DELLA TORRE, Giulio
Nacque a Genova il 27 maggio 1584 da Battista e da Pellina Invrea. Il padre, esponente della nobiltà "nuova", fu posto nel primo bussolo del Seminario (da cui venivano sorteggiati governatori e procuratori) all'epoca delle trattative di Casale del 1576, segno dell'importanza della famiglia; del padre si ricorda soprattutto il progetto (non realizzato) del raddoppio di strada Nuova.
Le prime notizie sulla vita pubblica del D. risalgono al 1615 quando fu eletto a far parte dell'ufficio di Terraferma. Da allora inizia un cursus honorum completo che lo porterà a tutte le supreme cariche della Repubblica, ad esclusione del dogato (impedito forse in ciò dal fatto che il fratello Leonardo fu eletto doge nel 1631). Nel 1617 fu comandante militare a Chiavari, nel 1619 fece parte dell'ufficio dei Poveri, nel 1620 fu commissario contro i Banditi.
Nel 1621, dopo essere stato nominato prima tra gli straordinari e poi tra i provvisori dell'Olio, fu inviato come ambasciatore straordinario, insieme con Costantino Pinelli (ordinario), a portare le felicitazioni della Repubblica per l'ascesa al trono di Filippo IV. Di questa ambasceria è rimasto il diario e una relazione in cui, probabilmente, la parte politica è opera del Pinelli, che la inviò successivamente al D.; nel marzo del 1622 questi era infatti già di ritorno a Genova.
L'anno successivo il D. fu nominato capitano della Val Polcevera e, nel 1624, commissario contro i Banditi. Raggiunti i quarant'anni, il suo nominativo fu subito posto nel bussolo del Seminario (e lo sarà nuovamente nel 1640, 1644, 1651). Sempre dal 1624 fu chiamato a far parte della magistratura che sovrintendeva alla costruzione dell'acquedotto di Cavazzolo. Indice dei suoi interessi e delle sue competenze tecniche è il fatto che da allora fu eletto più volte a questa magistratura (nel 1626, 1627, 1629, 1631, 1633, 1637, 1638, 1650) nella quale, assieme a figure di rilievo quali Bartolomeo Bianco e G. B. Baliani, dovette affrontare non pochi problemi economici e tecnici (il Baliani, ad esempio, ne scrisse a Galilei nel 1630).
Con lo scoppio della guerra del 1625 ritroviamo il D. deputato alla costruzione di bastioni e fortezze di difesa della città (Castellaccio, Peralto, Promontorio). L'importanza della posizione politica raggiunta risulta non solo dalle singole cariche ricoperte, ma dal fatto che dal 1625 sarà chiamato numerose volte (nel 1627, 1631, 1633, 1635, 1640, 1644, 1646, 1650, 1653) a far parte dei trenta elettori, ristretto gruppo di patrizi cui era annualmente demandata l'elezione del Maggiore e del Minor Consiglio.
Nel 1626 fu nominato commissario con suprema autorità in campo militare e l'anno successivo fece parte della commissione che doveva rivedere le tasse imposte per la conduzione della guerra; fu anche eletto per la prima volta padre del Comune. Nel 1631 lo troviamo nell'ufficio delle Galere e poi fra i protettori di S. Giorgio (dove sarà nuovamente nel 1646 e nel 1656). Ormai era ai vertici della Repubblica: nel 1632 entrò a far parte degli Inquisitori di Stato (lo sarà nuovamente nel 1648).
In questa funzione lo ricorda Francisco de Melo, ambasciatore spagnolo a Genova, nella relazione che redasse su tutti i più importanti patrizi genovesi, quale esponente del gruppo dei "republiquistas", dei "zelosos de la libertad", del gruppo cioè che intendeva portare la politica genovese sui binari della neutralità o, comunque, della non completa sottomissione alla Spagna (Archivo General de Simancas, Estado, Genova, leg. 3591 [76]).
Dopo aver fatto parte nel 1636 dell'ufficio di Guerra, nel giugno 1637 il D. fu per la prima volta sorteggiato come procuratore ed entró così a far parte dei Collegi (la sorte lo assisterà: sara nuovamente procuratore nel 1648-50, governatore nel 1642-43 e nel 1654-55).
Nel 1640 fu eletto per la seconda volta padre del Comune (e vi resterà anche l'anno successivo). Probabilmente è in questa sede che matura l'idea di iniziare un'importante opera di urbanizzazione: per il 1640, infatti, è rimasta traccia di un progetto presentato da Andrea Deferrari, a nome dei Padri del Comune, per l'apertura di una nuova strada dalla piazza di S. Domenico a quella di S. Stefano. Ma è solo col 1642, forse anche in conseguenza della posizione raggiunta nel governo, che il D. presentò un articolato progetto per questa nuova strada "pro ea urbis parte pulchriori reddenda et pro maiori civium commoditate".
