GORI (Gori Pannilini), Giulio
Nacque a Siena, il 30 marzo 1686, primogenito di otto sorelle e tre fratelli, da Augusto e Caterina Savini, nobili senesi.
Nella famiglia Gori "del Monte del Popolo, terzo di San Martino", presente dal 1403 nei Libri dei Leoni attestanti coloro che avevano ricoperto cariche pubbliche in Siena, si era estinta casa Pannilini. Il padre del G., Augusto, di Giulio e Olimpia Chigi, nipote di Alessandro VII, ricoprì la carica di capitano del Popolo nel 1682, 1685, 1687, 1701, 1708. Nella documentazione consultata, posteriore all'entrata del G. nella Compagnia di Gesù, il cognome è sempre nella forma Gori.
Il G. compì i suoi primi studi presso i gesuiti: nel 1696 era uno dei convittori del collegio Tolomei di Siena. Ebbe come insegnante, prima di grammatica, poi di retorica e umanità, P. Segneri iunior, mentre negli anni 1700-02 le cattedre di logica e fisica furono tenute da T. Silotti, nel 1703-04 quella di metafisica da G. Govoni. Il 14 giugno 1704 il G. decise di vestire l'abito dei gesuiti e si recò alla domus probationis Romana di S. Andrea al Quirinale.
La sua vocazione alla vita religiosa coincise con il desiderio di recarsi missionario in Cina; appena dopo il quarto mese di noviziato scrisse al generale una "littera Indipeta" (lettera con la quale i gesuiti si votavano alle missioni nelle Indie orientali o occidentali), in un momento cruciale della storia dell'Ordine, a causa delle polemiche suscitate dai metodi di evangelizzazione attuati dai gesuiti in Cina. L'aspirazione missionaria rimase inesaudita: le decisioni dei superiori e il prevalere della sua "grandissima inclinazione alle specolative" portarono il G. verso gli studi, l'insegnamento e la composizione di scritti che, a causa della loro divergenza rispetto all'orientamento dottrinale dell'Ordine, restarono in massima parte inediti.
Nel 1708 il G. insegnò umanità nel collegio di Ancona; tornò poi a Roma per insegnare prima grammatica poi umanità al Collegio romano e per seguire, a partire dal 1712, il corso di teologia. Nel 1715 fu uno dei membri dell'Academia controversiarum della facoltà teologica del Collegio e venne ordinato sacerdote. Si trasferì al collegio di Fermo, dove nel 1716-18 insegnò filosofia e fu predicatore. I suoi "talenta ad dicendum", la sua capacità di affrontare dal pulpito o in aula, anche impreparato, qualsiasi argomento gli venisse proposto erano accompagnati da un "ingenium bonum sed nimis confidens", poco gradito ai superiori.
Nel 1719 si trovava alla domus probationis Florentina per completare la sua formazione spirituale con la terza probazione. Il 15 agosto dello stesso anno fece la professione dei quattro voti. I revisori generali del Collegio romano avevano analizzato alcuni suoi manoscritti e il generale M. Tamburini si mostrò preoccupato a causa delle novità dottrinali introdotte dal G. rispetto alla filosofia e teologia in vigore nelle scuole della Compagnia. Il G. fu così trasferito per due anni (1720-21) al collegio Tolomei per insegnare logica e fisica: qui nacque una salda e intima amicizia con il conte G.B. Castellani, piemontese e suo allievo prediletto al collegio, con il quale il G. intrattenne in seguito un singolare rapporto epistolare, che darà luogo alle Lettere filosofiche e alle Lettere morali. Dopo ripetute richieste al generale Tamburini, il G. riuscì a ottenere il trasferimento a Roma: nel 1721-22 fu prefetto degli studi presso il Collegio germanico e l'anno successivo ottenne la cattedra di filosofia al Collegio romano. Il corso di filosofia dettato a Roma è documentato dalla prolusione, Praefatio in logicam Collegii Romani, e dai tre vasti manoscritti Logica dictata in Collegio Romano, Introductio Phisicae [sic] Aristotelicae e Metaphysica.
