GRIMALDI, Giulio
Nacque a Fano l'8 genn. 1873 da Blandimiro e da Anna Pierpaoli.
Appartenente a famiglia della piccola borghesia fanese, fu orientato verso la vita ecclesiastica, ma a 17 anni lasciò il seminario e, ultimati gli studi liceali a Fano, si iscrisse alla facoltà di lettere dell'ateneo romano fruendo di una borsa di studio concessa dal Pio Sodalizio dei Piceni. Nel 1895 concluse brillantemente gli studi con la discussione di una tesi di laurea intitolata Commediografi del Cinquecento: Bernardo Dovizi da Bibbiena, preparata sotto la guida del filologo E. Monaci. La ricerca sul card. Bibbiena non venne più abbandonata dal G. che continuò a raccogliere una documentazione preziosa in archivi e biblioteche. Dopo aver pubblicato presso l'Archivio storico delle provincie napoletane (XXV [1900], 2, pp. 218-237) un saggio dal titolo Bernardo Dovizi alla corte d'Alfonso II d'Aragona, il G. continuò a interessarsi dell'autore della Calandria cui dedicò un ampio studio, delineato poi nella stesura definitiva nel 1902 (secondo una notizia data dallo stesso G. sulla rivista Le Marche) e rimasto inedito.
Nel suo lavoro il G. volle seguire il card. Bibbiena nei suoi soggiorni alle corti di Lorenzo il Magnifico, di Giulio II e di Leone X, individuandone "la raffinata cultura e la sfrenata cupidigia di godere, il culto dell'arte e la caccia al benefizio, il raggiro diplomatico" e il vivo piacere della polemica. Ma merito maggiore del G. fu portare "nuova luce anche sulla vita pubblica e privata" degli anni del Dovizi di fine Rinascimento. È proprio sulle carte e sui documenti riguardanti il card. Bibbiena che il G. perfezionò la propria formazione filologica, affinandola nel tempo con lo studio del Laudario della Compagnia di S. Croce in Urbino, dato alle stampe nel 1904 (Perugia) e apparso in una nuova edizione, a cura di E. Monaci, nel 1915 (Città di Castello). Dalla stessa consultazione delle carte urbinati doveva ricavare lo spunto per altri pregevoli lavori: Un rifacimento della Passione attribuito a Niccolò Cicerchia (in Le Marche, V [1905], pp. 34-78) e I capitoli della fraternita di santa Croce di Urbino (ibid., pp. 256-273, 324-328).
Passò quindi all'insegnamento delle materie letterarie nelle scuole superiori e, dopo aver ricoperto cattedre in diverse sedi della penisola, approdò all'Università di Pisa, chiamato a insegnare lingua e letteratura italiana. Frattanto la forte passione per la ricerca archivistica lo portava a felici indagini negli archivi di Fano, Urbino, Roma, Firenze, Matelica, Fabriano e in altri centri ancora, dove raccoglieva informazioni utilizzate in pubblicazioni riguardanti il movimento dei "disciplinati" e la storia del teatro urbinate del Settecento.
Entrato in amichevoli rapporti con Gino Luzzatto, il G. ebbe modo di lavorare con lui alla redazione del saggio su I più antichi libri consigliari di Fabriano, edito in due tempi sulla rivista Le Marche (II [1902], pp. 257-291; III [1903], pp. 211-236) e per l'edizione degli Statuti e bandi fabrianesi del sec. XIII, pubblicati postumi, sempre sulla stessa rivista (XI [1911], pp. 121-140, 192-207; XII [1912], pp. 178-203). L'impresa più impegnativa condotta dal G. insieme con il Luzzatto fu senza dubbio il riordino e lo studio dei fondi antichi dell'Archivio comunale di Matelica, i cui primi risultati apparvero in un articolo negli Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria perle Marche (n.s., III [1906], 1, pp. 31-35), intitolato per l'appunto L'archivio segreto di Matelica. Sopraggiunta improvvisa la morte del G., fu ancora il Luzzatto a tenere il discorso commemorativo, in un'adunanza della Deputazione, e a curare la stampa del volume su Le pergamene di Matelica. Il testo, edito nel 1915, come n. 4 della collana di "Fonti per la storia delle Marche", costituì il più alto tributo di gratitudine che il Luzzatto, definitosi "più che amico e collega, scolaro devoto", offrì alla memoria del G., ripromettendosi di condurre a termine il lavoro avviato dal G. e dare alle stampe anche un secondo volume con la completa regestazione delle carte dell'archivio diplomatico matelicese.
