CAMPI, Giulio
Figlio primogenito di Galeazzo e fratello di Antonio e Vincenzo (un'iscrizione già in SS. Nazaro e Gelso a Cremona, chiesa soppressa nel 1804 ove era la tomba di famiglia dei Campi, documentava tale rapporto di anzianità, confermato da ogni elemento storico: "Memoriae Aeternae Galeatii Campi Crem. Pictoris... Julii Campi Primi Fil... Antonii Campi Secundi Fil... Vincentii Campi III Fil...": F. Arisi, 1702). La data di nascita si pone ragionevolmente intorno al 1500, considerando che il Lamo - forse un poco anticipando - attribuisce buona fama all'artista (accanto a Camillo Boccaccino, nato nel 1501, e al Sojaro) già al tempo della nascita di Bernardino Campi (1522); che la sua prima opera datata è del 1527; e che l'annotatore del Lomazzo riferisce la nascita di lui proprio all'anno 1500.
Sulla formazione del C. le fonti forniscono notizie contraddittorie, che sembrano concordare solo sull'insignificante apprendistato con il padre. Il Vasari accenna a rapporti con il Sojaro e - con dubbia cronologia -a esperienze sui cartoni farnesiani del Salviati; più insistiti i riferimenti agli studi presso Giulio Romano a Mantova (Baldinucci, Lanzi, Lancetti) e a un viaggio compiuto a Roma (D. Arisi, Lanzi) durante il quale il C. avrebbe studiato Raffaello e l'antico (l'Arisi ricorda in casa Picenardi i disegni tratti dal C. dai rilievi della colonna Traiana). Utile l'aggancio proposto dal Lanzi fra la formazione del C. e gli esempi del Pordenone e Tiziano.
L'opera più antica del C. datata e firmata è la pala con La Vergine in trono e i ss. Nazaro e Celso, dipinta per SS. Nazaro e Celso, ora in S. Abbondio a Cremona ("Iulius Campus - Cremonêsis Faciebat - MDXXVII"). Tre anni dopo il C. risulta attivo a Soncino, dove esegue una pala e un ciclo di affreschi nella chiesa carmelitana di S. Maria delle Grazie.
La chiesa era stata consacrata nel 1528 alla presenza di Francesco II Sforza che aveva finanziato la decorazione al pari dei marchesi Stampa di Soncino. La pala (firmata e datata dal C. nel 1530)rappresenta la Vergine col Bambino in gloria, s. Caterina, s. Francesco e un marchese Stampa e si conserva ora nella Pinacoteca di Brera. Gli affreschi del C. occupano l'arco trionfale, in cui si legge la firma (Assunzione della Vergine, apostoli e un offerente), l'abside (tondi con Evangelisti e Padri della Chiesa), la volta della navata, immaginata come un pergolato con tondi figurati (entro cartigli la data 1530e la dedica dello Sforza: la dedica degli Stampa è invece nel presbiterio e reca la data 1528). Negli affreschi - che verosimilmente furono condotti fra il 1528 e il '30 - il C. dovette essere aiutato da collaboratori.
Altro impegno di vasto respiro fu per il C. la decorazione del coro della chiesa di S. Agata in Cremona, con quattro affreschi raffiguranti Storie di s. Agata firmati e datati 1537 (disegni preparatori per il Martirio agli Uffizi e al Louvre). Sin dal 26 aprile del 1536 (contratto per la pala dell'altare maggiore: Sacchi) il C. era entrato in rapporto con la chiesa abbaziale dei gerolamini di S. Sigismondo, che era feconda officina del manierismo cremonese; qui l'artista fu attivo in due fasi: fra il 1538 e il 1542 circa (pala dell'attar maggiore e affreschi nel transetto) e nel 1557 (affreschi nella prima campata). La pala, firmata e datata 1540 (un documento di pagamento è del 1538), fu eseguita a ricordo della costruzione della chiesa e delle nozze di Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti (celebrate nella cappella preesistente il 25 ott. 1441) e rappresenta la Vergine in gloria, i ss. Daria, Sigismondo, Girolamo, Grisario e, inginocchiati, i due duchi (disegno preparatorio all'Albertina di Vienna). Gli affreschi del transetto rappresentano Dottori della Chiesa, Storie bibliche, Angeli con i simboli della Passione, Profeti (contratto del 14 aprile del 1539: Galeati). Nell'anno 1541 il C. progetta con il Boccaccino i sontuosi apparati decorativi in occasione del passaggio per Cremona di Carlo V il 18 agosto, come registra il fratello Antonio in Cremona fedelissima (pp. 108ss.), ove figura anche l'ncisione derivata dal ritratto di Carlo V che il pittore dovette eseguire in quella circostanza, o due anni dopo, al ritorno dell'imperatore. Carlo V fu ospitato in palazzo Trecchi, ove il C. aveva eseguito affreschi con le Fatiche di Ercole (perduti): si ritrova questo tema in quattro affreschi dipinti dal C. nella rocca di Soragna per i principi Meli Lupi, verosimilmente nello stesso periodo.
