ANDREOTTI, Giulio
(App. IV, I, p. 126)
Uomo politico italiano. Dal 1976 presidente del Consiglio di un governo democristiano retto sull'astensione di PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI, nel 1978 formò un nuovo gabinetto che ottenne − il 6 marzo, poche ore dopo il rapimento di A. Moro (cfr. App. IV, ii, p. 507) − il voto favorevole di una maggioranza composta da democristiani, comunisti, socialisti, socialdemocratici e repubblicani. Il governo di 'solidarietà nazionale' e il nuovo largo accordo politico consentirono di realizzare alcune significative riforme sociali. Ma le difficoltà della situazione interna dominata dal dilagare del terrorismo di sinistra e le tensioni fra i partiti della nuova maggioranza portarono in meno di un anno alla fine di questa esperienza politica. Un nuovo governo DC-PSDI-PRI presieduto ancora da A. portò alle elezioni anticipate del giugno 1979. Nei quattro anni successivi A. ha presieduto la commissione Esteri della Camera dei deputati. Dall'agosto 1983 e fino al luglio 1989 è stato ministro degli Esteri nei governi presieduti da Craxi, Fanfani, Goria e De Mita: in questo incarico ha fatto valere − soprattutto nelle delicate questioni attinenti lo scacchiere mediterraneo e in particolare nei rapporti con i paesi arabi e con l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina − una spiccata capacità di mediazione accompagnata da un insieme di iniziative volte a ridurre i punti di attrito. Dal luglio 1989 è tornato alla presidenza del Consiglio dei ministri alla guida di un governo pentapartito formato da DC, PSI, PSDI, PRI, PLI. Entrato in crisi sui temi delle riforme istituzionali, dopo essere riuscito a trovare, nonostante qualche resistenza in parte della DC, un largo appoggio alla partecipazione italiana alla guerra del Golfo (v.), il governo rassegnò le dimissioni il 29 marzo 1991. Nel giro di qualche giorno si formava (il 13 aprile) un nuovo governo A. (il settimo), nato inizialmente come pentapartito, ma ridottosi a quadripartito prima del giuramento per l'uscita del PRI dalla maggioranza a causa di dissensi nell'attribuzione dei ministeri. Nel giugno 1991 è stato nominato senatore a vita.
A. è da molti anni una delle personalità di maggior spicco della vita pubblica in Italia. E forse proprio in rapporto alla sua ininterrotta presenza ai vertici della politica è stato più volte chiamato in causa da una parte della stampa, nelle più controverse vicende degli ultimi decenni, ma sempre senza riscontri oggettivi. Nella Democrazia cristiana ad A. fa capo una corrente che ha oscillato fra il 13,0% (1980) e il 17,8% (1989) dei rappresentanti congressuali. A. affianca all'attività politica quella di memorialista e commentatore. Dal 1955 al 1976 ha diretto la rivista Concretezza e dal 1981 tiene una rubrica settimanale sull'Europeo.
Tra gli scritti recenti segnaliamo: A ogni morte di papa. I papi che ho conosciuto (1980); Diari, 1976-1979. Gli anni della solidarietà (1981); Visti da vicino, 3 volumi (1982−83-85); De Gasperi visto da vicino (1986); Onorevole, stia zitto (1987); L'URSS vista da vicino (1988); Gli USA visti da vicino (1989); Il potere logora... (1990).
Bibl.: G. Pallotta, Giulio Andreotti. Il Richelieu della politica italiana, Roma 1988; M. Franco, Andreotti visto da vicino, Milano 1989.