Procacci, Giuliano
Storico, nacque ad Assisi il 20 dicembre 1926. Dopo aver combattuto nella Resistenza si laureò all’Università di Firenze; frequentò l’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli, seguendo le lezioni di Federico Chabod. Dal 1958 al 1965 collaborò a Milano con la Fondazione Feltrinelli, a Roma con l’Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea e in Francia con il Centre national de la recherche scientifique. Insegnò storia moderna a Cagliari e poi a Firenze, e storia contemporanea prima a Firenze e poi a Roma. Iscritto al Partito comunista dal 1951, venne eletto senatore per due legislature (1979-87). Morì a Firenze il 2 ottobre 2008.
Nei suoi scritti si intrecciano ricerca storico-filologica (per certi aspetti ispirata dal marxismo e da Antonio Gramsci) e impegno civile: Classi sociali e monarchia assoluta nella Francia della prima metà del secolo XVI (1955); Storia degli italiani (2 voll., 1968); La lotta di classe in Italia agli inizi del secolo XX (1970); Il partito nell’Unione Sovietica, 1917-1945 (1974); Il socialismo internazionale e la guerra d’Etiopia (1978); Storia del XX secolo (2000).
P. ha dedicato importanti contributi a M. (introduzione a N. Machiavelli, Il Principe e Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, a cura di S. Bertelli, 1960, pp. I-XCV) e alla sua ‘fortuna’, all’assimilazione del suo pensiero politico maturata nel corso dei secoli, in relazione al processo formativo della cultura moderna (Studi sulla fortuna del Machiavelli, 1965; Machiavelli nella cultura europea dell’età moderna, 1995; Machiavellismo e antimachiavellismo, in Cultura e scrittura di Machiavelli, Atti del Convegno, Firenze-Pisa 27-30 ottobre 1997, 1998, pp. 393-409). P. considera il Principe e i Discorsi un’unità organica in un processo di ricerca fatto anche di pause e contraddizioni; il primo è incentrato sull’acquisto dello Stato (principe nuovo in un principato nuovo) e risponde con una scienza nuova alla necessità, per l’Italia, di rompere con la tradizione politica passata; i Discorsi affrontano il problema del mantenimento dello Stato, efficiente e solido per via anche della partecipazione attiva del popolo. M., teorico della realtà effettuale sa che ogni contingenza storica postula una diversa soluzione politica. Nel percorso analitico dedicato alla ‘fortuna’ di M., P. studia la leggenda del ‘sogno’ ante mortem; la campagna controriformistica, fino alla messa all’Indice del M., a cui fanno da contrappunto l’immediato successo editoriale e la risonanza d’oltralpe delle sue opere (in particolare, in Svizzera e in Francia). Tra apologisti e detrattori, il giudizio sul Segretario ha come poli l’ammirazione per l’ingegno e l’orrore per l’empietà. L’affinità tra M. e Aristotele nel metodo dell’analisi politica, già acquisita nel Cinquecento, contiene in germe i presupposti della svolta critica verificatasi tra Seicento e Settecento, che richiama M. alla concezione dello Stato moderno, come evoluzione della sovranità assoluta occidentale (opposta a quella asiatica), che Francesco Bacone, influenzato dalla lettura di M., identifica non con la monarchia francese, indebolita dalla nobiltà, ma con quella inglese. Il successivo snodo nella ‘fortuna’ di M. è l’interpretazione ‘obliqua’ del Principe come satira della tirannia, lettura cui contribuisce l’acquisizione di testi come il Discorso sopra il riformare lo Stato di Firenze e dei documenti biografici. Ma si fa strada, nell’Ottocento, l’idea di un M. realista politico, che guarda oltre Firenze, accetta la soluzione del principato, e si fa precursore di uno Stato unito e moderno. Francesco De Sanctis migliora la contestualizzazione di M., nel secolo di una rivoluzione intellettuale protesa verso l’età moderna.
Bibliografia: La passione della storia. Scritti in onore di Giuliano Procacci, a cura di F. Benvenuti, S. Bertolissi, R. Gualtieri, Roma 2006.