NATTA, Giulio
NATTA, Giulio. – Nacque a Porto Maurizio (Imperia) il 26 febbraio 1903, figlio unico di Francesco Maria, magistrato, e di Elena Crespi.
Il padre proveniva da una famiglia di coltivatori diretti originaria di Ceriana (Imperia), mentre la madre era vedova di un medico inglese rinomato presso l’aristocrazia ligure, con il quale aveva avuto una figlia. Fu Elena Crespi a curare l’educazione del futuro premio Nobel sin dalla prima infanzia, insegnandogli a leggere già all’età di tre anni. Natta rimase sempre molto legato alla sua famiglia e ai luoghi della sua infanzia: a Ceriana, dove continuò a recarsi per rendere visita al padre e dove, nel 1989, fu scoperta in suo onore una lapide commemorativa, e a Sanremo, dove trascorse molte vacanze (lì nel 1963 ricevette la notizia del conferimento del Nobel, in una casa di via Bellotti Bon, dove anche è apposta una targa commemorativa).
Dopo aver compiuto gli studi medi al ginnasio-liceo Colombo di Genova, entrò, a soli 16 anni, all’Università della stessa città per seguire il biennio propedeutico di matematica. Nel 1921 si iscrisse al triennio del corso di laurea in ingegneria industriale (chimica) al Politecnico di Milano. Studente brillante, per soddisfare la grande passione per la chimica si costruì nella sua abitazione di via Rugabella a Milano un piccolo laboratorio, munito dell’attrezzatura essenziale alla sperimentazione. Nonostante l’impegno per lo studio, prendeva parte alla vita goliardica, partecipava alle feste studentesche e amava gli sport invernali.
Nel 1922 entrò come allievo interno nell’Istituto di chimica generale del Politecnico allora diretto da Giuseppe Bruni (che era stato allievo di Giacomo Ciamician e di Jacobus Henricus van’t Hoff) e vi si laureò nel 1924, diventando assistente di Bruni. Nello stesso anno, mentre adempiva gli obblighi di leva, condusse presso il Politecnico esperienze sull’iprite, un gas vescicante utilizzato nella prima guerra mondiale, sperimentandone le caratteristiche sulla pelle del proprio polso, che rimase per anni segnato da piccole cicatrici. In quel periodo, per seguire costantemente le sue ricerche, si era sistemato una branda in un laboratorio dell’Istituto di chimica generale. Nel 1925 gli venne conferito l’incarico di insegnamento di chimica analitica che tenne fino al 1932. Nel contempo, dal 1929 al 1933 tenne anche un corso di chimica fisica presso la facoltà di scienze dell’Università di Milano.
Nel 1935 sposò Rosita Beati, laureata in lettere, donna di vasta cultura e di grande sensibilità, che gli fu di valido aiuto nella carriera (fu lei a proporre i termini «isotattico» e «sindiotattico» per i polimeri scoperti dal marito), con le sue aperture verso il mondo esterno, necessarie per un uomo molto impegnato e di sua natura timido, come era Natta. Gli fu affettuosamente accanto quando, nel 1956, lo colpì il morbo di Parkinson, all’epoca difficilmente curabile. Dal matrimonio nacquero due figli, Franca e Giuseppe. Rosita morì nel 1968, lasciando un grande vuoto.
La carriera accademica di Natta fu rapida e brillante. Conseguita la libera docenza in chimica generale nel 1927, nel 1933 vinse il concorso alla cattedra di chimica generale dell’Università di Pavia. Nel 1935 venne chiamato a ricoprire la prestigiosa cattedra di chimica fisica dell’Università di Roma. Ma il clima romano, denso di impegni accademici e di contatti con l’ambiente politico, non si addiceva a Natta. Due anni dopo accettò con gioia la cattedra di chimica industriale offertagli dal Politecnico di Torino che più si confaceva ai suoi interessi scientifici. Nel 1938, dopo l’allontanamento di Mario Giacomo Levi a causa delle leggi razziali, fu chiamato alla cattedra di Chimica industriale del Politecnico di Milano, che onorò con il suo insegnamento e le sue ricerche per 35 anni, fino al 1973.
