GATTI CASAZZA, Giulio
Nato a Udine il 3 febbr. 1869 da Stefano e da Ernestina Casazza, ereditò dal padre, direttore del teatro Comunale di Ferrara, il grande interesse per il teatro d'opera che segnò la sua vita, inizialmente dedicata a studi di carattere tecnico. Nel 1878 il G. frequentò infatti il Collegio nazionale di Milano e quindi si trasferì al Collegio Arnaldi di Genova, per poi passare all'Accademia navale di Livorno, dove studiò per tre anni. Abbandonato il proposito di intraprendere una carriera militare, si iscrisse alla facoltà matematica dell'Università di Ferrara e quindi alla Regia Scuola superiore navale di Genova, dove si laureò in ingegneria navale nel maggio del 1891. Quando nell'autunno del 1893 il padre venne rieletto deputato al Parlamento e lasciò la direzione del teatro Comunale, il sindaco di Ferrara offrì il posto vacante al G. che, sebbene con qualche timore, accettò. Rimase alla direzione del Comunale per cinque anni.
La prima stagione si aprì positivamente, con due novità per Ferrara quali Manon Lescaut di G. Puccini e Wally di A. Catalani: il successo infuse coraggio ed entusiasmo al giovane G. che si adoperò con impegno per migliorare le successive stagioni e portare all'attenzione del pubblico ferrarese capolavori come Carmen di G. Bizet e Lohengrin di R. Wagner, oltre a nuove produzioni italiane. In questi anni consolidò la sua amicizia con A. Toscanini, conosciuto a Genova nel 1890: i genitori dei due, entrambi garibaldini, erano stati compagni d'arme.
Nel giugno del 1898 la neonata Società anonima per l'esercizio del teatro alla Scala, presieduta dal duca G. Visconti di Modrone e da A. Boito, decise di rivolgersi al G. per un rilancio del teatro, in forte crisi finanziaria tanto da saltare la stagione 1897-98. Il G. venne chiamato a occupare un ruolo quasi inedito per il mondo operistico italiano, quello di direttore generale amministrativo e artistico. Attraverso il suo operato l'importanza dell'impresario d'opera, già in declino, diminuì notevolmente a favore di una figura più completa e manageriale, molto vicina a quella del sovrintendente odierno. Insieme con il G. venne chiamato a Milano come direttore stabile e responsabile artistico Toscanini: i due, insieme con Boito, prepararono una ricca stagione che si aprì il 26 dicembre con I maestri cantori di Norimberga di Wagner. L'opera, eseguita in versione integrale, venne accolta con discreto successo. La stagione proseguì con Iris di P. Mascagni, appena composta, Falstaff di G. Verdi, Il re di Lahore di J. Massenet, Gli ugonotti di G. Mayerbeer e Guglielmo Tell di G. Rossini.
Il G., in poco tempo e con notevole abilità, riorganizzò il teatro in tutti i suoi settori; insieme con Toscanini si adoperò per adeguare il teatro al livello europeo: vennero aboliti i tagli nelle opere, si introdusse il buio in sala e il sipario-tendone, alle signore in platea si vietò di tenere il cappello in testa e, con alterne fortune, si tentò di sopprimere la pratica del bis all'interno dell'opera, cosa che procurò non pochi problemi al celebre direttore d'orchestra.
Il G. rimase alla direzione della Scala per ben dieci anni, durante i quali il teatro riacquistò quello splendore che alla fine del secolo sembrava essersi appannato. Durante la sua permanenza si esibirono nel teatro milanese i maggiori interpreti del tempo: E. Caruso esordì alla Scala nel dicembre del 1900 cantando la Bohème di Puccini, il basso russo F. Chaliapin si esibì per la prima volta fuori dal suo paese interpretando con straordinario esito il Mefistofele di Boito nel 1901, mentre il giovane baritono T. Ruffo, scritturato per la stagione 1903-04, colse i primi successi di rilievo proprio alla Scala. Oltre a Toscanini, altri direttori collaborarono con il G.: si ricordano C. Campanini, L. Mugnone e il promettente T. Serafin. Tra le prime assolute del periodo sono da menzionare Le maschere di Mascagni (17 genn. 1901) e Madama Butterfly di Puccini (17 febbr. 1904), mentre in prima italiana furono allestite, tra le altre, Eugenio Onieghin di P.I. Čajkovskij, prima opera russa a varcare i confini italiani, e Pelléas et Mélisande di C. Debussy.
