TADOLINI, Giulio
Nacque a Roma il 22 ottobre 1849 da Scipione e da Matilde Azzurri. Figlio d’arte (erano scultori sia il padre sia il nonno Adamo Tadolini), Giulio fu l’unico dei fratelli (Paolo, Enrico, Luigi ed Elvira) a continuare la tradizione familiare.
Predilesse inizialmente la pittura, e dopo l’istituto di belle arti continuò a studiare con Cesare Fracassini, il quale lo ritrasse nei Martiri Gorcomiensi (1867, Pinacoteca Vaticana), nelle vesti del ragazzo che regge la scala (De Cesare, 1907). Dopo la prematura morte del maestro frequentò lo studio di Mariano Fortuny, dedicandosi alla pittura di genere e orientalista, con soggetti come il Maestro di ballo, del 1871 (Errera, 1920), o L’odalisca con pappagallo (due versioni, datate 1873 e 1874, sono in collezioni private a Roma).
Per favorire tale esercizio, intrapreso anche dal fratello Paolo, nel 1873 Giulio chiese il permesso (approvato) di costruire degli studi di pittura nel cortile dell’edificio ereditato dal nonno Adamo, in via dei Greci n. 10, dove la famiglia abitava (Roma, Archivio Capitolino, Comune moderno, Commissioni, vol. 3, p. 302). Nel contempo esordì alla Società amatori e cultori delle belle arti, nel 1871, con una Medaglia rappresentante un ritratto (Trastulli, 2003, p. 659), fino ad orientarsi, dalla metà degli anni Settanta, sempre più verso la scultura.
Le prima statua di Giulio nota in letteratura è Cleopatra davanti a Cesare, firmata e datata 1875, esattamente come l’acerba Schiava venduta di recente a Londra (Christie’s, 29 novembre 2016), probabilmente la medesima opera, ispirata a quella del padre Scipione, di uguale data. Anche per un’altra scultura di Giulio, Rebecca (1884), il precedente iconografico della movenza del braccio risale alla Schiava greca del padre; tali opere dimostrano la sua formazione nella bottega di famiglia, con la sempre più sapiente modellazione delle grazie femminili, di ascendenza neoclassica, ma virata verso i soggetti orientali.
Allo stesso genere è possibile accostare La pompeiana dopo il bagno, con cui Giulio partecipò all’Esposizione universale di Parigi nel 1878, comprata dal marchese Juan de la Puente y Sotomayor, ma più volte replicata dall’autore. Spesso detta L’odalisca, è stata identificata con Paolina Borghese nella versione in Inghilterra (Pauline, 1881, Birkenhead, Williamson Art Gallery & Museum).
Drammatico, invece, il gruppo della Madre pompeiana che fugge, dedicato alle celebrazioni del XVIII centenario dell’eruzione di Pompei (L’Illustrazione Italiana, 1879), e dall’espressività intensa la Giuditta del 1881 (Pittsfield, Mass., Berkshire Museum), molto ricercata nella posa e nelle vesti.
Due busti bronzei dai caratteri nordafricani furono portati da Giulio all’Esposizione di Milano del 1881, Donna orientale e Uomo orientale, che, insieme al busto di Cecilia Metella (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), esposto a Roma nel 1883, dimostrano il passaggio di stile verso il realismo. All’esposizione romana Tadolini portò anche un busto bronzeo della Regina Margherita e l’allegoria Fides, che insieme alla Carità avrebbero ornato il tempietto della famiglia Gandara, nel cimitero di S. Isidro a Madrid (Navascués Palacio, 1979), con un Angelo di Giulio Monteverde al suo interno.
Ancora due busti esotici, Marocchino e Nubiano, furono esposti prima a Monaco nel 1883 e poi a Torino nel 1884.
Negli stessi tempi Tadolini si sposò con Anna Maria Rivalta (Comune di Roma, Matrimoni, 21 ottobre 1883, n. 1959) e si trasferì in via del Corso, dove il 6 settembre 1884 nacque il figlio Enrico (Nati, 1884, n. 1544), continuatore della dinastia di scultori Tadolini, mentre il fratello Scipione, nato il 27 gennaio 1899 (1899, n. 410), divenne architetto.
