EVOLA, Giulio Cesare Andrea (Julius)
Nacque a Roma il 19 maggio 1898 da Vincenzo e da Concetta Frangipane, in una famiglia aristocratica e cattolica, di lontana ascendenza spagnola. Adolescente, fu indirizzato verso studi tecnici e matematici, sviluppando parallelamente un forte interesse per l'arte e la filosofia. Iscrittosi alla facoltà di ingegneria dell'università di Roma, completò il corso di studi ma senza conseguire la laurea, a suo dire in "disprezzo del titolo".
Sulla sua formazione influirono inizialmente, per sua stessa ammissione, il decadentismo estetizzante di O. Wilde e G. D'Annunzio ma anche le filosofie irrazionaliste di F. Nietzsche, M. Stirner, C. Michelstaedter, O. Weininger; fu vicino all'ambiente intellettuale che gravitava intorno alle riviste Leonardo, Lacerba, La Voce, e in particolare fu attratto dal "titanismo individualista" di G. Papini, da cui si allontanò quando quest'ultimo si convertì al cattolicesimo; frequentò i futuristi romani. Da questo clima culturale trassero linfa quelli che saranno i temi preminenti della sua speculazione: la volontà di potenza e la rivolta contro il mondo moderno.
Iniziò giovane l'attività in campo artistico: i primi quadri risalgono al 1915, e del 1916 sono le prime poesie. Fu amico di F. Marinetti e soprattutto di G. Balla, nel cui studio romano aveva conosciuto anche E. Prampolini e F. Depero; la produzione pittorica dell'E., pur legata al dinamismo futurista, si distaccò tuttavia dal lirismo decorativo di Balla come dal materialismo fisico di Prampolini, raggiungendo una dimensione autonoma, che l'E. sviluppò in senso esoterico. A questa prima fase, da lui stesso definita di "idealismo sensoriale", appartengono le opere: Fucina, studio di rumori (1917 c.), Five o'clock tea (databile non oltre il 1918; entrambe conservate presso la Galleria comunale d'arte moderna di Brescia) e Mazzo di fiori (1917-18; Roma, coll. privata, pubbl. in Tedeschi, 1989, tav. 69).
Nell'aprile 1919 l'E. partecipò all'Esposizione nazionale futurista organizzata da Marinetti a palazzo Cova a Milano, e l'anno successivo fu presente all'Exposition internationale d'art moderne a Ginevra (dicembre 1920-gennaio 1921). All'epoca era comunque già maturato il suo distacco dal futurismo, di cui, d'altro canto, l'E. non aveva mai accolto appieno la teoria ritenendola "troppo grezza". La rottura con i futuristi si era manifestata all'inizio della guerra con lo schierarsi del movimento su posizioni interventiste in chiave antigermanica. L'E. non era certamente un neutralista ma la sua formulazione ideologica, già avanzata. lo faceva piuttosto assertore di una partecipazione alla guerra "secondo la formula della Triplice Alleanza", paradossalmente proprio in nome dei principi "germanici" della disciplina, della gerarchia, dell'etica prussiane, e non delle ideologie nazionalistiche o di quelle democratiche. L'E. partecipò comunque al conflitto, dopo aver frequentato il corso allievi ufficiali di artiglieria; destinato, tra il 1917 e il 1918, alle posizioni montane di prima linea, vicino ad Asiago, non venne impegnato in azioni militari di rilievo. Fu proprio durante il periodo bellico che in una tensione autodistruttiva, nel tentativo di "rompere e superare la realtà dei sensi", fece per la prima volta uso di stupefacenti, uso che si protrasse fino al 1925.
Nel dopoguerra riprese l'attività artistica avvicinandosi al dadaismo del quale divenne uno dei maggiori esponenti in Italia, dopo essere entrato in contatto con T. Tzara. Ad attrarlo fu "il radicale impulso verso la liberazione assoluta ... non soltanto nel campo dell'arte ma altresì con riferimento ad una visione generale della vita" che l'E. vedeva espresso nel movimento, cui aderì formalmente con una lettera a Tzara del 5 gennaio 1920 (cfr. Lettere di Julius Evola a Tristan Tzara, 1919-1923, a cura di E. Valento, Roma 1991).
