DAMA, Giuoco della (fr. dames; sp. damas; ted. Damenspiel, Dame; ingl. draughts, negli Stati Uniti checkers)
Il gioco della dama si svolge su una scacchiera di 64 o di 100 caselle (dama "alla polacca"), tra due avversarî che dispongono ciascuno di dodici o venti pedine bianche o nere. Vince chi è riuscito a prendere tutti i pezzi dell'avversario, o a bloccarli in modo che non possano più muoversi.
Cenni storici. - L'origine del giuoco della dama non si può dire ben precisata; è sicuro, però, che gli Egizî, i Greci e i Romani conobbero giuochi simili. La πεττεία dei Greci, da cui probabilmente derivarono i latrunculi dei Romani, si svolgeva anch'essa con pedine (πεττοί) sopra una tavola divisa in un certo numero di caselle. Quanto alle regole del giuoco (cfr. Poll., IX, 97; Polib., Hist., I, 84; Plat., Resp., VI, p. 487 c) esse hanno dato luogo a discussioni e a contestazioni contradditorie, su cui non giova soffermarsi. I latrunculi (nome classico delle pedine, altrimenti dette calces o calculi) si giocavano sopra una tabula latruncularia (Sen., Epist., 117), divisa in un numero imprecisato di caselle, da due avversarî aventi a disposizione pedine (forse 30 per parte) bianche o nere (cfr. Sen., Epist., 106,11;117,30; Mart., XIV, 17 segg.; Ov., Ars am., II, 207,4; III, 357 segg.; Trist., II, 477 segg.; De laude Pis., 178 segg.). Sui movimenti delle pedine vi è incertezza: sappiamo però (Isid., Orig., XVIII, 67) che i pezzi di una come dell'altra parte si distinguevano in ordinarii e vagi, e si muovevano in modo diverso (partim ordine moventur, partim vage), il che ha fatto anche supporre, con discutibile fondamento, un'analogia dei latrunculi col giuoco degli scacchi; perdeva la partita chi era ridotto senza pezzi o senza mossa (ad incitas redactus).
Protrattosi nel primo Medioevo, il giuoco romano si fuse verso il sec. IX con giuochi simili venuti d'Oriente (particolarmente col giuoco degli scacchi orientale o shaţrang) e si propagò dappertutto in Europa, sotto varie denominazioni e assumendo regole poco dissimili; il nome di dama non gli venne che più tardi, e una delle prime menzioni se ne trova in una traduzione inglese (Ferumbras) del Roman de la Rose (1382). Il nome più comune era quello di tavole. In Italia il primo accenno a un giuoco di dame (ludus dominarum) si trova in un ms., probabilmente del sec. XVI (Ludus latrunculorum), che si conserva nella Biblioteca comunale di Perugia; più tardi (1718) lo si nomina nella Fiera del Buonarroti.
Il primo trattato sistematico sulla dama è quello di A. Torquemada (El Ingenio ó juego de marro, de punto ó damas, Valenza 1547), a cui seguirono quelli di P.R. Montero (El juego de las Damas, vulgarmente nombrato el Marro, Valenza 1591), di L. Valls (1597), di J.G. Canalejas (1650), di J.C. Garcéz (1684), ecc. Le regole del giuoco alla francese, sostituito poi nella stessa Francia da quello alla polacca, furono primamente esposte da P. Mallet (Le jeu de dames à la française, 1668). Seguirono i volumi del Laclef (1736), del Manoury (1787) e di altri sul giuoco alla polacca, cui fu pure interamente dedicato il trattato del Van Embden (Verhamdeling over het Damspel, Amsterdam 1785). In Inghilterra le opere di W. Payne (An introduction to the game of draughts, Londra 1756) e di J. Sturges (1800) stabilirono le prime regole del giuoco all'inglese. In Italia vigono essenzialmente le regole del giuoco inglese, con alcune modificazioni.
Il giuoco italiano. - Come risulta dalla fig.1, la dama italiana si gioca con 12 pedine per parte (bianche e nere) sopra una scacchiera di 64 caselle, disposta in modo che ogni giocatore abbia in basso alla propria destra una casella nera. Le pedine si dispongono in tre file di quattro nelle caselle nere, che per la trascrizione delle mosse si segnano con i numeri da 1 a 32. Le mosse s'indicano scrivendo prima il numero della casella in cui si trova il pezzo che deve muovere, e poi quello della casella in cui si pone.
