MAGNI, Giulio
Nacque a Roma il 7 nov. 1859 da Basilio e da Margherita Targhini, nipote di Giuseppe Valadier.
Il padre Basilio, letterato, storico dell'arte e giurista, nacque a Velletri il 13 dic. 1831 da Giuseppe, possidente, e da Anna Maria Corsetti. Compì i primi studi in Velletri presso il seminario diocesano, dal 1839 al 1848. Nel 1850 si stabilì a Roma, ove intraprese gli studi di legge. Gli impegni universitari non lo distolsero dalla passione nata in giovane età per la letteratura e l'arte: frequentò la bottega del pittore G.B. Bossi fino alla morte di questo (1878) e la scuola di eloquenza latina e italiana sotto la guida di F. Massi, del quale divenne amico. Laureatosi in giurisprudenza nel 1854, Basilio esercitò la professione forense per dieci anni; nel 1859 sposò Margherita Targhini, dalla quale ebbe otto figli.
Nel 1870 lasciò l'avvocatura per dedicarsi interamente agli studi letterari e alla pittura. Fu autore di sei tragedie, delle quali solo la prima, Imelda Lambertazzi (1859), rappresentata più volte in teatro; le altre furono pubblicate nel periodico L'Istruzione, fondato nel 1887 dallo stesso (poi in Tragedie e poesie, Roma 1908). Dedicatosi alla didattica, dopo un breve incarico nella r. scuola tecnica presso il liceo E.Q. Visconti, fu dal 1873 insegnante di lettere italiane presso la r. scuola normale femminile, quindi dal 1875 professore di storia dell'arte presso il r. istituto di belle arti. Dall'anno accademico 1882-83 e per quattordici anni fu titolare della prima cattedra di storia dell'arte istituita presso l'Università di Roma. Nel 1882 pose mano, con M.A. Mauro, alla Storia del Parlamento italiano, ideale continuazione del Parlamento subalpino di A. Brofferio. Redasse anche una Storia dell'arte italiana dalle origini al secolo XX, pubblicata in prima edizione tra il 1900 e il 1902. Nel 1905 scrisse il saggio Della pittura di paese in Italia; dal 1911 pose mano all'Autobiografia, inserita in appendice alle Prose letterarie, morali e civili di Basilio Magni, Roma 1912. Fu membro delle accademie Tiberina e dell'Arcadia. Nel 1900 venne insignito delle onorificenze di cavaliere, ufficiale e commendatore della Corona d'Italia. Fu nominato accademico d'onore di S. Luca nel 1920. Basilio morì a Roma il 19 dic. 1925.
Un attestato di frequenza datato 14 nov. 1881 a firma del pittore F. Prosperi, direttore del R. Istituto di belle arti in Roma, conferma che il M. aveva ivi compiuto gli studi di architettura sotto la guida di L. Rosso (Scano). Brillanti e precoci gli esordi sulla scena artistica, non disgiunti da un interesse subito vivace per il dibattito in corso sullo stile nazionale e sulle modalità del rinnovamento della cultura architettonica. Poco più che ventenne aveva preso parte al concorso Poletti di architettura, bandito dall'Accademia di S. Luca il 23 febbr. 1881, sul tema "Un battistero isolato da collocarsi di fronte ad una cattedrale del secolo XV". Il suo progetto, contrassegnato dal motto "Aequa potestas", si aggiudicò il secondo premio. Nella prima metà degli anni Ottanta partecipò al concorso per il palazzo di Giustizia, in collaborazione con C. Pistrucci; nel 1888 ottenne una segnalazione al concorso per la nuova sede del Parlamento in via Nazionale. Ancora nel 1890, con P. Piacentini, Pistrucci, E. Basile, G. Koch e altri fu membro dell'Associazione artistica tra i cultori di architettura, fondata da G.B. Giovenale, della quale divenne presidente per il biennio 1906-07.