La sua attività scientifica si svolse quasi interamente presso il Politecnico di Milano, dapprima presso l’Istituto di chimica generale, successivamente, presso quello di chimica industriale da lui diretto. Pubblicò il primo lavoro scientifico, Sulla stabilità delle soluzioni dei cloriti alcalini, con Giorgio Renato Levi, quand’era ancora studente (Gazzetta Chimica Italiana, LIII [1923], 8, pp. 532-538). Si dedicò poi allo studio di strutture chimiche mediante i raggi X. In quegli anni acquistava importanza la diffrazione di raggi di elettroni, tecnica che per la prima volta in Italia veniva applicata alla risoluzione di problemi di natura chimica. Per approfondire tale tecnica, che ben si accoppiava con la diffrazione dei raggi X su cui lavorava da circa 10 anni, Natta ottenne nel 1932 un borsa di studio della Fondazione Volta, che sfruttò recandosi a Friburgo nei laboratori di Hugo Seemann, in cui venivano studiate e costruite le attrezzature necessarie per l’applicazione della diffrazione di elettroni. A Friburgo ebbe occasione di incontrare il futuro premio Nobel per la chimica (1953) Hermann Staudinger e i suoi collaboratori, che gli trasmisero l’entusiasmo per le sostanze macromolecolari. Natta intuì l’importanza delle idee di Staudinger e ritornato in Italia iniziò a studiare le sostanze polimeriche che aveva ricevuto da lui. Fu il primo contatto con i polimeri.
L’interesse di Natta per il campo degli alti polimeri è mostrato tra l’altro da un interessante rapporto sulle discussioni avvenute su tale argomento al Congresso internazionale di chimica di Madrid (Costituzione di alcuni polimeri elevati e struttura delle film sottili, in Trabajos del IX Congreso Internacional de Quimíca pura e aplicada, Madrid 1934) dove egli presentò i primi risultati delle sue ricerche sulla struttura degli alti polimeri mediante la diffrazione di raggi di elettroni veloci. È da tener presente che, all’epoca, le teorie di Staudinger sull’esistenza di macromolecole lineari nei polimeri naturali e sintetici erano ancora sottoposte a critiche da parte di numerosi scienziati, ancorati alle precedenti ipotesi sulla natura micellare delle sostanze polimeriche.
Oltre ai lavori di strutturistica su molecole semplici, colloidi e sostanze polimeriche, sin dal 1927 Natta iniziò ad affrontare temi aventi anche notevole interesse applicativo. Da Bruni aveva appreso e fatta sua la massima che «l’unica differenza tra i problemi teorici e quelli industriali è che questi erano assai più difficili, in quanto che per essi si doveva tener conto di molti fattori che potevano essere trascurati nei primi» (A. Quilico, in La chimica e l’industria, XXVIII [1946], p. 1). Sotto questo aspetto Natta era più vicino alla mentalità degli scienziati americani che a quella dei suoi colleghi europei. Il suo primo brevetto industriale, riguardante un «procedimento di preparazione sintetica di idrocarburi liquidi», risulta depositato il 12 aprile 1927 e concesso in Italia con il numero 257.990. Dopo di allora apparvero 617 suoi lavori scientifici o didattici (l’ultimo dei quali, datato 1979, anno della sua scomparsa: Polimeri, con I. Pasquon, in Enciclopedia Europea Garzanti, 1979, pp. 121-128) e un numero impressionante di brevetti, raggruppabili in 333 ‘famiglie’, che diedero luogo alla concessione, in svariati paesi, di oltre 4000 brevetti industriali depositati tra il 1927 e il 1974.
A differenza della maggior parte degli altri premi Nobel per la chimica, Natta non fu uno ‘specialista’. La sua produzione scientifica fu vastissima e spaziò in vari campi: dalla strutturistica chimica, alla sintesi di nuovi composti inorganici, alla catalisi eterogenea e alla cinetica di varie reazioni, alla chimica dell’ossido di carbonio, alla gassificazione del carbone, a processi di idrogenazione, alla realizzazione di nuovi metodi di separazione di miscele gassose, allo studio di originali metodi di sintesi di nuove classi di composti metallorganici, fino alla sintesi di nuovi elastomeri e alla scoperta della polimerizzazione stereospecifica. Ma questa apparentemente eclettica produzione ha importanti caratteristiche comuni. In primo luogo l’originalità degli argomenti scelti, grazie al suo intuito eccezionale e alla sua ampia preparazione scientifica. Sapeva cogliere nei risultati ottenuti da altri autori aspetti importanti, spesso di carattere applicativo, che agli stessi autori erano sfuggiti. Avendo poi sempre presenti alcune caratteristiche essenziali dell’industria chimica, sapeva individuare nuove applicazioni pratiche. Una seconda caratteristica fu il rigore scientifico con il quale affrontava i problemi, anche assai complessi, che lo portava a razionalizzare e a quantificare, ove possibile, i fenomeni osservati.