Le regole del giuoco sono le seguenti: 1. le pedine si muovono ad una ad una sulle caselle nere in senso trasversale passando dall'una all'altra, e di un solo tratto per volta, sempre in avanti; 2. in apertura di giuoco il tratto spetta sempre ai bianchi: nelle partite successive i colori delle pedine e il tratto si alternano, per la prima volta si sorteggiano; 3. quando un pezzo si trova a contatto con un altro avverso che dietro di sé abbia una casella vuota, lo prende scavalcandolo, e passa nella casella vuota; dopo la presa, se trova davanti a sé ancora un altro pezzo nelle stesse condizioni, lo prende ugualmente col medesimo tratto, e cosi di seguito; 4. quando la pedina raggiunge le caselle dell'ultima linea diventa dama, e per distinguerla le si sovrappone un'altra pedina; il tratto col quale la pedina diventa dama s'intende compiuto, e se trova un pezzo in presa essa potrà prenderlo al tratto successivo; 5. la dama muove e prende come la pedina ma può anche retrocedere, la dama prende dame e pedine, la pedina prende solo le pedine; 6. la legge fondamentale del giuoco è l'obbligo di prendere: il giocatore cui spetti non vi si può rifiutare, ma è in facoltà dell'avversario - se non preferisce obbligarlo a prendere - di portar via ("soffiare") egli stesso il pezzo col quale non ha preso o ha preso male; in tal caso prima si soffia e poi si muove; il mancato soffio non dà luogo ad altra sanzione; 7. è obbligatorio prendere il maggior numero di pezzi col pezzo maggiore e di dare, a parità di pezzi, la preferenza alla dama; quindi quando si ha in presa al tempo stesso: a) 1 dama e i pedina, bisogna prendere la dama (preferenza al pezzo maggiore); b) 2 o più pedine e i dama, bisogna prendere le pedine (preferenza al maggior numero); c) 2 o più pedine con la pedina ed altrettante con la dama, bisogna prendere con la dama (preferenza al pezzo maggiore); d) 1 dama e 1 pedina oppure 1 pedina e i dama, bisogna prendere dal lato dove si trova prima la dama (preferenza al pezzo maggiore); e) 2 dame e 1 pedina oppure 1 dama, i pedina e 1 dama, bisogna prendere dal lato dove sono avanti le 2 dame (preferenza al pezzo maggiore); 8. a un punto qualunque della partita, di solito nei finali, si possono chiedere le 50 mosse - come negli scacchi - cioè obbligare l'avversario a vincere in questo numero di tratti o a dichiarar patta la partita; se nel corso delle 50 mosse si prende un pezzo o si fa dama si ricomincia a contare: questa sanzione si applica solo per evitare lungaggini e non ha lo scopo di favorire il giocatore in discapito, ma piuttosto quello di conservare in una giusta misura il vantaggio dell'altro; ridurre il numero delle 50 mosse sarebbe quindi contrario allo spirito di questa legge; 9. il tempo massimo per ogni mossa è di 5 minuti, se non si conviene di farne 20 in un'ora (tempo medio con l'orologio); 10. pezzo toccato pezzo giocato; 11. nel giuoco moderno le aperture (prima mossa dei bianchi e prima mossa dei neri) si sorteggiano; le aperture che risultano dalla combinazione delle prime sette mosse reciproche sono 49, ma da queste si escludono 21-18 9-13 e 22-18 9-13, le quali producono la perdita di un pezzo nero. Tutte le altre si considerano alla pari ad eccezione delle seguenti: 21-18 11-14; 22-18 11-14; 23-20 11-15; 24-20 11-15 le quali in qualche modo tornano un po' a discapito dei neri, e nei tornei generalmente si escludono; 12. il giuoco consiste nel ridurre l'avversario senza pezzi o senza mossa cioè nell'eliminare o bloccare tutti i pezzi avversi. La vittoria per blocco o chiusura, che corrisponde allo stallo degli scacchi, benché con diverso risultato, era caratteristica del giuoco romano dei latrunculi; nella dama moderna il blocco per chiusura è forma rara e secondaria di vittoria: ma può dar luogo a combinazioni brillanti. Sia, ad es., la posizione della fig. 2.
