GATTONI, Giulio Cesare
Nacque a Como il 12 marzo 1741 da Antonio, di nobile famiglia cittadina, e da Caterina Lucina (o Lucini). L'intera sua formazione scolastica si svolse all'interno del collegio dei gesuiti di Como; del resto non si allontanò mai dalla città di origine e vi trascorse tutta l'esistenza sua a causa delle limitazioni impostegli dalla carica ecclesiastica che avrebbe ricoperto. In collegio frequentò il ciclo scolastico inferiore sino alla retorica (insegnata dal gesuita genovese Antonio Signorotti, il quale forse lo iniziò anche alla fisica) e il ciclo superiore (filosofia) studiando etica e teologia sotto la guida di Girolamo Bonesi.
Mentre frequentava l'ultimo anno di retorica, nel 1758 prese a studiare in collegio anche il più giovane Alessandro Volta, che il G. già frequentava da tempo come vicino di casa e compagno di giochi e di interessi. La comune partecipazione agli studi approfondì tale familiarità e li portò ad affrontare in vivaci discussioni significativi temi che avrebbero in qualche caso segnato in profondità le loro convinzioni. Fu quello un giovanile periodo di filosofeggiamenti in margine a questioni di carattere spirituale, dai quali il Volta doveva trarre il consolidamento della sua fede religiosa. Benché più avanti negli studi, il G. partecipò ai conversari che si erano avviati tra il Volta e il lettore di filosofia Girolamo Bonesi, il quale si era convinto della vocazione religiosa del più giovane allievo e si stava muovendo con caparbietà per convincerlo a entrare nella Compagnia di Gesù. Quando la famiglia tolse il Volta dal collegio per sottrarlo a quell'influenza, come "confidente d'entrambi" il G. svolse per qualche tempo il ruolo di tramite segreto tra il gesuita e l'ex allievo fungendo da "portalettere per ambidui", anche se tentò di disilludere il maestro sulle reali intenzioni dell'amico e sul suo sostanziale disinteresse a entrare a far parte della Compagnia (G.C. Gattoni, Notizie storiche della prima età di A. Volta, in A. Volta, Epistolario, I, pp. 2 s.).
Mentre proseguiva i suoi studi teologici presso i gesuiti, nel 1761 tra il G. e il Volta si accese una viva discussione sull'anima degli animali: contro l'opinione del Volta il G. argomentò che gli animali non potevano possedere un "ente spirituale", o anima, in quanto "macchine" prive di evoluzione culturale e destinate sin dalla creazione alla mera ripetitività meccanica di azioni e alla conservazione della loro esistenza. Il Volta non accettò tali argomentazioni e anzi "senz'altra biblioteca che il suo cervello [gli] scrisse undici quaderni di carta a sostegno della sua opinione" (ibid., p. 4).
Il fitto e talvolta ingenuo discutere su problemi filosofici e il continuo, conseguente scambio di opinioni sui temi esistenziali e religiosi non esauriva l'ambito degli interessi che accomunava i due giovani; anzi, essi trovavano nella sconfinata passione e curiosità per i fenomeni fisici che li muoveva il vero terreno di incontro, di reciproco sostegno e incoraggiamento a proseguire nell'approfondimento degli studi scientifici. Finché il G. ebbe nel Volta un "indivisibile compagno" (ibid., p. 5), cioè sino alla fine del 1778 (quando quest'ultimo lasciò Como perché nominato professore nell'Università pavese), i due condussero vita inseparabile e insieme realizzarono esperimenti su vari problemi di fisica, meteorologia, "storia naturale" e soprattutto indagarono a fondo sulle differenti manifestazioni dei fenomeni elettrici. Insieme con il Volta, il G. provvide nel 1768 a erigere una "spranga elettrica", l'unico parafulmine alzato in Como sino ai primi decenni dell'800, su una torre di casa sua, comunemente detta dai contemporanei "torre Gattoni".
