SCORCIATIS, Giulio de
– Nacque intorno alla metà del Quattrocento a Castelluccia nella diocesi di Capaccio, oggi Castelcivita in provincia di Salerno, dal notaio Andrea e dalla sorella di Giovanni Albino, bibliotecario e uomo di fiducia del principe ereditario Alfonso d’Aragona.
Fu avviato agli studi giuridici e, conseguito il titolo di doctor utriusque iuris, percorse, grazie al sostegno dello zio, una brillante carriera dapprima presso Antonello Petrucci, potentissimo segretario di re Ferrante, poi presso la corte aragonese di Napoli. Il 5 luglio 1482 fu nominato giudice della Vicaria con uno stipendio di 300 ducati; successivamente fu nominato regio consigliere nel 1483, auditore del re nel 1484, avvocato fiscale nel 1486 e, finalmente, il 1° settembre dello stesso anno, luogotenente del gran camerario, carica che lo poneva a capo della Regia Camera della Sommaria. Nel frattempo aveva stabilito la sua residenza a Napoli, in un ampio palazzo in vico Cinquesanti, del quale restano oggi il bel portale marmoreo e poco altro, ed era stato aggregato ai nobili del sedile di Montagna.
Tanto nella gestione degli affari interni quanto nei contatti con gli ambasciatori delle altre potenze italiane, de Scorciatis mostrò grandi capacità giuridiche e diplomatiche e si rivelò prezioso strumento della politica accentratrice voluta da re Ferrante e perseguita con forza dal duca di Calabria. Nel 1482 fu inviato dal re nel Principato per risolvere una vertenza insorta fra Antonello Petrucci e il conte di Capaccio e nel 1486 – appena subentrato nella carica di luogotenente del gran camerario a Giovanni Pou, destituito e incarcerato perché coinvolto nella congiura dei baroni – fu chiamato a far parte del collegio incaricato di giudicare Antonello Petrucci, Francesco Coppola e altri personaggi eminenti coinvolti nella medesima congiura. Il giudizio si concluse il 13 novembre 1486 con la confisca dei beni e la condanna a morte dei principali imputati, a cominciare da Petrucci, del quale de Scorciatis, in concorrenza con Giovanni Pontano, ereditò l’influenza presso il re.
Nel corso degli anni, approfittando dei molti incarichi e delle tante responsabilità politiche, de Scorciatis, sulla scia di altri grandi funzionari dell’apparato statale aragonese, accumulò ricchezze, beni immobili e feudi: nel 1486 acquistò una masseria nel territorio di Arpino che era stata confiscata al ribelle Francesco de Diano; il 31 ottobre 1494 ottenne per 6400 ducati la città di Satriano con i castelli di Tito e Calvello in Basilicata, confiscati al conte di Capaccio; nel gennaio 1495 ebbe il possesso della terra di Postiglione nel Principato Citra, acquistata per dodicimila ducati.
Durante i primi mesi di regno di Alfonso II, incoronato nel gennaio 1494, vide notevolmente ridotto il suo ruolo: mantenne la luogotenenza e gli incarichi di avvocato fiscale e giudice per gli ebrei, ma fu privato del compito di gestire tutte le faccende del regno che, secondo la testimonianza dell’ambasciatore milanese Antonio Stanga, fino a quel momento lo aveva fatto sembrare «quodammodo secondo re» (Galasso, 2005, p. 39). Tornò a ricoprire un ruolo importante nel maggio 1494, quando fu chiamato dal re a far parte del collegio incaricato di giudicare i promotori di una nuova congiura, fra i quali Guglielmo Sanseverino conte di Capaccio e Luigi Gesualdo conte di Conza.
Nel 1495, in occasione dell’effimera conquista del Regno da parte di Carlo VIII di Francia, rimase fedele alla dinastia aragonese e al re Ferrandino, tanto che fu nominato tesoriere degli Abruzzi subito dopo la ritirata dell’esercito francese. La sua posizione mutò con l’ascesa al trono di Federico d’Aragona: de Scorciatis, infatti, aderì al partito francese e nel 1498 si rifugiò a Roma presso il papa, forse per sfuggire all’accusa contestatagli dal re di essersi appropriato, in maniera fraudolenta e a danno delle finanze pubbliche, della somma enorme di novantamila ducati.
Nel 1499 fu creato senatore di Roma e, il 14 aprile dello stesso anno, fu nominato consigliere e ciambellano regio da Luigi XII di Francia. Nella primavera dell’anno successivo operò in Toscana come commissario di Ugo di Beaumont, capitano dell’esercito francese intervenuto su richiesta dei fiorentini contro Pisa, quindi nell’autunno si trasferì presso la corte di Francia e, in vista della conquista del Regno di Napoli, ottenne la conferma della carica di luogotenente del gran camerario (8 marzo 1500) e alcuni privilegi fiscali in favore della moglie.
In Francia difese anche gli interessi fiorentini, tanto da incontrare il favore del giovane Nicolò Machiavelli che il 24 novembre, scrivendo da Tours alla Signoria, lo segnalò come persona che può risultare utile a Firenze e lo descrive come «huomo di qualche credito, loquace, audacissimo, importuno, terribile et sanza mezo nelle sue passioni: et per questo da fare qualche effecto in ogni sua impresa» (Machiavelli, 1971, p. 464).
