Abstract
La voce esamina la problematica dell’ambito di estensione della giurisdizione ordinaria alle controversie in cui sia coinvolta un’amministrazione pubblica. A tal fine, dopo una breve ricostruzione storica dell’evoluzione del sistema di riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, verrà esaminato l’attuale criterio generale di attribuzione delle controversie al giudice ordinario e, avvalendosi anche della più rilevante casistica normativa e giurisprudenziale, verranno analizzati le principali materie e i principali giudizi riguardanti le amministrazioni pubbliche che ricadono nella giurisdizione ordinaria.
Prima dell’unificazione politica dell’Italia, in molti Stati italiani esistevano organi del contenzioso amministrativo, mentre il giudice ordinario conosceva delle liti tra cittadino e pubblica amministrazione in cui quest’ultima agiva iure privatorum.
All’indomani dell’unità d’Italia, l’ampio dibattito sulla questione se conservare o meno gli organi del contenzioso amministrativo, sfociò, con la l. 20.3.1865, n. 2248, all. E, nella loro abolizione, con conseguente devoluzione al giudice ordinario di tutte le liti tra cittadino e pubblica amministrazione, sempre che riguardassero “diritti soggettivi”.
In particolare, la l. n. 2248/1865, nella logica della giurisdizione unica:
- abolì i tribunali speciali del contenzioso amministrativo, tanto in materia civile che penale;
- conservò taluni giudici speciali del contenzioso amministrativo e, segnatamente, la Corte dei conti e il Consiglio di Stato;
- attribuì al giudice ordinario tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie in cui si faccia questione di un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa (art. 2);
- limitò, tuttavia, nelle liti tra cittadino e p.a., il potere di cognizione e di decisione dei giudici ordinari, stabilendo che «quando la contestazione cade sopra un diritto che si pretende leso da un atto dell’autorità amministrativa, i tribunali si limiteranno a conoscere degli effetti dell’atto stesso in relazione all’oggetto dedotto in giudizio» (art. 4, co. 1) e che «l’atto amministrativo non potrà essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti autorità amministrative, le quali si conformeranno al giudicato dei tribunali in quanto riguarda il caso deciso» (art. 4, co. 2);
- attribuì ai giudici ordinari il potere di “disapplicazione”, stabilendo che «in questo caso (cioè quello dell’art. 4, co. 2), come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali in quanto siano conformi alle leggi» (art. 5);
- attribuì “gli affari” non devoluti al giudice ordinario «alle autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreto motivato, previo parere dei consigli amministrativi che per diversi casi siano dalle leggi stabiliti» (art. 3, co. 2), ammettendo contro tali decreti il ricorso gerarchico amministrativo (art. 3, co. 2).
A seguito della l. n. 2248/1865 rimasero, tuttavia, privi di tutela giurisdizionale una serie di “interessi” del cittadino nei confronti dell’agire amministrativo, che non avevano consistenza di diritti soggettivi.
Si trattava dei c.d. altri “affari” per i quali, come visto, era prevista solo una tutela mediante ricorso amministrativo.
Per assicurare tutela a tali “interessi”, fu istituita, con la l. 31.3.1889, n. 5992, la IV sezione del Consiglio di Stato.
Nel sistema introdotto nel 1889, il Consiglio di Stato conosceva degli atti amministrativi affetti da vizi di illegittimità, individuati nella tipologia dell’incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge, aventi ad oggetto un interesse di individui o enti morali, se i ricorsi non fossero di competenza del giudice ordinario e sempre che non si trattasse di materia attribuita ad altri giudici speciali.
Secondo l’elaborazione giurisprudenziale, a fronte di atti amministrativi, ancorché illegittimi, perché frutto del cattivo uso di potere, i diritti soggettivi “degradano” ad interessi legittimi, e vanno tutelati davanti al giudice amministrativo (c.d. teoria della degradazione).
Se, tuttavia, l’atto amministrativo è addirittura emesso in “carenza di potere”, lo stesso non è idoneo a degradare il diritto ad interesse legittimo, sicché, nel permanere di una situazione soggettiva di diritto, la tutela giurisdizionale è accordata dal giudice ordinario.
A tale sistema generale di riparto di giurisdizione si contrappone un altro criterio, non previsto come generale, ma che sta sempre più prendendo piede nella recente legislazione, che è quello del riparto di giurisdizione per c.d. “blocchi di materie”.
Vale a dire che intere materie sono attribuite per legge al giudice ordinario o al giudice amministrativo, a prescindere dal tipo di situazione soggettiva lesa.
Per i blocchi di materie attribuite al giudice amministrativo si parla di “giurisdizione esclusiva”.
Il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e altri giudici (segnatamente quelli amministrativi) attiene ai c.d. limiti esterni della giurisdizione del giudice ordinario.
La Costituzione vigente conferma l’assetto ad esso anteriore.
Dopo aver previsto la magistratura ordinaria (art. 102), contempla il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa, a cui attribuisce giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi (art. 103, co. 1).
Aggiunge che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizione dei diritti e degli interessi legittimi, dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa (art. 113, co. 1).
La Costituzione conferma, dunque, il sistema binario interessi legittimi – diritti soggettivi, configurando il giudice amministrativo quale giudice naturale degli interessi legittimi e quello ordinario quale giudice naturale dei diritti soggettivi (artt. 103, co. 1 e 113 co. 1).
Conferma, inoltre, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, laddove prevede che questo conosce anche dei diritti soggettivi, ma la conferma quale giurisdizione speciale, limitata a materie particolari, che devono essere indicate dalla legge (art. 103, co. 1).
Sicché, il giudice amministrativo, ha una “giurisdizione generale di legittimità” sui provvedimenti amministrativi autoritativi, lesivi di interessi legittimi; e ha una “giurisdizione esclusiva”, speciale, estesa ai diritti soggettivi nella materie particolari indicate dalla legge ordinaria (C. cost., 5.7.2004, n. 204; C. cost., 3.5.2006, n. 191).
La Costituzione demanda alla legge ordinaria l’individuazione del giudice che ha il potere di annullare gli atti della pubblica amministrazione, nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa (art. 113, co. 3).
Dal quadro costituzionale emerge che, laddove l’amministrazione pone in essere atti di diritto privato (per es., un contratto) o comportamenti meramente materiali (per es., sinistro stradale), non vi è esercizio di funzione pubblica e, pertanto, la pubblica amministrazione si trova sullo stesso piano degli altri soggetti dell’ordinamento e risponde davanti al giudice ordinario (per l’inadempimento e per l’illecito extracontrattuale).
Laddove l’amministrazione pone in essere provvedimenti autoritativi, che costituiscono esercizio di pubblica funzione, l’ordinamento vigente individua il giudice munito di giurisdizione attraverso due criteri, quello del tipo di situazione soggettiva lesa e quello della materia.
Il criterio del tipo di situazione soggettiva lesa si basa sulla dicotomia diritti soggettivi – interessi legittimi: dei primi conosce il giudice ordinario, dei secondi il giudice amministrativo (c.d. doppio binario).
Il criterio della materia attribuisce una data materia al giudice ordinario o al giudice amministrativo quale che sia il tipo di situazione soggettiva lesa.
Il criterio che si fonda sul tipo di situazione soggettiva lesa è quello storicamente più antico e tutt’oggi il criterio generale e residuale.
Il criterio che si fonda sulla materia è nato storicamente per evitare incertezze cui dà luogo, in taluni casi, il criterio generale ed è tutt’oggi un criterio non generale.
Mentre è pacifico che la Costituzione utilizza il criterio della “materia” per individuare la giurisdizione “esclusiva” del giudice amministrativo, meno chiaro è se la Costituzione legittimi anche la “giurisdizione esclusiva” del giudice ordinario.
Due tesi si contendono il campo.
Secondo una prima ricostruzione, non vi sarebbero ostacoli di ordine costituzionale alla possibilità che il legislatore ordinario attribuisca al giudice ordinario una intera materia, in cui la p.a. agisce come pubblica autorità, e in cui vi siano sia situazioni di diritto soggettivo che di interesse legittimo.
Tanto, sulla scorta di due argomenti di ordine costituzionale:
a) da un lato, l’art. 103, co. 1, nel prevedere la giurisdizione generale di legittimità e quella esclusiva del Consiglio di Stato, intende disciplinare i “limiti esterni” della giurisdizione amministrativa, e non anche di quella ordinaria;
b) dall’altro lato, l’art. 113, co. 1 e 3, laddove prevede che «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela dei diritti e degli interessi legittimi davanti agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa» e che «la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa», intende demandare al legislatore ordinario la scelta se attribuire la tutela dei diritti e interessi, fungibilmente, al g.o. o al g.a., potendo entrambe le giurisdizioni conoscere dei due tipi di situazioni soggettive e annullare gli atti amministrativi illegittimi.