Nel 1883, inoltre, Giulio scolpì il busto di Napoleone Primoli (Roma, Museo napoleonico) e realizzò il modello per il busto bronzeo di Raffaello, dall’originale secentesco di Paolo Naldini, posto sulla tomba al Pantheon in occasione del centenario della nascita dell’Urbinate (Genovese, 2015).
Preminente fu in Tadolini l’attività ritrattistica; negli anni Ottanta-Novanta eseguì i busti di Giuseppe Beltrani (1885, gesso, Trani, palazzo Beltrani) e di Giuseppe Massari (1885, bronzo, Bari, piazza IV Novembre) e l’erma marmorea di Bartolomeo Borghesi, inaugurata in Campidoglio il 27 gennaio 1888 (Roma, Archivio Capitolino, Uff. VI, tit. 59.c). I busti in gesso della principessa Anna Maria Torlonia e del barone Antonio de Marmol furono donati al Museo di Roma da Enrico Tadolini, insieme ad altre opere del padre, tra le quali il bozzetto per la statua del Cardinale Antonio Agliardi e un busto della Regina Margherita del 1911. Tra le personalità del nuovo Stato italiano realizzò i busti dei ministri della Pubblica Istruzione, Guido Baccelli nel 1895 (bronzo; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), replicato dal figlio Enrico (1919, marmo; Roma, Museo di Roma), e Ruggero Bonghi nel 1899 (marmo; Roma, Collegio romano).
Nel 1886 Giulio vinse il concorso per il Monumento a Vittorio Emanuele II, fuso in bronzo da Alessandro Nelli e inaugurato in piazza Italia a Perugia nel 1890 (Hufschmidt, 1996, pp. 237-239). Già nel 1877 aveva ideato un monumento da porre a Roma in piazza Esedra (L’Illustrazione Italiana, 1877), ma la soluzione realizzata più tardi fu molto diversa e la statua equestre, posta su un semplice parallelepipedo anziché su una roccia forata alludente al Fréjus, perse il suo slancio romantico, assumendo una forza più contenuta.
Assurto a scultore di monumenti nazionali, nel 1890 il Comitato di Fratellanza artigiana gli affidò il progetto di una memoria al bersagliere Giacomo Pagliari, nella piazza antistante a Porta Pia, che per la sua grandiosità e dispendiosità però non fu mai realizzata (Cardano, 2011).
Dal nonno Adamo Tadolini, Giulio ereditò il titolo di patrizio di San Marino, come annota nei ricordi di Adamo stesso da lui pubblicati (Ricordi, 1900, p. 190), e come lui fu incaricato di realizzare una statua del protettore della città, S. Marino (1891, bronzo), posta sull’angolo esterno del palazzo pubblico (Dizionario bibliografico, 1898) e concepita in armonia con lo stile gotico dell’edificio. All’interno dello stesso palazzo si trovano altre sue opere: due busti in bronzo della Regina Margherita e del Re Umberto I (Bertoni - Zucconi, 1995), e il busto in marmo dell’architetto Francesco Azzurri, fratello della madre, posto sotto il portico.
Dei reali d’Italia scolpì diversi ritratti; una statuetta equestre di Umberto I fu destinata al palazzo del Quirinale (1893), innovativa nel modellato sintetico; una statua e un busto del re in uniforme furono eseguiti per palazzo Valentini (1902), sede del Consiglio della Provincia. Anche della regina Margherita scolpì ritratti a figura intera e a mezza figura (Hufschmidt, 1996, pp. 223-233), non solo su modello fotografico, ma anche con sedute dal vivo (Roux, 1901; Lizzani, 1942, p. 12).
L’alta posizione sociale raggiunta da Tadolini si evince pure dai vari titoli di cui fu insignito. Nel 1894, quando divenne membro onorario del Consiglio araldico di Francia (Annuaire, 1894), era già socio dei Virtuosi al Pantheon (1879) e dell’Accademia di belle arti di Perugia, cavaliere di S. Gregorio e commendatore della Corona d’Italia. Nel 1895, invece, fu eletto socio dell’Accademia di S. Luca, dove ricoprì la carica di presidente nel biennio 1909-10.