Il D. chiedeva facilitazioni per gli espropri degli immobili dei privati e dei beni ecclesiastici, e un contributo dal Banco di S. Giorgio e dai proprietari di immobili che si sarebbero avvantaggiati della nuova strada; per il resto, pensava di ricorrere a strumenti di autofinanziamento.
I lavori iniziarono probabilmente nel 1644, ma ben presto i problemi finanziari si presentarono in termini particolarmente assillanti: qualcosa nel meccanismo progettato di autofinanziamento non funzionò; si aggiungano poi le lentezze del Banco di S. Giorgio e così, nel 1646, si ebbe la prima richiesta di contributi. Le proposte si successero alle proposte, ma senza risultati: il D. chiese allora di poter avere una parte delle entrate provenienti dalla lotteria del Seminario, oppure che alle spese per la strada venisse devoluta una nuova gabella sulla vendita del tabacco, o, addirittura, che si ascrivesse alla nobiltà una famiglia in cambio di 20.000 scudi d'argento.
La "strada Giulia" (così venne chiamata quella che sarà poi via XX Settembre) non riuscì ad andare avanti, nel 1655 le lamentele continuarono a crescere, tanto che nel gennaio del 1656 si nominò una commissione incaricata di studiare i termini della questione, anche da un punto di vista legale; per il D. scrisse una memoria uno degli avvocati e uomini politici di maggiore autorità in città, Raffaele Della Torre.
Nell'aprile il D. presentò un nuovo progetto di urbanizzazione, ma non poté vederlo compiuto: morì a Genova alla fine del maggio 1656, senza lasciare né figli né testamento.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Genova, Manoscritti, 526-528; Ibid., Arch. segreto, 865, 868, 869, 871-872, 875-877, 897-900, 904, 1654; Ibid., Camera finanze, 971; Ibid., Cancellieri di S. Giorgio, 489, 500; Ibid., Membranacei di S. Giorgio, 115; Ibid., Rota criminale, 170; Ibid., Senato, Sala Senarega, 1084, 1093; Ibid., Senato, Sala Foglietta, 1221; Ibid., Notaio Bartolomeo Castiglione, sc. 916, f. 26; Genova, Arch. stor. del Comune, Manoscritti, 287, cc. 197rv, 200r; 299, cc. 75r, 164r, 212r, 252rv, 306v; 340, c. 16v; Ibid., Padri del Comune, 224, 289, 301-302; Ibid., Bibl. civ. Berio, Mss. VII. 4. 24 (istruzioni al D. commissario di Sanità nel 1630); Mss.VII. 4. 31 (relaz. e documenti sull'ambasciata in Spagna); Ibid., Bibl. univ., Mss. B. III. 6, cc. 95r, 97r; C. IX. 1, cc. 62r, 66r, 103r, 267r, 356r, 370v, 395v, 413r, 431v; D.V. 6; 3. O. III. 44, c. 31: il memoriale a stampa di Raffaele Della Torre; Torino, Bibl. Reale, Mss. storia patria, 389: G. B. Renieri, Nobilium Genuensium ... natalitia themata, per la data di nascita; Istruzioni e relazioni degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, II, Spagna (1619-1635), Roma 1955, pp. 43-74; M. Gachard, Les bibliothèques de Gênes. Relation sur Philippe IV et la court de Madrid faite en 1622 par l'ambassadeur génois G. D.,in Bull. de l'Académie royale des sciences, des lettres et des beux-arts de Belgique, s. 2, XXVII (1869), 6, pp. 719-40; F. Podestà, L'acquedotto di Genova. 1071-1879, Genova 1879, pp. 50 ss., 57, 59; M. Rosi, Un'ambascieria genovese alla corte di Spagna, in Studi stor., IV(1895), pp. 297-322; F. Podestà, Il Colle di S. Andrea in Genova e le regioni circostanti, in Atti d. Soc. lig. di storia patria, XXXIII (1901), pp. 80 s., 156 ss.; A. Boscassi, Il magistrato dei padri del Comune, Genova 1912, pp. 31 s.;V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti d. Soc. lig. di st. patria, LXIII (1934), p. 174; E. Poleggi, Strada nuova. Una lottizzazione del Cinquecento a Genova, Genova 1972, pp. 53, 56, 64, 482 ss.; L. Grossi Bianchi-E. Poleggi, Una città portuale nel Medioevo. Genova nei secc. X-XVI, Genova 1980, p. 260; P.Stringa, La strada dell'acqua. L'acquedotto storicodi Genova, tecnica ed architettura, Genova 1980, p. 61; A. Di Raimondo-L. Müller Profumo, Bartolomeo Bianco e Genova. La controversa paternità dell'opera architettonica tra '500 e '600, Genova 1982, p. 175.