Secondo una diversa ricostruzione, dalla Costituzione si evincerebbe che il giudice ordinario è il giudice dei soli diritti soggettivi, mentre il giudice naturale degli interessi legittimi è quello amministrativo; pertanto, il legislatore ordinario non potrebbe prevedere casi di “giurisdizione esclusiva” del giudice ordinario; se è vero che l’art. 113, co. 3, Cost., demanda al legislatore ordinario di individuare quale giurisdizione può annullare gli atti amministrativi, è anche vero che tale previsione andrebbe coordinata con l’art. 113, co. 1, Cost., che attribuisce al giudice amministrativo la cognizione degli interessi legittimi; pertanto, il legislatore ordinario potrebbe attribuire al giudice ordinario il potere di annullare gli atti amministrativi solo se questi sono lesivi dei diritti soggettivi. In sintesi, ferma la possibilità di una “giurisdizione piena” del g.o. verso la p.a. (ossia comprensiva del potere di annullamento degli atti amministrativi, essa atterrebbe ai c.d. “limiti interni”, ossia ai poteri che il g.o. può esercitare nei confronti della p.a. nell’ambito della propria giurisdizione, fermo restando il rispetto dei c.d. “limiti esterni” e, dunque, l’impossibilità di attribuire al g.o. una giurisdizione “esclusiva” estesa alla cognizione degli interessi legittimi.
Pertanto, i casi in cui il legislatore ordinario attribuisce al g.o. il potere di annullare atti amministrativi – ad es., in materia di sanzioni amministrative, ex l. 24.11.1981, n. 689 – sono casi in cui l’atto amministrativo lede pur sempre diritti soggettivi, riservati alla giurisdizione del giudice ordinario.
La regola generale, che si evince dall’art. 2, l. n. 2248/1865, all. E, tuttora in vigore, è che il giudice ordinario conosce, da un lato, delle cause per “contravvenzioni” e, dall’altro lato, delle cause in cui si faccia questione di diritti civili o politici (Nigro, M.-Corasaniti, A.-Giacchetti, S.-Romano, A.-Piga, F.-Scoca, F.G.-Caianiello, V.-Ruperto, C.-Verbari, G.-Valente, A.-Abbamonte, G.-Calabrese, M.-Barone, G.-Moscarini, L.-Cardi, E.-Mangano F.-Sandulli M. A., Nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di ripartizione della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo (atti della tavola rotonda organizzata nell’4 1981), in Foro amm., 1981, I, 2140; Bellavista, M., La giurisdizione in generale, in Caranta, R., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, 113-172; Caringella, F.-De Nictolis, R.-Garofoli, R.-Poli V., Il riparto di giurisdizione, Milano, 2008; De Pretis, D., Il riparto di giurisdizione, in Giorn. dir. amm., 11/2010, 1129-1141; Figorilli, F., Commento agli artt. 2 e 4, l. n. 2248/1865, all. E, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2008, 1137-1156; Figorilli, F., Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività della pubblica amministrazione, Torino, 2002; Paola, I., Commento all’art. 2, l. n. 2248/1965, all. E, in Battini, S.-Mattarella, B.G.-Sandulli, A.-Vesperini, G., a cura di, Codice ipertestuale della giustizia amministrativa Torino, 2007, 155–176; Rega, F., La giurisdizione del giudice ordinario, in Caranta, R., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, cit., 51-71; Verrienti, L., Giurisdizione ordinaria e pubblica amministrazione, in Dig. pubbl., VII, Torino, 1991; Verrienti, L., Commento agli artt. 2, 4, 5, l. n. 2248/1865, all. E, in Romano, A., a cura di, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, 2001, 8-105).
Le cause per “contravvenzioni” sono anzitutto quelle in cui vengono in rilievo illeciti penali, tradizionalmente riservati alla cognizione del giudice ordinario.
La regola soffre talune eccezioni, basti pensare agli illeciti penali riservati alla cognizione dei Tribunali militari civili e di guerra.
Le cause per “contravvenzioni” sono anche quelle in cui vengono in rilievo illeciti amministrativi: secondo la regola generale, degli illeciti amministrativi conosce il giudice ordinario (v. l. n. 689/1981).
Anche tale regola non è senza eccezioni, in quanto sempre più spesso viene attribuita al giudice amministrativo la giurisdizione su sanzioni (quelle irrogate da molte Autorità amministrative indipendenti, v. art. 133, co. 1, lett. l) ed n), c.p.a.).
Trattandosi, tuttavia, della regola generale, essa resta applicabile nei casi dubbi e nei casi in cui non vi sia una espressa attribuzione di giurisdizione al giudice amministrativo.
Le cause in cui si faccia questione di diritti civili o politici abbracciano l’ampio novero di diritti riconosciuti dalla Costituzione, civili, politici, sociali.
La connotazione di un diritto come civile, politico, sociale, ha funzione descrittiva ma non incide ai fini del riparto di giurisdizione.
Vengono in considerazione, anzitutto, i casi in cui la pubblica amministrazione pone in essere una condotta meramente materiale (ad es., incidente stradale provocato da un autista dipendente pubblico), e non una attività autoritativa.
In secondo luogo, vengono in considerazione i casi in cui la pubblica amministrazione pone in essere atti giuridici ma iure privatorum: si pensi all’attività contrattuale privatistica e segnatamente alla fase di esecuzione dei contratti, anche nel caso in cui l’affidamento avviene con procedure di evidenza pubblica.
Vengono, poi, in considerazione i casi in cui la pubblica amministrazione agisca in “carenza di potere”, laddove invece, in caso di “cattivo uso” del potere, vi sono interessi legittimi (secondo una tesi, diritti soggettivi degradati o affievoliti a interessi legittimi), riservati alla cognizione del g.a.
Peraltro, laddove il g.a. ha giurisdizione esclusiva, estesa ai diritti soggettivi, conosce anche della carenza di potere.
Vengono, infine, in considerazione i numerosi casi in cui, a fronte di diritti inviolabili della persona umana, si ritiene che l’agire amministrativo sia inidoneo a degradare tali diritti a interessi legittimi (Bassi, F., Diritti fondamentali e art. 4, 2º comma, l. 20 3 1865, n. 2248, all. E, in Dir. proc. amm., 1988, 606).
Si tratta di regole generali, che possono soffrire eccezioni, essendosi ammesso che in talune ipotesi la giurisdizione esclusiva del g.a. possa comprendere anche i diritti fondamentali.
Il criterio generale che attribuisce al giudice ordinario la cognizione dei diritti soggettivi nei confronti della p.a., trova specificazione, da un lato ad opera delle singole leggi che di volta in volta stabiliscono se un determinato contenzioso spetta al g.o. o al g.a., e dall’altro lato ad opera dell’elaborazione giurisprudenziale.
Pertanto, di seguito si riporterà una casistica normativa e giurisprudenziale.
I limiti della presente trattazione consentono di fornire un mero elenco dei casi di “giurisdizione nominata” del giudice ordinario. Si rinvia, per le questioni di confine con la giurisdizione amministrativa, ai pertinenti commenti relativi a giurisdizione di legittimità e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Nel contenzioso elettorale (Gigli, A., Il processo davanti al giudice ordinario in tema di eleggibilità e decadenza, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, cit., 1265–1287; Mignone, C., Il riparto della giurisdizione nel contenzioso elettorale, in Foro amm., 1982, I, 608; Vipiana, P.M., Contenzioso elettorale amministrativo, in Dig. pubbl., IV, Torino, 1989, 11) spettano al giudice ordinario le controversie relative all’elettorato attivo e passivo e alla decadenza dalla carica, che attengono al diritto soggettivo costituzionalmente garantito di eleggere ed essere eletti alle cariche politiche, per quel che riguarda:
- l’elettorato attivo al Parlamento nazionale (art. 42, d.P.R. 20.3.1967, n. 223);
- l’elettorato attivo e passivo nei consigli comunali (art. 82, d.P.R. 16.5.1960, n. 570);
- l’elettorato attivo e passivo nei consigli provinciali (art. 7, co. 2 e 3, l. 23.12.1966, n. 1147);
- l’elettorato attivo e passivo nei consigli regionali (art. 19, l. 17.2.1968, n. 108; art. 22, l. 5.8.1962, n. 1257, per la Regione Valle d’Aosta); si segnala che, per la Regione Valle d’Aosta, l’art. 30, l. n. 1257/1962, attribuiva il contenzioso sulle incompatibilità al giudice amministrativo, ma la norma è stata modificata dal c.p.a. e ora la giurisdizione spetta al g.o.;
- la decadenza dalla carica di consigliere comunale, provinciale, regionale (art. 9 bis, d.P.R. 16.5.1960, n. 570; art. 7, co. 2 e 3, l. 23.12.1966, n. 1147; art. 19, l. 17.2.1968, n. 108);
- l’elettorato attivo e passivo al Parlamento europeo e la decadenza dalla relativa carica (artt. 6 e 44, l. 24.1.1979, n. 18).
