Montaldo, Giuliano
Regista cinematografico, teatrale e televisivo, nato a Genova il 22 febbraio 1930. Formatosi nel dopoguerra sui moduli del Neorealismo, è rimasto sostanzialmente fedele alle ragioni della sua prima educazione; in particolare con la trilogia sul potere, Gott mit uns (1970), Sacco e Vanzetti (1971) e Giordano Bruno (1973), ha espresso quell'impegno civile che ha caratterizzato la sua intera attività registica.
Dopo alcune esperienze come attore teatrale esordì nel cinema in due film di Carlo Lizzani, Achtung! Banditi! (1951), ispirato alla Resistenza, e Cronache di poveri amanti (1954), dal romanzo omonimo di V. Pratolini. Dopo aver collaborato come assistente alla regia di autori quali Elio Petri, lo stesso Lizzani e Gillo Pontecorvo, passò alla regia scegliendo un film il cui tema è la fine della Seconda guerra mondiale vista con gli occhi di un soldato della Repubblica di Salò in crisi di valori, Tiro al piccione (1961), tratto da un romanzo di G. Rimanelli. Il film successivo, Una bella grinta (1965), nacque dall'esigenza di capire e spiegare i complessi nodi della realtà italiana del periodo attraverso il ritratto di un uomo deciso a sfruttare cinicamente il boom economico da cui invece viene distrutto. Alle impegnate prove iniziali seguirono film su commissione nei quali, maneggiando abilmente intrighi avventurosi (una rapina in banca in Ad ogni costo, 1967; la struttura da gangster film di Gli intoccabili, 1969), M. rivelò uno scaltrito professionismo che gli consentì di ottenere ottime prestazioni da attori di prestigio, come in seguito da Nino Manfredi in Il giocattolo (1979).
Assecondando una certa propensione pedagogica ricostruì per lo schermo, con persuasivo tono spettacolare e analizzando rispettivamente il potere militare, giudiziario e religioso, figure e momenti di storia quali il processo per diserzione e la fucilazione a cinque giorni dalla fine della guerra di due soldati della Wehrmacht in Gott mit uns, il processo e l'ingiusta condanna di due anarchici in Sacco e Vanzetti, la persecuzione e il rogo del filosofo in Giordano Bruno. Questa 'specializzazione' ha condotto il regista al romanzo storico televisivo realizzando il kolossal all'italiana Marco Polo (1982), apprezzato dal grande pubblico per la sobria cifra figurativa, la precisione nelle ricostruzioni ambientali, la curiosità nel dar conto di costumi e mentalità di secoli e Paesi lontani (di grande interesse il diario di ideazione e di realizzazione redatto da M. stesso, Marco Polo: come nasce un film, 1980). Prima e dopo queste esperienze televisive M., stimato regista anche di opere liriche, si è mosso verso la traduzione in immagini di testi significativi della narrativa italiana del dopoguerra: L'Agnese va a morire (1976), dal romanzo di R. Viganò con la rappresentazione di una donna che acquisisce una coscienza civile e antifascista; Gli occhiali d'oro (1987), dal 'racconto ferrarese' di G. Bassani sulla storia di un omosessuale ambientata a Ferrara durante il fascismo; Tempo di uccidere (1989), dal romanzo di E. Flaiano sull'impresa etiopica di legionari italiani nel 1936. Nel 1987 aveva anche realizzato Il giorno prima, ambientato in un rifugio antiatomico. Negli anni Novanta ha diretto due film in chiave documentaristica, Ci sarà una volta (1992) per la televisione e Le stagioni dell'aquila (1997). Nel 1999 è stato nominato presidente di Rai Cinema S.p.A.
L. Bonaparte, Giuliano Montaldo e L'Agnese va a morire, Milano 1976; G. Gambetti, Sul set di Marco Polo, Milano 1983; F. Bolzoni, La barca dei comici, Roma 1986, pp. 82-83.