Un altro singolare aspetto accomuna diverse linee di ricerca di Natta: sono ancora oggi di grande attualità. La crisi petrolifera ha rinnovato l’interesse per la chimica dell’ossido di carbonio e la gassificazione del carbone condotta con ossigeno e per la preparazione di derivati chimici a partire da prodotti di origine vegetale. La messa a punto di catalizzatori sempre più selettivi consente di ridurre al minimo i prodotti secondari indesiderati da smaltire, con vantaggi sul piano ecologico. La strutturistica chimica diventa sempre più un metodo di studio essenziale per il progresso dei più avanzati settori della chimica. Le materie plastiche si vanno sempre più affermando nel campo dei materiali.
Non è possibile illustrare in questa sede, se non a grandi linee, i contributi originali apportati da Natta nei diversi campi di cui si occupò. I primi lavori nel campo della strutturistica interessarono, oltre a sostanze polimeriche, ossidi, idrossidi, arseniuri, cianuri, cloruri, solfuri, cloriti, spinelli, leghe e complessi di diversi metalli, e furono pubblicati dal 1923 al 1937.
Il primo importante contributo apportato all’industria chimica e alla catalisi eterogenea riguarda la sintesi ad alta pressione del metanolo, a partire da ossido di carbonio e idrogeno, con l’ausilio di catalizzatori eterogenei da lui stesso messi a punto, accuratamente studiati e brevettati, indipendentemente dall’imponente numero di brevetti ottenuti dalla BASF, una delle maggiori industrie chimiche tedesche. Le sue ricerche in questo campo, iniziate nel 1926 e proseguite fino al 1955, con lo studio dettagliato e unico nel suo genere della cinetica della reazione, trovarono applicazione a partire dagli anni Trenta nella realizzazione di diversi impianti in Italia e all’estero, per una capacità, all’epoca non trascurabile, di circa 13.000 t/anno ciascuno. Ricerche simili furono poi estese alla sintesi catalitica ad alta pressione di alcoli superiori. Agli anni Trenta risalgono anche le indagini sulla gassificazione con ossigeno di combustibili nazionali, effettuate con un gassogeno sperimentale da lui installato presso l’Istituto di chimica industriale del Politecnico. Anche i risultati di questa ricerca furono largamente applicati in diversi gassogeni industriali, ciascuno avente una potenzialità di 50.000 m3/giorno di gas, utilizzati (in tempo di autarchia) per la preparazione di fertilizzanti, di carburanti e di esplosivi. Ancora agli inizi degli anni Trenta, Natta avviava i suoi studi sulla preparazione della formaldeide mediante ossidazione del metanolo che negli anni successivi avrebbe portato alla messa a punto di nuovi catalizzatori, applicati poi su scala industriale. Sul finire degli anni Trenta e negli anni Quaranta si dedicò alla sintesi dell’isottano e all’idrogenazione di carboidrati, argomento allora di interesse, anche per ragioni di autarchia, pervenendo alla messa a punto di nuovi processi per la produzione di glicoli e di glicerina coperti da brevetti.
Agli anni Quaranta e Cinquanta risalgono lo studio delle reazioni successive e i lavori per la messa a punto di nuovi processi per la produzione del butadiene e lo studio e la realizzazione di un metodo del tutto originale per il frazionamento di miscele di idrocarburi a quattro atomi di carbonio che, per la prima volta, consentiva di separare butadiene a elevata purezza, necessario per la preparazione delle gomme sintetiche. Fu grazie a questi suoi contributi e alla sua diretta collaborazione che, durante l’ultima guerra mondiale, fu possibile produrre gomma sintetica anche in Italia.
Un ulteriore settore di attività, di notevole interesse e di grande attualità a partire dagli anni Quaranta riguardò le reazioni di oxosintesi e similari (idrocarbonilazione di substrati insaturi) applicate a olefine e acetilene che ebbero risvolti applicativi in Italia e portarono, fra l’altro, alla sintesi dell’acido succinico a partire da acetilene, ossido di carbonio e acqua (a 300 atm), applicata in Svizzera in un impianto semi-scala interamente costruito presso l’Istituto di chimica industriale del Politecnico. Le ricerche in questo settore furono accompagnate dallo studio dei meccanismi e della cinetica della reazione e dei sistemi catalitici, costituiti da composti metallo-carbonilici, fino alla sintesi del primo metallo-carbonile paramagnetico. Da ricordare ancora lo studio di alti polimeri e di miscele di liquidi con l’ausilio di ultrasuoni e le ricerche sulla polimerizzazione radicalica di monomeri vinilici.
Parte di queste attività (sintesi del metanolo e della formaldeide, reazioni di oxosintesi) vennero effettuate nell’ambito di rapporti che Natta manteneva con l’allora Montecatini. Al periodo 1948-1960 risalgono anche collaborazioni con Industrie chimiche dr. Baslini, Bomprini Parodi Delfini, Oronzio De Nora, Deutsche Gold- und Silber Scheideanstal Vormals Roessler A.G. e Lonza Elektrizitätswerke und Chemische Fabriken A.G.