Invece, a norma dell’art. 126 c.p.a., spettano al giudice amministrativo le controversie in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia.
Si tratta di giurisdizione circoscritta alle “operazioni elettorali”, in relazione alle quali i singoli vantano posizioni di interesse legittimo.
Il contenzioso elettorale è, dunque, un settore in cui il riparto di giurisdizione avviene in base alla regola generale: diritti soggettivi–giudice ordinario, interessi legittimi–giudice amministrativo. Il criterio di individuazione delle situazioni giuridiche soggettive è quello: elettorato attivo e passivo–diritti soggettivi, operazioni elettorali–interessi legittimi.
Altro settore tradizionalmente attribuito al g.o., ma non senza eccezioni, è quello delle sanzioni amministrative (Caranta, R., Note sui modelli di processo e giudizio di opposizione ex art. 23, l. 24 11 1981, n. 689, in Giust. civ., 1989, II, 104; Pagliari, G., Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova, 1989; Sandulli, M.A., Le sanzioni amministrative pecuniarie, principi sostanziali e procedimentali, Napoli, 1983; Sandulli, M.A., Sanzione (sanzioni amministrative), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992, vol. XXVIII; Travi, A., Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Padova, 1983).
La legge generale sugli illeciti amministrativi, la l. n. 689/1981, prevede infatti che il giudizio di opposizione avverso le sanzioni si propone davanti al giudice ordinario (art. 22), che ha una giurisdizione “piena”, potendo annullare o riformare l’atto sanzionatorio (art. 6, d.lgs. 1.9.2001, n. 150).
L’art. 6, d.lgs. n. 150/2011, reca un elenco di sanzioni amministrative la cui cognizione è devoluta al giudice ordinario.
Viene, poi, in considerazione il c.d. pubblico impiego privatizzato (Iaria, D., La giurisdizione del giudice ordinario – L’impiego pubblico, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, cit., 1196–1263).
Già da tempo risalente al g.o. spetta il contenzioso sul rapporto di impiego con enti pubblici economici (art. 409 c.p.c.).
In prosieguo l’art. 68, d.lgs. 3.2.1993, n. 29 (ora confluito nell’art. 63, co. 1, d.lgs. 30.3.2001, n. 165), ha devoluto al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al co. 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.
Il giudice ordinario adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro (art. 63, co. 2, d.lgs. n. 165/2001).
Sono, inoltre, devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 28, l. 20.5.1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall’ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva (art. 63, co. 3, d.lgs. n. 165/2001).
Restano, invece, devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva del g.a., le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all’art. 3, d.lgs. n. 165/2001 ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi (art. 63, co. 4, d.lgs. n. 165/2001).
Di regola, il contenzioso in materia di iscrizione e cancellazione in albi professionali e registri di imprese e associazioni, è devoluto al giudice ordinario.
Tanto, sul presupposto che l’amministrazione esercita un’attività vincolata (Cass., S.U., 13.4.1994, n. 3466; Cons. St., sez. IV, 31.12.2003, n. 9298).
La giurisdizione spetta infatti al giudice ordinario in relazione a:
- sanzioni disciplinari irrogate ai notai dalle competenti commissioni amministrative regionali di disciplina (art. 158, l. 16.2.1913, n. 89);
- iscrizione nell’albo degli ingegneri e degli architetti e relativi provvedimenti disciplinari (art. 6, l. 24.6.1923, n. 1395; art. 17, R.d. 23.10.1925, n. 2537);
- iscrizione nell’albo dei chimici e relativi provvedimenti disciplinari (art. 15, R.d. 1.3.1928, n. 842);
- iscrizione nell’albo dei geometri e relativi provvedimenti disciplinari (art. 15, R.d. 11.2.1929, n. 274);
- iscrizione nell’albo dei periti industriali e relativi provvedimenti disciplinari (art. 15, R.d. 11.2.1929, n. 275);
- iscrizione all’albo dei dottori in scienze agrarie e relativi provvedimenti disciplinari (art. 15, R.d. 25.11.1929, n. 2248);
- iscrizione nell’albo degli avvocati e relativi provvedimenti disciplinari (art. 56, R.d.l. 27.11.1933, n. 1578); peraltro, le sezioni unite hanno affermato che le delibere dei locali consigli dell’ordine degli avvocati che dispongono dar corso alle comunicazioni dei provvedimenti di radiazione dall’albo professionale o di sospensione dall’esercizio della professione, previste dall’art. 46, R.d.l. n. 1578/1933, non costituiscono pronunce rese in materia disciplinare nei confronti degli avvocati, sicché la loro impugnazione, al pari di quella delle comunicazioni che ne seguono, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo e non del consiglio nazionale forense (Cass., S.U., 15.12.2008, n. 29293);
- iscrizione nell’albo degli attuari e relativi provvedimenti disciplinari (artt. 18 e 19, l. 9.2.1942, n. 194);
- iscrizione nell’albo dei giornalisti, provvedimenti disciplinari, elezioni (artt. 62-65, l. 3.2.1963, n. 69; su cui Cass., sez. III, 5.6.2007, n. 13067);
- iscrizione nell’albo dei biologi, provvedimenti disciplinari, elezioni (art. 29, l. 24.5.1967, n. 396);
- iscrizione e cancellazione dall’albo degli agenti di cambio, provvedimenti disciplinari, elezioni (art. 6, l. 12.12.1967, n. 1216); peraltro, in relazione alla speciale ipotesi di cancellazione dall’albo degli agenti di cambio, contemplata all’art. 201, co. 15, d.lgs. 24.2.1998, n. 58, si è ritenuto che si tratti di una misura di ordine pubblico e non di una misura sanzionatoria, sulla quale vi è giurisdizione del giudice amministrativo (TAR Lazio, Roma, sez. I, 23.11.2006, n. 13031);
- iscrizione nell’albo dei periti agrari, provvedimenti disciplinari, elezioni (art. 60, l. 28.3.1968, n. 434);
- iscrizione nell’albo dei dottori agronomi e dei dottori forestali, provvedimenti disciplinari, elezioni (art. 58, l. 7.1.1976, n. 3);
- iscrizione nell’albo delle imprese artigiane (art. 7, l. 8.10.1985, n. 443; su cui Cass., sez. lav., 21.9.2006, n. 20443);
- iscrizione nell’albo degli agrotecnici, provvedimenti disciplinari, elezioni (art. 10 bis, l. 6.6.1986, n. 251);
- iscrizione nell’albo degli psicologi, provvedimenti disciplinari, elezioni (artt. 17, 18, 19, 25, 26, 33, l. 18.2.1989, n. 56. È, però, ancora non sopita la disputa in ordine alla spettanza della giurisdizione in relazione all’ammissione alla sessione speciale di esami di Stato, nella fase transitoria, ai sensi dell’art. 33, l. n. 56/1989 (Laurienzo, M., Iscrizione all’albo degli psicologi e disciplina transitoria tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, in Riv. amm., 1994, 1190);
- iscrizione nell’albo dei geologi e provvedimenti disciplinari (art. 6, l. 12.9.1990, n. 339; su cui Cass., S.U., 29.11.2007, n. 24815, ord.);
- iscrizione nell’albo dei tecnologi alimentari e provvedimenti disciplinari (artt. 45 e 49, l. 18.1.1994, n. 59);
- iscrizione e cancellazione dall’Albo o dall’elenco e a quello relativo all’eleggibilità a componente del Consiglio dell’Ordine (art. 32, d.lgs. 28.6.2005, n. 139).