Nel 1907, tramite i buoni uffici di E. San Martino di Valperga, presidente dell'Accademia di S. Cecilia, il G. venne contattato dagli amministratori del Metropolitan theater di New York che, per risolvere problemi di bilancio e di immagine, compromessa dalla rivalità con il Manhattan opera house dell'impresario O. Hammerstein, volevano affidarsi a una persona competente e risoluta. Il G. ebbe così a Parigi un incontro con Otto H. Khan, presidente del consiglio di amministrazione del teatro statunitense, e accettò l'incarico, facendo in modo di essere affiancato da Toscanini, più volte "corteggiato" dal Metropolitan. La decisione del G. di lasciare la Scala venne accolta non senza polemiche in Italia, rese più aspre dal fatto che insieme con lui sarebbe andato via anche Toscanini.
Il G. partì da Milano alla volta di New York nell'aprile del 1908. Dopo i primi due anni, nei quali divise la direzione del teatro, e non senza attriti, con il precedente amministratore A. Dippel, il G., grazie alla sua intraprendenza e al suo pragmatismo, divenne direttore unico; riuscì a far quadrare i bilanci precedentemente in netto passivo e acquistò un ruolo fondamentale nella vita del Metropolitan opera house, tanto da rimanere in carica sino al 1935.
Furono questi gli anni d'oro del teatro newyorkese, che vide le sue scene calcate dai maggiori cantanti dell'epoca (tra gli altri Caruso, G. Farrar, R. Ponselle, L. Tibbett, Chaliapin, L. Bori, A. Scotti, F. Alda, E. Destinn, V. Maurel) e presentando prime esecuzioni di grande importanza come quelle de La fanciulla del West (1910) e Il trittico (1918) di Puccini, di Königskinder (1910) di E. Humperdinck, di Madame Sans-Gêne (1915) di U. Giordano, di Goyescas (1915) di E. Granados. Negli anni della direzione del G. furono messe in scena oltre centosettanta opere e divenne comune la pratica di eseguirle in lingua originale.
L'opera italiana svolse un ruolo dominante nei repertori del Metropolitan, ma il G. si premurò anche di dare impulso alle opere statunitensi. La prima opera americana a essere prodotta dal Metropolitan fu Pipes of desire (1910) di F.S. Converse; seguirono Mona (1912) di H. Parker e Cyrano de Bergerac (1913) di W. Damrosch. Nel 1910 il G. riuscì anche a portare in tournée a Parigi l'intera compagnia del Metropolitan, comprese le scene e i costumi, dove vennero rappresentate, al théâtre du Châtelet, opere italiane quali Aida, Otello, Falstaff di Verdi, Cavalleria rusticana di Mascagni e, in prima francese, Manon Lescaut di Puccini, diretta da Toscanini e con un cast d'eccezione che comprendeva tra gli altri Destinn e Caruso.
Nell'aprile del 1910 il G. aveva sposato la soprano neozelandese Frances Alda, dalla quale divorziò nel 1928. Nel 1930 si unì in seconde nozze con la maestra di ballo del Metropolitan Rosina Galli. Nel 1935 decise di ritirarsi a vita privata e fece ritorno definitivamente in Italia.
Morì a Ferrara il 2 sett. 1940. Il suo libro Memories of the opera fu pubblicato postumo a New York nel 1941.
Fonti e Bibl.: I. Kolodin, The Metropolitan opera 1883-1939, New York 1940, pp. 138 ss.; F. Merkling - J.W. Freeman - G. Fitzgerald - A. Solin, The golden horseshoe - The life and times of the Metropolitan opera house, New York 1965, pp. 97-172; O. Thompson, The American singer, New York 1969, p. 389; Enc. dello spettacolo, V, col. 976; Baker's Biographical Dictionary of musicians, a cura di N. Slonimsky, New York 1971, p. 541; The International Cyclopedia of music and musicians, New York 1975, p. 802; The New Grove Dict. of music and musicians, VII, p. 186; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, III, p. 133.