CAPRIN, Giulio
Nacque a Trieste il 22 marzo 1880 da Enrico, impiegato, e da Emilia Maffei. Emigrata la famiglia in Toscana, e rimasto poco dopo orfano del padre e in precarie condizioni economiche, solo a prezzo di molti sacrifici poté seguire gli studi classici, dando lezioni private. Una borsa di studio gli consentì di frequentare la facoltà di lettere dell'università di Firenze, dove si laureò nell'anno 1901, poco dopo la morte della madre.
Assai presto aveva cominciato a collaborare a giornali locali e piccole riviste, mentre intraprendeva subito l'insegnamento dapprima nel ginnasio del collegio Cicognini di Prato, poi nell'istituto tecnico Galilei di Firenze. Dell'intensa vita culturale fiorentina di quegli anni, che trovò il centro motore ne La Voce, il C. fu piuttosto spettatore che attore. Collaborò al Marzocco dei fratelli Orvieto (cfr. G. Caprin, Il "Marzocco", in Libera cattedra di storia della civiltà fiorentina, L'Ottocento-Novecento, Firenze 1957, pp. 209-25), trattandovi argomenti di letteratura tedesca: ne resta una concreta testimonianza nel volume Germania letteraria d'oggi (Pistoia 1911). Prese anche a collaborare con regolarità all'Illustrazione italiana (dove firmava con lo pseudonimo di "Simplicius") e al Piccolo di Trieste, la città natale che ebbe sempre particolarmente cara.
Si era già messo in luce con Il fantasma di Pierrot (Firenze 1905), un atto unico, sorta di arabesco, rappresentato al teatro dei Filodrammatici di Milano. In quel periodo pubblicò Trieste (Bergamo 1906), Carlo Goldoni (Milano 1907), una monografia divulgativa alla quale premise un'introduzione G. Mazzoni, e due raccolte di racconti: Storie di poveri diavoli (ibid. 1910) e La vita di tutti (Pistoia 1911).Allo scoppio della prima guerra mondiale si schierò pubblicamente per il movimento interventista, partecipò al conflitto col grado di ufficiale e fece parte di un comando del Corpo d'armata dislocato sul medio corso dell'Isonzo. Un incarico giornalistico di propaganda lo portò nel 1917 a Ginevra, dove fu redattore del quindicinale Chroniques italiennes. Dopo la rotta di Caporetto ritornò in Svizzera, a Berna, chiamato con mansioni di vicedirettore da G. A. Borgese che vi dirigeva un Bureau de presse italienne, rivolto in particolare alle popolazioni italiane soggette all'Austria: firmato però l'armistizio, per disaccordo sulle modalità della pace, tanto il C. che il Borgese si dimisero.
La guerra trovò un'eco notevole in diversi suoi libri, quali L'ora di Trieste (Firenze 1915), Paesaggi e spiriti di confine (Milano 1915), Gli animali della guerra (ibid. 1916), Trieste liberata (Firenze 1919), e infine in un sintetico e lucido Sommario storico della guerra universale,1914-1918 (Firenze 1921; poi col titolo La grande guerra,1914-1918, Milano 1938), che denota nel C. qualità di profondo osservatore e di storico.
Il Borgese nel 1919 lo introdusse nel Corriere della Sera: cominciò da allora la sua lunga carriera di giornalista professionista, intensa fino al termine della vita. Redattore addetto alla politica estera, inviato speciale e corrispondente dall'estero (da Zurigo, Vienna, Berlino, Londra, poi a varie riprese da Ginevra, presso la Società delle Nazioni), il C. proseguì a coltivare contemporaneamente l'attività letteraria e gli interessi storici. L'abolizione della libertà di stampa conseguente all'avvento del regime fascista coinvolse anche, e tra i primi, il quotidiano dei fratelli Albertini (1925), sicché il C. fu costretto a mettersi in ombra. L'ascesa del fascismo al potere aveva infatti incontrato la sua opposizione, e il suo nome figurava tra quelli dei sottoscrittori del manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce. Nondimeno rimase alle dipendenze del giornale, firmando con lo pseudonimo di "Panfilo" ed occupandosi esclusivamente di argomenti storico-culturali e di reportages in paesi stranieri. Questa sua attività degli anni fra le due guerre lo condusse a conoscere più direttamente la politica internazionale e i suoi esponenti di primo piano. Per due anni fu corrispondente del Corriere della Sera da Parigi. Tornato in patria nel 1937, gli fu affidata la terza pagina del giornale.
All'opera narrativa Disguidi (Milano 1919) erano seguite Storie di uomini e di fantasmi (ibid. 1921) e Storie e moralità (ibid. 1926), due nuove raccolte di racconti, poi un romanzo storico, Quirina e Floriana (ibid. 1930),che aveva per argomento la vita movimentata e passionale del Foscolo, e che riscosse un vasto successo tanto da essere ristampato e anche tradotto in inglese.
I viaggi giornalistici dettero luogo, a pagine libere, spesso venate di lirismo, ma pur sempre sorrette da una viva intelligenza degli uomini e delle cose: Terre e cieli (Milano 1933) e Giorni e notti (ibid. 1941), definite dal C. "pagine di taccuino": il primo libro, relativo a viaggi attraverso l'Europa, in Francia, Inghilterra, Olanda, Austria, Polonia, Grecia, Spagna ecc., è una tipica testimonianza delle qualità e degli interessi del C. giornalista e scrittore, la cui geografia - come rilevò P. Pancrazi - "ha risucchiato in sé quanta più storia ha potuto". Sono pagine a lungo meditate, frutto di vigile controllo, dove l'attenzione all'uomo rappresenta il fine ultimo e la moralità stessa da cui muove talvolta il ritratto di un intero paese, del quale si cerca di dare il senso e la misura. Né sempre il sentimento, che fu sincero e forte nel C., rimane nascosto, costretto nell'ombra, ma si afferma a contatto di luoghi particolarmente evocativi, quali ad esempio la nativa Trieste, o la Toscana, come pure di certi paesi stranieri che più colpirono la sua fantasia, ad esempio la Spagna.