Non mancano, però, ipotesi specifiche in cui la giurisdizione è attribuita al giudice amministrativo; in particolare in relazione a:
- provvedimenti dei collegi regionali e del collegio nazionale delle guide alpine - maestri di alpinismo e degli aspiranti guida (art. 17, co. 4, l. 2.1.1989, n. 6);
- provvedimenti dei collegi regionali e del collegio nazionale dei maestri di sci (art. 17, co. 4, l. 8.3.1991, n. 81);
- provvedimenti dell’ISVAP in tema di diniego di iscrizione e cancellazione dal registro degli intermediari di assicurazione e di riassicurazione e dal ruolo dei periti assicurativi (art. 350, d.lgs. 7.9.2005, n. 209);
- provvedimenti dell’ISVAP che irrogano sanzioni disciplinari agli intermediari di assicurazione e riassicurazione e ai periti assicurativi (art. 331, d.lgs. n. 209/2005; su cui Cass., S.U., 6.2.2006, n. 2447): in tal caso è prevista la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il giudice ordinario è inoltre il naturale destinatario delle azioni contro le discriminazioni; v.:
- l’archetipo dell’azione civile contro la discriminazione razziale è recato nell’art. 44, d.lgs. 25.7.1998, n. 286, a tenore del quale quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice ordinario può, su istanza di parte, ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione;
- il d.lgs. 9.7.2003, n. 215, recante attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, prevede la giurisdizione del giudice ordinario, anche se la discriminazione è posta in essere da un ente pubblico, mediante atto amministrativo: si è, ad es., affermata la giurisdizione ordinaria in relazione agli atti di un Comune che aveva disposto l’assegnazione di un assegno di natalità a favore dei nuovi nati nel Comune a condizione che almeno uno dei genitori avesse la cittadinanza italiana (Cass., S.U., 15.2.2011, n. 3670), nonché in relazione agli atti con cui un’azienda ospedaliera ha negato la stabilizzazione ad un’infermiera extracomunitaria, ritenendosi irrilevante la natura concorsuale del procedimento (Cass., S.U., 30.3.2011, n. 7186);
- il d.lgs., 9.7.2003, n. 216, recante «attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», disciplina la parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall’età e dall’orientamento sessuale, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro, e contempla una speciale azione contro le discriminazioni, esperibile davanti al giudice ordinario, ferma però la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di discriminazione relativa a rapporti di impiego non privatizzati;
- il d.lgs. 10.3.2006, n. 67, detta misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni e contempla una speciale azione contro le discriminazioni, esperibile davanti al giudice ordinario, modellata mediante richiamo all’art. 44, d.lgs. n. 286/1998;
- Il d.lgs. 11.4.2006, n. 198, recante il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, stabilisce il divieto di discriminazione tra uomo e donna, sia quanto all’accesso ai lavori privati (art. 27) e pubblici (art. 31), ivi comprese le carriere militari (artt. 32–34), sia quanto allo svolgimento del rapporto di lavoro, una volta costituito (art. 25), prevedendo una azione antidiscriminazione con rito speciale davanti al giudice ordinario (art. 38, in combinato disposto con gli artt. 27 ss., d.lgs. n. 198/2006; peraltro, il d.lgs. 25.1.2010, n. 5, ha novellato l’art. 38, co. 1, d.lgs. n. 198/2006, e dal testo novellato risulta che l’azione si propone o davanti al tribunale ordinario o davanti al T.a.r., dal che si desume che la giurisdizione è ripartita tra g.o. e g.a., a seconda, evidentemente e implicitamente, dell’ambito della rispettiva giurisdizione sul rapporto di impiego; anche il rito speciale si applica, a seconda dei casi, davanti al g.o. o al g.a.
In tema di espropriazioni immobiliari e atti ablatori in generale, il legislatore segue un criterio di riparto in virtù del quale competono al giudice ordinario le questioni relative all’indennità, e al giudice amministrativo le questioni relative al corretto procedimento; v.:
- in tema di espropriazioni immobiliari, l’art. 133, co. 1, lett. g), c.p.a., e l’art. 53, t.u. delle espropriazioni, approvato con d.P.R. 8.6.2001, n. 327;
- in tema di espropriazione di invenzioni industriali, gli artt. 134, ult. co., e 142, ult. co., d.lgs. 10.2.2005, n. 30 e 133, co. 1, lett. h), c.p.a.;
- in tema di espropriazione del diritto di autore, gli artt. 112 e 114, l. 22.4.1941, n. 633;
- in tema di requisizioni, l’art. 441, cod. mil., in cui sono stati trasfusi l’art. 2, l. 11.4.1957, n. 24 e l’art. 48, l. 13.7.1939, n. 1154; art. 2, d.lgs. C.P.S. 15.91947, n. 896.
Un’altra competenza riservata al g.o. in considerazione dell’inviolabilità del diritto, è quella in tema di tutela della privacy (Mazzamuto, S., Brevi note in tema di mezzi di tutela e di riparto di giurisdizione nelle attività di trattamento di dati personali, in Foro it., 1998, V, 49).
L’art. 152, d.lgs. 30.6.2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali, prevede, al co. 1, che «tutte le controversie che riguardano, comunque, l’applicazione delle disposizioni del presente codice, comprese quelle inerenti ai provvedimenti del Garante in materia di protezione dei dati personali o alla loro mancata adozione, sono attribuite all’autorità giudiziaria ordinaria».
Le sezioni unite hanno affermato che la giurisdizione ex art. 152 citato abbraccia anche la controversia relativa ad una istanza con la quale una società dedita alla raccolta e gestione di dati sulla puntualità nei pagamenti ha chiesto al Garante di essere autorizzata ad esigere un contributo dai richiedenti per l’accesso ai dati, e per l’effetto hanno cassato l’opposta decisione del giudice amministrativo secondo cui nel caso di specie vi sarebbe una controversia su silenzio–inadempimento con giurisdizione del g.a. [Cass., S.U., 14.4.2011, n. 8487, che ha cassato Cons. St., sez. VI, 3.9.2009, n. 5198].
In materia di ingresso, soggiorno ed espulsione di cittadini extracomunitari, la giurisdizione è suddivisa tra giudice amministrativo e giudice ordinario (Doraci, E., Il contenzioso relativo ai cittadini extracomunitari davanti al giudice amministrativo, in Corr. merito, rassegna n. 3 allegata al n. 12/2010, 3-22).
