QUADRI, Giulio Carlo
QUADRI (Quadro), Carlo Giulio. – Figlio di Bernardino, nacque a Roma nel 1649, come si ricava dall’età di cinquantasei anni attribuitagli nel censimento torinese dell’agosto, settembre 1705 (Casanova, 1909). Si ignora il nome della madre, ma si conosce l’esistenza di un altro figlio di Bernardino, Camillo, che il 3 ottobre 1690 scrisse una lettera da Roma (Archivio di Stato di Torino [d’ora in avanti ASTo], Corte, Lettere di particolari, Q, m. 1) al marchese di San Tommaso Carlo Giuseppe Carron, qualificandosi come «alfiere».
Dal 1668 aveva esercitato la professione di soldato sia in mare che in Fiandra, Alsazia, Catalogna e Piemonte, e praticava anche l’architettura militare. Sarebbe voluto ritornare a Torino, attendeva un’eventuale chiamata da parte del marchese di San Tommaso, ma aveva necessità di denaro per organizzare il viaggio.
Su Carlo Giulio, architetto militare e civile, l’altro figlio di Bernardino, abbiamo maggiori notizie, anche se vi sono periodi della sua vita di cui non conosciamo nulla. La prima informazione nota risale al 21 aprile 1676 quando si recò presso la Confraternita di S. Croce di Rivoli, nel Torinese, per la quale aveva lavorato il padre (Monetti - Cifani, 1987, p. 122) e dove non è noto se Carlo Giulio operò professionalmente. In una lettera datata 4 novembre 1677 (ASTo, Corte, Lettere di particolari, Q, m. 1), probabilmente indirizzata al marchese di San Tommaso, si ritrovano invece informazioni sulla sua situazione in quel momento. Risulta che per una motivazione sconosciuta fosse detenuto in un carcere dove era stato minacciato di una bastonatura e poi di essere ucciso, il tutto detto con le parole più infamanti, che gli toglievano l’onorabilità.
Quanto scriveva trovava conferma nelle relazioni degli altri prigionieri, i quali erano molto stupiti della mansuetudine di Carlo Giulio, che chiedeva al destinatario di implorare giustizia per lui da madama reale Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours e di farlo uscire dalla prigione in cui si trovava.
Al 1694 data un documento dell’Archivio di Stato di Torino (Insinuazione di Moncalieri, l. 3, vol. 1, marzo 1694, c. 461), redatto il 16 febbraio di quell’anno a Torino, in casa del senatore conte Giovanni Battista Borello. Vi si segnalava che «Carlo Giulio Quadri di questa città» era ridotto in condizioni molto difficili a causa delle «presenti contingenze di guerra e calamità de tempi» (si era negli anni della guerra della lega di Augusta, che per il ducato sabaudo fu causa di innumerevoli danni).
Carlo Giulio non aveva i mezzi per garantire il sostentamento proprio e quello di Teresa e Ludovica, le figlie avute dalla «fu Maddalena sua moglie» (ne deriva che era già vedovo), ancora «infanti» e incapaci di procurarsi da vivere, e questo anche a causa di «una longa prigionia di più anni» che lo stesso Carlo Giulio aveva subito nella città di Milano (detenzione di cui non esiste al momento documentazione).
Era così ricorso al duca Vittorio Amedeo II e aveva ricevuto il benestare a contattare, il 12 febbraio, il conte e consigliere ordinario del Senato di Piemonte (probabilmente il sopracitato Giovanni Battista Borello). Si era così giunti all’autorizzazione a stipulare il contratto di vendita di parte dei beni lasciatigli in eredità dalla defunta moglie, situati nella zona di San Dalmazzo, nella regione detta ‘la Fontanella’, nei pressi di None, nel Torinese, per la cifra complessiva di 100 lire ducali. Dall’atto emerge che Carlo Giulio deteneva altri beni nei pressi di Orbassano. All’atto sono allegati l’autorizzazione ducale alla vendita e la conferma da parte di diversi testi della precaria situazione finanziaria di Quadri. Questo atto conferma anche indirettamente l’esattezza del luogo dove, il 24 ottobre 1695, sarebbe morto Bernardino Quadri, indicato in Candiolo, sito nei pressi di None.
