BARBAPICCOLA, Giuseppa Eleonora
Nipote del domenicano T. Maria Alfani, visse nel sec. XVIII. Coi nome arcadico di Mirista, coltivò le scienze, il disegno e lo studio delle lingue. Amica della figlia di G. B. Vico, Luisa, frequentò il salotto del filosofo napoletano. Collabarò tra l'altro ai Componimenti in lode del p. Michelangelo da Reggio di Lombardia cappuccino predicatore del Duomo di Napoli nella quaresima dell'anno MDCCXXIX,pubblicati a Napoli. Un sonetto della B. dedicato a Luisa Vico nell'anno 1731, in occasione della guarigione di sua figlia - al quale Luisa stessa rispose in rima in segno di gratitudine -, si legge in Vari componimenti per le felicissime nozze degli eccellentissimi signori D. Tommaso Caracciolo marchese di Casalbore... e D. Ippolita di Dura de' duchi d'Erce,raccolti da Gennaro Panino e pubblicati a Firenze nel 1732 con dedica a D. Orazio di Dura.
Le porte di casa Vico si erano aperte alla giovanissima arcade per i meriti acquistati nei circoli colti napoletani con la pubblicazione nel 1722 della traduzione dal francese - "col confronto del latino in cui l'autore gli scrisse" - de Iprincipi della filosofia di Cartesio, preceduti da una prefazione della traduttrice e dalla lettera dello stesso Cartesio al traduttore francese.
Nella prefazione la B. tra le prime cita e fa sua la tesi di Vico - enunciata nel De studiorum ratione e svolta poi nel Diritto universale - dell'"arcano delle leggi", per cui i filosofi antichi usavano "tener certe cose in segreto e covrirle con caratteri e formole comuni" (p. 10). Quanto a Cartesio, a chi avesse obiettato che egli si discostava dagli antichi e dalla religione, la B. ribatteva anzitutto invitando a leggere con serenità muratoriana la sua filosofia fondata "sopra sodissimi ragionamenti, e sopra certe sperienze", a meditare poi sui precedenti aristotelici delle teorie cartesiane del dubbio e della grandezza, figura e movùnento, e a riflettere infine sulla storia delle "empie" filosofie di Epicuro, Platone e Aristotele assimilate in seguito al cristianesimo e anzi trasformate in sostegni della religiorne.
Gherardo De Angelis, che cantò la B. in un sonetto delle sue Rime scelte (vol. III, Firenze 1731,p.104), esagerò sul "tanto splendore" che avrebbe aggiunto a Cartesio, ma, paragonandola alla greca Aspasia, colse bene il motivo espresso dalla stessa B. nella prefazione (a questo scopo mira il dotto profilo delle illustri filosofe e poetesse di tutti i tempi contenutovi), di volere cioè vincere il pregiudizio sulla vanità e superficialità del gentil sesso, imputabili non alla "natura" bensì alla "cattiva educazione". Questa strumentalizzazione alquanto banale dei fini dell'opera conferma il giudizio dei Gentile, secondo il quale essa segna soltanto un momento della fortuna estrinseca di Cartesio in Italia nel quadro della cultura salottiera napoletana, di coloro che nel rinato fervore civile, seguìto alla fine della dominazione spagnola "ripetono, commentano, difendono, oppugnano".
Il libro è un raro stampato a Torino da G. F. Mairesse e ornato del ritratto, inciso dall'artista napoletano F. De Grado, della Barbapiccola.
Fonti e Bibl.: G. B. Vico, L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie, a cura di B. Croce-F. Nicolini, Bari 1929, p. 129; Id., Scritti vari, a cura di F. Nicolini, Napoli 1940, p. 327; E. D'Afflitto, Memorie degli scrittori del regno di Napoli, Napoli 1792, II, p. 26; P. Colletta, Storia del reame di Napoli, a cura di N. Cortese, I, Napoli 1951, p. 207; G. Gentile, Studi vichiani, Firenze 1927, pp. 5, 207; B. Croce, Bibliografia vichiana, accresciuta e rielaborata da F. Nicolini, Napoli 1947, pp. 190-92.