Compete al giudice ordinario il contenzioso relativo a cittadini extracomunitari quando i provvedimenti amministrativi hanno natura vincolata, in particolare quello relativo a:
- espulsione prefettizia (artt. 13 e 13 bis, d.lgs. n 286/1998; su cui Cass., S.U., 29.4.2003, n. 6635; Cass., sez. I, 20.12.2003, n. 19580; TAR Toscana, sez. I, 24.2.2003, n. 620; TAR Piemonte, sez. II, 11.11.2002, n. 1830], ivi compresa l’espulsione conseguente al diniego di regolarizzazione del lavoro irregolare e al conseguente diniego di permesso di soggiorno nell’ambito della procedura di emersione del lavoro irregolare di cittadini extracomunitari e diniego di legalizzazione del lavoro irregolare (art. 1, d.l. 9.9.2002, n. 195, conv. in l. 9.10.2002, n. 222; come si argomenta da Cass., S.U., 18.10.2005, n. 20125, che, peraltro, ritiene che il provvedimento di espulsione, conseguente al diniego di regolarizzazione, spetta al giudice ordinario, e che il giudice ordinario possa sindacare in via incidentale il presupposto provvedimento di diniego di regolarizzazione); invero, l’espulsione è provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, sicché il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato è tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego (Cass., S.U., 16.10.2006, n. 22217);
- dinieghi del Prefetto su istanze di revoca di precedenti provvedimenti di espulsione (Cass., S.U., 18.10.2005, n. 20122; Cass., S.U., 21.2.2002, n. 2513);
- convalida del provvedimento del questore di trattenimento temporaneo (art. 14, d.lgs. n. 286/1998);
- provvedimenti relativi all’unità e al ricongiungimento familiare (art. 30, d.lgs. n. 286/1998; art. 9, d.lgs. 7.4.2003, n. 85). Sul relativo contenzioso la giurisdizione è del giudice ordinario (art. 9, d.lgs. n. 85/2003; su cui Cass., S.U., 12.1.2005, n. 383; Cons. St., sez. VI, 3.5.2007, n. 1940; Cons. St., sez. IV, 19.3.2003, n. 1480; TAR Toscana, sez. I, 1.7.2003, n. 2582; TAR Toscana, sez. I, 9.6.2003, n. 2295; TAR Veneto, sez. III, 6.7.2002, n. 3269), ivi compresi i provvedimenti di rimpatrio assistito emessi dal Comitato per i minori stranieri (art. 33, d.lgs. n. 286/1998), pur sempre riconducibili all’unità familiare, come ha riconosciuto anche la Corte costituzionale (C. cost., 4.8.2003, n. 295; C. cost., 17.5.2001, n. 140, ord.; TAR Toscana, sez. I, 3.2.2003, n. 182);
- provvedimenti sullo status di rifugiato e sul diritto di asilo (artt. 34 e 35, d.lgs. 28.1.2008, n. 25; su cui Cass., sez. I, 18.6.2004, n. 11441, ord.; Cons. St., sez. VI, 27.12.2006, n. 7956; Cons. St., sez. VI, 25.9.2006, n. 5605; Cons. St., sez. IV, 18.3.2004, n. 1266; Cons. St., sez. VI, 19.7.2005, n. 3835; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 24.11.2006, n. 5457; per la giurisprudenza anteriore alla novella legislativa v. il contrasto tra giudice ordinario e amministrativo, che emerge dalle seguenti pronunce: Cass., S.U., 17.12.1999, n. 907; Cons. St., sez. IV, 18.10.2002, n. 5709; Cons. St., sez. IV, 7.5.2002, n. 2437; Cons. St., sez. IV, 10.3.1998, n. 400; Cons. St., sez. IV, 10.3.1998, n. 405), ivi compresi il diniego e la revoca sia dello status di rifugiato sia della protezione sussidiaria ai sensi del d.lgs. 19.11.2007, n. 251, dato che la qualifica di rifugiato attiene a diritti soggettivi e i provvedimenti amministrativi in materia sono solo dichiarativi di uno status (Cons. St., sez. VI, 28.8.2008, n. 4091; Cons. St., sez. VI, 19.5.2008, n. 2274; Cons. St., sez. VI, 22.6.2007, n. 3474; Cons. St., sez. VI, 22.5.2007, n. 2597);
- provvedimenti del questore di esecuzione delle decisioni di allontanamento di cittadini extracomunitari adottate da altri Stati membri dell’Unione europea (art. 2, d.lgs. 10.1.2005, n. 12);
- azione civile contro la discriminazione in relazione alla nazionalità (art. 44, d.lgs. 25.7.1998, n. 286; su cui Corte app. Firenze, 2.7.2002, in Riv. it. dir. lav., 2003, II, 272; Trib. Milano, 21.3.2002, in Foro it., 2003, I, 3175. Sul tema del riparto di giurisdizione in tema di azione contro la discriminazione v. anche Viola, L., Tutela contro la discriminazione nei confronti degli extracomunitari e riparto di giurisdizione, in Giurisdiz. amm., 2008, IV, 295-300).
Dal complesso della disciplina vigente (d.lgs. 6.2.2007, n. 30) si evince che i cittadini dell’Unione europea hanno, di regola, un vero e proprio diritto soggettivo a circolare e soggiornare su tutto il territorio dell’Unione.
Tuttavia, il diritto di ingresso e soggiorno incontra un limite pubblicistico di carattere discrezionale, costituito dai:
- motivi di sicurezza dello Stato;
- motivi imperativi di pubblica sicurezza;
- altri motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza (art. 20, co. 1).
Al di fuori delle limitazioni dell’ingresso e soggiorno dei cittadini dell’Unione per motivi di ordine e sicurezza pubblici, i presupposti per l’ingresso e il soggiorno hanno carattere oggettivo e sono tassativamente stabiliti dalla legge.
Sicché, i provvedimenti di diniego di ingresso e soggiorno, o di successivo allontanamento, sono rigidamente vincolati all’insussistenza originaria, o al venir meno successivo, dei presupposti legali.
Ne consegue che, a fronte di tali provvedimenti, vi sono situazioni di diritto soggettivo, che si fanno valere davanti al giudice ordinario (artt. 8, 20, 21, 22).
Tanto vale anche per l’ipotesi di provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale per motivi di pubblica sicurezza, che è adottato con provvedimento del prefetto territorialmente competente secondo la residenza o dimora del destinatario (art. 20, co. 9).
È infatti prevista la giurisdizione del giudice ordinario in relazione a:
a) provvedimenti di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza;
b) provvedimenti di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza, che a seconda dei casi possono essere adottati dal Ministro o dal prefetto;
c) provvedimenti di allontanamento per cessazione delle condizioni che determinano il diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 21 (art. 22, co. 2, d.lgs. n. 30/2007).
La giurisdizione è, invece, del g.a. quanto ai provvedimenti del Ministro dell’interno di allontanamento dal territorio nazionale di cittadini comunitari per motivi di sicurezza dello Stato, e ai provvedimenti del Prefetto di allontanamento per motivi di ordine pubblico.
L’art. 28, l. 13.6.1942, n. 794 contempla uno speciale rito ingiuntivo che possono esperire i difensori per conseguire il pagamento di spese, diritti e onorari di giudizio, riscritto dal d.lgs. n. 150/2011.
Tale rito e la relativa giurisdizione sono riservati al giudice ordinario.
In passato si è discusso se tale rito potesse trovare applicazione anche all’interno del processo amministrativo, ma, dopo qualche pronuncia in senso affermativo del giudice amministrativo (Cons. St., sez. VI, 1.3.2005, n. 820; in argomento v. La Medica, D., Il rito speciale per la liquidazione degli onorari di avvocato, in Corr. merito, 2008, n. 12, sia la Cassazione, che la Corte costituzionale, che lo stesso giudice amministrativo, lo hanno escluso (C. cost., 11.4.2008, n. 96, in Foro it., 2008, I, 1747, con nota di richiami; Cass., sez. II, 29.7.2004, n. 14394; Cass., sez. II, 27.3.1995, n. 3603; Cass., sez. II, 18.7.1991, n. 7993; Cons. St., sez. IV, 21.10.2005, n. 5957, decr.; Cons. St., sez. IV, 14.4.2006, n. 2133; Cons. St., sez. VI, 9.11.2006, n. 6613, ord.).
Laddove vi è attività meramente materiale dell’amministrazione, la giurisdizione sulle cause risarcitorie è del giudice ordinario.
È il caso di danno derivante dalla cattiva manutenzione di strade pubbliche, o da cattiva esecuzione o manutenzione di opere pubbliche, dove viene in considerazione non un’attività provvedimentale autoritativa, ma un’attività materiale soggetta al principio del neminem ledere (Cass., S.U., 20.10.2006, n. 22521, in Corr. merito, 2007, 140, con nota di Maddalena, M.L., Giurisdizione sui comportamenti omissivi della p.a. secondo le Sezioni Unite (140-143); Urb. e app., 2007, 49, con nota di Meale, A., I meri comportamenti dell’amministrazione pubblica nel riparto di giurisdizione, 51–54; Cass., sez. III, 6.2.2007, n. 2566).
La giurisdizione è del giudice ordinario anche in caso di mera condotta omissiva (Cass., S.U., 22.8.2007, n. 17831, ord.).
La giurisdizione spetta al giudice ordinario anche per le cause risarcitorie relative ad attività privatistiche della pubblica amministrazione: si pensi agli inadempimenti della parte pubblica nella fase di esecuzione di un contratto di appalto di opere pubbliche, ovvero alle questioni risarcitorie che insorgano in relazione a rapporti di pubblico impiego privatizzato, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario.
La giurisdizione sulle cause risarcitorie è del giudice ordinario anche quando vi sono atti amministrativi che non sono sindacabili da parte del giudice amministrativo (Cass., S.U., 6.4.2006, n. 8118; Cass., S.U., 22.3.1999, n. 172 in caso di atti relativi alle operazioni elettorali per l’elezione di Camera e Senato; Cass., S.U., 16.4.2007, n. 8958, per i danni provocati da atti dall’amministrazione finanziaria; Cons. giust. sic., 8.11.2007, n. 1048, per la pretesa risarcitoria avanzata dai titolari di abbonamenti per assistere a partite di calcio nei confronti della F.I.G.C., per il danno derivante dall’irrogazione della sanzione disciplinare sportiva della squalifica del campo di calcio).
La giurisdizione è stata rivendicata dal giudice ordinario anche in caso di domanda risarcitoria proposta dal beneficiario di provvedimento favorevole, in caso di suo annullamento (Cass., S.U., 23.3.2011, nn. 6594, 6595, 6596, in Urb. e app., 2011, 915, con nota critica di Masera, R., Danni da atto amministrativo positivo, ma illegittimo, e giudice competente (916-923); in termini Cass., S.U., 12.10.2011, n. 20937).
