CRIMI, Giulio
Nacque il 10 maggio 1885 a Paternò (Catania) ultimo di otto figli, da Antonino (avvocato e poi commissario di Pubblica Sicurezza) e da Francesca Parisi, appartenente a una delle famiglie nobili di Naso (Messina). Rimasto orfano di padre a nove anni, si trasferì con la madre a Catania - presso la famiglia della sorella maggiore, colà sposata - e studiò presso il liceo "Cantelli", iscrivendosi alla facoltà di legge della locale università.
Dotato di bella voce come già altri suoi fratelli (Francesco, baritono, che morì di infarto sul palcoscenico e Attilio, che divenne un gradevole tenore di operetta), la esercitò nel corso di cerimonie religiose e di matrimoni in seguito si applicò a studi organici a Catania col maestro Adernò, il quale lo tenne con sé per alcuni anni, prima che il C. si trasferisse a Milano per perfezionarsi col maestro Gallignani e poi col Grani e il celebre tenore A. Garulli.
Dopo essersi sposato a Messina l'11 giugno 1911 con Gabriella Migliardo e dopo aver ripreso gli studi, debuttò al teatro Comunale di Treviso il 29 ott. 1912 ne La Wally di A. Catalani (al fianco del baritono G. Bellantoni., del basso F. Autori e del soprano M. Farnet già avviata alla conclusione della sua splendida carriera) con esito decisamente incoraggiante: probabilmente ascoltato di persona da G. Puccini, fu da questo prescelto per il ruolo del protagonista della sua ultima opera La fanciulla del West (data in prima rappresentazione assoluta solo due anni prima - 10 dic. 1910 - al teatro Metropolitan di New York con E. Caruso) e per Manon Lescaut, cantate al teatro Filarmonico di Verona e - nel febbraio e marzo 1913 - al teatro Massimo di Palermo e al teatro G. Verdi di Firenze.
Dal settembre al novembre 1913 fu impegnato al teatro Dal Verme di Milano per sedici rappresentazioni di Isabeau di P. Mascagni, che gli fruttarono una riconferma nello stesso teatro per tredici rappresentazioni di Carmen di G. Bizet (ottobre 1914). Il 22 nov. 1913 fu al teatro Comunale di Bologna per L'amore dei tre re di I. Montemezzi che ripeterà poi il 26 febbr. 1914 al teatro Carlo Felice di Genova e, tra l'aprile e il maggio di questo stesso anno, al teatro degli Champs-Elysées di Parigi e al Covent Garden di Londra.
Nel gennaio 1914 intanto venne scritturato al teatro Regio di Torino per La Gioconda di A. Ponchielli, in cui fu affiancato da un complesso artistico di prim'ordine (il soprano E. Mazzoleni alla quale si alternava J. Capella, il contralto Gabriella Besanzoni, il baritono R. Stracciari poi sostituito da F. M. Bonini, il basso E. Molinari, sotto la direzione di E. Panizza) e per Francesca da Rimini, opera nuova del maestro roveretano R. Zandonai, tratta dalla omonima tragedia di G. D'Annunzio, la cui "prima" ebbe luogo il 19 febbraio con il soprano L. Cannetti e infine per un'altra "prima assoluta", quella dell'opera di E. Fracassi Finlandia, che andò in scena il 25 marzo con il soprano M. Llacer, il contralto G. Besanzoni e la consueta abilissima bacchetta di E. Panizza.
In Francesca da Rimini fu esaltata "la voce ampia di timbro magnifico, splendido temperamento" (B. Cagnoli): e poiché il repertorio da lui affrontato non si diversificava finora da quello dei colleghi tenori contemporanei dotati come il C. di maggior nerbo e dunque di maggior successo al momento, la critica non esitò a paragonarlo a B. De Mauro.