Interprete dei sentimenti apologetici del periodo umbertino, sul finire del secolo realizzò i monumenti ad Antonio Scialoja (1895), in piazza dei Martiri a Procida, e al ministro Silvio Spaventa (1897), in via Cernaia a Roma, davanti al Ministero delle Finanze (L’Illustrazione Italiana, 1898), abbinato a quello di Quintino Sella, di Ettore Ferrari. Tutte queste opere sono in qualche modo legate tra loro: nel 1893 anche Giulio aveva partecipato al concorso per il tributo a Sella, ideando una figura che poi riadattò nel monumento a Scialoja, voluto da un comitato presieduto da Spaventa.
Sempre in ambito onorario realizzò l’imponente monumento al presidente argentino Dalmacio Vélez Sarsfield, a Córdoba (Argentina), la cui statua (1892) si erge su un alto piedistallo ornato da bassorilievi, corrispondenti a quattro colossali gruppi allegorici (1893), di fattura classicheggiante, simboli di Giustizia, Legge, Finanza e Politica. L’incarico, risalente al 1889, subì un’interruzione dovuta alla crisi bancaria del 1890, che impedì a Tadolini di liquidare le rate al fonditore Nelli; l’opera fu spedita a più riprese dal porto di Genova e infine inaugurata nel 1897 (Bordese, 2017).
Il monumento Sarsfield lo rese celebre nelle nazioni sudamericane, con le quali ebbe sempre proficui rapporti, e dove inviò varie opere (Kambo, 1924), come il busto del generale Julio Roca a Buenos Aires; i monumenti funebri di José Echeverin, del ministro Juan de Campillo e della Famiglia del Viso a Córdoba (A. Rodríguez, Artes plàsticas en la Cordóba del siglo XIX, Cordóba (Argentina) 1992, p. 297) e della Famiglia Guzmán a Città del Messico, con le allegorie della Speranza e della Carità. Sempre in Messico giunsero la figura orante dell’arcivescovo José María Ignacio Montes de Oca (alla quale s’ispirò il figlio Enrico per il monumento del Cardinale Pietro Gasparri in S. Lorenzo in Lucina a Roma), e il gruppo dell’Assunzione della Madonna con angeli, che troneggia nel coro della cattedrale di Oaxaca (Velasco Pérez, 1982).
Le opere funerarie occuparono un posto di rilievo nella produzione di Tadolini lungo tutto l’arco della sua attività. Tra le commissioni private spicca l’Angelo del Giudizio per la tomba Lovatelli al Verano (Roma, Archivio Capitolino, Titolo 61, 1884), che risente dell’influenza di Monteverde. Nello stesso cimitero romano si trovano il monumento della famiglia Cordero (1901), con un altro Angelo sorretto da una nuvola, e quello per la famiglia Novelli, oltre ai due busti dello zio Francesco Azzurri e della moglie Terenzia Negroni. Il ritratto dell'architetto Azzurri, una cui versione in marmo fu donata alla Repubblica di San Marino nel 1903, presenta una notevole differenza d'età rispetto alla consorte, essendo morta molti anni prima di lui (Comune di Roma, Morti, 7 luglio 1901, n. 1989).
Per il marchese Felice Guglielmi, Tadolini scolpì un monumento nella cappella di famiglia a Civitavecchia (chiesa della Morte) con l’allegoria dell’Agricoltura (1897), un tipo di figura delicata e armoniosa di cui era specialista. Nello stesso stile classicheggiante è il gruppo bronzeo con l’Allegoria del Risparmio, da lui donato alla Cassa di Risparmio di Roma (1904), di cui la famiglia Tadolini era socia fin dalla sua fondazione, nel 1836, con Adamo (Trastulli, 2003).
Il monumento funebre di maggior prestigio fu quello di Leone XIII nella basilica di S. Giovanni in Laterano (1906-07), in cui Giulio si dimostra erede della grande tradizione barocca, nelle animate figure allegoriche alla base e nel ritratto vivo e palpitante del pontefice che giganteggia sopra i fedeli. Alla stessa tendenza appartengono le due statue della Sapienza e dell’Abbondanza, nella cappella di S. Gaetano da Thiene in S. Andrea della Valle a Roma (Ferrara, 1997, p. 28).
Magistrale l’effetto dinamico nel Genio dell’aviazione (gesso nello Studio museo Tadolini), con il quale Giulio partecipò all’Esposizione internazionale di Roma del 1911: la sua potente energia sembra nascere da una riflessione sul David berniniano. L’innovativo slancio orizzontale della figura protesa in avanti fu sviluppato dal figlio Enrico nel monumento del pilota Arrigo Saltini, al Verano, nelle forme ormai futuriste degli anni Venti del secolo.