Il provvedimento che concede la cittadinanza italiana è, in taluni casi, un atto discrezionale, in altri un atto dovuto: nel primo caso la posizione vantata è di interesse legittimo, nel secondo di diritto soggettivo.
Di conseguenza, in talune fattispecie la giurisdizione sul diniego di cittadinanza è del giudice amministrativo, in altre è del giudice ordinario.
In particolare, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione al diniego di cittadinanza nelle ipotesi in cui quest’ultima si acquista iuris communicatione, in seguito al matrimonio con cittadino italiano (Cass., S.U., 7.7.1993, n. 7441; Cons. St., sez. IV, 15.12.2000, n. 6707; Cons. St., sez. VI, 11.8.2005, n. 4334).
Più in generale si è osservato che la cittadinanza è oggetto di un diritto soggettivo, e le cause di diniego sono vincolate, salvo nell’ipotesi di diniego della cittadinanza per motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica (art. 6, co. 1, lett. c), l. n. 91/1992). Per questa ultima ipotesi, il diritto soggettivo degrada a interesse legittimo e la giurisdizione è del giudice amministrativo, mentre in tutti gli altri casi è del giudice ordinario (Cons. St., sez. VI, 31.3.2009, n. 1891; Cons. St., sez. VI, 22.3.2007, n. 1355; Cons. St., sez. VI, 11.3.2005, n. 4334); spetta al giudice ordinario anche il caso di diniego della cittadinanza in caso di la condanna per un delitto non colposo per il quale la legge preveda una pena edittale non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ovvero la condanna per un reato non politico ad una pena detentiva superiore ad un anno da parte di una autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia (art. 6, co. 1, lett. b), l. n. 91/1992; su cui Cons. St., sez. VI, 17.7.2008, n. 3575).
Le controversie in materia di iscrizione e cancellazione nei registri anagrafici della popolazione coinvolgono situazioni di diritto soggettivo, e non di mero interesse legittimo, attesa la natura vincolata dell’attività amministrativa ad essa inerente, con la conseguenza che la cognizione delle stesse è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 19.6.2000, n. 449; Cons. St., sez. IV, 3.6.2003, n. 2252).
L’iscrizione nelle liste dei disoccupati e la permanenza in esse, non comportando alcun apprezzamento dell’interesse pubblico, e, quindi, l’esercizio di un potere da parte della pubblica amministrazione, costituiscono oggetto di diritti soggettivi dei privati, la cognizione dei quali, nelle relative controversie, spetta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 19.8.2003, n. 12095).
In materia di fondazioni, occorre distinguere l’atto costitutivo di esse, che è un negozio privatistico, dal successivo provvedimento amministrativo di riconoscimento (in dottrina Rescigno, P., Negozio privato di fondazione ed atto amministrativo di riconoscimento, in Giur. it., 1968, I, 1, 353 ss. Sulla tematica, più in generale, Capozzi, S., I controlli amministrativi sulle persone giuridiche private, Napoli, 1991, e Spasiano, M.R., Interessi pubblici e soggettività emergenti. Gli organismi non lucrativi di utilità sociale, Napoli, 1996).
Le controversie relative alla validità ed efficacia dell’atto costitutivo di una fondazione, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, trattandosi di negozio avente natura privatistica, cui afferiscono posizioni di diritto soggettivo (Cass., S.U., 26.2.2004, n. 3892; Cass., S.U., 10.7.1984, n. 4024; Cass., S.U., 29.2.1968, n. 654; Cass., S.U., 4.7.1959, n. 2130; Cons. St., sez. V, 26.9.1969, n. 1030).
Invece le controversie relative al provvedimento amministrativo di riconoscimento delle fondazioni, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., S.U., 13.3 1972, n. 721).
In ordine alle controversie inerenti le convenzioni tra le aziende del servizio sanitario nazionale e soggetti privati che erogano prestazioni in regime di accreditamento, si distingue tra le controversie inerenti il rapporto di accreditamento, da qualificare come concessione di servizio pubblico, e le controversie relative all’effettiva debenza dei compensi richiesti.
Mentre le controversie inerenti la concessione sono attribuite al giudice amministrativo, quelle inerenti solo al pagamento delle prestazioni erogate spettano al giudice ordinario, dopo l’intervento della Corte costituzionale in relazione all’art. 33, d.lgs. n. 80/1998 (Cass., S.U., 13.2.2007, n. 3046; Cass., S.U., 19.3.1999, n. 163; Cass., S.U., 12.3.1999, n. 122; Cass., S.U., 1.2.1999, n. 15).
Il rapporto fra unità sanitarie locali e medici convenzionati, nella disciplina fissata dall’art. 48, l. n. 833/1978 (istituzione del servizio sanitario nazionale) e dagli accordi collettivi stipulati in attuazione di tale norma, esula dal pubblico impiego, per difetto del vincolo di subordinazione, e rientra nell’ambito della prestazione d’opera professionale, svolta con caratteristiche di parasubordinazione. Pertanto, scaturendo da tale rapporto posizioni di diritto soggettivo, le controversie ad esso inerenti sono devolute al giudice ordinario; ad es.:
- quelle con cui si lamenti la lesione del proprio diritto a mantenere il “rapporto ottimale” con gli assistibili residenti nel Comune, ai sensi dell’art. 5 dell’accordo reso esecutivo con d.P.R. 28.9.1990, n. 314, per effetto di provvedimenti adottati dall’u.s.l. in tema di determinazione delle “zone carenti” e di graduatoria per la copertura delle medesime (Cass., S.U., 8.6.1993, n. 6368; Cons. St., sez. IV, 19.7.2004, n. 5176);
- quelle relative all’anzianità maturata (Cass., S.U., 11.7.1997, n. 6321).
Come regola generale, la giurisprudenza ritiene che nella concessione di finanziamenti e sovvenzioni occorre distinguere due momenti: il primo ha carattere pubblicistico e attiene alla scelta dell’amministrazione di concedere o meno il finanziamento; il secondo ha carattere privatistico, e attiene al momento esecutivo dell’erogazione del contributo.
Al momento pubblicistico attengono anche i provvedimenti di ritiro della concessione, allorché si tratti di atti di autotutela pubblicistica (p.es., annullamento del provvedimento di concessione per vizi di legittimità; su cui Cass., S.U., 30.3.2004, n. 6639).
Al momento privatistico attengono le controversie relative alla mancata erogazione del contributo concesso e quelle di revoca del contributo per vicende inerenti all’esecuzione del rapporto (inadempimento, decadenza, etc.).
Il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario è conseguente ai due diversi momenti, pubblicistico e privatistico (Cass., S.U., 22.7.2002, n. 10689; Cass., S.U., 20.2.2007, n. 3848; Cass., S.U., 13.10.2006, n. 22099, ord.; Cass., S.U., 25.5.1999, n. 288; Cass., S.U., 14.6.1994, n. 5785; Cass., S.U., 9.4.1994, n. 3329; Cons. St., sez. VI, 20.4.2000, n. 2454; Cass., S.U., 1.12.2009, n. 25261; Cass., S.U., 6.7.2011, n. 14843).
Ha natura indennitaria la speciale elargizione in favore di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche o della criminalità organizzata.
Tale elargizione è stata regolata da numerose leggi che si sono succedute nel tempo, e che via via ne hanno esteso l’ambito applicativo quanto a categorie dei beneficiari, tipologia degli atti illeciti da cui sorge il diritto all’elargizione, decorrenza temporale del diritto, ambito territoriale nazionale e estero dei fatti illeciti, aggiornando nel tempo anche la misura della somma spettanti (a titolo di esempio: l. 22.2.1968, n. 101; l. 27.10.1973, n. 629; l. 28.11.1975, n. 624; l. 21.12.1978, n. 862; l. 13.8.1980, n. 466; l. 3.6.1981, n. 308; l. 20.10.1990, n. 302; l. 23.11.1998, n. 407; l. 23.12.2000, n. 388; d.l. 28.11.2003, n. 337, conv. nella l. 24.12.2003, n. 369).
La giurisprudenza delle sezioni unite ritiene, in genere, che in relazione a tali elargizioni, di natura indennitaria, gli interessati vantino una posizione di diritto soggettivo, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 22.7.2003, n. 11337; Cass., S.U., 11.2.1998, n. 1442,; Cass., S.U., 18.11.1989, n. 4942).
Sussiste la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo sugli atti unilaterali prodromici ad una vicenda societaria, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società, o di parteciparvi, o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società medesima (Cons. St., A.P., 3.6.2011, n. 10; Cass., S.U., 3.11.2009, n. 23200).
