Giunone (Giuno; Iuno; Iunone)
Figlia di Saturno e di Rea, fu considerata regina degli dei in quanto consorte di Giove (che le era altresì fratello); è versione latina della greca Era. Al servizio di G. era commessa Iride, figlia di Taumante, svolgente funzioni soprattutto di messaggera (cfr. Pd XII 10-12, XXVIII 32).
Fu tra le divinità più onorate della mitologia greco-latina, essendo ritenuta protettrice della casa, dei matrimoni e dei parti. La tradizione mitologico-letteraria, fin da Omero, la presenta concordemente come dea orgogliosa e vendicativa, moglie gelosa e furente per i continui tradimenti coniugali del suo consorte. Di qui le persecuzioni contro le molte donne amate da Giove e contro i figli che ne nacquero: in particolare, contro Io, che ella trasformò in giovenca e fece custodire da Argo; contro la tebana Semele, che al dio generò Bacco, e le sue sorelle Agave e Ino; contro Latona, madre di Apollo e Diana; contro Ercole, figlio di Alcmena. Amata da Issione re dei Lapiti, l'ingannò offrendogli una nuvola sotto sembianza di sé (donde nacquero i centauri). Fu fieramente avversa ai Troiani, essendo stata la sua bellezza posposta da Paride a quella di Venere; e parteggiò perciò apertamente per l'esercito greco. Persino Enea - giusta il racconto virgiliano - ebbe, per quell'avversione, a dolersi della sua ira.
Il carattere particolare della gelosa coniuge di Giove, così squisitamente umano (tanto diverso dalla figurazione cristiana della Regina del Cielo: per questo G. si attirò le ironiche frecciate di s. Agostino), rese particolarmente difficile una giustificazione in chiave cristiana di G. (laddove altre divinità pagane, come Apollo, Giove, Minerva, poterono invece essere identificate dalla cultura medievale nel Dio cristiano o in suoi attributi). D. nelle opere minori la nomina solo due volte (qui preferendo la forma nominativale luno): in Vn XXV 9, dove adduce Aen. I 65 e 76-77 (G. parla a Eolo re dei venti) per esemplificare la dichiarazione che nel linguaggio poetico si usa far parlare le cose inanimate, e in Cv II IV 6, per spiegare l'avvenuta divinizzazione da parte dei pagani di concetti astratti (tra questi, Iuno, la quale dissero dea di potenza; Giuno anche nella '21, mentre la Simonelli legge Giove, lo quale dissono deo di potenza): " forme e nature universali " che Platone più perspicuamente chiamò idee. Non a caso dunque nel poema sacro questa divinità - che, oltretutto, contrariamente alla ferma convinzione del poeta circa la provvidenzialità del viaggio di Enea, egli sapeva essere stata nemica de li Troiani (Vn XXV 9) - non trova posto se non nel rapido ricordo erudito del suo odio contra 'l sangue tebano (If XXX 1-3) a cagione della rivale Semele e, implicitamente, nell'allusione al rifugio trovato da Latona nell'isola di Delo (Pg XX 130-132): l'uno e l'altra tratti dalle Metamorfosi ovidiane. Per ‛ Iuno infera ', regina del Tartaro, v. PROSERPINA.