Questi anni coincidono con la seconda fase della produzione pittorica dell'E., frutto di una reinterpretazione dada in chiave di spiritualismo e di idealismo, cosiddetta di "astrattismo mistico", cui sono riconducibili i Paesaggiinteriori (ad es. Paesaggio interiore 10, 30 [1918-20], Roma, Gall. naz. d'arte moderna) ed il coevo dipinto Astrazione (Milano, gall. Schwarz; cfr. Marescalchi, 1980, p. 426). Di questo periodo sono due importanti personali, quella del gennaio 1920, presso la casa d'arte Bragaglia a Roma, e quella di Berlino del gennaio 1921, organizzata da H. Walden nella galleria Der Sturm, in cui presentò 60 dipinti. Sempre nell'ambito dell'esperienza dadaista nel 1920 a Roma, per la Collection Dada pubblicò l'opuscolo Arte astratta, in cui l'E. individua e pone in evidenza con grande chiarezza l'elemento volontaristico e l'ispirazione attualistica dell'arte contemporanea e giustifica il suo allontanamento dal futurismo proprio perché questo non in fondo. Ancora nel 1920 fondò con i poeti A. Fiozzi e G. Cantarelli la rivista Bleu, che ebbe un anno di vita e uscì in tre numeri a Mantova; collaborò anche con Cronache d'attualità, diretta da A. G. Bragaglia e con Noi di Prampolini, di cui fu condirettore. Nel giugno 1921 l'E. fu presente al Salon Dada organizzato presso la galleria Montaigne di Parigi; in quello stesso anno espose ad una mostra dadaista a tre presso la casa d'arte Bragaglia, con Cantarelli e Fiozzi. Nell'aprile 1921 partecipò anche ad alcune serate dadaiste a Roma presso il cabaret "Grotte dell'Augusteo", per il quale realizzò un fondale a fresco (Tedeschi, 1989, p. 295).
Tra il 1916 e il 1922 aveva scritto numerose poesie apparse in varie raccolte e riviste (poi riunite e pubblicate nel 1969 a Milano con il titolo di Raâga Blanda) e un poemetto dada La parole obscure du paysage interieur (Zurigo 1920), in cui più che della produzione futurista si risentono echi e influssi di decadentismo, simbolismo, analogismo, fino alla composizione puramente astratta e dada.
Nella teorizzazione dell'E., secondo un indirizzo che era anche dei leonardiani, il pensiero, la speculazione erano da anteporsi all'arte; coerente con questa impostazione, nel 1923 FE. cessò l'attività pittorica e poetica e iniziò il periodo da lui definito filosofico. Si dedicò allo studio delle dottrine orientali, prendendo inizialmente in esame il taoismo e il taigra; in questa fase mutò il suo nome in Julius. Gli studi orientalistici e filosofici, caratteristici di un'epoca in cui un grande rilievo presentava la discussione intorno al "tramonto dell'Occidente", si rifletterono nelle opere di carattere speculativo dell'E., in cui egli attuò una progressiva critica e presa di distanza dall'idealismo hegeliano, per prospettare un idealismo capace di superare i limiti della comune umanità, alla ricerca di un'assoluta libertà interiore.
In questo periodo lavorò a due opere che videro la luce più tardi: Teoria dell'individuo assoluto (Torino 1927) e Fenomenologia dell'individuo assoluto (ibid. 1930). In esse, sulle orme di G. Gentile, l'E. parte dall'idealismo assoluto come da una premessa, e cerca di andare oltre: l'Io è giunto con l'idealismo assoluto a porsi come principio attivo della realtà ma su di un piano esclusivamente dialettico, logico, occorre ora - secondo una'linea additata da Nietzsche e da Michelstaedter - riconoscere la potenza come criterio di verità e fornire all'Io empirico i mezzi virtuali per divenire individuo assoluto. Nel contempo la Fenomenologia rappresenta il tentativo di delineare, in analogia con Hegel, le categorie definenti l'individuo assoluto, poste però dall'individuo non per un'interna necessità, ma per un atto di assoluta libertà.