Resta fermo il modello privatistico, e la conseguente giurisdizione ordinaria, sia sul contratto di società, sia sugli atti societari a valle della scelta di fondo di utilizzo o meno del modello societario: in tal caso, infatti, l’ente pubblico esercita i poteri ordinari dell’azionista che si traducono in atti societari sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, coerentemente con i principi di diritto comunitario che non ammettono poteri speciali da parte dell’azionista pubblico (C. giust. CE, 6.12.2007, C-463/04 e C-464/04, che ha dichiarato illegittimo l’art. 2449 c.c.; Cass., S.U., 31.7.2006, n. 17287; Cass., S.U., 15.4.2005, n. 7799; Cons. St., sez. V, 28.10.2008, n. 5787 ord.; Cons. St., sez. V, 13.6.2003, n. 3343; Cons. St., sez. V, 11.2.2003, n. 708).
Tendenzialmente, le controversie sui pubblici appalti, fino alla l. n. 205/2000 e al d.lgs. n. 80/1998, sono state ripartite tra giudice ordinario e giudice amministrativo secondo il generale criterio di riparto tra le due giurisdizioni basato sulla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi.
In materia di appalti pubblici, si partiva dalla considerazione, confermata dall’art. 6, l. n. 205/2000 (in prosieguo riprodotto nell’art. 244, d.lgs. n. 163/2006 e poi dall’art. 133, co. 1, lett. e), c.p.a.), che il contratto, una volta stipulato, ha natura di atto negoziale, retto dalle regole del diritto civile, in cui la pubblica amministrazione opera in posizione di parità con il contraente privato: pertanto, le posizioni delle parti dopo la stipulazione del contratto, e inerenti all’esecuzione dello stesso, hanno, di regola, consistenza di diritti soggettivi, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario.
La fase che precede la stipulazione del contratto, volta alla scelta del contraente privato, è, invece, sorretta dalla c.d. evidenza pubblica, cioè dall’insieme di regole procedimentali pubblicistiche volte a individuare il contraente privato attraverso il meccanismo della gara, che mira a rendere la scelta dell’amministrazione rispettosa dei principi di trasparenza, concorrenza, par condicio.
Nella fase dell’evidenza pubblica, retta da norme pubblicistiche, e in cui l’amministrazione opera come pubblica autorità, e non iure privatorum, le situazioni soggettive dei privati interessati hanno natura di interesse legittimo, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo (Cons. St., sez. V, 5.11.1999, n. 1829).
Su tale quadro elaborato dalla giurisprudenza, si è innestato dapprima l’art. 33, d.lgs. n. 80/1998, e successivamente l’art. 6, l. n. 205/2000 (poi trasfuso nell’art. 244, d.lgs. n. 163/2006, e in prosieguo ulteriore nell’art. 133, co. 1, lett. e), c.p.a.).
Essi, pur affermando la giurisdizione esclusiva del g.a., la limitano alle procedure di affidamento, nonché al contenzioso sulla revisione prezzi e alla sorte del contratto dopo l’annullamento dell’aggiudicazione.
Se ne desume, a contrario, che la fase di esecuzione del contratto, che vede le parti in posizione di parità, è fonte di diritti soggettivi e spetta alla giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 1.6.2006, n. 13033, ord.) salvi i limitati casi in cui in fase esecutiva vengano adottati atti amministrativi autoritativi (per es., autotutela provvedimentale sull’aggiudicazione).
Nella casistica, si è ritenuto spettante al giudice ordinario il contenzioso relativo a:
- l’ordine di sospensione dei lavori impartito dal direttore dei lavori (Cons. giust. sic., 28.9.1998, n. 538);
- i danni derivanti da una sospensione dei lavori disposta fuori dai casi consentiti (Cass., sez. I, 8.6.2007, n. 13509);
- gli ordini di servizio impartiti dal direttore dei lavori in fase di esecuzione dell’appalto (Cons. St., sez. VI, 26.5.2010, n. 3347);
- il recesso unilaterale della p.a. dal contratto (Cass., S.U., 18.10.2005, n. 20116, ord.; Cons. St., sez. VI, 5.6.2006, n. 3345);
- i pagamenti delle prestazioni oggetto del contratto, e tanto anche nel caso di appalti di progettazione e incarichi di progettazione in genere (Cass., S.U., 11.4.2006, n. 8374);
- la risoluzione del contratto conseguente alla perdita della qualificazione SOA, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario (Cons. St., sez. IV, 10.11.2006, n. 6638);
- l’accertamento della durata del rapporto contrattuale (Cons. St., sez. VI, 11.5.2007, n. 2304);
- l’escussione di garanzie che riguardano la fase di esecuzione dell’appalto (per es., performance bond, garanzie imposte ai progettisti, garanzia globale di esecuzione, quando sarà istituita; su cui Cass., S.U., 27.2.2007, n. 4425, ord.).
In tema di contenzioso tra cooperative edilizie e soci vi è stato un revirement delle sezioni unite, che dall’affermazione della giurisdizione esclusiva del g.a. sono passate alla tesi del riparto di giurisdizione in base alla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi
Le sezioni unite muovono dalla premessa che le funzioni giurisdizionali delle Commissioni di vigilanza sull’edilizia residenziale pubblica sono state abrogate dal d.lgs. 31.3.1998, n. 112; e va aggiunto che tutta la materia delle cooperative edilizie cosiddette di abitazione a partire dalla l. n. 1179/1965 che ha sostituito il contributo erariale con una agevolazione sui mutui, quindi con la l. n. 179/1992 che ha eliminato le predette Commissioni di vigilanza, e per finire con la l. n. 136/1999, art. 16, ha subito una radicale trasformazione in direzione di una progressiva privatizzazione. L’ultima norma citata stabilisce con previsione di carattere interpretativo la non applicabilità del R.d. n. 1165/1938, agli interventi realizzati dalle cooperative edilizie di abitazione ammesse a beneficiare delle agevolazioni ed ai finanziamenti previsti per i programmi di edilizia residenziale pubblica di cui alla l. n. 457/1978, alla l. n. 179/1992 ed alla stessa l. n. 136/1999.
Sulla base di tale premessa le sezioni unite affermano che si deve dunque concludere per la avvenuta caduta della giurisdizione esclusiva sulla materia delle cooperative.
Per l’effetto, in tema di edilizia residenziale pubblica, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace alle comuni regole correlate alla posizione fatta valere in giudizio; in particolare - tenuta distinta la prima fase, di natura pubblicistica, caratterizzata dall’esercizio di poteri finalizzati al perseguimento di interessi pubblici, e corrispondentemente da posizioni di interesse legittimo del privato, da quella successiva, di natura privatistica, nella quale la posizione dell’assegnatario assume natura di diritto soggettivo, in forza della diretta rilevanza della regolamentazione del rapporto tra ente ed assegnatario - sono da attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie attinenti a pretesi vizi di legittimità dei provvedimenti emessi nella prima fase, mentre vanno ricondotte alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie in cui siano in discussione cause sopravvenute di estinzione o risoluzione del rapporto locatizio, sottratte al discrezionale apprezzamento della p.a., senza che rilevi l’art. 7, l. n. 205/2000, perché, dopo la dichiarazione di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, sussiste la giurisdizione ordinaria tutte le volte in cui non si tratti di sindacare l’esercizio di un potere pubblico; ne consegue che la controversia sulla legittimità della delibera di esclusione dalla assegnazione di un immobile emessa da una cooperativa edilizia, che comporta la valutazione di presupposti di fatto specificamente previsti dalla legge, non implicando il dispiego di discrezionalità amministrativa che possa limitare il diritto soggettivo del privato, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 9.5.2006, n. 10592, seguita da Cass., S.U., 10.5.2006, n. 10710; 24.5.2006, n. 12215; 14.6.2006, n. 13687; 23.5.2006, n. 12083, che afferma la giurisdizione ordinaria sulla delibera del consiglio di amministrazione di cooperativa edilizia, che aveva rigettato la domanda di subentro dell’erede nella posizione del socio defunto; 14.6.2006, n. 13687; 13.5.2009, n. 10999; 7.7.2009 n. 15853).