Nella Praefatio il G. espone gli argomenti che intende sviluppare durante il corso filosofico. Le quaestiones che propone agli studenti vanno oltre gli argomenti previsti dalla Ratio studiorum dei gesuiti. I manoscritti per le lezioni di logica, fisica e metafisica, nonostante ripropongano il tradizionale schema scolastico di questioni, obiezioni e risposte, accordano uno spazio notevole alle idee dei moderni e sviluppano il discorso filosofico analizzando sia il sistema aristotelico-scolastico, che nella Ratio è l'unica filosofia proponibile nelle aule dei collegi, sia quelli a esso opposti.
Nella Introductio Phisicae Aristotelicae, la filosofia naturale aristotelica è contrapposta all'atomismo, del quale si considerano le diverse posizioni, soprattutto in riferimento al problema teologico: ogni sistema proposto, compreso quello aristotelico, è seguito dalle obiectiones riguardanti la sua conciliabilità con la dottrina tridentina della transustanziazione. Tra i moderni un certo spazio è accordato a P. Gassendi, a R. Descartes e al cartesianismo. I problemi fisici sono affrontati spesso, oltre che da un punto di vista teologico, anche riproponendo gli esperimenti più recenti (ad esempio, per il problema del vuoto, l'esperimento del tubo torricelliano).
Nella Metaphysica vengono trattate, accanto ai temi prescritti dalla Ratio, anche problematiche filosofiche contemporanee, quali la questione dell'anima degli animali e le idee di Gassendi e di L. Magalotti a essa relative.
Nel 1726-27 il G. fu prefetto degli studi al Collegio inglese di Roma. Al 1726 risale la Istoria del gloriosissimo imperatore Carlo VI, in quattro libri, incompleta perché il G. fu costretto a interromperne la stesura per mancanza di fonti storiche attendibili. La sua principale preoccupazione nel comporre la biografia dell'imperatore è di esporre i fatti storici da diverse prospettive, allontanandosi dalle biografie di carattere elogiativo che tendevano a esaltare illustri personaggi.
Durante gli anni 1725-27 il G. compose le Dissertazioni epistolari: le Lettere filosofiche, le Lettere morali o siano Dissertazioni epistolari sopra le bugie e la lettera incompleta Sopra l'anima delle bestie, tutte destinate al conte G.B. Castellani e, molto probabilmente, lette pubblicamente dal conte.
Nelle nove Lettere filosofiche, partendo dalla definizione del termine "ingegno", in rapporto a "giudizio" e "prudenza", il G. analizza le differenze tra gli ingegni in vari tipi umani, per poi considerare l'ingegno quale principale canone estetico su cui basare il giudizio delle opere letterarie. Nella V lettera assume il termine come sinonimo di "intelletto" ed elabora la sua teoria degli ingegni paragonati a vari tipi di specchi (piano, concavo, convesso e "a faccette") per il loro diverso modo di riflettere le cognizioni. Nella VII si sviluppa un'acerrima critica nei confronti dell'astrazione e del verbalismo della filosofia scolastica insegnata nei collegi gesuitici, critica che sarà poi ripresa nella lettera Sopra l'anima delle bestie. L'VIII e la IX lettera costituiscono un elogio del cardinale G.B. Tolomei, senese e insegnante al Collegio romano.
Le Dissertazioni sopra le bugie, in uno stile diserto, burlesco e colloquiale, con il continuo ricorso a esempi estesi e singolari, mostrano al Castellani le principali forme di dissimulazione e i casi in cui è lecita. Il concetto di dissimulazione, pur avendo le sue radici fino nel nicodemismo, nel XVII secolo fu tematica assai diffusa. Il G. si riconnette alla precettistica di B. Graçian e T. Accetto, considerando la dissimulazione quale difesa della verità dai violenti assalti cui è sottoposta nel mondo e riconducendola alle regole del buon vivere, proprie del Galateo. Le lettere X e XII si avvalgono della definizione agostiniana e tomistica del concetto di "mendacio" e dei molti passi scritturistici già adottati dai difensori della dissimulazione religiosa e da diversi teologi morali gesuiti. Esse propongono la classica distinzione della teologia morale tra la bugia, considerata illecita, e l'inganno, lecito quando non palesa il pensiero interno, rifacendosi all'idea agostiniana secondo cui "nascondere la verità non è mentire", per poi giungere all'elaborazione della dottrina degli equivoci. La dottrina, già formulata nel XIV secolo da N. Eymeric e poi diffusa dai teologi gesuiti in seguito alla condanna della "riserva mentale", è riproposta dal G. nell'originale versione dell'"equivoco disgiuntivo", che si avvale delle "circostanze" in cui è attuato: si può lecitamente dissimulare qualora siano le circostanze a cambiare il senso di una parola o di un segno, rendendolo equivoco e facendogli assumere due o più significati differenti.
