AMANTEA, Giuseppe
Nato a Grimaldi, in provincia di Cosenza, il 24 marzo 1885 da Francesco Saverio e da Maria Nigro, dopo gli studi liceali seguendo la famiglia si trasferì a Roma, ove si iscrisse alla facoltà di medicina dell'università. Nel luglio del 1910 conseguì la laurea con pieni voti discutendo una tesi sperimentale di fisiologia che gli valse l'assegnazione del premio Girolami. Subito dopo entrò come assistente nell'istituto di fisiologia umana, allora diretto da L. Luciani, e nel 1919 fu nominato aiuto. Nel 1925, divenuto professore di ruolo, fu chiamato alla cattedra di fisiologia sperimentale dell'università di Messina ove rimase fino al 1930, anno in cui si trasferì di nuovo a Roma. Nell'ateneo romano tenne dapprima la cattedra di chimica biologica dal 1931 al 1949 e, successivamente, la cattedra di fisiologia umana fino al 1955.
Dal 1915 al 1919, durante il primo conflitto mondiale, prestò servizio come medico nel XIII corpo d'armata dedicandosi alla organizzazione dei servizi sanitari sul Carso e insegnando nei corsi per ufficiali medici. Per le sue attività si guadagnò un encomio solenne e fu insignito della croce di guerra.
Per i suoi meriti scientifici fu chiamato a far parte, come socio ordinario, dell'Accademia nazionale dei Lincei, dell'Accademia dei XL e di numerose altre accademie nazionali e straniere. Fu insignito della medaglia d'oro al merito della scuola dal ministero della Pubblica Istruzione e, per lo stesso merito, dalla Accademia dei XL, e dalla Fondazione Santorio Santoro.
L'A. si formò alla scuola di fisiologia del Luciani, suo professore nell'ateneo di Roma. Certamente affascinato dalla forte personalità scientifica del maestro, da annoverarsi tra i più illustri scienziati italiani di questo secolo, e sentendosi attratto dagli studi sperimentali e di laboratorio, egli iniziò a frequentare ancora studente l'istituto di fisiologia, ove mosse i primi passi di ricercatore.
Operava allora in quell'istituto un gruppo di valenti studiosi, tra cui V. Ducceschi, S. Baglioni, U. Lombroso, D. Lo Monaco e O. Polimanti, destinati tutti a divenire fisiologi di rilievo. Nei primi quindici anni di permanenza a Roma l'A. trovò quindi l'ambiente scientifico più adatto per sviluppare le proprie doti di ricercatore e si impose molto presto per le sue originali ricerche personali. In quegli anni ebbe modo anche di frequentare il laboratorio di chimica fisiologica, diretto da D. Lo Monaco, diversificando e ampliando la propria cultura biologica.
Gli studi dei suoi maestri più diretti, del Luciani prima e del Baglioni poi, che succedette al primo alla cattedra di fisiologia di Roma, rivolti soprattutto alle funzioni del sistema nervoso, influenzarono i primi anni della sua formazione e furono critici per la scelta dei suoi indirizzi di ricerca. Egli infatti espresse il meglio della sua produzione scientifica proprio nella neurofisiologia, che predilesse e alla quale si dedicò ininterrottamente per trentacinque anni. Pur essendo il sistema nervoso l'oggetto principale della sua attività di sperimentatore, l'A. ebbe interessi scientifici vari e molteplici e indagò in altri campi della fisiologia, sia comparata sia generale, e della chimica biologica, convinto assertore della unitarietà della disciplina in quanto riteneva che "il problema della vita non si può dividere o frammentare come non si può impunemente dividere o frammentare l'organismo vivente" (Martino). La sua attività scientifica, compendiata in oltre cento lavori pubblicati dal 1910 al 1946, riguardò principalmente la fisiologia del sistema nervoso, della nutrizione e della riproduzione.
L'A. legò in modo indissolubile il suo nome all'epilessia sperimentale, campo nel quale fornì i contributi sperimentali più originali e fondamentali. Egli dimostrò per la prima volta intorno al 1920 la possibilità di indurre nell'animale accessi convulsivi combinando il metodo della stimolazione chimica della corteccia cerebrale con la stimolazione sensitiva specifica (Rapporto tra eccitamenti afferenti ed epilessia sperimentale, in Bull. della R. Accad. med. di Roma, XLVI [1920], pp. 121-127; Über experimentelle beim Versuchstier infolge afferenter Reize erzeugte Epilepsie, in Pflügers Arch. für gesamte Physiol., CLXXXVIII [1921], pp. 287-297). Questo tipo di epilessia sperimentale è noto ancor oggi come epilessia sperimentale riflessa o epilessia di Amantea.
