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LITTA MODIGNANI, Giulio

di Andrea Moroni - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)
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LITTA MODIGNANI, Giulio

Andrea Moroni

Ultimo di tredici figli (dieci maschi e tre femmine), nacque a Milano il 28 sett. 1813 dal marchese Giovan Battista e Beatrice del marchese Ferdinando Cusani, esponente di una delle famiglie del patriziato milanese che aveva aggiunto il cognome dei Modignani nel 1767. Il L. beneficiò, insieme con i suoi fratelli, della decisione del padre di suddividere il proprio patrimonio in parti uguali tra i figli maschi: tale decisione, se contribuì a frazionare una ricchezza fino ad allora cospicua, consentì però a ciascuno di loro di scegliere con maggiore libertà il proprio destino. Non sembra che il L. abbia manifestato intenzione di sposarsi: i destini della sua casata sembravano infatti essere stati rinsaldati dal matrimonio del suo fratello maggiore Luigi che, nel 1843, sposò la ricchissima Elena Ferrari.

Il L. si impegnò in quegli anni nella vita politica locale, essendo stato eletto consigliere nel Comune di Lissago per il triennio 1845-47, ma furono poi gli eventi del 1848 a orientarlo verso scelte più decise. Infatti, allo scoppio dei moti insurrezionali, il L. partì immediatamente con il corpo dei volontari lombardi; poi, quando il re Carlo Alberto chiamò nelle file dell'esercito sabaudo i volontari, fu nominato ufficiale e, sotto le insegne del reggimento Savoia cavalleria, combatté le campagne militari del 1848-49.

Dopo la sconfitta dei Piemontesi e il ritorno degli Austriaci a Milano, il nome del L. non compare nella lista di coloro cui il feldmaresciallo J. Radetzky vietò nel 1849 il ritorno a Milano; tuttavia il L. preferì non rientrare in città e fece formale richiesta alle autorità austriache affinché gli fosse accordato un regolare permesso di emigrare in quanto ufficiale dell'esercito piemontese. Il 18 genn. 1850 gli venne concesso lo svincolo dalla sudditanza austriaca.

Visse così gli anni successivi a Torino, sempre nelle file dell'esercito. Partecipò alla guerra di Crimea, in qualità di aiutante di campo del generale Alfonso Ferrero della Marmora, e si distinse meritando una promozione sul campo e una medaglia al valor militare. Queste imprese e la dedizione all'esercito gli valsero la stima di Vittorio Emanuele II; ciò fece di lui uno fra i pochi patrizi milanesi di cui il re di Sardegna si fidava, al punto che tra loro "correvano rapporti affettuosi e una piena fiducia" (Bognetti).

Doveri familiari lo spinsero però a rientrare a Milano: suo fratello Luigi morì infatti improvvisamente nel 1855, lasciando la giovane e ricca moglie, due figli maschi e due femmine. Nel 1857 Elena Ferrari vedova Litta Modignani inviava una supplica al papa nella quale chiedeva la dispensa per sposare il cognato Giulio. Il matrimonio ebbe luogo il 28 genn. 1858. I Litta Modignani riuscirono così a evitare che la futura eredità della vedova finisse altrove. Il L. tornò allora a vivere a Milano, ma non per questo abbandonò i suoi legami con l'esercito sabaudo e quando, nel 1859, fu istituito il governo provvisorio a Milano, il L. fu uno dei quattro milanesi scelti da Vittorio Emanuele II come ufficiali di ordinanza (gli altri furono E. di Castiglione, L. Trotti Bentivoglio e U. Pallavicino).

Dopo aver partecipato alla battaglia di Magenta, il L. decise, nel 1860, di abbandonare il servizio militare, ma gli avvenimenti del 1866 lo videro tornare nuovamente nell'esercito. Fu questa però l'ultima campagna militare cui egli partecipò. Dal 1867 si ritirò infatti a Milano e alla vita privata, che lasciò solo per poco tempo, tra il 1870 e il 1873, quando sedette nel Consiglio comunale di Milano.

Non sembra che nella gestione delle sue ricchezze il L. sia stato particolarmente intraprendente: verso la metà degli anni Cinquanta aveva sottoscritto 3 carature della società in accomandita Giuseppe Venini e C.i per l'esercizio dello stabilimento vetraio privilegiato di Tione, da cui però si ritirò nel 1860. Non si hanno notizie di altre iniziative economiche di rilievo: amministrò i beni immobili ereditati dal padre e non si avventurò in quegli investimenti finanziari che ravvivarono la vita italiana fin dal primo decennio unitario. Così, il patrimonio da lui lasciato al momento della morte era pressoché lo stesso trasmessogli dal padre nel 1837. A compensare le sorti della famiglia ci avrebbero pensato l'accorta politica della moglie, che indirizzò figli e nipoti verso matrimoni con Giulia e Margherita Taccioli, uniche eredi di una delle più ricche famiglie industriali lombarde.

Il L. morì a Milano il 3 marzo 1878, lasciando un figlio maschio, Vittorio, e due femmine, Clotilde ed Eugenia. La moglie Elena visse ancora fino al 1887, agendo da occulta regista delle vicende familiari e patrimoniali della casata dei Litta Modignani.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Archivio Litta Modignani, Tit. II, cart. 28, ff. 12, 14, 15, 17; Tit. III, cart. 9, ff. 2, 3; Tit. IV, f. 3; Tit. VIII, f. 21; L. Marchetti, Il decennio di resistenza, in Storia di Milano, XIV, Milano 1960, pp. 661 s.; G.P. Bognetti, Nella libertà e per la libertà (1859-1873), ibid., XV, ibid. 1962, p. 9; D.E. Zanetti, La demografia del patriziato milanese nei secoli XVII, XVIII, XIX. Con una appendice genealogica di Franco Arese Licini, Pavia 1972, ad ind.; A. Moroni, "Nel maneggio dei molteplici scabrosi affari": famiglie e patrimoni del patriziato milanese nell'Ottocento, in Ceti dirigenti municipali in Italia e in Europa in età moderna e contemporanea. Atti del Convegno,… 2002, Pisa 2003, pp. 29-52.

Vedi anche
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