I bianchi muovono e vincono.
Soluzione: 26-22 17-26; 28-23 20-27; 22-18 13-22; 6-11 8-12; 11-15 1-5 (a); 15-8 5-10; 8-12 10-14; 12-15 14-19; 15-20 19-23; 20-24 23-28; 24-20 28-32; 20-23 32-28; 23-32 e i neri perdono perché pur avendo 4 pezzi non ne possono muovere alcuno. La variante (a) darebbe: 12-16; 15-20 1-5; 20-15 5-10; 15-20 10-14; 20-23 14-19; 23-14 16-20; 14-19 20-24; 19-23 24-28; 23-32, con ugual risultato.
Quando nessuno dei due giocatori riesce a vincere per eliminazione o per blocco dei pezzi avversarî, la partita si dichiara patta.
Una norma generale per muovere i pezzi con uno scopo è data dalla cosiddetta "teoria del triangolo". Il triangolo è formato dai pezzi centrali 2.3.4. .6.7.11 per i neri e 22.26.27. .29.30.31 per i bianchi. La teoria è questa: è buona regola lasciar ferme, specialmente nelle aperture, le pedine che formano questi triangoli, e muovere a preferenza quelle laterali. Non si abbia timore di sdamare nell'angolo, perché questo lato della scacchiera è il più forte e ben presidiato. S'intende che questa è una regola per principianti e che non bisogna seguirla ciecamente e a tutti i costi. Lo scopo è di sviluppare i pezzi secondo un piano razionale di progressione metodica e ordinata, ma sarebbe un errore proporsi, in linea assoluta, lo sviluppo a ogni costo dei soli pezzi laterali e l'incunearsi poi con questi nelle linee avverse. Bisogna anche considerare il giuoco dell'avversario, il quale potrebbe esser diretto a favorire questo piano per tentare poi una manovra di accerchiamento, la morsa: ad esempio, 23-20 12-15; 28-23 10-14; 20-16 5-10 (a): 23-20 1-5; 32-28 14-19 (a); 21-18 10-14; 25-21 5-10; 27-23 8-12; 31-27: ecco i neri completamente accerchiati, la loro posizione è disperata; seguitano: 2-5; 29-25 4-8; 21-17 14-21; 23-14 10-19; 25-18 e i bianchi vincono. Ai tratti (a) la mossa giusta per eludere la morsa era il cambio 14-18.
Questa stessa manovra di accerchiamento si può anche svolgere in contromossa, ma è più difficile e rischiosa. Es.: 23-19 10-13; 21-18 5-10; 28-23 13-17; 32-28 10-13; 25-21? (tratto debole, la mossa corretta è 19-14) 1-5; 19-14 12-15; 23-19 8-12; 28-23 6-10; 31-28 2-6; 29-25 4-8; 23-20 12-16, e i neri vincono.
Un'altra regola di grande importanza, specie nei finali, è fornita dalla mossa favorevole, detta più semplicemente la mossa. Avere la mossa vuol dire avere la possibilità di chiudere i pezzi avversi. L'idea più semplice della mossa è data da una coppia pari col tratto: una coppia è pari quando le caselle che separano i due pezzi contrarî sono in numero pari (2.4.6.0.). Esempio: D.B.32, D.N.1, tratto al B.: le due dame sono separate da 6 caselle (5. 10.14.19.23.28.); il B. muove e vince. Quando ci sono più coppie per avere la mossa bisogna che una sia pari e tutte le altre dispari. Esempio: D. B. 18 24, D. N. 31 32, tratto al B.: la coppia 18-31 è pari, l'altra è dispari: il B. m. e v. 18-22 32-28; 22-19 28-32; 19-23. Col muovere la mossa non subisce modificazione: uno o cento tratti la lasciano invariata; chi l'ha la conserva, chi non l'ha non l'acquista. Soltanto il cambio può in alcuni casi spostarla, farla cioè passare da colui che l'ha a colui che non l'ha: in generale quando si ha la mossa col cambio a volte si perde e a volte no, si perde quando la propria coppia (pezzi dello stesso colore) è pari, si conserva se è dispari; quando invece non si ha la mossa, col cambio si acquista sempre, senza eccezione.