Queste ricerche, che hanno fornito le basi fisiologiche per comprendere i meccanismi di alcune forme di epilessia umana, costituiscono una pietra miliare nella storia della neurofisiologia e segnano il punto di partenza da cui ha preso le mosse il moderno filone di ricerca sull'epilessia sperimentale che tanti contributi ha dato e continua a dare agli studi clinici di questa malattia. L'epilessia riflessa di Amantea rappresenta la dimostrazione che gli stimoli sensitivi, nel caso specifico gli stimoli cutanei, possono di fatto scatenare un accesso convulsivo quando le aree sensitivo-motorie della corteccia cerebrale si trovano in uno stato di ipereccitabilità, provocata negli esperimenti dell'A. mediante applicazione topica di stricnina. Egli iniziò i suoi studi partendo da precedenti osservazioni eseguite nel 1909 da S. Baglioni e M. Magnini (Diz. biogr. degliItal., V, pp. 247-249, s. v. Baglioni S.) sulla stimolazione chimica della corteccia cerebrale del cane. Questi autori applicarono sulla corteccia motrice piccoli dischi di carta da filtro imbevuti con una soluzione di sale di stricnina all'1% e osservarono che il trattamento topico con stricnina non solo abbassava la soglia dell'area trattata alla stimolazione faradica, ma era anche capace di provocare un accesso convulsivo costituito da contrazioni cloniche ripetitive a carico dei muscoli controlaterali all'area stricninizzata. L'A., notando che la manifestazione motoria era sempre preceduta da iperestesia delle regioni cutanee prossime ai muscoli colpiti dall'accesso epilettiforme e che la stricnina sembrava agire in modo selettivo anche sui centri sensitivi del nevrasse, procedette in modo innovativo applicando sui centri corticali soluzioni di stricnina molto più diluite (1‰) per sé inefficaci a promuovere un accesso convulsivo. L'accesso poteva invece essere scatenato per stimolazione meccanica della cute corrispondente all'area corticale trattata con la sostanza convulsivante. L'accesso si manifestava iniziando dai gruppi muscolari prossimi alla regione cutanea stimolata e sfociava alla fine in una crisi epilettiforme generalizzata. Dopo il suo scatenamento, la crisi convulsiva poteva continuare per un certo periodo di tempo seguente la sospensione della stimolazione cutanea.
Le osservazioni dell'A. furono successivamente confermate ed estese da A. Clementi (Diz. biogr. degli Ital., XXVI, pp. 376-378, s. v. Clementi A.) che ottenne un tipo di epilessia sperimentale simile (epilessia sensoriale di Clementi) mediante stricninizzazione di aree sensoriali (ad esempio, visiva e uditiva) e stimolando l'animale con stimoli di modalità appropriata (stimoli fotici o acustici). In questo caso il clono si manifesta dapprima a carico dei muscoli correlati con l'apparato sensoriale interessato (ad esempio, muscoli delle palpebre o dei padiglioni auricolari) e quindi si generalizza.
L'A. ritenne che la stricnina non provocasse lo stato di attività dei centri nervosi trattati, ma che aumentasse semplicemente l'eccitabilità del centro e che lo stato di attività fosse invece dovuto alle scariche nervose corticipete destate a livello periferico dalla stimolazione sensitiva. Raggiunto il centro, queste scariche dovevano provocare una condizione di iperattività trovando i neuroni corticali in uno stato di ipereccitabilità, o di esagerata reattività, indotta dal trattamento topico con stricnina. La generalizzazione dell'attacco era conseguenza del bombardamento di altre popolazioni di neuroni da parte delle scariche convulsive originate dal focus iperattivo. In definitiva, nella epilessia sperimentale di Amantea, il trattamento topico con stricnina, il cui meccanismo di azione consiste nel rendere inefficaci le sinapsi interneuroniche di tipo inibitorio, provoca nell'animale un focolaio irritativo artificiale che nella patologia umana è invece conseguenza di un processo morboso. In questo tipo di epilessia sperimentale, la stimolazione sensitiva scatena uno stato di attività parossistica sincrona tra i neuroni iperattivi del focolaio stricninizzato, che, a sua volta, trascina nell'attività un numero progressivamente maggiore di altri gruppi di neuroni, scatenando un accesso generalizzato. Questa situazione sperimentale è praticamente identica a quanto si verifica spontaneamente nella epilessia umana in cui frequentemente gli stimoli sensitivi o sensoriali possono scatenare una crisi.