In questi anni l'E. svolse un'intensa attività pubblicistica: dal 1924 collaborò alle riviste Atanor e Ignis, dirette da A. Reghini - capo riconosciuto del pitagorismo italiano massone di rito scozzese -, occupandosi prevalentemente di temi legati all'orientalismo e allo spiritualismo. Assai significativo fu l'incontro con il duca Giovanni Colonna di Cesarò, democratico liberale, leader del movimento politico, e partito, Democrazia sociale, in dissenso con il fascismo e fondatore di un periodico quindicinale, Lo Stato democratico, sulle cui pagine l'E. si misurò per la prima volta con temi propriamente politici nell'articolo, uscito il 1° maggio 1925, titolato Stato, potenza, libertà, critico sia verso il fascismo sia verso la democrazia.
Alla base delle tesi dell'E. vi sono un giudizio decisamente negativo nei confronti delle masse, sostanzialmente passive e facile preda della demagogia, e l'esigenza di un pieno recupero di valori spirituali nell'ambito di una morale autenticamente aristocratica, obiettivo che non sembra essere per l'E. alla portata del fascismo.
Fin dal 1923 l'E. collaborava anche alla rivista di orientamento neospiritualista Ultrà, diretta da D. Calvari, il quale era inoltre presidente della Lega teosofica indipendente di Roma, nella cui sede l'E. tenne, nel 1925, alcune lezioni e un corso di cultura spirituale. Alla fine di quell'anno cominciò a pubblicare pure su L'Idealismo realistico, quindicinale di filosofia mazziniana, diretto da V. Marchi, già della redazione di Atanor, dove conobbe A. Tilgher, R. Pavese, G. Ferretti, con i quali collaborò anche in seguito. Proprio su questa rivista si svolse una polemica tra l'E. e R. Guénon -autore che, attraverso il suo concetto di tradizione, ebbe notevole influenza sull'E. - incentrata sul saggio di Guénon sulla filosofia indiana del Vedánta, recensito negativamente dall'E., cui replicò l'autore.
Nel 1925 l'E. pubblicò, a coronamento dell'intenso periodo di studi, i Saggi sull'idealismo magico (Roma) e L'uomo come potenza (ibid.), opere che segnano il superamento del suo "periodo speculativo", in quanto l'E. nell'Idealismo magico prospetta una filosofia che non si esaurisca nella formulazione di concetti, bensì implichi una praxis e un'eticità in atto e additi il proprio superamento nel momento stesso del suo porsi, finalizzandosi come dottrina dell'assoluta libertà dell'individuo. Da ciò all'individuo si pone il problema circa i mezzi per la propria autorealizzazione. Nelle opere successive, a cominciare dall'Uomo comepotenza, l'E. si ripropose di esporre, in modo sistematico, quelle dottrine che avrebbero reso possibile un allargamento e un potenziamento indefinito dell'Io, modificando le "leggi naturali", mentre l'accento si spostava via via dalla teoria alla pratica, dalla "sapienza metafisica" alla storia, dalla filosofia alla politica.
In L'uomocome potenza l'E. propone un'utilizzazione delle dottrine orientali nell'ambito della cultura occidentale. Il tantrismo viene analizzato nei due aspetti dottrinario e pratico, e comparato con l'esoterismo occidentale. Ciò a partire da una critica nei confronti della conoscenza scientifica moderna, le cui applicazioni l'E. riteneva irrilevanti ed illusorie. L'E. sostiene dunque che nell'ideale utilitario e democratico l'uomo si aliena, trovando fuori di sé il proprio principio. Per il tipo eroico tantrico si tratta invece di liberare la propria volontà rendendola assoluta, superando le consuete opposizioni bene-male, virtù-colpa. Emergono inoltre i temi dell'opposizione al cristianesimo e della rivolta contro il mondo borghese. La ricerca che l'E. si propone si definisce come volta ad affermare la morale aristocratica di un essere che è a se stesso la propria legge".