Nella lettera I, incompleta e successiva alla X e XII, il G. parla al Castellani dei suoi lavori sottoposti alla censura interna dell'Ordine e sviluppa una critica mordace nei confronti dell'organo censorio, che sferza anche scritti di gesuiti del passato (D. Bartoli) o contemporanei (C.A. Cattaneo), ai quali è stato concesso l'imprimatur, pur avendo divulgato un "popolo di bugie nascoste sì bene da verità" (Roma, Bibl. nazionale, Fondo Gesuitico, 1028, c. 35r).
Nel 1729 il G. fu rimandato a Siena dove insegnò teologia scolastica al collegio S. Vigilio. Non soddisfatto di tale incarico, si rivolse ripetutamente al generale, affinché gli accordasse il permesso di tornare a Roma.
Risalgono al 1729 le due dissertazioni epistolari "sui casi degli sposi", collocate nell'ambito della vasta letteratura sul "caso di coscienza", che affrontano il seguente problema: se siano leciti "baci et abbracciamenti tra li sposi" (fidanzati). La soluzione proposta si sviluppa a partire dall'affermazione della completa illiceità del diletto venereo che interviene nelle manifestazioni amorose tra i non coniugati e può essere ascritta a una posizione metodologica rigoristica, contraria alle tendenze di "probabilismo" e "lassismo" della teologia morale gesuitica del Settecento.
Alla fine del 1731 il G. abbandonò il collegio senese e si trasferì in quello di Perugia, dove rimase fino al 1738, prima come predicatore della Congregazione della Buona Morte - istituita da V. Carafa e innalzata ad Arciconfraternita nel 1729 -, in seguito come confessore della comunità e presidente della Congregazione de' nobili del collegio. Si mostrò tuttavia nuovamente insoddisfatto dei compiti assegnatigli. Nel 1732 fu pubblicata a Perugia l'Orazione domenicale esposta a modo di colloquio dal padre Cesare Calino della Compagnia di Gesù cui si sono aggiunti l'Ave Maria e 'l Credo dal padre Giulio Gori della medesima Compagnia, per quelle persone che si addentranoall'orazione mentale (il Sommervogel segnala invece una Orazione domenicale esposta e distesa in colloquii dal padre Giulio Gori, pubblicata a Perugia nel 1737 e ristampata a Roma 1762).
A Perugia il G. iniziò a scrivere Il direttore, istruzioni per la direzione degli spiriti, ma ne interruppe la stesura per riprenderla a Roma, quindici anni dopo. Nell'aprile 1732, in occasione di una visita presso la casa di esercizi spirituali di Foligno detta La Vignola, scrisse su di essa una dettagliata relazione.
Lo scritto è esempio di un senso di realtà e concretezza sconosciuto alle Letterefilosofiche e alle Lettere morali, che si manifesta anche nel linguaggio non letterario, sobrio e ironico. Risalgono probabilmente al periodo perugino anche gran parte delle Prediche, poiché per sette anni consecutivi il G. ricoprì nella città l'incarico di concionator.
La sua attività di predicatore si esplicò sugli argomenti più vari: dai panegirici di s. Ignazio e s. Francesco Saverio, a temi quali la brevità della vita, lo spirito di Dio che è "spirito d'allegrezza", i sogni, la meraviglia, la passione di Cristo e i suoi "sudori di sangue", ricondotti a una causa fisiologica. Le prediche del G. prendono spunto da passi delle Scritture, per poi trattare con molta competenza questioni, anche scientifiche, del tutto o in parte avulse dal contesto risultando perciò estranee al tipo di predicazione sviluppatasi in Italia durante la prima metà del XVIII secolo, incline alla tematica morale e ricca di argomenti sul "caso di coscienza".