Dopo l'entrata dell'Italia in guerra pubblicò Epiloghi europei (2 voll., Milano 1941), quindi una biografia romanzata di Cristina Belgioioso: Donna più che donna (ibid. 1943). Lasciò il Corriere della Sera nel 1942, e da Milano si ritirò nel suburbio di Firenze, città che considerava la sua seconda patria. Qui, nel corso dei tumultuosi e tragici avvenimenti che segnarono il crollo del fascismo fino alla Liberazione, si dedicò ai prediletti studi storici e all'attività letteraria, traducendo fra l'altro le Georgiche virgiliane (Firenze 1948). Nacquero in quel tempo anche L'esule fortunato (ibid. 1945), una biografia di A. Panizzi sullo sfondo del Risorgimento, e un diario della guerra vissuta: Vita al fronte (Milano 1946).
Ritornò al giornalismo professionale dopo la liberazione di Firenze con la redazione de Il Nuovo Corriere, che fu l'organo dei partiti della Resistenza. Nel marzo 1947, con la ripresa delle pubblicazioni de La Nazione (dapprima ribattezzata La Nazione del Popolo, e poi La Nazione italiana), il C. ne fu direttore per tre anni, per dimettersi al compimento del settantesimo anno. Proseguì nondimeno la collaborazione a vari quotidiani, fra cui la stessa Nazione,Il Resto del Carlino e La Stampa.
Nel 1951 pubblicava a Parigi una plaquette di versi, Oltre la soglia e altre poesie, confessando che aveva scritto versi fin dagli anni giovanili senza mai darli alle stampe. Soltanto per i più recenti si era deciso alla pubblicazione, che trovò maggior consistenza nel volumetto Un ospite della vita (Firenze 1953) a cui andò un notevole interesse di lettori e di critici. Sono versi malinconici riconducibili alle esperienze crepuscolari e svolgenti di preferenza temi cari alla poesia carducciana. La raccolta, uscita contemporaneamente all'ultima opera narrativa, Città e campagna (Torino 1953) fu di lì a poco accresciuta ed ebbe il premio Napoli di poesia (1954). Due anni più tardi pubblicò ancora cinque poemetti dall'andamento narrativo, Età (Firenze 1966), e infine Reviviscenze (Bologna 1957), una raccolta di "ricordi e risognamenti" di luoghi e persone conosciute. Né va dimenticato che al teatro dedicò anche un "dramma del Rinascimento", Benvenuto Cellini (Milano 1926), e che continuò a coltivare, sia pure sporadicamente, gli studi storici (ad esempio, Due toscani in Inghilterra:Carlo Lodovico di Borbone(1839); Vincenzo Salvagnoli(1858), in Atti del V Convegno storico toscano,Relazioni tra Inghilterra e Toscana nelRisorgimento, Lucca, 26-29 giugno 1952, (pubbl. in Atti dell'Accademia lucchese di scienze,lettere e arti, n.s., VIII [1953], pp. 169-79).
Morì a Firenze il 17 agosto del 1958.
Fonti e Bibl.: G. Saviotti, Storie e moralità di G. C., in La Fiera letter., agosto 1928; C. Pellizzi, Le lettere ital. del nostro sec., Milano 1929; A. Bocelli, G. C., in Nuova Antol., 1º dic. 1933 pp. 469 ss.; G. Piovene, in Il Corr. della Sera, 11 marzo 1942; L. Fiumi, Parnaso amico, Genova 1942, pp. 399-415 (con bibl.); P. Pancrazi, Scritt. d'oggi, s. 3, Bari 1946, pp. 149-53; C. Linati, in Il Ponte, II (1946), pp. 571 ss.; L. Indestege, Gesprekken in Italië, in Vlaamse Gids (Bruxelles), XXXIV (1950), pp. 622-32; Id., Quaderno Fiorentino. Kunst en Letterkunde in Firenze. Indrukken en Gesprekken, Leuven 195 1, pp. 184-189; V. Silvi, in Il Ponte, VII (1951), pp. 1654 s.; M. Valgimigli, C. georgico, in Giorn. dell'Emilia, 8 luglio 1951 (poi in Carducci allegro, Bologna 1955, pp. 179-85, e in Uomini e scrittori del mio tempo, Firenze 1965, pp. 467-71); F. Winspeare, Scoperta di un poeta, in Il Tirreno, 16 luglio 1952; F. Pedrina, Lirica ined. di un poeta quasi inedito, in Umana (Trieste), II (1952), 7, pp. 5 ss.; A. Capasso, in Ult. notizie (Trieste), 2 ag. 1952; B. Maier, in Emilia (Bologna), 27 dic. 1953; E. Mazza, G. C., in Nuova Ant., dicembre 1953, pp. 497-501; G. Ravegnani, Prose e poesie di G. C., in Epoca, 27 dic. 1953; O. H. Bianchi, Poeti e narratori triestini, Trieste 1958, pp. 83-97; T. M. Marcellino, La "questione di Fiume" nell'opin. pubblica triestina, in Fiume, VI (1958), 1-2, pp. 61-73; A. Meoni, G. C., in Nuova Ant., aprile 1960, pp. 515-20; M. Moretti, Il libro dei miei amici, Milano 1960, pp. 259-67; B. Maier, La lett. triestina del Novecento, Trieste 1969, pp. 217-24.