Del resto egli stesso manifestava nelle sue interpretazioni un temperamento fiero e aggressivo, unito ad un accento incisivo e passionale, pur mantenendosi in una linea di canto di alto rango, in cui solo raramente si affacciavano quelle screpolature di taglio verista, che più tardi invece caratterizzeranno il suo inserimento nell'epigonismo carusiano.
Nell'inverno 1914 portò in Spagna, al teatro Real di Madrid, la Carmen di Bizet, Cavalleria rusticana di P. Mascagni, Paolo e Francesca di L. Mancinelli, L'amore dei tre re e per la prima volta il Mefistofele di A. Boito, in cui ottenne risultati clamorosi.
A metà aprile 1915 iniziò una serie di sette rappresentazioni di Andrea Chénier di U. Giordano al teatro G. Verdi di Firenze: anche qui con successo di critica.
Nell'ottobre A. Toscanini diede inizio alla speciale stagione d'opera da lui organizzata al teatro Dal Verme di Milano a favore delle famiglie dei caduti nella guerra che aveva ormai coinvolto anche l'Italia il C. fu chiamato a partecipare alle undici recite di Tosca di G. Puccini, insieme al soprano C. Muzio e al baritono D. Viglione Borghese: ancora la critica non solo sottolineò la sua ottima tecnica esecutiva ("con bel modo di porgere, mostrandosi dotato di felice intuizione scenica" cfr. La Perseveranza, 9 ott. 1915), ma giunse a notare come fosse divenuto "quell'artista esimio che egli lasciò presagire fino dalla sua prima apparizione ... tre anni orsono" (cfr. Il Popolo d'Italia, 9 ott. 1915). Dopo questi successi la Scala era d'obbligo: esattamente il 19 genn. 1916 il C. debuttò con Aida di G. Verdi, cui seguì La battaglia di Legnano sempre di G. Verdi con il baritono G. Danise, il soprano R. Raisa e la direzione di G. Marinuzzi. Qui ebbe però un inizio abbastanza modesto, la cui motivazione è da ricercare esclusivamente nelle non perfette condizioni di salute del C.: una volta ristabilitosi, ottenne un successo particolare nella seconda opera, da lui portata poi in Sudamerica nella sua prima tournée al di fuori dell'Europa (primavera-estate): suoi compagni furono ancora R. Raisa, il baritono G. Rimini, il basso M. Gaudio, il mezzosoprano E. Casazza, con G. Baroni come maestro direttore e concertatore. Alle opere da lui già eseguite aggiunse I pagliacci di R. Leoncavallo, prima al teatro Colón di Buenos Aires e poi a Tucuman (qui con i complessi artistici dello stesso teatro Colón) e a San Paolo. Le sue fortune americane erano ormai decisamente iniziate: nel novembre debuttò all'Auditorium di Chicago, cantandovi Aida (con R. Raisa e G. Rimini), Andrea Chénier (con gli stessi), Cavalleria rusticana, La traviata di G. Verdi (con A. Galli Curci), Francesca da Rimini (che non piacque, malgrado due ulteriori rappresentazioni effettuate per sondare meglio il pubblico), Gli Ugonotti di G. Meyerbeer partecipò nel gennaio 1917 alla prima esecuzione statunitense - sempre al fianco di R. Raisa e G. Rimini, con la direzione di C. Campanini - di Isabeau di P. Mascagni che però (come già Francesca da Rimini) non piacque affatto ed iniziando subito dopo la collaborazione con il teatro Metropolitan di New York, ove rimarrà fino al 13 febbr. 1922, e dove tenterà - senza riuscirvi - di raccogliere l'eredità carusiana.