Nel 1737 il generale Retz, in una lettera, comunicò al provinciale V. Annibali la sua insoddisfazione per il comportamento del G., soprattutto per quanto riguardava l'adempimento dei doveri sacerdotali; anche i superiori del collegio perugino lo ritenevano persona troppo audace e poco prudente. Le richieste del G. di essere trasferito a Roma furono numerose anche durante la permanenza a Perugia, ma non produssero l'effetto voluto.
Nella seconda metà del 1738 il G. (sembra per alcune proposizioni non pienamente ortodosse pronunciate nelle sue lezioni di filosofia a Siena e in qualche predica a Perugia) temette di essere stato denunciato al S. Uffizio. Il cardinale M. Corradini, che aveva una particolare simpatia verso la Compagnia, informò il generale che non esisteva alcuna accusa contro il G., ma questi fu ugualmente spaventato al punto che si trasferì nella provincia austriaca, nel collegio di Trieste, dove ricoprì gli incarichi di predicatore e di storico della casa, e si propose come cappellano al servizio degli appestati. Nel gennaio 1739 il generale ebbe piena cognizione, da parte del S. Uffizio, dell'innocenza del G. e lo richiamò al Collegio romano come lettore di filosofia morale, incarico che il G. tenne fino al 1743.
Il 30 sett. 1740 D. Turano, revisore generale al Collegio romano, diede parere negativo circa la pubblicazione del manoscritto del G. intitolato Clavis Augustini, qua systema totius gratiae medicinalis a sancto doctore traditum apertissime reseratur et summa huius caelestis medicinae vis facillime conciliatur cum plenissima humanis consensus libertate…
Il manoscritto, incompleto, la cui stesura è molto precedente alla censura, è un commento ai capitoli XI e XII del De correptione et gratia di s. Agostino. Il G., nella prima lettera delle Dissertazioni sopra le bugie (1727) ci dà notizia di questo scritto, dicendo che la sua composizione è posteriore alla Istoria di Carlo VI (1726) e della lettera incompleta Sopra l'anima dellebestie. Già allora prevedeva che la Clavis potesse causargli non poche difficoltà. Riguardo al problema della grazia e del libero arbitrio, il G. non ha come referente la posizione molinistica, assunta dai gesuiti nel corso della controversia de auxiliis, ma Agostino, e si propone di conciliare le opposte posizioni dei tomisti e dei gesuiti attraverso l'interpretazione del pensiero agostiniano sulla grazia, in un momento in cui, a Roma, si formavano i diversi circoli che propagavano idee giansenistiche, spesso in opposizione ai gesuiti.
Dal 1743 al 1756 il G. fu professore di diritto canonico al Collegio romano e, in seguito, confessarius. Nel 1761 pubblicò a Roma il suo ultimo scritto, segnalato dal Sommervogel e oggi irreperibile: gli Atti da prepararsi alla morte, alla confessione annuale ed alla santa comunione con il Padre, Ave Maria e Credo esposti in colloqui. Durante gli ultimi tre anni della sua vita non ricoprì alcun incarico.
Il G. morì al Collegio romano il 24 ott. 1764.
Opere manoscritte. Milano, Bibl. Trivulziana, cod. N61: Istoria della vita del glorioso imperatore Carlo VI; Roma, Bibl. nazionale, Fondo Gesuitico, 538: Due lettere nelle quali si risolve un caso di materia ecclesiastica (copia delle Due lettere intorno a casi di religione); 920, Clavis Augustini…; 1028, cc. 1r-37r: Dissertazioni epistolari sopra le bugie; cc. 41-46: Dissertazioni epistolari circa l'anima delle bestie; cc. 47r-77v: Dialogo sopra i due sistemi del mondo tolemaico e copernicano; cc. 79r-212v, 221r-244v: Prediche; cc. 213r-220v: Praefatio in logicam Collegii Romani; cc. 247r-265r: Due lettere intorno a casi di religione; 