Si trattava di un "gran conduttore" isolato e costruito in modo da fungere contemporaneamente da parafulmine e da "esploratore dell'elettricità atmosferica", di cui si avvalse il Volta per compiere le sue indagini e i suoi studi. Il G. dal canto suo, oltre a rilevare giornalmente le osservazioni meteorologiche, compiva non meno continue osservazioni sull'elettricità atmosferica (A. Volta, Opere, V, p. 118 n.). Nel gennaio 1778 ancora insieme stavano sperimentando le varie possibilità di produrre scintille attraverso l'uso di una pistola elettrica; e in marzo operavano per ricavare "aria deflogisticata" attraverso la cristallizzazione di "vitriolo marziale" (Id., Epistolario, I, pp. 212, 227). Tutto quel gran sperimentare metteva in evidenza, come affermava ripetutamente il Volta stesso nelle sue opere e nella corrispondenza con gli scienziati in contatto con lui, le felici doti e abilità di sperimentatore del G., "avec qui je fais souvent des expériences" (Id., Opere, III, p. 363) e in ogni occasioni riconosceva apertamente spunti o suggerimenti che gli derivavano dall'amico e al quale era debitore.
Del resto, dagli anni '60 in poi il G. aveva faticosamente cominciato a raccogliere un invidiabile insieme di macchinari sperimentali di fisica (eudiometri, anemometri, pluviometri, igrometri ecc.) e numerose macchine per indagare l'elettricità, "le voltiane esperienze", cui unì un vero e proprio gabinetto di storia naturale che vantava, tra l'altro, "una bella serie d'uccelli imbalsamati" (Giovio, 1784, p. 290). Di quella mirabile collezione si servì poi largamente il Volta quando si ritirò nella sua città natale.
Sebbene apparentemente isolato nella sua Como, tramite il Volta o autonomamente, il G. ebbe modo di estendere la rete dei rapporti e la sua corrispondenza con diversi uomini di scienza: strinse così amicizia con Carlo Amoretti (che accolse alcuni scritti del G. nel periodico Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti che dirigeva a Milano), con i medici Antonio Scarpa e Pietro Moscati, con i fisici Ermenegildo Pini e Pietro Configliachi, con lo svizzero Jean Senebier, Horace-Bénédict de Saussure ecc.
Nel frattempo, insieme con la passione per gli studi scientifici, il G. aveva proseguito la sua preparazione religiosa e teologica. Concluso l'iter formativo presso i gesuiti, era stato ordinato sacerdote nel 1765; nello "stato personale" dell'anno successivo figurava essere teologo coadiutore del duomo e quindi gli era stato concesso un canonicato nel capitolo della cattedrale comasca.
Nel 1785 nel periodico diretto dall'Amoretti venne pubblicato, in forma di lettera diretta al Moscati, un saggio del G. che relazionava su alcuni esperimenti meteorologici e sui mutamenti atmosferici nonché su quella che egli stesso battezzò "armonica meteorologica naturale", una sorta di gigantesca arpa (Lettera… sopra una nuova maniera di scoprire i più piccoli cambiamenti nell'atmosfera con un apparato infinitamente più sensibile degli altri fino ad ora conosciuti, in Opuscoli scelti…, VIII [1785], pp. 298-309).
Egli aveva fatto attaccare a una torre poco distante da casa sua quindici fili di differenti metalli di vario spessore che terminavano su una parete della sua abitazione; il congegno inizialmente era costruito in maniera tale che i suoni originati dalla vibrazione di ciascun filo causata dal vento corrispondessero all'altezza delle note di due ottave. Deterioratosi per la difficoltà di tenerlo perfettamente accordato, il meccanismo venne usato esclusivamente per il suo scopo originario, quello di osservare le variazioni meteorologiche e atmosferiche che venivano segnalate anticipatamente dalla vibrazione delle corde.
Parecchi anni più tardi diede ancora alle stampe una nuova Lettera sui fulmini di ritorno, in cui rendeva pubbliche le sue osservazioni sul fenomeno elettrico-atmosferico: ogni fulmine precipitato sulla terra da nube positiva o negativa ne fa sorgere un altro dalla terra "nello stesso momento dell'esplosione, a distanza più o men grande, in ragione diretta della maggiore o minore estensione della nube fulminante; la quale distanza potrebbe essere da alcune centinaia di metri sino a quattro e sei mille e più. Uno dei due fulmini è positivo, negativo l'altro. Diretto il primo, di ritorno il secondo" (in Nuova Scelta di opuscoli interessanti sulle scienze e sulle arti, II [1808], pp. 289-302).