La produzione scientifica di Natta fin qui ricordata, nonostante la sua importanza su scala internazionale, sembra una semplice premessa a quello che fu il suo capolavoro, per il quale nel 1963 fu insignito del premio Nobel per la chimica, insieme a Karl Ziegler: la scoperta della polimerizzazione stereospecifica e, come conseguenza, di una classe interamente nuova di composti macromolecolari cristallini di grandissimo interesse sia scientifico sia applicativo.
Natta ebbe la prima intuizione di questa sua scoperta nel 1952, quando venne a conoscenza degli studi sulla polimerizzazione dell’etilene e sulla dimerizzazione delle alfa-olefine in presenza di composti alluminio alchilici compiuti da Ziegler al Max-Planck-Institut für Kohlenforschung di Mülheim (cfr. Angewandte Chemie, 64 [1952], p. 323). Fu colpito dal fatto che i polietileni ottenuti da Ziegler erano perfettamente lineari e che in presenza di catalizzatori organometallici era possibile ottenere solo un dato dimero di ogni alfa-olefina, mentre i catalizzatori cationici utilizzati in precedenza davano luogo a miscele complesse di isomeri aventi diverse strutture. Poco dopo Ziegler scoprì che aggiungendo titanio tetracloruro all’alluminio alchile si ottenevano polietileni lineari ad altissimo peso molecolare. Questa sintesi che consentiva di ottenere polietilene lineare a bassa pressione e a temperatura ambiente ebbe una grande eco e trovò immediata e vastissima applicazione industriale. Grazie alle sue conoscenze sulla catalisi Natta attribuì questo risultato all’attivazione catalitica della molecola di etilene da parte del composto di titanio e intuì che tale effetto si doveva verificare anche sul propilene e le altre alfa-olefine le quali, in presenza dei soli composti allumino-alchilici davano luogo a dimeri e non a polimeri. Natta provò quindi a polimerizzare il propilene con il catalizzatore di Ziegler (allumino-alchile + titanio tetracloruro) ottenendo, nel marzo 1954, una piccola quantità di polimero di aspetto gommoso, ma non omogeneo. Il prodotto così ottenuto, sottoposto a successive estrazioni con solventi aventi temperature di ebollizione via via crescenti, lasciò come ultimo residuo una polvere bianca che, immediatamente studiata da Natta con le tecniche diffrattometriche a lui ben note, risultò essere un prodotto cristallino. Dopo pochi giorni, l’11 marzo 1954, veniva individuata e definita la struttura del polipropilene isotattico.
È da ricordare che nei polimeri notevole importanza assume il tipo di concatenamento delle unità monomeriche lungo le catene polimeriche. Le macromolecole che costituiscono i polimeri dei monomeri vinilici, quali il propilene e tutte le alfa-olefine superiori, lo stirene, il cloruro di vinile ecc., possono infatti essere interessate da fenomeni di isomeria di posizione e di isomeria sterica. Si hanno fenomeni di isomeria di posizione in quanto i monomeri vinilici – a differenza dell’etilene – essendo asimmetrici, possono dare luogo a macromolecole nelle quali le unità monometriche sono tutte concatenate testa-coda (regolarità chimica), oppure testa-testa e coda-coda. L’isomeria sterica è conseguenza del fatto che l’apertura del doppio legame che unisce i due atomi di carbonio centrali del monomero vinilico (nel nostro caso, il propilene) è accompagnata dalla rotazione dei legami e dà luogo all’una o all’altra di due possibili unità monometriche che sono l’una immagine speculare dell’altra (unità monometriche ‘enantiomorfe’). All’atto della polimerizzazione l’unione testa-coda di unità tutte dello stesso tipo fornisce un polimero definito da Natta «stereoregolare isotattico», mentre l’unione testa-coda di unità alternativamente di un tipo e dell’altro fornisce un polimero «stereoregolare sindiotattico». Questi polimeri prendono il nome di polimeri tattici, o stereoregolari, mentre quelli nei quali le unità monometriche si succedono in modo stericamente disordinato prendono il nome di polimeri atattici. A titolo di semplice esplicazione, un polimero lineare tattico può essere paragonato a un catena di tanti identici gemelli che si tengono per mano in modo casuale e con i piedi spostati, in avanti o indietro in modo casuale, mentre il paragone con il polimero stereoregolare è rappresentato dagli stessi gemelli che si tengono per mano in modo ordinato (mano destra di uno nella mano sinistra dell’altro: concatenamento testa-coda) e porgono tutti in avanti lo stesso piede (destro o sinistro: ordinamento isotattico) o, alternativamente, l’uno il piede destro e il vicino il piede sinistro (ordinamento sindiotattico). Per queste ragioni il tipo di polimerizzazione scoperto da Natta ha preso il nome di «polimerizzazione stereospecifica». Fenomeni più complessi si hanno in monomeri etilenici disostituiti su ciascuno degli atomi di carbonio adiacenti al doppio legame, nel qual caso l’apertura del doppio legame può dare luogo a quattro diverse unità monometriche e, di conseguenza, a polimeri aventi diversi tipi di stereoregolarità (denominati da Natta «treo-diisotattici», «eritreo-diisotattici» e «disindiotattici»).