Altri contributi del G. allo studio della storia regionale apparvero nella rivista da lui fondata alle soglie del Novecento, Le Marche illustrate nella storia, nelle lettere, nelle arti, un periodico che nelle sue intenzioni doveva avere un'espansione "regionale e nazionale a un tempo" al fine di illustrare con "documenti, monografie e articoli la vita delle Marche, ne' vari tempi e nelle varie e molteplici manifestazioni" e di "fornire insieme un contributo alla storia d'Italia" (dall'invito rivolto Ai lettori dalla redazione in occasione dell'uscita del primo numero della rivista, nel gennaio del 1901). Il G. seppe, attraverso la sua rivista, orientare i collaboratori all'uso delle metodologie della ricerca storica più attuali e originali. Oculata fu la scelta degli studiosi, individuati in nomi di affermati cultori di discipline storiche e letterarie, con ampio spazio ai risultati dei giovani più promettenti. Così nel decennio di presenza della rivista, cessata d'esistere l'anno successivo alla morte del G., si contarono le partecipazioni di G.C. Abba, A. Anselmi, U. Bassi, G. Castellani, G. Crocioni, F. Hermanin, A. Mabellini, R. Mariotti, E. Mestica, G. Natali, G. Radiciotti, C. Selvelli, E. Spadolini, A. Vernarecci, G. Volpe, L. Zdekauer e ovviamente il ricordato Luzzatto.
Oltre che per l'intensa attività di ricercatore nel campo storico-archivistico il G. si è guadagnato una posizione ragguardevole nel movimento culturale regionale del primo Novecento con le sue produzioni poetiche e letterarie, meglio rispondenti a sentimenti e passioni degli anni della giovinezza, assai più controllati e mitigati nella maturità. Dotato "d'una feconda vena poetica", ha lasciato "diverse plaquettes in vernacolo fanese, fra cui l'ormai classico Brod e àcin (1905) e il romanzo marinaresco Maria risorta (1908), senz'altro la sua opera più nota", in cui è possibile rinvenire le tracce della lezione verista (Verga, Maupassant, Zola) e pure "una particolare sfasatura del gusto, un'inopinata sintonia con certi modi dannunziani che invertono la prospettiva del romanzo, trasferendolo dall'età naturalista a quella decadente", lasciandolo apprezzare "alla stregua d'un'intersezione, d'un'originale metamorfosi" (Raffaelli). Ma l'importanza di Maria risorta, preceduta l'anno prima da Pescatori dell'Adriatico, edito a Firenze nell'Almanaccoitaliano del Bemporad e ristampato da Zanichelli nel 1912, nel volume di D. Provenzal, Usanze e feste del popolo italiano, non oscura il valore delle prime raccolte poetiche. Così i versi riuniti in Asfodeli, del 1892, pregni di riferimenti heiniani, ben preparano alla stesura di Maternità, del 1899, dedicata alla giovane moglie Flavia, brani poetici considerati nell'insieme un "gioiello di lirica famigliare", secondo una felice definizione di amici e collaboratori del Grimaldi. L'anno successivo apparvero Le intime e quindi nel 1901 Ninnenanne, le quali, unite agli altri componimenti pubblicati di volta in volta in testate giornalistiche diverse (delle quali la più ricorrente è stato il periodico fanese Il Gazzettino), han fatto dire che "molte di esse indulgono ad un sentimentalismo dalle venature spiccatamente melliflue verso le cose minute, le piccole gioie e gli affetti intoccabili della famiglia: insistenze che, unite ad una ricerca troppo scoperta delle tradizionali assonanze ritmiche dei versi, finiscono per render stucchevole la lettura" (Bojani).
Resta il fatto che su tutti i giudizi e le classificazioni riguardanti la personalità del G. finisce per prevalere ancora ciò che scrisse il Luzzatto, secondo il quale "chi abbia conosciuto la genialità della mente e il senso acuto e sano di critica posseduto dal G., potrà rimpiangere che tanto fuoco di attività si sia disperso in lavori d'indole così diversa dai suoi studi e dall'inclinazione della sua mente, senza una meta unica e ben determinata" (Luzzatto, 1911): appassionato della ricerca per se stessa e della trascrizione del documento, il G. rinviò spesso a momenti successivi l'occasione di sfruttare il materiale raccolto, non dispiacendogli che altri s'occupassero degli argomenti da lui trattati.
Il G. morì tragicamente a Marina di Pisa il 2 ag. 1910.
Fonti e Bibl.: G. G., in Le Marche, IX (1909), 5-6, pp. I-V; [G. Luzzatto], G. G., in Atti e mem. della R. Deputaz. di storia patria per le provincie delle Marche, n.s., VI (1909-10), pp. 299-396; G. G., in Il Gazzettino (Fano), 7 ag. 1910; G. G. (1873-1910), Pisa 1910; G.C. Bojani, Ricordo di G. G., in Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le Marche, s. 8, II (1961), pp. 1-8; C. Antognini, Scrittori marchigiani del Novecento, Ancona 1971, pp. 66-78; Studi in memoria di G. G. nel centenario della nascita, in Fano. Notiziario di informazione sui problemi cittadini, Suppl. n. 5 (1973), Fano 1974, pp. 9-23; S. Baldoncini, Marche, Brescia 1988, pp. 227-235; G. G. e la cultura marchigiana del primo '900, a cura di M. Ferri, Urbino 1991; M. Raffaelli, G. G. ovvero le virtù fanesi, in Corriere Adriatico, 19 febbr. 1992; A. Berardi, G. G. e il romanzo Maria risorta, in Le Marche: la cultura "sommersa" tra Ottocento e Novecento, Treia 2000, pp. 367-374; Id., G. G. e il romanzo Maria risorta, in Nuovi Studi fanesi, XIV (2000), pp. 177-184.