Il debutto professionale ebbe luogo nella seconda metà degli anni Ottanta, quando la febbre edilizia della capitale iniziava a mostrare i primi segni di crisi, con una serie di realizzazioni nelle quali si prefigura un linguaggio architettonico incline alla sperimentazione di nuovi codici figurativi, in seguito fortemente caratterizzato da un accurato studio morfologico e dall'importanza tributata alla ricerca decorativa, con il quale sembra voler prendere le distanze dalla precettistica accademica e dagli stilemi eclettici in auge nella capitale: tra di esse si rammentano la ristrutturazione del convento delle suore missionarie d'Egitto in via Cicerone, il villino Bendis in viale Parioli (Roma, Arch. stor. Capitolino, Ispettorato edilizio, prot. n. 5033 del 29 nov. 1888), l'edificio per abitazioni in via S. Martino della Battaglia (1895 circa).
La volontà di apertura verso temi europei, che troverà di lì a poco concrete possibilità di attuazione attraverso la decennale permanenza in Romania, trova esplicita conferma nella lettera indirizzata all'amico R. D'Aronco sull'architettura delle moderne abitazioni di Roma, nella quale il M. tracciava un non roseo bilancio dello sviluppo edilizio tra il 1870 e il 1885.
Alla luce delle suddette considerazioni, l'incontro con l'Est europeo costituì per il M. un'esperienza assai stimolante: a Bucarest, capitale del Regno romeno istituito nel 1881, confluivano da tempo numerosi architetti provenienti dalla Francia, dall'Austria, dall'Italia e dalla stessa Romania - tra i quali I. Mincu, formatosi all'École des beaux-arts di Parigi -, chiamati a realizzare edifici pubblici e governativi secondo i canoni eclettici di stampo francese che conobbero grande fortuna in gran parte dell'Europa del periodo (Giannantonio).
L'approccio del M. alla realtà balcanica fu graduale: nei primi anni Novanta aveva preso parte a due importanti concorsi internazionali, ai quali era stato dato grande rilievo nelle riviste italiane ed europee, riguardanti altrettante opere pubbliche a Bucarest.
Nel primo, indetto nel 1891, per la realizzazione del palazzo della Camera dei deputati e dei senatori, il M. ottenne il secondo premio davanti allo stesso Mincu con un progetto contrassegnato dal motto "Patrie et travail"; due anni dopo conseguì il terzo premio nel concorso per la stazione ferroviaria centrale, nella quale volle interpretare la suggestione del viaggio coniugando la spazialità imponente delle terme romane alle soluzioni strutturali dell'architettura industriale.
La permanenza stabile in Romania ebbe inizio probabilmente nel 1893; dal febbraio dell'anno successivo il M. risulta retribuito dal Comune di Bucarest come architetto del servizio studi presso il dipartimento dei lavori tecnici, a capo del quale era un ingegnere italiano, B. Giulini (Zbîrnea). Nel corso della lunga parentesi balcanica il M. ottenne numerosissimi incarichi di notevole prestigio, molti dei quali nella capitale del Regno, ma anche in altre zone del Paese, cimentandosi con grande competenza nelle tipologie più disparate, dalle stazioni ferroviarie (Comanesti e Brusturoasa, già Elie Radu, entrambe in Moldavia, realizzate nel 1899 circa) ai mercati coperti (Hala Traian del 1896, nel ghetto della capitale), alle scuole (Mavrogheni, 1900), agli edifici di rappresentanza e alle residenze, nelle "quali l'aspetto eclettico convive a fianco di spunti revival, nei quali, però, il Neoromeno non è l'unica fonte d'ispirazione" (Giannantonio).
Tra le opere più significative si annoverano il progetto di sistemazione del polo culturale di Bucarest, il Forum Trajani (1896), nel quale due edifici gemelli da adibirsi rispettivamente a biblioteca e a museo andavano a definire, unitamente alla preesistente sede universitaria, uno spazio urbano marcato dai percorsi coperti dei portici, il fulcro del quale sarebbe stato costituito da una copia in bronzo della colonna Traiana, "perno visivo di accesso alla piazza" (Artibani, p. 35). Di poco posteriore, la casa di E. Radu (1898), un volume compatto al quale la sequenza dei piani aggettanti e l'apparato decorativo conferiscono una particolare valenza plastica. Il contemporaneo seminario ortodosso, ancora nella capitale, più articolato rispetto al precedente, è caratterizzato dal deciso contrasto delle partiture di pietra bianca sulla superficie di mattoni e, nel padiglione centrale, dalle grandi arcate a tutto sesto del secondo ordine, nelle quali il M. inserisce finestre di tipo classico conferendo loro una singolare connotazione spaziale grazie all'artificio delle specchiature lignee. Nella casa Demosthèn la particolare conformazione del lotto lo induce a optare non per la consueta corte interna, ma per un percorso che taglia il prospetto sulla Calea Victoriei, insinuandosi nell'edificio con andamento irregolare, definendo una "casa di case" costituita da "tre organismi che trovano unità per semplici accostamenti" (Artibani, p. 58).
