BATTAGLINO, Giulio
Nulla di certo si sa sulla sua vita, tranne che per l'ultimo trentennio del sec. XVI, durante il quale fu agente al servizio dei Medici. Varie notizie su di lui si ricavano dalle relazioni giornaliere (Arch. di Stato di Firenze) che egli inviò dal 1582 fino alla sua morte (1600) a Ferdinando de' Medici, come pure dalle lettere indirizzate ai fratelli Usimbardi.
Di famiglia patrizia meridionale arricchita nella mercatura, era stato, insieme con il fratello Lorenzo, bandito dal Regno di Napoli donde avevano dovuto entrambi allontanarsi nel 1567 per aver con vari complici ucciso a tradimento un pretendente di una loro sorella. Rifugiatosi a Pisa, il B. dovette in un primo tempo esser accolto da un cavalier Bernabei "a cui devo assai - scriveva molti anni dopo a Lorenzo Usimbardi, segretario del granduca - perché rihebbi la vita in sua casa e S. A. se ne può ricordare". Suo fratello Lorenzo, avendo sposato una damigella tedesca venuta in Toscana al seguito della granduchessa Giovanna d'Austria, ottenne la protezione di quest'ultima la quale, ammirando il B. per la sua dottrina (egli, per qualche tempo, le era stato maestro e lettore di lingua italiana), lo collocò nel 1573 a Roma al servizio del cardinale Ferdinando de' Medici, al tempo in cui questi era protettore degli affari ecclesiastici di Spagna.
Il B., che fu uomo assai facoltoso, raffinato e dotto, strinse cospicue amicizie, tra gli altri con l'umanista Pietro Angèli, detto il Bargeo, che egli arriva a chiamare "suo maestro", e con Scipione Ammirato. Ma l'appoggio più valido gli venne da parte dei fratelli Pietro e Lorenzo Usimbardi di Colle Val d'Elsa, il primo dei quali fu segretario del cardinale Ferdinando de' Medici e più tardi vescovo d'Arezzo e il secondo segretario di Ferdinando quando questi divenne granduca. Furono essi, a quanto pare, ancor più che Giovanna d'Austria, a metterlo in luce presso il cardinale che, durante sette anni, si servì di lui come agente personale per delicate missioni in Spagna. Il B., quando partì ai primi del 1582, aveva già ottenuto molto per sé e per la propria famiglia che era ritornata a Napoli e in possesso del patrimonio; ma molto ancora attendeva dai suoi protettori. Non contento di aver già conseguito un canonicato a Prato, brigò perché il granduca Francesco gli sollecitasse presso il pontefice un breve per conseguire gli ordini e divenir sacerdote, e inoltre perché il ministro Granvelle, attraverso don Pietro de' Medici, lo appoggiasse al Supremo Consejo de Italia per definire la sua situazione nel Regno di Napoli. Fu perciò il più scrupoloso, e fedele servitore che Ferdinando potesse desiderare.La missione segreta affidatagli dal cardinale consisteva nel tentare di sventare possibili manovre del granduca Francesco I presso la corte di Spagna, per far riconoscere come principe ereditario di Toscana don Antonio, legittimato dal granduca stesso per gli intrighi di Bianca Cappello. Ferdinando seppe tanto bene mascherare la missione del B. - narra Pietro Usimbardi - con motivi di interesse comuni anche al granduca, che quest'ultimo approvò il viaggio e caldeggiò l'iniziativa presso l'ambasciatore mediceo in Spagna. Nei sette anni della sua missione il B. ovviamente trattò molti altri affari, tra cui il matrimonio tra don Pietro de' Medici e Beatrice di Meneses: per tale scopo egli si recò anche in Portogallo.
Dopo l'avvento al trono di Ferdinando il B. fu destinato, secondo il suo desiderio, a Napoli. Per incarico del granduca visitò fra' Tommaso Campanella il 4 ott. 1592, sette anni prima della congiura che doveva condurlo in carcere, e ne dette un interessante giudizio (motivo questo della tenue notorietà del B. nel settore degli studi campanelliani da quando il documento fu pubblicato da F. Palermo): "per gli scritti ch'io vidi e per la voce lo judico per uno dei più rari ingegni che habbia l'Italia anzi è mostro di natura il sapere quanto ha in età di 24 anni tanto che di qua gli è nata l'accusa, per la invidia di un altro frate e la troppa credulità dei superstiziosi, che lui haveva alcuno spirito familiare. Se lui havesse lo scudo di alcun principe et commodità di studiare se ne potrìa sperar grandi cose".
Nel periodo napoletano continuò a interessarsi per conto del granduca di affari commerciali, di acquisti di grano e cavalli in cambio di polvere da sparo, di movimenti di Turchi e di galere toscane nel Mediterraneo, informando altresì del banditismo nel Meridione e di ribellioni a mano armata di frati domenicani contro il governo vicereale spagnolo. In particolare Ferdinando si servì di lui quale informatore circa gli orientamenti dei viceré spagnoli sospettosi della nuova politica filo-francese della Toscana. Negli ultimi tempi della sua vita il B., che aspirò invano ad essere pedagogo del principe Cosimo, fu chiamato a Firenze e inviato di nuovo in Spagna per disporre favorevolmente il nuovo re Filippo III nei riguardi del granduca e per controbattere l'azione che don Pietro de' Medici svolgeva da anni in quella corte ai danni del fratello Ferdinando I.
Malato, partì accompagnato da un nipote. Morì poco dopo il ritorno dalla Spagna il 26 dic. 1600 in una sua villa a Pozzuoli.
Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Archivio Mediceo del Principato, ff. 5113, 4084, 4085, 4086, 4087, 4088; P. Usimbardi, Istoria del granduca Ferdinando I de' Medici, a cura di G. E. Saltini, in Arch. stor. ital., s. 4, X (1880), p. 16 dell'estr.; Memorie e documenti sulla storia del Regno di Napoli dall'anno 1522 al 1667 raccolti e ordinati con illustrazioni da F. Palermo, ibid., s. 1, IX(1846), pp. 253 s.