1034: Lettere filosofiche; Ibid., Archivum Pontificiae Universitatis Gregorianae, Mss., 736: Immagini simboliche della Santa Croce e delle cinque Santissime Piaghe riconosciute nella Santa Scrittura e da essa ricavate dai Santi Padri e interpreti e ai fratelli e sorelle della Buona Morte presentate a leggersi dal padre Giulio Gori (altre copie dello scritto Ibid., Mss., 1107 e 1108); 883: Istoria del gloriosissimo imperatore Carlo sesto; 1078: Il Direttore. Istruzioni per la direzione degli spiriti; 2325: Logica dictata in Collegio Romano; Fondo Curia: 2177, Metaphysica (cc. n.n.); Ibid., Bibl. Casanatense, Mss., 572: Introductio Phisicae Aristotelicae; 574: Logica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Mss. A.15: Raccolta di notizie riguardanti le famiglie nobili di Siena…, cc. 18v, 76v, 162-163; A.13: Ordini, armi, residenze ed altre memorie di famiglie nobili di Siena, cc. 451-453v; A.68: Raccolta di nomi propri di persone nobili sanesi… anno 1714, cc. 237, 328, 241-242; A.62: Raccolta… anno 1717, cc. 208-211v; B.23, f. VI, Pergamene del conte Gori, c. 1; A.50: Raccolta di persone nobili battezzate in Siena, III, c. 75; A.30: Transunti di conti e di famiglie nobili di Siena, cc. 49v-50; A.30, vol. II: Compendio istorico di Sanesi nobili per nascita…, cc. 308-310; A.55: Raccolta di denunzie di contratti di matrimoni…, III, c. 66v; D.139: Raccolta delle famiglie nobili della città di Siena, c. 152; Particolari famiglie senesi, 82, ff. 1-3; Gabella dei contratti, 502 (1683-84), cc. 50, 66, 70; Biccherna, 1145, c. 168; Pergamene, Dono Gori, quaderno 491, 24 sett. 1551; Concistoro, 2654, inserti nn. 98-99; Siena, Bibl. comunale, Mss., A.7.35, parte II: G.A. Pecci, Indice degli scrittori sanesi, c. 90; Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Indipetae, Fondo Gesuitico, 750, nn. 89, 190, 266; Epistolae generalium provinciae Romanae, Rom., 41, c. 131; 42, c. 263v; 43, cc. 55v, 182v, 196, 200, 275v; 44, cc. 304v, 308, 318v, 319, 360v, 388v, 390-391; 45, cc. 106, 115, 244, 246v; 48, Epistolae Soli, cc. 166v, 186; Catalogi triennales et breves provinciae Romanae, Rom., 67, cc. 190v, 242v; 68, cc. 14, 72, 179, 239; 69, cc. 45, 109, 239, 297; 70, cc. 12v, 74, 208, 269; 71, cc. 60, 119, 227, 283; 72, cc. 56, 116, 190v, 250v; 73, cc. 8, 68v, 110, 243v; 74, cc. 12v, 77v, 194, 256; 75, cc. 13, 75, 191v, 253v; 76, cc. 10v, 40v; 97, cc. 13, 62v, 108v, 165v, 214, 249v; 98, cc. 4v, 52, 137, 155v, 206; 99, cc. 20v, 70, 122, 177, 235v; 100, cc. 35v, 68, 116, 149, 196; 101, cc. 3v, 63v, 113, 179v, 230; 102, cc. 33, 76, 123v, 173, 221; 103, cc. 28v, 79v, 129v; 204; 104, cc. 4, 54, 104, 152, 201; 105, cc. 4, 53, 104, 155, 207; 106, cc. 4, 59, 116, 175; 107, cc. 5v, 47v, 87v; 127v, 168v, 216v, 255v; 108, cc. 5v, 53v, 107v, 150; Historia, Rom., 139, I, cc. 39-44; Ingressus novitiorum, Rom., 174, c. 85; Ital., 25, Professi quatuor votorum, cc. 218, 219; Fondo Gesuitico, 674, Censurae, c. 7; I Libri dei Leoni. La nobiltà di Siena in età medicea (1557-1737), a cura di M. Ascheri, Milano 1996, p. 515; L. Lukács, Catalogi personarum et officiorum provinciae Austriae Societatis Iesu, VIII, Roma 1994, p. 330; R.G. Villoslada, Storia del Collegio romano dal suo inizio (1551) alla soppressione della Compagnia di Gesù, Roma 1954, pp. 249, 325, 328, 331, 333 s.; A.R. Capoccia, G. G. e le Dissertazioni epistolari sopra le bugie, in Nouvelles de la république des lettres, I (1998), pp. 95-137; Id., La casa di esercizi spirituali di Foligno, in Archivum historicum Societatis Iesu, I (1998), pp. 161 s., 184-189; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, col. 1615.