Sempre in questa chiave va interpretata l'esperienza del "gruppo di Ur". Sotto questa sigla si raccolse un gruppo di intellettuali, tra i quali il Reghini, che, dalla fine del 1926, si riunì per approfondire discipline esoteriche ed iniziatiche. Tra il 1927 e 1929 uscirono mensilmente una serie di fascicoli monografici, titolati Ur, poi Krur (raccolti nei 3 voll. dell'Introduzione alla magia quale scienza dell'Io, Roma 1927-29), sotto la direzione dell'E. che dette un particolare rilievo all'aspetto pratico e sperimentale di questi studi e impose l'anonimato ai collaboratori. Verso la fine del secondo anno vi fu una scissione in seno al gruppo, che poi si sciolse, scissione che l'E. imputò a un intervento della massoneria, teso ad esautorarlo dalla direzione della rivista; l'interesse per la magia e l'irrazionale avevano inoltre indotto una certa diffidenza del regime verso il gruppo di Ur.
Da un contatto con G. Bottai, conosciuto dall'E. in tempo di guerra, prese l'avvio nel 1928 una collaborazione a Critica fascista in cui l'E., in chiave contemporanea, prende in esame e approfondisce in particolare due punti: l'etica fascista e i rapporti tra fascismo e cristianesimo. Le conclusioni della sua elaborazione provocarono vivaci reazioni ecclesiastiche; dalle colonne dell'Osservatore romano si chiese quanto queste teorie fossero condivise dal regime. Le gerarchie fasciste, impegnate allora nella trattativa concordataria, non rimasero insensibili alle sollecitazioni della Chiesa. Per replicare l'E. sisternatizzò il suo pensiero in un'opera titolata Imperialismo pagano (Roma 1928): il fascismo potrà divenire un'autentica rivoluzione ed essere l'artefice di una resurrezione, sostiene l'E., se saprà abbandonare i compromessi e recuperare, insieme con i simboli di Roma antica, la spiritualità pagana dell'Impero; in questo quadro l'unica chiesa tollerabile è una chiesa subordinata e sottomessa. L'E. ripudiò più tardi queste posizioni per assumere un atteggiamento sempre critico ma al tempo stesso maggiormente attento nei confronti del cattolicesimo.
Successivamente fondò la rivista La Torre, cha apparve in dieci numeri dal febbraio al giugno del 1930.
Fu un'esperienza molto intensa - vennero riprese e sviluppate le idee dello Spengler sui cicli di cultura, di Lévy-Bruhl e di Durkheim sull'anima dei primitivi., del Guénon sul decadere delle gerarchie - nel corso della quale l'E. maturò il suo particolare concetto di tradizione: concetto di carattere metastorico, non nostalgia del passato, ma ricerca dei principi e valori primi che devono informare l'agire umano e che, portati sul piano politico, possono dar luogo solo ad un ordine di differenziazione qualitativa e quindi di gerarchia. Alcune critiche al regime mosse sulle pagine della Torre (per es. alla campagna per l'incremento demografico) provocarono l'intervento di Starace: l'E. fu diffidato dal continuare le pubblicazioni e venne proibito a tutte le tipografie romane di stampare la rivista, che infine fu sospesa. Da quel momento in poi l'E., già ritenuto individuo pericoloso e sospettato di essere discepolo e agente di Krisna Murthi (filosofo indiano capo della setta "La Stella") e di essere affiliato all'ordine "Ordo Templi Orientis", fu sottoposto a sorveglianza. Peraltro, nei rapporti informativi il suo accostamento al fascismo sarà evidenziato come opportunistico.
Dopo questa esperienza l'E. si ritirò per un periodo in montagna dedicandosi all'alpinismo da lui intensamente praticato negli anni '20-'30- Immediatamente dopo scrisse Latradizione ermetica (Bari 1931) e Maschera e volto dello spiritualismocontemporaneo (Torino 1932).
La prima è un'originale disamina dell'ermetismo alchemico in quanto testimonianza di una spiritualità non cristiana, di una tradizione "regale", da contrapporsi a quella "sacerdotale", di stampo ascetico-contemplativo. La seconda è un'analisi delle correnti di pensiero contemporanee - spiritualismo e psicologia - che soffrono di una mancanza di reali valori da opporre al materialismo e al razionalismo.