Rispetto al citato atto di vendita del febbraio 1694, nel 1705, sulla base di quanto segnalato dal Censimento torinese di quell'anno, la situazione del nucleo familiare di Carlo Giulio sarebbe apparsa modificata (cfr. Schede Vesme, III, 1968, p. 880: «Carlo Giulio Quadro ingegniere di S. A. di anni 56»): risposato con Maria Elisabetta, «moglie anni 34», avrebbe indicato una figlia di sedici anni, Teresa, ma non l’altra, Ludovica, che evidentemente o si era sposata o era defunta. Carlo Giulio nel 1705 abitava nell’isola di S. Bonifacio, nella casa Giacobone (l’isolato di S. Bonifacio prospettava le attuali vie Po, Accademia Albertina, Principe Amedeo, S. Massimo).
L’anno seguente ricevette 99 lire, 11 soldi e 8 denari per il periodo dal 1° marzo alla fine di aprile 1695, compenso di cui si ignora la causale (cfr. ASTo, Patenti Controllo Finanze [P.C.F.] 1697, c. 117). Successivamente si recò a Napoli e a Roma, dove intorno al 1697-99 intervenne su edifici dei padri camilliani: a Napoli nella chiesa di S. Maria in Porta Cœli (oggi ridotta a deposito sconsacrato), modificando i progetti dell’architetto Antonio Picchiatti (cfr. M.G. Pezone, Carlo Buratti: architettura tardo barocca tra Roma e Napoli, Firenze 2008, p. 264), e a Roma nella chiesa di S. Maria Maddalena, la cui facciata nel 1735 sarebbe stata trasformata in stile rococò da Giuseppe Sardi, terminandone con Francesco Felice Pozzoni la parte anteriore (cfr. The Architecture of Rome: an Architectural History in 400 Individual Presentations, a cura di S. Grundmann, Stuttgart-London 1998, p. 254).
Durante la guerra di Successione spagnola ebbe un impiego quale architetto militare. Si trovava a Vercelli durante l’assedio del 1704, quale «Intendente» venne pagato 150 lire il 4 giugno e il 12 luglio di quell'anno, e il 19 luglio descrisse lo stato delle brecce aperte nelle mura dalle artiglierie francesi, per cui gli ufficiali sabaudi presenti decisero la resa della piazza.
Il 7 aprile 1706 «implora la soddisfazione di giorni duecento ondeci […] vacati a Vercelli, Verrua e Crescentino» (B. Signorelli, Indicazioni per una biografia di Michelangelo Garove, ingegnere civile e militare [1648-1713], in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, n.s., XLVI [1994], p. 148), il che indica come si fosse trovato impegnato nei momenti più difficili della guerra prima dell’assedio di Torino.
Tra il 1707 e il 1713 svolse alcuni interventi sui beni ecclesiastici passati nelle mani ducali, poi regie. Il 16 aprile 1707 operò per sei giorni, per un compenso di 60 lire, nella chiesa dell’abbazia di S. Stefano a Ivrea (ASTo, Sezioni riunite, Camerale art. 614, 1705 in 1707, reg. 52, c. 233). Sempre in quell’anno era a Vercelli per riparazioni ai beni di quel vescovado con otto giorni di «vacationi» e 80 lire ricevute (ibid., 1707 in 1708, reg. 54, c. 39). Nel luglio 1709 si recava con l’ingegner Giovanni Giulio Bertola alla chiesa cattedrale e al vescovado di Ivrea, oltre che, per lavori, all’abbazia di S. Stefano, effettuava otto giorni di «vacationi» e riceveva 80 lire (ibid., 1709 in 1710, reg. 56, c. 29). Nell’ottobre dello stesso anno fu a Vercelli per lavori per quel vescovado e per controllare quanto eseguito da un’altra impresa, con otto giorni «vacati» e 80 lire pagate (c. 65). Nel 1713 richiese il pagamento per l’assistenza e la direzione dei lavori per opere fatte alla Camera dell’uditorato e alla Segreteria dei criminali del Senato del Piemonte per un totale di 50 lire (ibid., 1713, reg. 60, cc. 194 s.). Infine, da un documento del 1708 (ibid., 1708 in 1709, reg. 55, c. 40) risulta che Carlo Giulio chiese il saldo degli stipendi dovuti al defunto padre.