Nel 1547 il C., per incarico del priore Girolamo Vida, ricostruì e decorò la chiesa delle SS. Pelagia e Margherita: poté esprimervisi ad un tempo come architetto, pittore e scultore (le statue furono modellate in gesso), raggiungendo un risultato di squisita armonia. Lo spazio dell'interno - strutturato in una sola nave - si anima sui lati per la presenza degli archi degli altari (corrispondenti alle tre campate della volta) e nell'abside coperta da una cupoletta. L'ornamentazione fittissima produce un effetto di intarsio. Gli affreschi rappresentano Storie di Cristo negli spazi degli altari, la Crocifissione nell'arco sopra il presbiterio, l'Adorazione dei Magi nell'absidiola, La Trinità nella cupoletta, Storie dell'Antico Testamento nella volta. La critica più recente ha avvertito negli affreschi la presenza, accanto al C., del giovane fratello Antonio (Bora).
Iniziatasi nel segno di una schietta esperienza romaniniana, non senza qualche riflesso del Giorgione (pala di S. Abbondio), la pittura del C. procede assimilando e filtrando via via - con disposizione eclettica - le più vane sollecitazioni della cultura contemporanea. La lezione della Madonna di S. Sisto di Raffaello, e di Dosso, si avverte nella pala di Soncino. Dal Pordenone il C. mutua una "foga... una pieghevolezza e snodatura della sua visione plastica che gli consentono un più elastico ed accogliente eclettismo" (Puerari): i risultati si avvertono negli affreschi di Soncino (1530)e in quelli di S. Agata (1537)dove prevale tuttavia un acre accostamento a Giulio Romano. Sarà infine l'esempio trascinante di Camillo Boccaccino - attivo in S. Sigismondo nel 1537 - a permettere al C. di trovare una nuova finezza e scioltezza di ritmi mameristici negli affreschi di S. Margherita (1547)e poi, in S. Sigismondo, a stimolare l'invenzione aerea della Discesa dello Spirito Santo (1557-59).Alle opere datate del quarto decennio si possono aggiungere alcuni ritratti che esemplificano un'area particolarmente vasta - e altrettanto problematica - dell'attività del Campi. Il più antico della serie potrebbe essere il Suonatore di mandola del Worcester (Mass.) Art Museum molto vicino alla pala del 1527; di un momento successivo sembra il maestoso Ritratto di dama già in collezione Fassati, come il Bartolomeo Arese (collezione Radlinski), il Ritratto virile n. 437 della Galleria Estense di Modena e il presunto Ritratto di Galeazzo Campi degli Uffizi. Sempre alla prima metà del quarto decennio dovrebbe appartenere il Ritratto di uomo con il guanto attr. a L. Lotto nella collezione Kress al Birmingham (Alabama) Museum of Art, non diversamente dalla pala dei cappuccini di Crema, ora a Brera, con la Vergine adorante il Bambino, santi e due offerenti. Più tarda l'Allegoria, del Museo Poldi Pezzoli, che reca una data mutila ("MDXXI...").
