famiglia nel 1751. Alpago Novello (1939-40) ricorda una prima produzione tipografica avviata dal G. a Belluno almeno dal 1747, da cui uscirono nel 1748 l'edizione dell'Officina propria sanctorum civitatis ac diocesis Belluni, dei Componimenti poetici per la monacazione di Caterina Barbi l'anno seguente e nel 1750 della Synodus diocesana del vescovo Giacomo Costa. L'attività venne presto a cessare, forse a fronte di impegni incisori di maggior successo a Venezia e fu ceduta, almeno in parte, all'aiutante Simone Tissi.
La produzione calcografica meglio nota del G. resta quella più o meno direttamente legata ai temi del paesaggismo riccesco, a iniziare dalla serie di 48 stampe da invenzioni del Ricci concepita su commissione del ricco mercante di carta Bartolomeo Zucconi che, ultimata entro il 1739, non fu pubblicata in realtà che dopo il 1743, in due album dedicati rispettivamente al console inglese Joseph Smith e al collezionista Antonio Maria Zanetti il Vecchio. Nella complessa vicenda critica relativa a questa suite e alla sua datazione (Succi, 1985 e 1988; Moretti, 1986), in cui si riconosce ormai senza incertezze il singolare esordio acquafortistico di G.B. Tiepolo nella esecuzione delle figure, forse suggerito dallo stesso Zanetti in vista di una migliore riuscita commerciale della raccolta, si è letto il probabile intento del G. di sfruttare la fama dello zio riproducendone le opere, anche sulla base della disponibilità, dopo la morte di lui (1730), dei suoi materiali di bottega ereditati attraverso la madre. Della serie furono pubblicate quattro edizioni, di cui la prima in 36 esemplari; e la seconda, edita da T. Viero nel 1775, arricchita di altri 12 rami e suddivisa in quattro album di 12 incisioni ciascuno, recuperate tra quei 19 soggetti, già incisi dal G., che erano stati esclusi dalla prima edizione perché ritenuti "inutili" (Succi, 1988, p. 288). A questa seguirono altre serie di stampe, sempre da dipinti dello zio, eseguite in formati maggiori, a iniziare dai 13 soggetti per conto della calcografia veneziana di Wagner, costituenti la Raccolta di 12 paesi inventati e dipinti dal celebre Marco Ricci, cui fece seguito, sempre per Wagner, un'altra suite di 12 stampe in formato più grande eseguita in collaborazione con Francesco Bartolozzi, che intagliò sette lastre. Altre stampe di grandi dimensioni furono inoltre incise dal G. copiando per i Remondini disegni o dipinti di Francesco Zuccarelli e M. Ricci, già tradotti a stampa dalla calcografia Wagner con lastre dello stesso Wagner, di Bartolozzi e Giovanni Volpato.
Sul versante della illustrazione libraria, il G., insieme con altri incisori veneti, tra cui F. Piranesi e Wagner, contribuì con la tavola raffigurante la Villa Pozzolatico alla realizzazione dell'album topografico con le Vedute delle ville e d'altri luoghi della Toscana, da disegni di G. Zocchi, promosso dal marchese A. Gerini e pubblicato nel 1744 a Firenze da Giuseppe Allegrini; ancora a Firenze, nel 1751, collaborò all'edizione delle Pitture del salone imperiale del palazzo di Firenze con traduzioni da dipinti di Baldassare Franceschini detto il Volterrano. Le due serie più importanti sono costituite dalle 34 tavole per la Divina Commedia pubblicata a Venezia da Antonio Zatta nel 1757-58 e dalle numerose incisioni, in coppia con Antonio Baratti, da disegni di Pietro Antonio Novelli, per l'edizione delle Commedie di Carlo Goldoni pubblicata a Venezia da Giovanni Battista Pasquali in 17 volumi tra il 1761 e il 1777.
Sempre sul punto di interrompersi bruscamente per le reciproche intemperanze, il rapporto con i Remondini durò invece fino alla morte del G., legando l'artista con un contratto che prevedeva il pagamento delle sue collaborazioni parte in denaro e parte in materiali d'uso e prodotti della stamperia bassanese, a conferma di una parallela attività commerciale per la vendita di libri e stampe mantenuta dal G. a Belluno, senza grandi esiti economici, ma che tuttavia non diede ombra al suo importante ruolo di grande divulgatore delle invenzioni di M. Ricci.
Il G. morì a Belluno il 10 dic. 1759.