Nell’agosto 1501 rientrò in Napoli al seguito dell’esercito francese e tornò a ricoprire la carica di luogotenente del gran camerario. Dopo l’affermazione degli Spagnoli, insieme con altri magistrati della Sommaria, si presentò al gran capitano Gonzalo Fernandez de Cordoba, il quale però lo fece incarcerare prima in Castel Capuano (17 maggio 1503) e poi a Ischia (20 maggio). Il 4 agosto tentò invano di fuggire con l’aiuto di un nipote, di uno dei custodi e di alcuni procidani. Quindi fu rinchiuso nel più sicuro carcere di Castelnuovo dal quale fu liberato il 15 gennaio 1504 con la garanzia del pagamento di una consistente cauzione di 24.000 ducati nel caso in cui si fosse reso irreperibile. Temendo di essere nuovamente incarcerato, il 14 febbraio fuggì a Roma.
La definitiva affermazione spagnola nel Mezzogiorno permise a de Scorciatis di recuperare parte del patrimonio immobiliare nel Regno di Napoli: nel 1512 il viceré Ramón de Cardona concesse al conte Guglielmo di Tuttavilla l’assenso per la vendita di tre mulini siti nel territorio di Sarno per il prezzo di mille ducati e a Ettore Fieramosca quello per la vendita del feudo di Aquara nel Principato Citra, l’una e l’altra in favore di Giulio de Scorciatis che, nello stesso tempo, mosse causa contro Bernat de Villamarí, nuovo conte di Capaccio, per recuperare il possesso di Satriano, Tito e Calvello.
Il 13 gennaio 1513 fu nominato da Giulio II inquisitore sugli ebrei convertiti trapiantati a Roma dalla penisola iberica; quindi, nuovamente eletto senatore di Roma, partecipò ad alcune sedute del V concilio Lateranense, quelle del 16 febbraio e del 27 aprile 1515.
Non conosciamo la data della sua morte, che possiamo però collocare prima del 1520, anno in cui la moglie compare come vedova.
Dalla moglie, Cecilia Destorrent, sorella di Federico castellano di Gaeta, che nel 1487 gli portò una dote di duemila ducati d’oro, ebbe almeno tre figli: Giovanni Antonio, nato nel 1488, che ebbe come padrino il duca di Calabria Alfonso d’Aragona e compare fugacemente come vescovo di Aversa nel 1502; Laura, sposata con Belisario Maramonte signore di Campi nel Salento; Girolamo, che risulta già morto nel 1523 quando sua figlia Isabella, sotto la tutela della nonna Cecilia, intervenne in un atto di vendita di una parte del casale di Pantoliano nel Principato Citra.
Fonti e Bibl.: N. Toppi, De origine tribunalium nunc in Castro Capuano fidelissime civitatis Neapolis existentium libri quinque, II, Napoli 1659, pp. 200, 224-231; Notar Giacomo, Cronaca di Napoli, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 154, 182, 189, 253 s., 259, 270; J. Leostello, Effemeridi delle cose fatte per il duca di Calabria (1484-1491), in Documenti per la storia, le arti e le industrie delle province napoletane, I, a cura di G. Filangieri, Napoli 1883, pp. XIII, 151, 160, 171, 184, 190 s., 213, 215, 217 s., 233, 248, 257 s., 261, 271, 287, 293, 297 s., 300, 306, 324, 338, 342, 348, 368, 375, 378, 386, 402; G. Castaldi, Il palazzo di Giulio De Scorciatis, in Napoli Nobilissima, XII (1903), pp. 180-183; Regis Ferdinandi Primi Instructionum Liber (10 maggio 1486-10 maggio 1488), a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 152, 185-187, 191, 220, 439-441, 447; N. Machiavelli, Legazioni. Commissarie. Scritti di governo, a cura di F. Chiappelli, I, Bari 1971, pp. 395, 405, 427, 439, 463; Fonti aragonesi, IX, a cura di B. Mazzoleni, Napoli 1978, pp. 60, 68; XIII, a cura di C. Vultaggio, Napoli 1990, pp. 226, 233 s., 236-238, 244-246, 248 s.; M. Perotta, Gli Scorziati della Castelluccia alla corte degli Aragonesi di Napoli, in Il Postiglione, IX, n. 10 (giugno 1997), pp. 53, 55-65, 67-68; G. Ferraù, Il tessitore di Antequera. Storiografia umanistica meridionale, Roma 2001, pp. 83, 176, 187, 206, 226, 252, 261; G. Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno Spagnolo (1494-1622), Torino 2005 (Storia d’Italia, XV, 2), pp. 39, 41, 42, 167, 184; Corrispondenza degli ambasciatori fiorentini a Napoli, IV, a cura di P. Meli, Battipaglia 2011, pp. 18, 67, 73, 85, 92 s., 125, 288, 299, 334, 336 s., 339, 368, 404, 407, 426; ibid., V, a cura di F. Trapani, Battipaglia 2010, pp. 60, 112, 128, 141, 229, 231, 250 s., 271, 277, 294; ibid., VI, a cura di B. Figliuolo - S. Marcotti, Salerno 2004, pp. 101, 147, 216, 272 s., 280, 345, 347, 420; ibid., VII, a cura di B. Figliuolo, Battipaglia 2012, pp. 64, 70-72, 74, 76, 242 s.; ibid., VIII, a cura di B. Figliuolo, Battipaglia 2015, pp. 292, 310 s., 314, 316 s., 340, 362, 382, 462, 611, 637, 727.