L'ipotesi di utilizzare la tradizione ascetico-contemplativa cattolica come punto di partenza verso i valori di una tradizione realmente universale lo condusse, nei primi anni '30, a fare una breve esperienza di soggiorno, in incognito, presso i monasteri degli Ordini certosino, carmelitano, benedettino della regola antica. L'E. vide allora "nel Cristianesimo originario il valore di una possibile via disperata e tragica alla salvazione", anche se destinato a rimanere sempre su un piano inferiore rispetto ai valori della tradizione quale egli la concepiva.
Nel 1934 pubblicò Rivolta contro il mondo moderno (Milano), in cui compendia e ribadisce la sua teoria sul carattere regressivo della civiltà moderna, ribaltando la teoria evoluzionistica in chiave antidarwiniana ed evidenziando il processo di decadenza dell'uomo-dio.
L'opposizione tra mondo tradizionale e mondo moderno è opposizione totale fra due alterità disomogenee che si misura su di un piano qualitativo, metastorico, cioè "mondo moderno e mondo tradizionale possono venir considerati come due categorie apriori della civiltà"; l'opera analizza nella prima parte le categorie qualificanti l'uomo "tradizionale", le antiche "razze divine"; nella seconda la genesi del mondo moderno, i processi in forza dei quali la civiltà tradizionale è crollata e dall'antico dominio dell'autorità spirituale si è giunti al dominio del quarto stato, secondo la trasmissione del potere attraverso le quattro caste a partire dai tempi preantichi: dai capi sacrali alla nobiltà guerriera, alla borghesia ed infine ai servi. Negli ultimi capitoli si evidenzia la lotta tra URSS e USA che si stringono attorno all'Europa distruggendo, con il contributo del cattolicesimo, le ultime forme della tradizione; la Germania e l'Italia rappresentano per l'E. dei tentativi di arginamento, inficiati però da una pratica politica inadeguata.
Rivolta alla sua apparizione non fu notato, ma la traduzione del 1934 di Imperialismo pagano fece conoscere l'autore in Germania, dove si recò nello stesso anno per tenere alcune conferenze a Berlino e a Brema. Ebbe inizio così la fase di più, intenso impegno politico dell'E., le cui teorizzazioni ideologiche ben si prestavano ad essere utilizzate da nazismo e fascismo, soprattutto in funzione razzista e antisemita. In Germania negli anni successivi, su invito di H. Himmler, con cui ebbe freguenti contatti, tenne conferenze a circoli delle SS, intensificò le collaborazioni a riviste tedesche (tra le altre Der Ring, Europäische Revue, Geist der Zeit, Die Akion-Kampfblatt für das Neue Europa); entrò in contatto con esponenti di rilievo della Destra europea: Keller, Mayol de Lupè, Spann, il principe di Rohan, A. Rosenberg, C. Z. Codreanu e Mircea Eliade. In Italia continuò a pubblicare sul Roma, Il Popolo d'Italia, La Stampa, Il Mattino, Educazione fascista, Logos, La Difesa della razza, Rassegna italiana, Il Saggiatore, Rivista del Club alpino italiano, Nuova Antologia.
Tramite G. Preziosi, esponente del peggior antisemitismo e razzismo nazionali, conobbe R. Farinacci. Sotto la protezione di quest'ultiffio, necessaria per un intellettuale non organico al regime quale egli era, sia pure da posizioni di destra, collaborò al quotidiano cremonese IlRegime fascista su cui curò, dal 2 febbr. 1934 al 18 luglio 1943, una pagina titolata "Diorama filosofico, Problemi e prospettive nell'etica fascista", raccogliendo contributi di intellettuali della Destra europea quali Guénon, Spann, Henrich, Tilgher.
L'emanazione delle leggi razziali da parte del governo fascista lo portò ad occuparsi in maniera preminente appunto di questa questione, divenuta tema politico di attualità. Fu invitato da Bottai, che gli offrì nel 1939 una cattedra di razzismo all'università di Roma, a tenere conferenze sull'argomento nelle università di Milano e di Firenze. Un complesso di scritti, culminati in Sintesi della dottrina della razza (Milano 1941), gli valse un pubblico riconoscimento di Mussolini, alla ricerca di una posizione sulla questione razziale e antisemita che non fosse un mero appiattimento su quella nazista.