La nuova tesi delle sezioni unite è stata seguita anche dal Consiglio di Stato, che ha escluso la giurisdizione amministrativa sulla controversia avente ad oggetto una delibera di esclusione di un socio dalla compagine sociale di una cooperativa edilizia (Cons. St., sez. V, 11.5.2010, n. 2821, in Urb. e app., 2010, 1061, con nota di Cattaneo, S., La giurisdizione sulle controversie in tema di cooperative edilizie, 1062-1067).
artt. 2, 4, 5, l. 20.3.1865, n. 2248, all. E;
art. 3, R.d. 14.4.1910, n. 639;
artt. 158 e 158 novies, l. 16.2.1913, n. 89;
art. 6, l. 24.6.1923, n. 1395;
art. 17, R.d. 23.10.1925, n. 2537;
art. 32, l. 16.6.1927, n. 1766;
art. 15, R.d. 1.3.1928, n. 842;
art. 15, R.d. 11.2.1929, n. 274;
art. 15, R.d. 11.2.1929, n. 275;
art. 15, R.d. 25.11.1929, n. 2248;
art. 56, R.d.l. 27.11.1933, n. 1578;
artt. 112 e 114, l. 22.4.1941, n. 633;
artt. 18 e 19, l. 9.2.1942, n. 194;
art. 28, l. 13.6.1942, n. 794;
art. 4, l. 12.2.1955, n. 77;
artt. 9 bis e 82, d.P.R. 16.5.1960, n. 570;
artt. 22 e 30, l. 5.8.1962, n. 1257;
artt. 62 e 63, l. 3.2.1963, n. 69;
artt. 3 e 7, co. 2 e 3, l. 23.12.1966, n. 1147;
artt. 42 e 44, d.P.R. 20.3.1967, n. 223;
art. 29, l. 24.5.1967, n. 396;
art. 6, l. 12.12.1967, n. 1216;
art. 19, l. 17.2.1968, n. 108;
art. 60, l. 28.3.1968, n. 434;
art. 28, l. 20.5.1970, n. 300;
art. 58, l. 7.1.1976, n. 3;
art. 5, l. 13.5.1978, n. 180;
artt. 6 e 44, l. 24.1.1979, n. 18;
artt. 22, l. 24.11.1981, n. 689;
artt. 1 e 6, l. 14.4.1982, n. 164;
art. 7, l. 8.8.1985, n. 443;
art. 10 bis, l. 6.6.1986, n. 251;
artt. 17, 18, 19, 25, 26, 33, l. 18.2.1989, n. 56;
art. 75, d.P.R. 9.10.1990, n. 309;
art. 6, l. 12.11.1990, n. 339;
art. 204 bis, d.lgs. 30.4.1992, n. 285;
artt. 45 e 49, l. 18.1.1994, n. 59;
art. 67, l. 31.5.1995, n. 218;
art. 17, l. 7.3.1996, n. 108;
artt. 13, 13 bis, 14, 30, 33, 44, d.lgs. 25.7.1998, n. 286;
art. 70, d.lgs. 18.8.2000, n. 267;
art. 63, d.lgs. 30.3.2001, n. 165;
artt. 53 e 54, d.P.R. 8.6.2001, n. 327;
art. 1, d.l. 9.9.2002, n. 195, conv. in l. 9 102002, n. 222;
art. 9, d.lgs. 7.4.2003, n. 85;
art. 152, d.lgs. 30.6.2003, n. 196;
d.lgs. 9.7.2003, n. 215;
d.lgs. 9.7.2003, n. 216;
art. 2, d.lgs. 10.1.2005 n. 12;
art. 32, d.lgs. 28.6.2005, n. 139;
d.lgs. 1.3.2006, n. 67;
artt. 27, 31, 32, 33, 34, 25, 27, da 36 a 41 bis, 55 quinquies, d.lgs. 11.4.2006, n. 198;
art. 4, d.l. 22 9 2006, n. 259 conv. in l. 20.11.2006, n. 281;
artt. 8, 20, 21, 22, d.lgs. 6.2.2007, n. 30;
artt. 34 e 35, d.lgs. 28.1.2008, n. 25;
art. 1, d.l. 8 4 2008, n. 59, conv. in l. 6.6.2008, n. 101;
art. 441, cod. mil.
Nigro, M.-Corasaniti, A.-Giacchetti, S.-Romano, A.-Piga, F.-Scoca, FG.-Caianiello, V.-Ruperto, C.-Verbari G.-Valente, A.-Abbamonte, G.-Calabrese, M.-Barone, G.-Moscarini, L.-Cardi, E.-Mangano, F.-Sandulli, M.A., Nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di ripartizione della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo (atti della tavola rotonda organizzata nell’4 1981), in Foro amm., 1981, I, 2140; Bassi, F., Diritti fondamentali e art. 4, 2º comma, l. 20 3 1865, n. 2248, all. E, in Dir. proc. ammin., 1988, 606; Bellavista, M., La giurisdizione in generale, in Caranta, R., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, 113-172; Capozzi, S., I controlli amministrativi sulle persone giuridiche private, Napoli, 1991; Caranta, R., Note sui modelli di processo e giudizio di opposizione ex art. 23, l. 24 11 1981, n. 689, in Giust. civ., 1989, II, 104; Caringella, F.-De Nictolis, R.-Garofoli, R.-Poli V., Il riparto di giurisdizione, Milano, 2008; Cattaneo, S., La giurisdizione sulle controversie in tema di cooperative edilizie, in Urb. e app., 2010, 1062–1067; De Pretis, D., Il riparto di giurisdizione, in Giorn. dir. amm., 11/2010, 1129-1141; Doraci, E., Il contenzioso relativo ai cittadini extracomunitari davanti al giudice amministrativo, in Corr. merito, rassegna n. 3 allegata al n. 12/2010, 3-22; Figorilli, F., Commento agli artt. 2 e 4, l. n. 2248/1865, all. E, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2008, 1137-1156; Figorilli, F., Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività della pubblica amministrazione, Torino, 2002; Gigli, A., Il processo davanti al giudice ordinario in tema di eleggibilità e decadenza, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2008, 1265–1287; Iaria, D., La giurisdizione del giudice ordinario – L’impiego pubblico, in Morbidelli, G., a cura di, Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2008, 1196–1263; La Medica, D., Il rito speciale per la liquidazione degli onorari di avvocato, in Corr. merito, 2008, n. 12; Laurienzo, M., Iscrizione all’albo degli psicologi e disciplina transitoria tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, in Riv. amm., 1994, 1190; Maddalena, M.L., Giurisdizione sui comportamenti omissivi della p.a. secondo le Sezioni Unite, in Corr. merito, 2007, 140–143; Masera, R., Danni da atto amministrativo positivo, ma illegittimo, e giudice competente, in Urb. e app., 2011, 916-923; Mazzamuto, S., Brevi note in tema di mezzi di tutela e di riparto di giurisdizione nelle attività di trattamento di dati personali, in Foro it., 1998, V, 49; Meale, A., I meri comportamenti dell’amministrazione pubblica nel riparto di giurisdizione, in Urb. e app., 2007, 51–54; Mignone, C., Il riparto della giurisdizione nel contenzioso elettorale, in Foro amm., 1982, I, 608; Pagliari, G., Profili teorici della sanzione amministrativa, Padova, 1989; Paola, I., Commento all’art. 2, l. n. 2248/1965, all. E, in Battini, S.-Mattarella, B.G.-Sandulli, A.-Vesperini, G., a cura di, Codice ipertestuale della giustizia amministrativa, Torino, 2007, 155–176; Rega, F., La giurisdizione del giudice ordinario, in Caranta, R., a cura di, Il nuovo processo amministrativo, Bologna, 2011, 51-71; Rescigno, P., Negozio privato di fondazione ed atto amministrativo di riconoscimento, in Giur. it., 1968, I, 1, 353 ss.; Sandulli, M.A., Le sanzioni amministrative pecuniarie, principi sostanziali e procedimentali, Napoli, 1983; Sandulli, M.A., Sanzione (sanzioni amministrative), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992, vol. XXVIII; Spasiano, M.R., Interessi pubblici e soggettività emergenti. Gli organismi non lucrativi di utilità sociale, Napoli, 1996; Travi, A., Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, Padova, 1983; Verrienti, L., Giurisdizione ordinaria e pubblica amministrazione, in Dig. pubbl., VII, Torino, 1991; Verrienti, L., Commento agli artt. 2, 4, 5, l. n. 2248/1865, all. E, in Romano, A., a cura di, Commentario breve alle leggi sulla giustizia amministrativa, Padova, 2001, 8-105; Viola, L., Tutela contro la discriminazione nei confronti degli extracomunitari e riparto di giurisdizione, in Giur. amm., 2008, IV, 295-300; Vipiana, P.M., Contenzioso elettorale amministrativo, in Dig. pubbl., vol. IV, Torino, 1989, 11.