Negli ultimi anni di attività non mancarono ritratti più tradizionali, come il busto del principe Alfonso Doria Pamphilj, ordinatogli nel 1915 dall’Istituto di Previdenza Sociale (Roma, sede) per onorare il proprio presidente; oppure, nel 1916, la statua del Cardinale Domenico Ferrata, per la cappella nel cimitero di Gradoli (La cultura moderna, 1916-1917).
Tra le ultime opere di Giulio vi furono cinque statue: tre Santi nelle nicchie centrali e due Angeli sugli angoli per la facciata di nuova costruzione della chiesa dell’Immacolata a Macerata, inaugurata il 5 agosto 1917 (Spadoni, 1918, p. 117); oltre al gruppo di Notre-Dame Liberatrice, posto sopra l’altare maggiore di Notre-Dame di Montligeon, in Francia, incarico ricevuto dall’abate Paul Boguet, quando questi venne a Roma nel 1917, ma inaugurato dopo la morte dello scultore, nel 1919.
Tadolini morì il 15 aprile 1918, nella casa in via Sistina n. 14 (Comune di Roma, Morti, 1918, n. 1046).
L’Illustrazione Italiana, IV (1877), 14, pp. 212, 215; ibid., VI (1879), 42, p. 241; Annuaire du Conseil héraldique de France, Paris 1894, p. LVI; L'Illustrazione Italiana, XXV (1898), 18, pp. 313 s.; Dizionario bibliografico iconografico della Repubblica di San Marino..., Parigi 1898, pp. 265, 269; Ricordi autobiografici di Adamo Tadolini scultore (vissuto dal 1788 al 1868), pubblicati dal nepote G., Roma 1900; O. Roux, La prima Regina d’Italia..., Milano 1901, pp. 374, 428; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, Roma 1907, p. 214; La cultura moderna, XXVI (1916-1917), 12, p. 645; G. Spadoni, L’architetto Giuseppe Rossi e la sua chiesa monumentale all’Immacolata in Macerata, in Arte e storia, XX (1918), 4, pp. 114-119; I. Errera, Répertoire des peintures datées, Paris 1920, p. 816; S. Kambo, Arte italiana nell’America Latina: l’opera scultoria dei Tadolini, in Le vie d’Italia e dell’America latina, XXX (1924), pp. 1078-1088; M. Lizzani, I Tadolini, in L’Urbe, VII (1942), 5, pp. 6-14; P. Navascués Palacio, Puerta del ángel y sacramentales, in Madrid, I, Madrid 1979, p. 311; C. Velasco Pérez, La conquista armada y espiritual de la Nueva Antequera, Ciudad de Mexico 1982, p. 140; A. Bertoni - G. Zucconi, Un palazzo medievale dell’Ottocento: architettura, arte e letteratura nel Palazzo Pubblico di San Marino, Roma 1995, p. 110; T.F. Hufschmidt, T.: Adamo. Scipione. G. Enrico..., Roma 1996; D. Ferrara, Sant’Andrea della Valle, in Roma sacra, III (1997), 10, pp. 19-30; P.E. Trastulli, L’Allegoria del risparmio, gruppo in bronzo dello scultore G.T. a Palazzo Cipolla, in Strenna dei romanisti, LXIV (2003), pp. 649-661; N. Cardano, Il Monumento al Bersagliere e la celebrazione della Breccia di Porta Pia, in Bollettino dei Musei Comunali di Roma, n.s., XXV (2011), pp. 27-54; C. Beltrami, L’Antonio Scialoja a Procida: un monumento di G. T., in Il restauro del monumento ad Antonio Scialoja, Quarto (NA) 2012, pp. 31-34; L.R. Pastore, G. T. scultore del busto di Giuseppe Beltrani al palazzo delle arti Beltrani Pinacoteca Ivo Scaringi, Bari 2012; A.L. Genovese, La tomba del divino Raffaello, Roma 2015, p. 124; F.G. Bordese, Monumento y plaza al Dr. Dalmacio Vélez Sársfield a 120 anos de su inauguración, Córdoba 2017.