L'E. contrapponeva alle concezioni razziste prettamente biologiche e antropologiche quelle della "razza interiore", della "razza dello spirito"; il razzismo, che per l'E. esprime la sua positività in quanto fondamentalmente antiegualitario e antirazionalistico, doveva quindi basarsi sulle caratteristiche spirituali, queste ultime identificabili nello stile di vita, nella cultura, informati dai valori della tradizione. La razza del tipo arioromano, contrapposta al tipo mediterraneo, è quella cui compete in Italia il ruolo di razza guida; è la razza dell'uomo fascista, "un uomo antico e nuovo al tempo stesso". Il razzismo politico è, per l'E., lo strumento capace di garantire il ruolo guida alla razza arioromana. A Mussolini, dal quale venne convocato nel settembre 1941, sottopose l'idea di pubblicare una rivista italo-tedesca il cui titolo avrebbe dovuto essere Sangue e razza e ne avviò i contatti preliminari, ne stese anche il programma che il duce approvò. Il progetto però non si concretizzò, a detta dell'E. a causa delle pressioni congiunte su Mussolini di ambienti cattolici e fascisti. A questo punto anche i Tedeschi volsero la loro attenzione altrove, ma l'interessamento di Mussolini aveva comunque procurato all'E. una certa notorietà.
Nel corso della guerra l'E. chiese di essere inviato sul fronte russo, ma la risposta alla sua domanda arrivò in ritardo quando ormai le truppe italiane erano in ritirata; l'E. imputò questo ritardo al fatto di non essersi mai iscritto al partito fascista. Dopo il 25 luglio sempre Preziosi indicò l'E. ai Tedeschi come possibile collaboratore del progetto teso a dimostrare la compromissione dei circoli governativi italiani con l'ebraismo e la massoneria, esortandoli ad invitarlo in Germania. Alla fine di agosto l'E. accettò l'offerta tedesca e si recò a Berlino. Non convinto della svolta repubblichina, tentò di preparare il terreno ad un movimento che, alla fine del conflitto, potesse essere un punto di riferimento per la Destra. Rientrato a Roma, l'occupazione alleata lo costrinse a riparare nella Repubblica sociale e poi a Vienna. Qui fu invitato dalle SS ad esaminare documenti sequestrati alla massoneria e qui, nell'aprile 1945, durante un bombardamento l'E., che rifiutava deliberatamente di scendere nei rifugi, rimase ferito, riportando una lesione al midollo spinale che gli provocò la paresi parziale degli arti inferiori. Dopo due anni trascorsi nelle cliniche austriache, nel 1948 rientrò in Italia prima a Bologna, quindi a Roma, dove risiedette fino alla morte.
Fin dall'immediato dopoguerra l'E. divenne punto di riferimento ideologico di forze e gruppi della Destra italiana, in particolare giovanili, all'interno o ai margini del Movimento sociale italiano, che vedevano in lui il teorico di una elaborazione organica e conseguente. In questa veste fu coinvolto nel processo ai Fasci di azione rivoluzionaria per apologia di fascismo, quale presunto ispiratore di una serie di atti di violenza verificatisi nell'ottobre 1950. Arrestato, trascorse circa un mese in carcere e venne infine riconosciuto estraneo ai fatti nel processo celebrato nell'ottobre 1951.
In realtà, dal dopoguerra in poi l'E. si tenne fuori dalla politica attiva e si dedicò soprattutto alla cura della ristampa dei suoi lavori e ad alcune opere che ripropongono essenzialmente le sue idee di sempre come l'opuscolo Orientamenti (Roma 1950) e Gli uomini e le rovine (ibid. 1953), con pref. di J. V. Borghese. Tradusse anche opere di autori legati alla sua impostazione e da ciò trasse stimolo per approfondire ed estendere le sue considerazioni sui temi dell'eros e della psicanalisi, alla quale si contrappose decisamente, riconducendo l'eros ad un impulso tendente a ripristinare l'assoluta unità primordiale dell'essere: in Metafisica del sesso (ibid. 1958) sottolineò appunto la dimensione trascendentale dell'eros. Successivamente, con varie opere tra cui Cavalcare la tigre (Milano 1961) e Il fascismo. Saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra (in App. a Note sul Terzo Reich, Roma 1964), approdò al pessimismo rispetto alle reali possibilità di mutare il percorso involutivo dell'epoca presente senza rimanerne contagiati: la realizzazione interiore rimane per l'individuo l'unica possibilità di reagire alla decadenza.