Una situazione ancora diversa si ha nel caso delle dilefine coniugate, la più semplice delle quali è il butadiene. Nel corso della polimerizzazione questo monomero può dar luogo a tre tipi di unità monometriche dalle quali sono ottenibili quattro tipi di polimeri: polibutadiene 1,2-isotattico; polibutadiene 1,2-sindiotattico; polibutadiene 1,4-cis, la cui struttura è simile a quella della gomma naturale; polibutadiene 1,4-trans, la cui struttura è simile a quella della guttaperca, o balata. Un numero ancora maggiore di tipi di unità monometriche è ottenibile dalle olefine coniugate mono o polisostituite, nelle quali cioè uno o più atomi di idrogeno presenti nella molecola del butadiene sono sostituiti da uno o più gruppi tra loro diversi.
Prima della scoperta di Natta polimeri stereoregolari si trovavano soltanto in natura (per esempio gomma naturale, amido, cellulosa, proteine). Il tipo di regolarità (o di irregolarità) concernente il concatenamento delle unità monometriche condiziona in modo determinante le proprietà del polimero. Al differente tipo di regolarità sterica sono dovute le rilevanti differenze che si riscontrano, per esempio, tra il cotone e l’amido che sono entrambi polimeri dello stesso monomero (glucosio). Allo stato solido le macromolecole stereoregolari possono cristallizzare, dando luogo a una conformazione elicoidale che, nel caso del polipropilene, ha simmetria ternaria.
Il primo brevetto sul polipropilene («polimeri ad alto peso molecolare del propilene e procedimento per la loro preparazione»), depositato in Italia dalla Montecatini l’8 giugno 1954, a nome Giulio Natta, Piero Pino e Giorgio Mazzanti, e concesso il 17 novembre 1955 con il numero 535.712, fu poi esteso in diversi paesi, Stati Uniti inclusi, ove la concessione, particolarmente laboriosa, diede luogo al brevetto numero 3,112,300, dal titolo «isotactic polypropylene» depositato il 9 dicembre 1957 e concesso il 26 novembre 1963, con priorità italiana 8 giugno 1954. Natta comunicò per la prima volta i risultati delle sue ricerche in una seduta dell’Accademia dei Lincei alla fine del 1954, pubblicati poi con il titolo Una nuova classe di polimeri di α-olefine aventi eccezionale regolarità di struttura, in Atti Acc. Naz. Lincei, Mem., s. 8, IV (1955), pp. 61-71.
L’originario catalizzatore di Ziegler non presentava alcun interesse pratico per la polimerizzazione del propilene. Natta pensò allora di sostituire il titanio tetracloruro (liquido) con il titanio tricloruro, un solido cristallino. Il nuovo catalizzatore consentì subito di ottenere rese relativamente elevate in polipropilene isotattico ed è con questo catalizzatore che, già nel 1957, venne avviato a Ferrara il primo impianto industriale per la produzione di 20.000 t/anno di polipropilene. La sostanza trovò presto importanti applicazioni per la preparazione di materie plastiche, fibre e pellicole sottili, grazie alle sue peculiarità: carico di rottura di 3-4 kg/mm2, temperatura di fusione di circa 170°C, densità inferiore a quella dell’acqua.
La scoperta di Natta ebbe subito una vasta eco nel mondo scientifico e industriale. In una lettera indirizzata a Natta il 21 gennaio 1955, Paul Flory, uno dei massimi cultori della scienza dei polimeri, premio Nobel per la chimica nel 1975, scrisse, tra l’altro: «The results disclosed in your manuscript are of extraordinary interest; perhaps one should call them revolutionary in significance. The possibilities opened by such asymmetric polymerizations are of utmost importance. I am sure». Nel 1961 il Journal of polymer science, una delle più quotate riviste nel campo, dedicò un numero (vol. 51, issue 156, June 1961) a Natta, chiamato «the father of stereoregular polymers». Nel suo discorso di prammatica alla cerimonia di consegna del premio Nobel, il 10 dicembre 1963, Arne Fredga, membro del comitato Nobel per la chimica dell’Accademia reale delle scienze svedesi ebbe a dire: «Nature synthetizes many stereoregular polymers, for example cellulose and rubber. This ability has so far been thought to be a monopoly of Nature operating with biocatalysts known as enzymes. But now Professor Natta has broken this monopoly [...] Professor Natta, you have succeeded in preparing by a new method macromolecules having a spatially regular structure. The scientific and technical consequences of your discovery are immense and cannot even now be fully estimated».