Indubbiamente è questa la fase più interessante ed importante della carriera del C.: il 13 nov. 1918 si presentò sulle scene del Metropolitan in Aida, a fianco di C. Muzio, del contralto L. Homer, del basso A. Didur, del baritono L. Montesanto e sotto la direzione di R. Moranzoni: questa opera fu seguita dopo cinque giorni (il 18 novembre) da Tosca con G. Farrar e A. Scotti, il 21 novembre da Carmen ancora con G. Farrar e diretta da P. Monteux. Le pucciniane La Bohème il 27 novembre e Tosca il 3 dicembre a Filadelfia (ma coi complessi del Metropolitan) preludono all'avvenimento più importante della sua carriera, o almeno a quello che davvero farà entrare il suo nome come esecutore nella storia del teatro musicale: il 14 dicembre New York ospitò nel teatro dell'impresario G. Gatti Casazza la "prima esecuzione assoluta" del Trittico di G. Puccini formato dalle tre operine in un atto Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi. La prima e l'ultima, in cui egli figurò, furono le più gradite dal pubblico, e specialmente il Gianni Schicchi: con esse nel giugno 1919 fu al teatro Coliseo di Buenos Aires, ove cantò anche in Aida (con C. Muzio e D. Viglione Borghese) e ne L'amore dei tre re.
Il 29 novembre il C. riprese il suo posto nei ranghi del Metropolitan, rimanendovi (ad eccezione della tournée estiva del 1921 in Sudamerica, spezzata poi anch'essa da una decina di rappresentazioni di Carmen nell'arena Gangi di Catania), come già detto, fino al 13 febbr. 1922, quando con la replica di Madama Butterfly di G. Puccini salutò il glorioso teatro ove aveva cantato ottantaquattro recite e dieci concerti per quattro stagioni consecutive, eseguendo diciannove opere tra le quali La Navarraise di J. Massenet, Zazà di R. Leoncavallo e Lucia di Lammermoor di G. Donizetti, oltre a quelle che erano state del repertorio carusiano come Aida, I pagliacci, Tosca, La Bohème, La forza del destino.
Alla morte di E. Caruso, avvenuta il 2 ag. 1921, il C. partecipò alla gara per la successione al trono del tenore napoletano: la stagione 1921-22 si era inaugurata con La traviata, allestita per lanciare la nuova stella Amelita Galli Curci, e con il recanatese Beniamino Gigli, sul quale G. Gatti Casazza aveva puntato tutte le sue carte facendolo cantare due volte nella prima settimana così come, del resto, aveva fatto con il C. all'epoca del suo debutto. Malgrado lo splendido smalto e il timbro stupendo e virile lo avessero allineato già da tempo sul fronte carusiano (e del resto le affinità vocali si erano concretizzate da quando il C. aveva cominciato a rilevare pian piano molte delle opere appartenenti al repertorio di Caruso) venne ben presto posto fuori gioco dalla superba bellezza di voce e dalla estrema popolarità che B. Gigli andava sempre più acquistando, oltre che dall'adattamento del terzo pretendente G. Martinelli a un repertorio solo in apparenza diverso: nella stagione 1922-23 tornò a far parte della Chicago Opera Company, che lo aveva richiamato soprattutto per poter continuare a proporre al pubblico di Chicago e del Sudamerica la coppia Muzio-Crimi ora nel suo repertorio di maggior successo: Il trovatore, Tosca, Andrea Chénier, La forza del destino, Cavalleria rusticana, Aida, nel 1924 anche Loreley di A. Catalani con il giovane basso T. Pasero, e L'amore dei tre re in cui, nel corso della stagione 1922-23 venne aspramente criticato per gli strani costumi adottati (E. C. Moore), e per certa veemenza interpretativa.
Dopo la tournée estiva del 1924 nei consueti teatri del Sudamerica (specialmente il teatro Colón di Buenos Aires, come s'è visto, e il teatro Municipal di Rio de Janeiro) il 4 dicembre il C. tornò alla Scala. (Carmen con il mezzosoprano G. Zinetti sotto la direzione di T. Serafin), e poi al teatro Costanzi di Roma, ottenendo lusinghieri successi. Il C. fu per motivi di salute costretto ad interrompere l'attività alla fine del 1927 apparve per l'ultima volta in Francesca da Rimini al teatro Carlo Felice di Genova, il 31 dicembre al fianco del soprano Lina Scavizzi, del baritono C. Maugeri e con la direzione dell'autore R. Zandonai, che lo aveva sempre definito "il bel cavaliere antico" (B. Cagnoli), mettendo prematuramente fine ad una attività artistica intensa e ricca sin qui di successi.