In tutti questi anni, pur vivendo appartato, l'E. riceveva, per appuntamento, numerosissime visite da parte di persone interessate alla sua opera; alcuni suoi lavori furono ristampati, soprattutto ad opera della casa editrice Scheiwiller. Nel 1963, appunto con Scheiwiller, pubblicò la sua autobiografia spirituale Il cammino del cinabro (Milano 1963); nello stesso anno, presso la galleria La Medusa di Roma, fu tenuta una retrospettiva di opere pittoriche dell'E. che furono tutte vendute. Ma il 1968 fu l'anno della vera riscoperta dell'E. filosofo. Le sue teorie furono riprese da esponenti e movimenti della nuova Destra radicale, in particolare dal gruppo raccoltosi intorno al periodico Civiltà, diretto da P. Rauti. Alcuni di essi si fecero assertori di una unità operativa con i gruppi dell'ultrasinistra, nel quadro della comune lotta al mondo borghese.
Alcuni politologi, come G. Galli, individuarono nella critica alla società di massa punti di contatto tra il pensiero dell'E. e quello dei filosofi della scuola di Francoforte. Questa rinnovata attenzione ebbe un prolungato effetto con il succedersi di ristampe e raccolte dei suoi articoli. L'E. aveva anche continuato a portare avanti numerose collaborazioni giornalistiche con il Roma di Napoli, IlGhibellino, Vie della tradizione, Ordine nuovo, Il Borghese, La Torre, La Destra, East and West (organo dell'Istituto per il Medio ed Estremo Oriente) ed altre ancora.
Morì a Roma l'11 giugno 1974 e le ceneri, per sua volontà, furono sepolte sul Monte Rosa.
Ricordiamo dell'E., oltre a quelle già citate, le seguenti opere: L'individuo e il divenire del mondo, Roma 1926; Tre aspetti del problema ebraico, ibid. 1936; Ilmistero del Graal e la tradizione ghibellina dell'Impero, Bari 1937; Il mito del sangue, Milano 1937; Indirizzi per una educazione razziale, Napoli 1941; La dottrina del risveglio. Saggio sull'ascesi buddista, Bari 1943; L'operaio nel pensiero di E. Junger, Roma 1960; L'arco e la clava, Milano 1968; I saggi di Bilychnis, Padova 1970; I saggi della Nuova Antologia, ibid. 1970; Ricognizioni, uomini e problemi, Roma 1974; Meditazioni delle vette, La Spezia 1974; La Torre, Milano 1977; Simboli della tradizione occidentale, Carmagnola 1977; La tradizione di Roma, Padova 1977; Ultimi scritti, Napoli 1977.
Fonti e Bibl.: Roma, Fondazione Julius Evola, sette lettere di R. Guénon all'E.; Ibid., Arch. centrale dello Stato, Polizia politica, fasc. personale J. Evola; J. E. nei documenti segreti del Terzo Reich, Roma 1986, a cura di N. Cospito-H. W. Neulen, pp. 29, 35, 44, 85-91, 106 s., 116, 135-139; necr.: in Corriere della sera, 12 giugno 1974; Il Tempo, 13 giugno 1974; cfr. inoltre E. Servadio, E., l'idealismo magico e la tradizione ermetica, in L'Italia letteraria, 19 marzo 1931; D. Piazza, Contro ilmondo moderno, ibid., 29 apr. 1934; A. Hermet, La ventura delle riviste, Firenze 1941, pp. 379-381, 405, 447; R. Motherwell, Dada painters and poets, New York 1951, ad Ind.; C. Bruni-M. Drudi Gambillo, Dopo Boccioni, Roma 1961, pp. 32-39; R. De Felice, Storia degli ebrei ital. sotto il fascismo, Torino 1961, p. 47; J. Pierre, Le futurisme et le dadaisme, Lausanne 1966, pp. 