Non è possibile delineare in poche pagine l’ampiezza delle ricerche svolte da Natta e dalla sua scuola nel campo della polimerizzazione stereospecifica. Ci si deve limitare a riportare un semplice elenco dei temi affrontati negli anni che vanno dal 1955 al 1971 (negli anni successivi, fino al 1979, le pubblicazioni che portano il nome di Natta riguardano rassegne, monografie e testi didattici) presso l’Istituto di chimica industriale del Politecnico di Milano: sintesi di oltre 130 tipi di nuovi polimeri, caratterizzazione della struttura allo stato cristallino e determinazione di talune proprietà chimico-fisiche e meccaniche di decine di questi; preparazione, studio e caratterizzazione di sistemi catalitici costituiti da un composto metallo di transizione e da un composto metallorganico (catalizzatori Ziegler-Natta), oppure da soli composti metallorganici, scoperti e messi a punto per la sintesi dei vari polimeri; studi sui meccanismi e sulla cinetica di diverse polimerizzazioni; sintesi di polimeri politattici; sintesi asimmetriche; sintesi di copolimeri poliolefinici a distribuzione statistica e loro applicazione per la preparazione di elastomeri saturi; sintesi di copolimeri cristallini alternanti; preparazione e caratterizzazione di elastomeri saturi e insaturi e di fibre; polimeri a innesto; polimeri stereoregolari ottenuti da composti di inclusione; impiego di polimeri in campo farmacologico; applicazione di tecniche spettroscopiche (IR [Infrared], NMRr [Nuclear Magnetic Resonance], ESR [Electron Spin Resonance], Raman), radiochimiche e analitiche varie allo studio di polimeri, monomeri, sistemi catalitici e loro componenti e complessi vari.
L’importanza sul piano commerciale delle scoperte di Natta si evince dal fatto che la produzione mondiale delle varie tipologie di polipropilene ammonta a circa 50 milioni di t/anno. Si stima che il valore economico del polipropilene, sempre a livello mondiale, si collochi, tra tutti i prodotti chimici di sintesi che hanno un nome, al secondo posto – assieme all’ammoniaca – dopo i polietileni e prima di altri prodotti quali l’acido solforico, i polimeri dello stirene, del cloruro di vinile, il nylon ecc. Dal canto loro il polibutadiene 1,4 cis e i copolimeri a base di etilene e propilene (gomme EPDM) occupano, a livello mondiale, in termini di produzione e valore commerciale, rispettivamente il secondo e il terzo posto tra gli elastomeri sintetici, dopo le gomme stirene-butadiene (SBR), preparate già prima delle seconda guerra mondiale. Per queste diverse ragioni e da un’analisi dettagliata e approfondita delle possibilità offerte dalla chimica industriale, si può affermare che quella di Natta è stata l’ultima grande scoperta – in particolare in termini di importanza economica – ancora possibile nel campo della chimica industriale organica tradizionale.
Ci si può chiedere in quale modo risultati tanto significativi si siano potuti ottenere in così poco tempo. Un fattore determinante va senza dubbio ricercato nella personalità di Natta, nella sua profonda preparazione in vari settori della chimica, nelle sue geniali intuizioni e al suo fervore lavorativo. Dopo un’intensa giornata passata in Istituto, di sera, dopo cena, spesso continuava a discutere di lavoro con qualche suo collaboratore nella sua casa di via Mario Pagano 54, ove ora lo ricorda una targa. Lo stesso accadeva di frequente nei giorni festivi e durante le vacanze presso una delle sue case di villeggiatura. Inoltre seguiva direttamente le attività dei diversi centri di ricerca della Montecatini e manteneva stretti e continui rapporti – anche con scambi di visite – con personalità scientifiche italiane e straniere e con le maggiori industrie chimiche mondiali, come testimonia una mole impressionante di corrispondenza e di documenti vari conservati nel suo archivio. Ma tutto questo non è sufficiente per sviluppare ricerche in un campo del tutto nuovo, considerando anche l’interdisciplinarietà che le caratterizzava e la necessità di applicazione di metodiche e di tecniche di indagine di svariata natura. Servivano mezzi e una ‘scuola’. Per quanto concerne la messa a disposizione dei mezzi economici e delle apparecchiature, il merito va riconosciuto all’allora Montecatini, nella persona dell’amministratore delegato dell’epoca, ing. Piero Giustiniani. Nel 1955 la scuola di Natta era costituita da una quindicina tra i suoi assistenti e ricercatori della Montecatini, per la maggior parte molto giovani.