Ritiratosi dalle scene, si stabilì a Roma ove aprì una scuola di canto avendo tra i numerosi allievi il tenore Gino Del Signore e - soprattutto - il baritono Tito Gobbi.
Morì a Roma il 28 ott. 1939.
Nel corso della sua collaborazione col teatro Metropolitan, registrò la sua voce negli Stati Uniti su dischi Vocalion, realizzando tra il 1918 e il 1924 almeno quarantacinque incisioni finora solo parzialmente ripubblicate in microsolco per le etichette Rubini inglese e Timaclub italiana. Malgrado il procedimento Vocalion piuttosto impreciso, il piglio eroico, la rilevante estensione e soprattutto il pathos di estrazione carusiana furono riprodotti abbastanza fedelmente dall'imperfetto mezzo meccanico ad incisione acustica. In particolare risulta di notevole effetto l'ascolto del Miserere dal quarto atto de Il trovatore, ove davvero il C. "giunge ad accenti commoventi" (R. Celletti), smentendo così in buona parte l'accusa di pedissequa e nociva imitazione carusiana mossagli dalla critica. Tra gli altri, G. Lauri Volpi arrivò a sostenere come la sua voce suggerisse l'immagine di una "leggiadra fanciulla che, ignara della propria bellezza, si assume a modello la figura muliebre che più ha colpito per la sua somiglianza e a somiglianza di quella si acconcia, si abbiglia e ne imita i gesti, il portamento, l'accento, dimentica di sé e della propria personalità" (Voci parallele, p. 150).
Fonti e Bibl.: E. C. Moore, Forty years of opera in Chicago, New York 1930, pp. 158, 258, 271, 366, 368, 379, 381 E. De La Guardia-L. Herrera, El arte lirico en el teatro Colón, Buenos Aires 1933, pp. 57, 75, 81, 136, 171, 195, 199, 255, 309, 393 R. De Rensis, Il cantore del popolo, Roma 1934, pp. 62, 83 W. Seltsam, Metropolitan Opera Annals, New York 1947, stagioni 1918-1922, ad Indicem G. Lauri Volpi, Voci parallele, Milano 1955, p. 150 Q. Eaton, Opera caravan, London 1957, pp. 279, 283 R. Celletti, Le grandi voci, Roma 1964, coll. 187 ss. C. Gatti, Il teatro alla Scala, Milano 1964, I, p. 260 I, pp. 73, 79 Pietro Mascagni, a cura di M. Morini, Milano 1964, II, p. 192 L. Trezzini, Due secoli di vita musicale, Bologna 1966, I, p. 35 II, p. 144 K. J. Kutsk-L. Riemens, A Concise Biograph. Dict. of Singers, Philadelphia 1969, pp. 91 s. Il Regio di Torino, Torino 1966, pp. 243 s. Cronol. del teatro comunale di Treviso, a cura dell'Ente teatro comunale, Treviso 1972 (stagione 1912), ad IndicemLa musica a Verona, Verona 1976, p. 361 C. E. Le Massena, Amelita Galli Curci's life of song, Beverly Hills 1978, p. 106 B. Cagnoli, R. Zandonai, Trento 1978, pp. 63, 193, 373, 377 G. Marchesi, I cantanti, in Storia dell'opera, Torino 1977, III, 1, p. 416 la cronologia e gli appunti su tutta la carriera sono allegati al disco MPV-2, Roma 1977 E. Frassani. Due secoli di lirica a Genova. Genova 1980, pp. 104, 181.