DEL CARRETTO, Giulio
Erroneamente chiamato Tullio da De Conti e da De Brayd, nacque a Casale Monferrato attorno alla metà del XVI secolo. Figlio di Giorgio, signore di Roccavignale e Settimo, famoso giureconsulto e senatore mantovano, dopo aver completato gli studi giuridici, si recò a Roma dove, secondo quanto egli stesso scriveva in una lettera del 27 marzo 1593, servì la S. Sede "per quindici anni" (Archivio di Stato di Mantova, Gonzaga, b. 959). Nel 1588 era già avvocato rotale e in una lettera al duca di Mantova si dichiarava pronto a difendere "in Rota la sua iurisditione" (ibid., b. 948, 10 apr. 1588).
Si trattava di una causa mossa dal cugino, Bonifacio Del Carretto, a Prospero, fratello del D., per il controllo dei feudi di Altare e Roccavignale; una causa quindi, che stava molto a cuore al D. e per la quale già nel 1583 aveva sollecitato un intervento del duca sottolineando come Bonifacio, appellandosi alla S. Rota e al Senato di Casale, sottraesse di fatto allo stesso duca la giurisdizione su feudi a lui soggetti (ibid., b. 933, 9 luglio 1583). Egli riusciva così a legare abilmente gli interessi del duca a quelli della propria famiglia e a porre le basi di un rapporto che, nei lunghi anni durante i quali si trascinerà la causa, si farà sempre più stretto finché da saltuario corrispondente, desideroso di offrire al duca i propri servigi, egli sostituirà M. Bruman, nominato vescovo di Melfi, nella carica di ambasciatore dei Gonzaga presso la S. Sede (settembre 1591).Nel frattempo infatti il D. era riuscito a consolidare la propria posizione a corte, ampliando conoscenze e amicizie. Nel 1589 gli era stato affidato il governo di Ascoli Piceno; al suo rientro a Roma, rinsaldò i propri contatti con la corte e soprattutto coi gesuiti, tanto che, poco dopo, poteva dichiarare di essere "giudice di tutti li collegij loro di Roma" (ibid., b. 957, lettera da Roma del 25 genn. 1592). Ma la grande occasione giunse nel 1591, quando venne eletto papa Innocenzo IX. Il D. ne comunicava l'elezione al duca di Mantova sottolineando "la servitù de dodesi anni che tengho con S. B., et l'affetione che sempre m'ha dimostrato..." e "la prattica grande" che ha avuto col nuovo pontefice che gli permette di descriverlo come "homo di sua opinione. In modo tale che quando egli ha formata un opinione, non è possibile a poterlo più rimuovere" (ibid., b. 594, 29 dic. 1591). La brevità del pontificato di Innocenzo IX non lo mise in difficoltà, poiché ormai, come ambasciatore mantovano, aveva a corte un ruolo ben determinato e prestigioso.
Il D. si vide subito impegnato in ampie e dettagliate descrizioni dei giochi di forze presenti in quel conclave che, fin dai primi giorni, gli apparve particolarmente incerto. Attento a non tralasciare nessuna notizia che sembrasse anche solo lontanamente utile, giunse ad inviare a Mantova fino a sei lettere al giorno nelle quali le ipotesi sul futuro pontefice si affiancavano ad acute analisi dell'effettivo potere delle forze in campo. Sebbene considerasse finito il cardinal Paleotti, non rimase però sorpreso dall'elezione dell'Aldobrandini che gli apparve nel complesso positiva e favorevole ai Gonzaga. La sua conoscenza della corte, inoltre, gli permise di individuare immediatamente l'artefice di questa elezione, il cardinal Montalto, al quale pertanto - ricordava in una lettera al segretario del duca - bisognava affrettarsi a scrivere (ibid., b. 957, lettera al Petrozanni del 2 febbr. 1592).
Per tutto il 1592 il D. fu costantemente impegnato a curare gli interessi del duca nell'assegnazione dei benefici ecclesiastici sul territorio mantovano (ma si interessava anche per l'attribuzione al cardinale Scipione del priorato di Barletta), in contese giudiziarie confluite a Roma, nel fornire pareri giuridici; ma già nella corrispondenza del 1593 trasparivano nuovi interessi. il 20 marzo scriveva al duca di essere "occupato... ad imparare le cerimonie della messa per celebrarla... il giorno dell'Annuntiata..." (ibid., b. 959); sette giorni dopo scriveva alla cognata affinché sollecitasse il duca a chiedere in suo nome il vescovato di Mantova che si era reso vacante (ibid.), infine alla vigilia di Pasqua si dichiarava "tanto occupato che non posso come vorrei scrivere a longo a V. S." (ibid., b. 959, 5 giugno 1593). Egli continuò comunque a ricoprire la carica di ambasciatore dei Genzaga a Roma fino al 1594 (affiancato in quest'ultimo anno da Annibale Chieppio) quando venne nominato vescovo di Casale (13 luglio 1594). Trasferitosi in questa diocesi vi rimase fino alla morte (13 dic. 1614).
Altre notizie, soprattutto sull'ultimo periodo della sua vita, si possono reperire negli atti di un piccolo processo d'iniziativa privata avviato per la sua canonizzazione settant'anni dopo (1675-1686) e negli Acta Casalensis Ecclesiae dove si ricorda come in occasione della peste e carestia del 1598 egli assistette tutti col proprio patrimonio mentre "con le entrate della mensa vescovile soccorreva i poveri" (De Conti, p. 737).
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Gonzaga, Esteri, bb. 933, 935, 940, 944, 948, 951-52, 954, 957, 959, 963; Ibid., Carteggio Zibramonti, b. 1974, lett. Roma 4 agosto 1584; Ibid., Atti giudiziari, b. 3400; V. De Conti, Notizie del Monferrato, Casale 1840, V, pp. 725 s., 736 s., 803; B. Gams, Series episcoporum, p. 814; L. v. Pastor, Storia dei papi, XI-XII, Roma 1929-30, ad Ind.; P. De Brayda, Del Carretto... Genealogia, Roma 1934, p. 5.