Almeno inizialmente la "nuova chimica" di A.L. Lavoisier l'aveva lasciato freddo, ma non indifferente poiché, al suo solito, il G. si era messo di buona lena a ripetere gli esperimenti del chimico francese sulla separazione dell'idrogeno dall'ossigeno. Inutilmente: il suo sperimentare in questo caso non gli permise di ottenere gli stessi fenomeni e per questo sollecitava l'amico Volta a muoversi con maggiore circospezione e a valutare con più attenzione l'affidabilità delle nuove teorie chimiche, come gli scriveva nel 1790: "non bisogna precipitare li giudizii prima di aver replicato l'esperienze mille volte… Orbene tutte l'obbiezioni fatte a Lavoisier non sono ancora sciolte ad evidenza. Le prove di Priestley che sarà sempre legittimo giudice in tali materie e hanno presso di me maggior forza […]" (A. Volta, Epistolario, III, pp. 61 s.).
Nel frattempo, avverso alle idee rivoluzionarie, si era pure dato alla pubblicazione di scritti di carattere religioso e apologetico, come il volume Testamento (Como 1802) dove, in ben 241 commi, condannava l'irreligiosità e il "filosofismo", dando sfogo alla sua avversione per le teorie più radicali della filosofia e della politica illuministiche e per quanti criticavano la religione cattolica. In Della educazione cristiana, pubblicata, sempre a Como, in data non nota e comunque dopo il 1805, sosteneva l'opportunità di affidare l'educazione della gioventù ai gesuiti e di adoperare un sistema educativo basato sul religioso timore delle punizioni ultraterrene per frenare le "impetuose passioni" giovanili. Peraltro, malgrado quell'impostazione tradizionalista, non esitava a scrivere a favore del gallicanesimo (I quattro articoli dell'assemblea nel 1682 e la libertà della Chiesa gallicana irreprensibili, ibid. 1808).
Nel 1806 venne chiamato a far parte della commissione del Dipartimento del Lario che doveva giudicare del "merito delle invenzioni, perfezionamenti o nuove introduzioni" presentate dagli inventori aspiranti ai premi stabiliti dal governo.
Ma la sua salute ormai declinava. Nell'ottobre 1808, "a motivo delle vene varicose all'esofago è sempre sull'orlo del sepolcro": eppure continuava a starsene in solaio in mezzo ai suoi apparecchi elettrici - "la casa del fulmine per esser ivi tutto l'apparecchio che vi conduce l'elettricità dalla vicina torre", scriveva l'Amoretti - e a indagare sull'elettricità atmosferica o sulla filatura dell'amianto (A. Volta, Epistolario, V, p. 155).
Il G. morì a Como il 30 maggio 1809.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di C0mo, Istruzione pubblica, cart. 35; Como, Archivio storico diocesano, Serie visite pastorali, cart. 151, Mugiasca, f. III; Ibid., Biblioteca comunale, ms. 27, Lettera di G.C. G. ad Alessandro Volta (1785); Indici delle Opere e dell'Epistolario di A. Volta, Edizione nazionale, I-II, Milano 1974-76, ad vocem; G.B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi antichi e moderni nelle arti e nelle lettere illustri, Modena 1784, p. 290; Id., Articolo storico intorno alla vita ed agli studii del canonico G.C. G., Milano 1809; C. Cantù, Italiani illustri. Ritratti, III, Milano 1874, pp. 569, 571, 597, 601 s.; G. Casati, Dizionario degli scrittori d'Italia, III, Milano 1934, p. 55; E.L. Vassalli, La sagra repubblicana di Como, 5 dic. 1796, in Boll. stor. della Svizzera Italiana, LXXVIII (1966), 1, pp. 31-42 (pubblica brani di un opuscolo del G.); F. Venturi, Settecento riformatore, V, L'Italia dei lumi (1764-1790), I, Torino 1987, p. 725; A. Gigli Berzolari, Alessandro Volta e la cultura scientifica e tecnologica tra '700 e '800, Milano 1993, ad ind.; E.L. Gerber, Historisch-biographisches Lexikon der Tonkünstler, I, Leipzig 1790, p. 134; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, III, p. 423; J.C. Poggendorff, Biographisch-literarisches Handwörterbuch zur Geschichte der exachten Wissenschaften, I, col. 851; C. Schmidl, Dizionario universale dei musicisti, I, Milano 1937, p. 445; Diz. encicl. universale della musica e dei musicisti. Il lessico, I, p. 176 (s.v. arpa eolia).