BONINSEGNI, Giulio
Nato a Borgo Sansepolcro (Arezzo) il 7 apr. 1786, da Luigi e da Domenica Beccherini, abbracciò dapprima la carriera delle armi e fu guardia nobile nell'esercito napoleonico. Poi, ordinato sacerdote, fu vicario generale della diocesi di Ravenna e arcidiacono della metropolitana di Pisa. Dal 1832 al 1841 insegnò storia ecclesiastica all'università di Pisa, dalla cattedra che per primo inaugurò il 10 ott. 1832; quindi subentrò a G. Giorgini nella carica di provveditore generale della stessa università, con decreto granducale del 3 ottobre 1841.
Tale incarico presentava non lievi difficoltà, in quegli anni in cui studenti e professori erano elemento essenziale nell'azione e nella propaganda liberale e nazionale nel granducato di Toscana, come in tutta l'Italia; ma il B. seppe destreggiarsi fra le pressioni degli studenti e professori liberali da un lato, e le esortazioni alla cautela che, dall'altro, gli giungevano da Firenze: sostanzialmente fu un avveduto burocrate, che seppe assolvere con abilità e prudenza il suo compito.
Il primo professore chiamato dal B. a Pisa, nel novembre 1841, fuSilvestro Centofanti, a cui fuaffidata la cattedra di storia della filosofia. L'anno seguente il B., dopo che erano fallite analoghe pratiche col Rosmini, voleva chiamare il Gioberti, allora a Bruxelles, alla vacante cattedra di filosofia morale: ma le opere di questo erano sgradite al ministero, e soprattutto al Neri Corsini, sicché la cattedra rimase vacante fino al 5 genn. 1845, quando vi fu trasferito F. Del Rosso.
Ma il favore dimostrato dal B. a professori che erano in fama di liberali non fu sufficiente a placare l'agitazione degli studenti. Oltre allo spiacevole episodio, che si concretò nell'aggressione al prof. F. Del Rosso da parte dello studente giobertiano Augusto Conti, furono causa di molto imbarazzo per il B. gli applausi che gli studenti erano soliti tributare ai professori che propagavano le nuove idee, come il Pigli, il Centofanti, il Montanelli e il giovane G. B. Giorgini. Nel febbraio 1846 energiche proteste popolari sventarono il tentativo di introdurre in Pisa un istituto di "gesuitesse", cioè di dame del Sacro Cuore; fu sottoscritta da parte di numerosi cittadini autorevoli, fra cui quasi tutto il corpo accademico della Sapienza, una petizione, stesa dal Montanelli; alle rimostranze giuntegli da Firenze, il B. fece buon viso per non provocare altri risentimenti. Però, nell'estate del 1847, pensando all'opportunità di rimuovere le cause dei ricorrenti disordini, il B. proponeva al soprintendente Giorgini il trasferimento del Montanelli a Firenze e l'esonero temporaneo del Centofanti; ma in un successivo rapporto del 10 settembre ritirava la proposta, sostenendo la pericolosità di un'azione contrastante con le ultime concessioni del granduca ai liberali.
Dalla fine del 1847 egli dovette anche svolgere un'importante missione diplomatica affidatagli dal granduca: trattare col pontefice per la costituzione di una lega politica comprendente anche il Piemonte. Ma appena giunto a Roma, nel gennaio 1848, il B. capì che la conclusione di questa era strettamente legata alla definizione delle controversie intorno alle materie ecclesiastiche che ancora pendevano fra i due Stati.
La Santa Sede, infatti, desiderava l'attenuazione della subordinazione della Chiesa toscana allo Stato, che derivava dalla legislazione leopoldina e mirava, perciò, alla stipulazione di un concordato. Il governo toscano, spinto da Leopoldo II, ma soprattutto da considerazioni di politica internazionale, dette al B. la più ampia libertà nelle trattative.La prima fase di queste si concluse il 30 marzo con la firma di un protocollo da parte del B. e del card. Vizzardelli. Ma gli articoli di questo furono ritenuti dal governo toscano troppo favorevoli alla Santa Sede: si accusò il B. di aver ecceduto i limiti del mandato e trascurato le direttive ricevute. Comunque, nel maggio, il B. tornò a Roma e riprese i colloqui, sulla base di una nuova redazione del precedente protocollo, approntata dal ministero Ridolfi: questo cadde però nell'agosto, e fu sostituito dal ministero Capponi, con Iacopo Mazzei agli Affari ecclesiastici. Il Mazzei non condivise le vedute dei suoi predecessori e giudicò base pessima di trattative non solo il protocollo del marzo, ma anche la revisione successiva. Perciò il B. fu definitivamente richiamato nell'ottobre, poco prima dell'inizio dell'esperimento democratico. Nel giugno 1848 il B. era stato eletto deputato nel collegio di Sansepolcro al Consiglio generale, ove la sua presenza fu saltuaria, a causa dei frequenti viaggi a Roma e a Pisa: vi svolse una discreta attività a partire dalla fine di agosto. Tra la fine del 1848 e l'inizio del 1849 curò a Pisa la riorganizzazione del battaglione universitario che aveva partecipato nel maggio alla battaglia di Curtatone e Montanara.
Dopo la restaurazione granducale, il B. non fu più ritenuto idoneo, per la collaborazione data ai governi costituzionali e per la sua scarsa energia, a ricoprire la carica di provveditore universitario a Pisa: presentò, quindi, le dimissioni ottenendo la lucrosa e tranquilla dignità di priore della chiesa conventuale dell'Ordine dei cavalieri di S. Stefano (decreto del 1º luglio 1849). Frattanto Pio IX sollecitò l'immediata ripresa delle trattative sulla base del protocollo firmato dal B.: anzi richiese che negoziatore di parte toscana fosse il B. stesso. Tali desideri non furono accolti dal governo granducale. Comunque il concordato del 25 apr. 1851 accoglieva molti dei punti già proposti nel primo progetto siglato dal Boninsegni.
Il B. morì il 28 ottobre 1857 a San Miniato (Pisa).
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