Il M. fece definitivamente ritorno in Italia nei primi mesi del 1904.
Con una lettera del 2 marzo di quell'anno, informava il presidente dell'Accademia di S. Luca, G. Monteverde, di aver preso stabile dimora a Roma (Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 189, n. 27). Circa un anno dopo, alla morte di G. Monaldi, il consiglio accademico gli partecipò il passaggio da accademico corrispondente per la classe di architettura, quale era stato dal dicembre 1899, ad accademico residente (ibid., vol. 190, n. 23).
Il ritorno nella capitale vide il graduale reinserimento del M. in un ambito professionale ancora dominato da G. Podesti, T. Passarelli, P. Piacentini, C. Busiri Vici, nel quale si andavano affermando i giovani M. Piacentini, C. Bazzani, A. Brasini.
Dopo l'approvazione della legge Luzzatti (1903) e la nascita degli istituti per le case popolari, furono varate una serie di importanti iniziative pubbliche: è del 1905 l'intervento del M. nel quartiere popolare di Testaccio, ove in luogo della usuale maglia chiusa a scacchiera, propose nei lotti fra il Lungotevere e via Zabaglia uno schema a blocco aperto il quale, combinandosi con elementi appositamente arretrati a interrompere la continuità del fronte stradale, conferiva una permeabilità tra spazi interni ed esterni del tutto nuova.
Nel mese di maggio dello stesso anno redasse una proposta per la costruzione del palazzo del Parlamento, da collocarsi nella piazza Colonna nell'area rimasta libera a seguito della demolizione del palazzo Piombino: la soluzione, a detta del M. più conveniente e opportuna rispetto all'ampliamento - giudicato tecnicamente oneroso - del palazzo di Montecitorio, peraltro già in fase di attuazione su progetto di Basile, avrebbe consentito il completamento della piazza (G. Magni, Per la costruzione del palazzo del Parlamento in Roma. Proposta, Roma 1905, p. 3).
Un'interessante testimonianza dell'evoluzione del suo linguaggio sono una serie di opere romane realizzate per famiglie di spicco dell'ambiente culturale e imprenditoriale dell'epoca, come gli Almagià (per i quali il M. progettò anche un edificio in Alessandria d'Egitto nel 1905), i Pacelli, i Marignoli, i Gatteschi. Tra di esse sono notevoli il villino Pacelli (1906) sulla via Aurelia, e la villa Marignoli (1907), situata all'incrocio tra la via Po e il corso d'Italia.
Tra il 1911 e il 1913 il M. pubblicò i tre volumi dedicati a Il barocco a Roma nell'architettura e nella scultura decorativa (Roma-Torino), opera nella quale, rifacendosi agli studi dei tedeschi K. Escher, A. Riegl e H. Wölfflin e avvalendosi di un apparato iconografico, curato da P. Sansaini, unico per ricchezza e qualità di riproduzione, tornava a evidenziare "l'importanza di questo repertorio di forme, di archetipi e di modulazioni spaziali in riferimento al necessario rinnovamento della cultura del progetto contemporaneo" (Muratore, in Artibani, p. 8: del M. si ricorda anche L'architettura nelle moderne abitazioni di Roma, in L'Italia. Periodico artistico illustrato, III [1885], 9, pp. 147-151).
Numerosi i riconoscimenti ottenuti: membro di merito delle accademie dei Virtuosi al Pantheon e di Belle Arti di Perugia, fu insignito della commenda dell'Ordine della Corona di Romania (Scano). Dal 1912 al 1919 fu titolare della cattedra di architettura tecnica presso l'Istituto di belle arti della capitale; dal 1920 al 1927 fu docente di elementi costruttivi alla Scuola superiore di architettura istituita nel 1919, nella quale ebbe un ruolo attivo nella definizione degli indirizzi didattici (Scano).