Altro merito dell'A. in tema di epilessia fu l'aver notato che, mantenendo costanti gli altri parametri sperimentali, non in tutti gli animali sottoposti a sperimentazione era possibile indurre attacchi di epilessia. Egli intuì che fosse indispensabile per lo scatenamento dell'attacco epilettico anche una predisposizione costituzionale individuale dell'animale e considerò la predisposizione come terzo fattore essenziale per l'epilessia riflessa, dopo il fattore preparante (stricninizzazion corticale) e il fattore scatenante (stimolazione sensitiva). La natura di questo fattore predisponente è ancor oggi ignota, ma nella epilessia umana è oggi assegnato un ruolo di rilievo alla predisposizione individuale.
Occorre rilevare che definire i fenomeni osservati dall'A. epilessia riflessa ovvero induzione riflessa di accessi epilettici, appare oggi improprio. Il termine riflesso, infatti, fu probabilmente impiegato per l'influenza esercitata sul pensiero scientifico di allora dagli studi di C. S. Sherrington sui riflessi somatici e da quelli di I. P. Pavlov sui riflessi condizionati e dalla ipotesi dello stesso Luciani sulla natura riflessa degli atti motori volontari. L'epilessia di Amantea e alcune forme cliniche di epilessia analoghe a questa dovrebbero più appropriatamente essere denominate epilessie da scatenamento sensitivo-sensoriale ovvero epilessia sperimentale da eccitamenti afferenti, come lo stesso A. aveva inizialmente definito il fenomeno da lui osservato.
Sul tema dell'epilessia l'A. pubblicò, oltre ai due già citati, numerosi altri lavori: Epilessia sperimentale da eccitamenti afferenti, in Policlinico, sez. medica, XXVII (1920), pp. 462-472; Il luminale nell'epilessia sperimentale, in Bull. della R. Accad. med. di Roma, XLVII (1921), pp. 259-262 (con L. Sarpi); Su alcuni fattori dell'epilessia sperimentale anche nei riguardi dell'epilessia umana, in Zacchia, I (1921), pp. 8-14; Sur les rapports topographiques entre l'écorce cérébrale et la sensibilité cutanée chez le chien, in Arch. intern. de Physiol., XVIII (1921), pp. 474-483; L'epilessia sperimentale da eccitameti afferenti nei cani profondamente morfinizzati, in Bull. della R. Accad. med. di Roma, L (1923-24), pp. 15-15; Ulteriori osservazioni sull'epilessia sperimentale da eccitamenti afferenti nei cani morfinizzati, ibid., pp. 44-418; Sul diverso comportamento dei cani nei riguardi dell'epilessia sperimentale, in Boll. della Soc. ital. di biol. sperim., I (1926), pp. 387-390; La cura chirurgica dell'epilessia considerata in base ad alcuni recenti risultati fisiologici, in Riv. sanit. sicil., XIV (1926), pp. 798-804; Morfinizzazione ed epilessia da eccitamenti afferenti nel cane, in Boll. della Soc. ital. di biol. sperim., II (1927), pp. 311-316 (con G. Martino); Sui limiti della partecipazione corticale ai fenomeni convulsivi della epilessia sperimentale, in Arch. di scienze biol., XII (1928), pp. 413-420; Sull'accertata predisposizione di alcuni animali all'epilessia riflessa e sulla possibilità di esplorarne sperimentalmente i fattori, in Arch. di farm. sper. e scienze affini, XLVIII (1929), pp. 191-197; Sulla predisposizione di alcuni animali all'epilessia sperimentale riflessa, in Boll. della Soc. ital. di biol. sper., VII (1932), pp. 1464-470; Sull'epilessia sperimentale riflessa, in Problems of Nervous Physiology and Behavior, Symposium dedicated to Prof. J. S. Beritoff, 1936, Tbilisi 1936, pp. 389-396.
L'A. si dedicò anche alla fisiologia della nutrizione iniziando intorno al 1920, tra i primi in Italia, lo studio dei fattori vitaminici, in particolare delle vitamine B, C ed E, e delle relative avitaminosi. Studiò i problemi connessi con l'iponutrizione, il digiuno e la rialimentazione. Analizzò il valore nutritivo dei cereali e dei legumi nella alimentazione umana e formulò il concetto di quoziente beri-berico che esprime il fabbisogno di vitamina B, in relazione al tasso del metabolismo glicidico. Formulò infine l'ipotesi di "fame specifica", un concetto estesamente indagato dalla moderna psicologia fisiologica, postulando l'esistenza di meccanismi nervosi centrali capaci di promuovere un comportamento alimentare dell'animale orientato verso la preferenza e la ricerca di specifici alimenti di cui l'organismo ha necessità.