71, 167; Cinquant'anni a dada. Dada in Italia 1916-1966 (catal.), Milano 1966, pp. 109, 146-150; D. Palazzoli, Dada in Italia, in Marcatre, 1966, nn. 23-24-25, pp. 198, 203; E. Crispolti, in Arte in Italia 1915-1935 (catal. a cura di C. L. Ragghianti), Firenze 1967, p. 85; Id., Dada a Roma, in Palatino, n.s., XII (1968), pp. 51-56, 187-196, 294-299; Id., Il mito della macchina e altri temi del futurismo, Trapani 1969, pp. 373-381; E. Santarelli, Storia del movimento e del regime fascista, Roma 1971, I, p. 519; II, pp. 140 n., 305, 539; P. Fossati, La pittura a programma. De Chirico metafisico, Venezia 1973, pp. 71-89; Testimonianze su E., a cura di G. de Turris, Roma 1973; Omaggio a J. E., a cura di G. de Turris, Roma 1973, pp. 102, 119-122, 142, 145-48; G. Galli, La crisi italiana e la Destra internaz., Milano 1974, p. 20; E. Santarelli, Fascismo e neofascismo, Roma 1974, pp. 36 n., 275 n., 276 n., 281, 284; M. De Micheli, La matrice dell'eversione fascista, Milano 1975, pp. 89-100; D. Barbieri, Agenda nera, Roma 1976, pp. 21 s., 79 s., 96 n., 191; P. Baillet, J. E. e l'affermazione assoluta, Padova 1978, pp. 7 s., 11-23; G. Bessarione, La cultura giovanile di destra in Italia, Roma 1979, p. p. 30 ss., 97, 171 ss.; F. Jesi, Cultura di destra, Milano 1979, pp. 78-102; A. Romualdi, J. E. l'uomo e l'opera, Roma 1979; M. Veneziani, La ricerca dell'assoluto in J. E., Padova 1979; P. Marescalchi, in La Metafisica: gli anni Venti (catal.), I, Bologna 1980, pp. 442 s.; R. De Felice, Mussolini il duce. Lo Stato totalitario, Torino 1981, pp. 316 s.; G. Lami, Introd. a E. Un passo per la vita e un passo per il pensiero, Roma 1981; G. Ferracuti, J. E., Rimini 1984; R. Melchionda, Il volto di Dioniso. Filosofia e arte in J. E., Roma 1984; M. Veneziani, J. E. tra filosofia e tradizione, Roma 1984 (vedi anche la recensione di G. Gioberti agli ultimi tre titoli in La Nottola, IV [1985], 2-3, pp. 211-213); P. Di Vona, E. e Guénon, tradizione e civiltà, Napoli 1985; I futuristi e la fotografia (catal. a cura di G. Lista), Modena 1985, pp. 65, 124; M. Rossi, L'interventismo politico-culturale delle riviste tradizionaliste negli anni Venti: Atanor (1924) e Ignis (1925), in Storia contemporanea, XVIII (1987), pp. 459-462; Id., "Lo stato democratico" (1925) e l'antifascismo di J. E., ibid., XX (1989), pp. 5-43; Mythos Italien. Wintermärchen Deutschland (catal. a cura di K. Schulz Hoffmann), München 1988, pp. 142 s., 296; R. Drake, J. E. radical fascism, and the Lateran Accords., in Catholic historical Review, LXXIV (1988), pp. 413-419; F. Tedeschi, Dal futurismo alla magia: E. e l'arte d'avanguardia, in Casa Balla e il futurismo a Roma (catal. a cura di E. Crispolti), Roma 1989, pp. 287-300 e passim; E. Crispolti, in La pittura in Italia. Il Novecento, I, 2, Milano 1992, ad Ind.; V. Gravano, ibid., p. 877; F. Ferraresi, E. l'Ariano, in Corriere della sera, 28 dic. 1992; S. Romano, I falsi protocolli, Milano 1992, ad Indicem; Marinetti e il futurismo a Roma (catal. d. mostra, Milano), Lugano 1993, pp. 92-95, 134, 138; F. Ferraresi, E. l'Ariano, in Corr. d. sera, 28 dic. 92; A. Gnoli, Un gelato per E., in La Repubblica, 10 apr. 1993.