Dopo S. Margherita (1547) non abbiamo notizie del C. in Cremona per circa dieci anni. Di recente è stata scoperta la sua presenza a Meda, intorno al 1555, nella chiesa di S. Vittore, dove esegue - in collaborazione con Antonio - gli affreschi della parete che divide le due aule della chiesa (Bora). Gli affreschi rappresentano una Deposizione divisa in due gruppi di figure ai lati dell'altare (Le Marie al sepolcro e Cristo deposto)e Angeli (disegni preparatori sono all'Ambrosiana). Nel 1557 l'artista ricompare a Cremona, in S. Sigismondo, dove affresca nella prima campata la Discesa dello Spirito Santo, undelle sue invenzioni più alte: "ivi lo scorcio volante, contrappuntato, protobarocco del Correggio ritorna, non senza una buona dose di arcaismo, ad un effetto di naturalismo problematico" (Longhi), anticipando il virtuosismo prospettico di Vincenzo nella volta di S. Paolo. Agli stessi anni è riferito l'affresco del Quinto Curzio (Cremona, Museo civico), in origine sulla facciata di una casa nella contrada Curzia. Fra il 1559 e il 1562 si possono datare gli affreschi decorativi della villa Mozzoni-Cicogna a Bisuschio (Varese), riferiti al C. e collaboratori. Da ricordare anche gli affreschi eseguiti in alcuni ambienti del castello Trivulzio, poi Trecchi, a Maleo (Cremona), a fianco di Bernardino Campi.
Il 21 ag. 1560 il C. e i fratelli Antonio e Vincenzo si dividono la proprietà di case e terreni (Sacchi, pp. 252-55). Nel periodo fra il 1564 e il 1565 il C. è attivo a Milano, dapprima in S. Paolo dove collabora con Antonio nelle Storie di s. Paolo (secondo il Torre avrebbe eseguito l'intero affresco del Battesimo);un anno dopo, invece, in S. Maria della Passione affresca la volta della cappella Tavema ed esegue la pala con la Crocefissione e santi (firmata e datata 1565: la data ora è mutila). Più tarda la tela con Il riposo in Egitto ancora in S. Paolo. Del 1566 è la pala con S.Lorenzo davanti a Valeriano eseguita per incarico del vescovo di Alba, Girolamo Vida (Alba, duomo).
Gli anni estremi del C. furono quanto mai intensi; egli fu particolarmente attivo nel duomo di Cremona: del 1566 è l'ancona in terracotta dell'altare Ala e la pala con S.Michele;del 1568 la copertura dell'organo con Iltrionfo di Mardocheo;del 1568-69 tre tele nella cappella della B. Vergine del Popolo (Battesimo di Cristo,Nascita e Predicazione del Battista)e altri tre dipinti nella cappella del Sacramento (Ultima cena, Raccolta della manna, Cristo e la Maddalena);in entrambe le occasioni lavorò a fianco di Bernardino Campi che - per contratto - eseguì un pari numero di dipinti. Non molto diversamente, intorno al 1567, egli aveva lavorato con il fratello Antonio in S. Pietro a Po (affresco con la Circoncisione). Alta fase estrema del C. sembra appartenere anche una superba Allegoria (di recente acquisita al Museo civico di Cremona), insolito racconto profano, lambito da sottili suggestioni nordiche (non ancora chiarito il rapporto con l'analoga incisione di Ch. Schwartz). Il 28 ott. 1571 il C. stipula un contratto per un'ancona e affreschi in S. Maria di Campagna di Piacenza, lavori che potrà solo iniziare (gli subentrerà il fratello Antonio). L'artista, infatti, dopo aver fatto testamento il 28 febbr. 1572 (Sacchi, p. 235) muore nello stesso anno: "nel mese di marzo passò a miglior vita Giulio Campo mio fratello, pittore... de principali dell'arte..." scrive suo fratello in Cremona fedelissima (p. LI), e aggiunge che fu sepolto in S. Nazaro.
Il C. aveva sposato Dorotea de' Corradi e aveva avuto tre figli, Galeazzo, Curzio e Annibale, che più tardi eressero in S. Nazaro la memoria funebre che si è ricordata all'inizio. La sua casa era posta in contrada Bardellona, nella parrocchia di S. Vittore. Fra gli allievi del C. - oltre ai fratelli - fa spicco il bresciano Lattanzio Gambara.
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