Tra i più interessanti lavori pubblicati dall'A. in questo settore si ricordano: Avitaminosi e inanizione, in Boll. della Soc. ital. di biol. sper., I (1926), pp.611-613. Sulla rialimentazione dopo il digiuno, ibid., II (1927), pp. 39 s.; Sull'azione del fattore B nei suoi rapporti con l'inanizione, ibid., pp. 195-198; Sulla possibilità di ottenere fenomeni beri-berici durevoli da privazione del fattore B nel colombo, in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e nat., s. 6, XIV (1931), pp. 210-214; XV (1932), pp. 353-357 (con V. Famiani); Sul fattore antineuritico (B1) e sul concetto di "quoziente beri-berico" (Qb), ibid., XVIII (1938), pp. 317-323; La determinazione del "quoziente beri-berico" (Qb), ibid., pp. 399-402; Sulla nozione del "quoziente beri-berico" e sulle sue applicazioni allo studio del fattore antineuritico B1, in Quad. della nutriz., I (1934), pp. 192-200; Sul modo di dosare la vitamina antineuritica (B1) applicando la nozione del "quoziente beri-berico" (Qb), in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e nat., s. 6, XXII (1935), pp. 173-178; Sullo studio dei fenomeni di ricostruzione durante la rialimentazione dopo digiuno, in Boll. della R. Accad. med. di Roma, LXI (1935), pp. 10-11; Vitamina B1 e processi costruttivi, in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e nat., s. 6, XXIX (1939), pp. 517-521 (con V. Famiani); Fenomeni beri-berici durevoli da privazione della vitamina B1, in Fisiol. medica, XIII (1942), pp. 183-191 (con V. Famiani).
Alla fisiologia della riproduzione l'A. dedicò, in lunghi anni di lavoro sperimentale, una buona parte delle sue energie e conseguì risultati di rilievo. In particolare, studiò i processi della spermatogenesi, la funzione della prostata e delle veschichette seminali, identificando per queste ultime una funzione secretoria e non di semplice serbatoio di spermatozoi. Mise inoltre a punto tecniche per la raccolta dello sperma, ideando la prima vagina artificiale, che ebbe positive ripercussioni in campo zootecnico per i procedimenti di fecondazione artificiale. Si dedicò inoltre allo studio della copulazione nel cane identificando aree riflessogene specifiche per l'erezione e per la eiaculazione e descrisse la possibilità di inibire per via riflessa questi fenomeni. Sulla base di queste ricerche suggerì la possibilità di introdurre l'anestesia delle aree riflessogene come terapia della eiaculatio praecox (Nuovo metodo di cura dell'eiaculatio praecox, in Policlinico, sez. pratica, XX [1913], pp. 1469-1471 [con S. Baglioni]; Ricerche sulla secrezione spermatica. Nota I. La raccolta dello sperma nel cane, in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e nat., s. 5, XXIII [1914], pp. 369-375, e in Arch. ital. di biol., LXII [1914], pp. 35-42; Ricerche sulla secrezione spermatica. Nota V. Osservazioni sulla secrezione spermatica dell'uomo, in Rend. dell'Accad. naz. dei Lincei, classe di scienze fis. mat. e nat., s. 5, XXVIII [1919], pp. 41-45 [con T. Rinaldini]; Ricerche sulla secrezione spermatica. Nota VI. Considerazioni generali sulla secrezione normale del cane e dell'uomo, ibid., pp. 105-108; Ulteriore contributo alla conoscenza della funzione della zona riflessoria per la erezione e l'eiaculazione, in Arch. di farmac. sper. e scienze aff., XXIX [1920], pp. 97-112; Ricerche sulla secrezione spermatica. Nota XI. Contributo alla conoscenza della funzione delle veschichette seminali e degli epididimi, ibid., XXXI [1931], pp. 108-112; Ricerche sulla secrezione spermatica. Nota XII. Prime osservazioni fisiologiche sulla secrezione delle vescichette seminali, ibid., pp. 124-129; Gli anestetici locali in vari casi di ipereccitabilità sessuale, in Rass. di studi sessuali, III [1923], pp. 309-322).
Nel 1955, raggiunti i limiti di età, l'A. fu collocato fuori ruolo e fu nominato professore emerito della facoltà medica di Roma. Ritiratosi dall'insegnamento attivo, continuò a frequentare assiduamente il laboratorio di fisiologia romano fino agli ultimi anni di vita. Si spense a Roma il 6 sett. 1966.
Bibl.: G. Quagliarello, Clinica biologica, in Unsecolo di progresso scientifico in Italia, IV, Roma 1939, p. 160; S. Baglioni-G. Simonelli, Il cervelletto e il cervello anteriore, ibid., p. 259 s.; V. Zagami, La riproduzione, ibid., pp. 342-344, 346; G. Martino G. A., in Arch. ital. di biol., CV (1967), pp. 597-604; V. Zagami, G. A., in Arch. di fisiol., LXV (1967), pp. 117-128; Id., G. A., in Arch. di scienze biol., LII (1968), pp. 167-182.