Natta, oltre che un grande scienziato, fu anche un grande maestro. Seppe creare in Italia una delle più prestigiose scuole di ingegneria chimica moderna. Sin dal suo ritorno a Milano nel 1938-39 impostò l’insegnamento di chimica industriale su basi radicalmente nuove: anziché limitarsi a illustrare i processi dell’industria chimica, come era allora era tradizione, basò il suo insegnamento sulla presentazione e l’applicazione dei fondamenti chimici, chimico-fisici e tecnologici necessari per capire la logica seguita nella realizzazione dei processi e degli impianti chimici. In tale modo dava ai giovani allievi la formazione e gli strumenti necessari per affrontare le molteplici attività dell’industria chimica e il suo evolvere. Fin che il suo stato di salute glielo consentì, preparò sempre con cura le sue lezioni, tanto da chiedere di non essere disturbato prima di entrare in aula.
Pur essendo molto assorbito dalle sue attività era aperto ai problemi della società (cfr. Le progrès scientifique et la condition humaine, in Impact, Science et Société, XXII, 4 [1972], p. 325-329). Era peraltro timido e riservato. Sapeva mantenere con tutti rapporti sinceramente umani, anche se mascherati da un apparente distacco dovuto a timidezza. Sapeva incutere rispetto senza mai alzare la voce, non dava ordini né ai collaboratori né agli studenti, ma solo consigli e suggerimenti; per tutti era ‘il Professore’. Non di meno seppe coordinare, con tatto garbato e con grande fermezza, l’attività dei diversi gruppi di ricerca, ciascuno con le proprie competenze specialistiche, accettandone le diverse personalità. Amava la natura, il silenzioso riposo della pesca, le lunghe passeggiate nei boschi alla ricerca di funghi, dei quali era esperto conoscitore.
Passò gli ultimi anni della sua vita a Bergamo, accanto alla figlia. Lì morì il 2 maggio 1979, per l’acuirsi della malattia che lo affliggeva, dopo anni di sofferenza sopportata con grande forza d’animo.
Natta fu socio nazionale dell’Accademia dei Lincei; membro effettivo dell’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere; socio dell’Accademia delle scienze di Torino; membro dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti; membro onorario a vita della New York Academy of Sciences (1960); membro onorario della: Società chimica belga (medaglia d’oro Stas, 1962); Società chimica austriaca; Società chimica svizzera (1963); Società chimico-fisica francese (medaglia d’oro Perrin, 1963); Società chimica dì Francia (medaglia d’oro Lavoisier, 1963); Académie des sciences de l’Institut de France (1964); Accademia internazionale di astronautica di Parigi (1965); Accademia delle scienze di Mosca (1966); Società di chimica industriale di Parigi (1966). Ebbe lauree honoris causa dall’Università di Torino (1962); dalla facoltà di scienze naturali dell’Università Johannes Gutenberg di Magonza, Germania (1963); dal Politecnico di Brooklyn, New York (1964); dall’Università di Genova (1964); dall’Università cattolica di Lovanio, Belgio (1965). I principali premi e medaglie ottenuti, oltre al Nobel, sono: Premio ministeriale dell’Accademia nazionale dei Lincei; Premio reale dell’Accademia nazionale dei Lincei (1943); Medaglia d’oro del Comune di Milano come cittadino benemerito (1960); Medaglia d’oro del presidente della Repubblica come benemerito della scuola della cultura e dell’arte (1961); Medaglia d’oro International Synthetic Rubber conferitagli da Rubber & Plastics Age (1961); Medaglia d’oro della Provincia di Milano come benemerito della Provincia (1962); Fronda d’oro della Liguria (1962); Medaglia d’oro della Society of Plastics Engineers di New York (International Award in Plastics Science and Engineering) (1963); Medaglia Perkin della Society of Dyers and Colourist inglese (1963); John Scott Award del board of directors del City trust di Filadelfia (1963); Medaglia Exposition nationale suisse, Losanna (1964); Medaglia Lomonosov sovietica (1969).