Fonti e Bibl.: Bassano del Grappa, Biblioteca del Museo civico, Epist. Remondini, XI.16 2889-3027; XIII.15 3546; T. Temanza, Zibaldon di memorie storiche appartenenti a professori delle belle arti del disegno (1738), a cura di N. Ivanoff, Venezia 1963, p. 4; G.A. Moschini, Dell'incisione in Venezia (ante 1840), Venezia 1924, pp. 117, 127 s., 131, 178; F. Miari, Dizionario storico-artistico-letterario bellunese, Belluno 1843, pp. 81 s.; G.B. Baseggio, Della calcografia a Bassano e dei calcografi bassanesi, in Di Bassano e dei bassanesi illustri, a cura di G. Ferrazzi, Bassano 1847, pp. 169 s.; F. Miari, Cronache bellunesi inedite, Belluno 1865, p. 204; E. Sack, Giambattista und Giandomenico Tiepolo, ihr Leben und ihre Werke, Hamburg 1910, p. 280; A. Baudi de Vesme, Paralipomeni tiepoleschi, in Scritti vari di erudizione e di critica in onore di Rodolfo Renier, Torino 1912, pp. 318 s.; L. Vitali, Nuove stampe di G.B. Tiepolo (un problema di grafica tiepolesca), in Bollettino d'arte, II (1927), 2, pp. 60-75; L. Alpago Novello, Giunte alla bibliografia bellunese di Augusto Buzzati, Venezia 1931, ad indicem; A. Calabi, Note su G.B. Tiepolo incisore, in Die Graphischen Künste, IV (1939), pp. 18-20; L. Alpago Novello, Gli incisori bellunesi, in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, XCIX (1939-40), pp. 482-523; R. Gallo, L'incisione nel Settecento a Venezia e a Bassano, Venezia 1941, nn. 5-7; R. Pallucchini, Mostra degli incisori veneti del Settecento (catal.), Venezia 1941, pp. 49 s.; Marco Ricci e gli incisori bellunesi del '700 e '800 (catal., Belluno), Venezia 1968, pp. 21 s., 169, tavv. 35-46; G. Dillon, Aspetti dell'incisione veneziana del Settecento (catal.), Venezia 1976, p. 46; Venise, une civilisation du livre (XVe-XVIIIe siècle) (catal.), Paris 1979, p. 43; S. Damiani, Incisori veneti del Settecento (catal.), Brescia 1982, pp. 83-88; Da Carlevarijs ai Tiepolo. Incisori veneti e friulani del Settecento (catal., Gorizia-Venezia), a cura di D. Succi, Venezia 1983, pp. 178-194; L. Alberton Vinco da Sesso, Graphik aus Venetien 1700-1850. Museo civico di Bassano (catal.), Esslingen 1985, pp. 12, 57; D. Succi, Giambattista Tiepolo: il segno e l'enigma (catal., Gorizia), Ponzano Veneto 1985, pp. 34-36, 79-110, 124 s.; G. Buzzanca, Il Settecento veneto nelle stampe, Padova 1986, pp. 86-88; E. De Nard, Marco Sebastiano Giampiccoli: un caso di omonimia, in Arch. stor. di Belluno Feltre e Cadore, LVII (1986), 254, pp. 14-23; L. Moretti, La raccolta di "Paesaggi" di G. e Tiepolo da Marco Ricci è anteriore al 1735, in Arte veneta, XL (1986), pp. 240 s.; A. Scarpa Sonino, Precisazioni sui dipinti di Marco Ricci incisi da Davide Antonio Fossati, ibid., XLI (1987), pp. 89-103; D. Succi, in Capricci veneziani del Settecento (catal., Gorizia), Torino 1988, pp. 282-289; G. Marini, Le "stampe fini moderne": immagini decorative nella produzione remondiniana, in Remondini, un editore del Settecento (catal., Bassano), a cura di M. Infelise - P. Marini, Milano 1990, pp. 266, 272; L. Alberton Vinco da Sesso, Il libro illustrato, ibid., pp. 286, 289; E. De Nard, Belluno e Feltre nelle antiche stampe, Belluno 1992, p. 55; G. Marini, Pietro Longhi and his engravers, in Print Quarterly, XI (1994), 4, pp. 401-410; Id., L'incisione nel Seicento e Settecento, in Storia di Venezia. Temi.L'arte, a cura di R. Pallucchini, II, Roma 1995, p. 542; M. De Grassi, Libri illustrati del Settecento veneziano (catal.), Monfalcone 1996, pp. 25-27; E. De Nard, L'incisore G. G. e le sue lettere ai Remondini, Belluno 1996; S. Boorsch, Venetian prints and books in the age of Tiepolo (catal.), New York 1997, pp. 8-12, 39; A. Boschloo, The prints of the Remondinis. An attempt to reconstruct an eighteenth-century world of pictures, Amsterdam 1998, ad indicem; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, p. 580; The Dictionary of art, XII, p. 582.