Gli anni successivi al primo conflitto mondiale videro il M. impegnato nella sua opera più importante e prestigiosa, l'edificio del ministero della Marina al Flaminio.
Da molti considerato qualitativamente inferiore alle opere precedenti in specie per l'impianto prescelto, di matrice cinquecentesca e volutamente indifferente alle sperimentazioni linguistiche in atto in quel periodo, vi si riscontra la consueta attenzione al trattamento dei dettagli costruttivi e ornamentali, realizzati - è il caso della biblioteca centrale interna all'edificio - in forme zoomorfe o comunque legate all'ambiente marinaro.
Ancora di notevole interesse, tra le ultime sue realizzazioni, la facoltà teologica valdese in via P. Cossa (1921), ove la complessità del lotto portò il M. a escogitare una brillante soluzione progettuale nella quale le bucature a doppia altezza evidenziavano in prospetto il volume dell'aula magna; e la chiesa votiva della Regina Pacis a Ostia Nuova (1928 circa), raffinato repertorio di erudizione linguistica giocato ancora una volta sulla bicromia mattone-travertino.
Il M. morì a Roma il 16 febbr. 1930.
Una raccolta fotografica delle opere romene fu donata dal M. alla Biblioteca dell'Istituto di archeologia e storia dell'arte di Roma.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 162, nn. 155, 179, 180; Ibid., Disegni di architettura, nn. 1255-1261; Ibid., Fondo M., nn. 3078-3104; Ibid., G. Scano, Biografie degli accademici, dattiloscritto, ad vocem; Velletri, Biblioteca comunale, Fondo Giulio Magni; Roma, Arch. stor. Capitolino, Titolo 54, prot. 55716, 55719, 72522/1886; 6360, 7092, 69170/1887; 64852/1888; 18895/1890; 18836/1899; 73960/1906; 100478/1907; 66958/1908; Ibid., Ispettorato edilizio, prot. 1264 del 24 giugno 1887 e 2639 del 15 ott. 1887; 1220 del 9 apr. 1889; M. Piacentini, L'edilizia moderna: l'opera di Raimondo d'Aronco, in Emporium, XXXVII (1913), 220, pp. 243 s.; T. Passarelli, in R. Accademia di S. Luca, Annuario MCMXIV-MCMXXXI, Roma 1933, p. 167 (per Basilio); C. Ceschi, Le chiese di Roma dagli inizi del neoclassico al 1961, Bologna 1963, p. 175; P. Marconi - A. Cipriani - E. Valeriani, I disegni di architettura dell'Archivio storico dell'Accademia di S. Luca, Roma 1974, I, p. 50; II, p. 39; L. Belforti et al., Inventario del Fondo Magni, Velletri 1983; L. Toschi, L'edilizia popolare a Roma. G. M. e il quartiere Testaccio, in Avanti!, 5 sett. 1984, p. 9; Id., G. M. e la casa popolare a Roma, in Segno, 1985, n. 47, pp. 50-52; I. De Guttry, Guida di Roma moderna. Architettura dal 1870 ad oggi, Roma 1989, pp. 32, 73, 131; G. Strappa, Il ministero della Marina e l'opera architettonica di G. M., s.l. 1990; M. Artibani, G. M. 1859-1930. Opere e progetti, Roma 1999; R. Catini, I concorsi Poletti 1859-1938, Roma 1999, pp. 69, 106 s., 132; I. Zbîrnea, G. M.: i suoi progetti di architettura in Romania, Venezia 2001; Architetti e ingegneri italiani dal Levante al Magreb. 1848-1945. Repertorio biografico, bibliografico e archivistico, a cura di E. Godoli - M. Giacomelli, Firenze 2005, pp. 228 s.; R. Giannantonio, Eclettismo in Romania. Nascita di una nazione, in Architettura dell'eclettismo. La dimensione mondiale. Atti del Convegno, Jesi, 2002, a cura di L. Patetta - L. Mozzoni - S. Santini (in corso di pubblicazione).