Opere: le più importanti pubblicazioni di Natta apparse fino al 1963 sono elencate nella Nobel Lecture (From the stereospecific polymerization to the autocatalityc asymmetric synthesis of macromolecules, in Nobel Lectures, Chemistry 1963-1970, Amsterdam 1972, pp. 27-60; rist. in Science, CXLI [1965], n. 3655, pp. 261-271; Chimica e Industria, XLVI [1964], pp. 397-426). L’elenco completo delle sue opere (brevetti inclusi) si trova sul sito internet www.giulionatta.it. Di seguito viene riportata solo una selezione di testi didattici e di monografie scientifiche che trattano dei più importanti temi di ricerca affrontati: Chimica analitica, con A. Ferrari, I, Chimica analitica generale, qualitativa, Milano 1932; II, Analisi chimica dei prodotti industriali, ibid. 1934; Hochdruckoperationen, in Der Chemie-ingenieur: ein Handbuch der physikalischen Arbeitsmethoden in chemischen und verwandten Industrie betrieben, con A. Eucken - M. Jackob, Leipzig 1939; Gasificazione di combustibili italiani e produzione sintetica di carburanti liquidi dal gas d’acqua, in I combustibili nazionali ed il loro impiego, Torino 1939; Lezioni di chimica industriale, p.te 1, Generale inorganica; p.te 2, Organica, Milano 1942, II ed., ibid. 1944; Synthesis of methanol, in Catalysis, III, a cura di P.H. Emmett, New York 1955, pp. 349-411; Die Mischkontakte, con R. Rigamonti, in Handbuch der Katalyse, V, Wien 1957, pp. 412-743; Direct catalytic synthesis of higher alcohols from carbon monoxide and hydrogen, con U. Colombo - I. Pasquon, in Catalysis, V, a cura di P.H. Emmett, New York, 1957, pp. 131-174; The kinetics of the stereospecific polymerization of alpha-olefins, con I. Pasquon, in Advances in catalysis, XI, New York-London, 1959, pp. 1-66; Polypropylen, Äthylen, alpha-Olefin Copolymere, isotaktisches Polybuten, in Ullmans Enzyklopädie der technischen Chemie, XIV, 1963, pp. 164-181; Principi della chimica industriale, I, Applicazioni della termodinamica alle reazioni della grande industria, con I. Pasquon, Milano 1966; Stereochimica. Molecole in 3D, con M. Farina, ibid. 1968; Metal carbonyls: preparation, structure and properties, con F. Calderazzo - R. Ercoli, in Organic synthesis via metal carbonyls, I, a cura di I. Wender - P. Pino, New York 1968, pp. 1-272; L’origine dell’attività ottica, con M. Farina, in Enciclopedia Scienza e Tecnica, Milano 1969, pp. 293-300; Elastomers by coordinated anionic mechanism, in The polymer chemistry of synthetic elastomers, II, New York 1969: A. Diene elastomers, con L. Porri, pp. 597-679; B. Ethylene-propylene rubbers, con A. Valvassori - G. Sartori, pp. 680-702; C. Elastomers from cyclic olefins, con G. Dall’Asta, pp. 703-726; Stereochemistry, con M. Farina, London 1972; Principi della chimica industriale, II, Catalisi e cinetica applicate alle reazioni dell’industria chimica. Reattori industriali, con I. Pasquon - P. Centola, Milano 1978.
Fonti e Bibl.:The stereochemistry of macromolecules, a cura di A.D. Ketly, New York 1967; I. Pasquon - L. Porri, Stereoregular polimerization, in MTP International review of Science, VIII, Macromolecular science, a cura di C.E.H. Bawn, London 1972, pp. 159-198; Commemorazione di G. N., a cura di P. Pino, in Rend. Acc. Naz. Lincei, s. 8, LXVIII (1980), pp. 230-264; G. N., present significance of his scientific contribution, a cura di S. Carrà et al., Milano 1982; I. Pasquon - U. Giannini, Catalytic olefin polymerization, in Catalysis science and technology, a cura di R. Anderson - M. Boudart, New York, 1984, pp. 65-159; I. Pasquon - L. Porri - U. Giannini, Stereoregular linear polymers, in Encyclopedia of polymer science and engineering, XV, II ed., New York 1989, pp. 630-764; G. N. e l’industria chimica, a cura di I. Pasquon, in Rivista milanese di economia, serie quaderni n. 17, vol. II, Il Politecnico di Milano nella storia italiana (1914-1963), Milano 1989, pp. 461-487; G. N., Nobel Politecnico, in Politecnico, 7, ottobre 2003; L. Porri, in La chimica. Una risorsa per la qualità della vita, Terza Giornata della Chimica, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei - Fondazione Guido Donegani, 2003, pp. 41-72; Convegno nel centenario della nascita di G. N. (Roma, 12-13 marzo 2003), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei - Fondazione Guido Donegani, 2004.