Quest’ultimo aveva ricevuto pagamenti dal 15 luglio 1649 al 12 aprile 1673. Il testo rinvia a documenti mancanti, che tra l’altro indicano Carlo Giulio come erede unico del padre, per cui il fratello Camillo parrebbe defunto.
Sempre nel 1708 si occupò della progettazione della Confraternita di S. Rocco ad Asti: il disegno venne pagato 112 lire dal signor Francesco Viecha (cfr. Confraternite: archivi, edifici, arredi nell’Astigiano dal XVII al XX secolo, a cura di A. Torre, Asti 1999, p. 219, con scheda a cura di I. Bologna).
Tra il 1708 e il 1711 redasse una serie di progetti per l’ampliamento della chiesa dei gesuiti di Torino, dedicata ai Ss. Martiri. Nel 1708 preparava il progetto di pianta, alzato e altare (retribuito con 101 lire, 6 soldi e 8 denari); ricevette inoltre 60 lire e 13 soldi per l’assistenza. Per quest’ultima causale nel 1709 vi furono dieci pagamenti per 226 lire totali, e nel 1710 ulteriori 80 lire. Nel 1711 ricevette 24 lire per i disegni degli armadi della nuova sacrestia e delle cappelle del coro.
Il pagamento per il progetto dell’altare starebbe a indicare che prima della realizzazione di quello juvarriano per i Ss. Martiri ve ne sia stato forse uno su progetto di Carlo Giulio (B. Signorelli, Una chiesa per maggior servitio di Dio, aiuto delle anime et ornamento di questa città, in I Santi Martiri, una chiesa nella storia di Torino, a cura di Id., Torino 2000, ad ind.). Nel 1710 disegnava e incideva il «Plan du siege de Chivas place en Piedmont proche du Po» (pubblicato in Faletto - Ravera, 1977). Nello stesso anno venne incaricato dalla Compagnia di Gesù di redigere il progetto della chiesa dei gesuiti a Saluzzo (Signorelli, 1993, p. 170).
Il 30 dicembre 1712 riceveva 150 lire «per fatiche e disegni da lui fatti» parzialmente consegnati al duca Vittorio Amedeo II (ASTo, Sezioni riunite, P.C.F. dal 1712 al 1713, c. 30). Nel 1713, unitamente a Gian Giacomo Plantery e Pietro Paolo Cerutti, si occupò di un parere sulla erigenda nuova Regia Università (cfr. R. Binaghi, Un architetto al servizio della settecentesca «reggia» Università degli Studi di Torino, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, n.s., LII [2000], pp. 172 s.).
Le ultime notizie su Carlo Giulio risalgono proprio al 1713. A oggi non possediamo ulteriori informazioni su di lui.
Fonti e Bibl.: E. Casanova, Censimento di Torino alla vigilia dell'assedio, Torino 1909, pp. 9 s.; C. Brayda - L. Coli - D. Sesia, Ingegneri e architetti del Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1963, p. 57; A. Baudi di Vesme, Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, III, Torino 1968, pp. 879 s.; L. Faletto - G. Ravera, Ivrea e Canavese nelle antiche stampe, Ivrea 1977, p. 304; F. Monetti - A. Cifani, Frammenti d’arte. Studi e ricerche in Piemonte (secc. XV-XIX), Torino 1987, ad. ind.; B. Signorelli, La Chiesa e il Collegio dei Gesuiti a Saluzzo. Considerazioni, in Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti, n.s., XLV (1993), p. 170.