L'indirizzo del giuoco moderno tende ad evitare le posizioni coinvolte, che risultano dall'aggruppamento di troppi pezzi, e preferisce quindi chiarire, semplificare, sfollare la scacchiera. Le mosse sui tiri di apertura, le vecchie partite complicate e difficili, sono bandite dalla teoria moderna, anche perché col sistema in uso delle aperture sorteggiate, non è sempre in facoltà del giocatore impostare le partite che preferisce.
Lo sviluppo raggiunto dal giuoco della dama in Europa e negli Stati Uniti d'America è vasto; anche in Italia, in questi ultimi anni si sono raggiunti risultati notevoli, specie per quel che riguarda il lato problemistico.
Giuochi analoghi alla dama. - Sulla scacchiera che serve alla dama possono svolgersi, oltre a quello degli scacchi (v.), giuochi analoghi di minore importanza.
Il vinciperdi consiste in una partita nella quale è obbligatorio prendere: vince chi per primo resta senza pezzi.
L'alma, o giuoco del salto, si svolge sopra un tavoliere di dama quattro volte più grande di quello italiano normale, cioè di 256 caselle, bianche e nere. Ciascun angolo del campo ha una linea spezzata che ne segna il limite e comprende 19 caselle sulle quali si dispongono le 19 pedine assegnate a ciascun giocatore. Si può perciò giuocare in due, in tre, in quattro persone, avendo le pedine colori diversi. Ciascun giocatore copre con le proprie pedine il campo che gli sta a sinistra; quindi si fa a chi deve cominciare la partita, e questa consiste nel trasportare le proprie pedine nell'angolo o campo opposto mediante salti sulle pedine avversarie, le quali offrano successivamente una casella vuota, bianca o nera, altrimenti si passa solo da una a un'altra casella contigua libera. Le pedine possono saltare in avanti, indietro e lateralmente, sempreché i vuoti lo consentano. Le pedine saltano di casella in casella dello stesso colore di quella da cui partirono. I giocatori fanno a turno una mossa e il giocatore che solleva una pedina è obbligato a muoverla a meno che le circostanti pedine non lo impediscano. Le pedine saltate non si "mangiano" e restano nel giuoco. Per giocare con probabilità di vittoria occorre formare le scale, disporre cioè le proprie pedine in modo da fare avanzare sollecitamente quelle retrostanti, affinché procedano il più lontano possibile verso l'angolo o campo che dovranno occupare. Quando, però, le pedine contrarie si sono serrate tutte le une sulle altre, conviene retrocedere, o manovrare in modo da trasportarle alle ali, onde sia possibile l'avanzata delle proprie trattenendo abilmente quelle contrarie. La difficoltà maggiore consiste nel disporre le proprie pedine che entrano nel campo in modo da sollecitarne il collocamento normale.
Il go o go-bang è un giuoco giapponese che esige grande pazienza. Si gioca sopra una scacchiera che conta 400 caselle e vi partecipano da due a quattro giocatori, ciascuno dei quali dispone di cento pedine di colore diverso da quelle altrui. Ogni giocatore, a turno, colloca una pedina sopra una casella libera. Vince quegli che riesce a collocare per primo cinque pedine in cinque caselle consecutive orizzontali, verticali o diagonali.
Bibl.: Per il giuoco nell'antichità greco-romana cfr. Daremberg e Saglio, Dict. des ant. grecques et romaines, III, ii, p. 992 segg., art. Latrunculi; Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, i, col. 980 segg., art. Latrunculorum ludus (con ampie citaz. bibliogr.); J. Christie, An inquiry into the ancient Greek game supposed to have been invented by Palamedes, Londra 1801; L. Becq de Fouquières, Les jeux des anciens, Parigi 1869, p. 422 segg.; inoltre v.: C. Mancini, Giuoco della dama all'uso italiano, Firenze 1930; M.A. Lanci, Trattato teorico-pratico del giuoco della dama, Roma 1837, voll. 2; D. Forbes, History of chess, Londra 1860; G. Balédent, Le damier, Parigi 1882-86; voll. 3. F.J. Bolzé, Théorie du damier, Lione 1901; L. Avigliano, La dama nel giuoco moderno, Milano 1927.