CANNONIERI, Giuseppe Andrea
Nacque a Villa Santa Caterina (Modena) da Giuseppe nel luglio 1795. Si laureò in giurisprudenza a Modena, ove fece le prima esperienze politiche, che lo videro tra le vittime della repressione scatenatasi nel 1821-22. L'11 settembre 1822 venne condannato, da un tribunale straordinario insediato nel forte di Rubiera, a un anno di carcere, "perché - suonava la sentenza - circa la metà di agosto del 1820 si fece formalmente aggregare alla società segreta dei Carbonari nella casa del dott. Ludovico Morelli". La condanna fu ratificata un mese dopo dal duca Francesco IV, in quanto il C. era tra "i detenuti negativi, ma convinti".
Uscito dal carcere, si trasferì a Roma, dove prese parte alle cospirazioni carbonare che sfociarono nei due falliti tentativi del dicembre 1830 e del febbraio 1831. Nuovamente compromesso, il C. si recò a Pistoia, e poi in Francia; dopo un breve soggiorno a Macon, si stabilì a Parigi, ove entrò in contatto col Buonarroti.
Nel 1831 questi fondava la società dei Veri Italiani, "più aperta dei soliti organismi settari buonarrotiani", che si proponeva scopi "essenzialmente di discussione ideologica e di propaganda" (A. Galante Garrone); della giunta centrale di essa il C. fu, per un certo periodo, segretario.
Il Galante Garrone ritiene che, "per lo stile", si possa attribuire al C. la redazione di due dei bollettini inviati alle "famiglie", con cui la società era collegata in Italia, uno del gennaio e l'altro del marzo 1833: nel primo si insiste sull'obiettivo dell'eguaglìanza, che esige un "adeguato ordinamento di beni e di opere", da perseguire col "rivolgersi alle masse, scuoterle, istruirle per i loro diritti"; nel secondo si esortano gli aderenti a cercare proseliti soprattutto fra le classi popolari: "Spetta a noi l'internarci fra tutte le classi fino all'aratro delle popolazioni italiane".La corrispondenza delle "famiglie" col centro parigino faceva capo al C., al quale veniva indirizzata presso l'Esule, un periodico bilingue (italiano e francese) pubblicato tra la fine del 1832 e gli inizi del 1834. "Era un giornale esclusivamente letterario", difficile da collegare "ai Veri Italiani o al mondo ideologico buonarrotiano" (Galante Garrone), del quale il C., con il Frignani e il Pescantini, firmò il programma nel settembre 1832 e costituì la direzione, probabilmente fino a tutto il 1833: vi pubblicò due saggi, uno di Idee generali sullo stato presente della letteratura italiana, alla ricerca, conciliante e generica, di "un superiore accordo fra classicismo e romanticismo" (Galante Garrone), l'altro sulla Vita di Canova, con un interessante passo critico sulla figura di Napoleone.
Mancano notizie sul C. per gli anni successivi al 1834, quando le organizzazioni buonarrotiane entrarono in crisi. Rimase, comunque, in esilio fino al 1848, allorché col mutare della temperie politica rientrò in Italia. Fu di nuovo a Modena, poi in Toscana, dove familiarizzò col Vannucci, al quale fornì notizie sul Borelli, per un articolo su Ciro Menotti, che venne pubblicato in luglio sull'Inflessibile. Pubblicò in questo periodo il lungo racconto L'assedio di Ancona dell'anno 1174 per Cristiano,arcivescovo di Magonza... (Firenze 1848). Più tardi, il 16 ottobre, indirizzava una lettera rievocativa sul Buonarroti ancora al Vannucci, che questi poi inserì nel suo volume Imartiri della libertà italiana dal 1794 al 1848 (Firenze 1860, pp. 447-449).
In qualità di commissario dei Circoli del popolo di Firenze, il 10 genn. 1849 il C. era, con il Vannucci, a Roma tra i membri del Comitato dei commissari dei circoli toscani, costituito sotto la presidenza del De Boni, e trasformato poi nel Comitato dei circoli italiani, che doveva attuare l'idea di una Costituente italiana. A Roma il C. fu tra i pochi membri non appartenenti allo Stato pontificio, che entrassero nell'Assemblea costituente romana.
Membro della commissione mista per la compilazione del progetto di costituzione, il 18 aprile egli chiudeva la discussione generale con "brevi dilucidazioni" (Leti) sull'ordine seguito dalla commissione stessa. Il 24 aprile iniziava la discussione degli articoli, nel corso della quale interveniva, in merito all'art. 4, per ricordare al Ballanti - il quale non "aderiva al concetto di trovar lavoro ai cittadini necessitosi, ma trovava opportuno soccorrere gli impotenti" - che per quest'ultima bisogna "nella nuova organizzazione c'era un ministero incaricato della beneficenza pubblica (Leti). Il 28 giugno, nel corso della discussione sul titolo primo (dei diritti e dei doveri dei cittadini), respinta la proposta di Bonaparte che richiedeva ipso facto la cittadinanza romana per tutti gli italiani domiciliati a Roma (senza che trascorressero i tre anni previsti dal progetto), il C., "ricordando che la prima commissione provvisoria aveva proposto un domicilio di soli sei mesi" (Leti), chiese ed ottenne, a larga maggioranza, che si tornasse almeno a questo primo testo. Il C. intervenne anche nella discussione sulla libertà di insegnamento.
Il 29 aprile, pochi giorni dopo lo sbarco dei Francesi a Civitavecchia, assieme ad Arduini, Guerrini e Cola, egli ebbe incarico dal Triumvirato di portare per la città "la parola viva e ardente della fede", che "infiammi e sostenga il coraggio del popolo" (Leti). Essi coniarono parole d'ordine che comparvero in un manifesto del 30 aprile (Ricordi al popolo romano suggeriti dai discorsi degli oratori del popolo) da loro stessi firmato. Nella seduta tenuta dall'Assemblea il 4 luglio, mentre già i Francesi erano entrati nella città, quando il Cernuschi propose un decreto che dichiarasse cittadini romani tutti i patrioti che avevano combattuto per la Repubblica, il C. volle che si pensasse soprattutto a coloro che versavano in cattive condizioni economiche, "che sono in gran numero", stanziando a tal scopo centomila scudi: la proposta passò poi con una formulazione generica. Lo stesso giorno, tutti i membri dell'Assemblea, il C. compreso, prima di sciogliersi, firmarono la protesta "contro la violenta invasione della sua sede" operata da un drappello di soldati francesi.
Caduta la Repubblica romana, il C. trovò rifugio a Genova, dove affiancò il Savi nell'opera di organizzazione e formazione della classe operaia. Egli "poté influire partecipando a commissioni operaie, ma soprattutto esercitando un'azione indiretta" (Diz. d.Risorg. naz.).La prima iniziativa, infatti, della Società generale degli operai fu quella di un corso di storia patria per artigiani e operai, che venne affidato al C., il quale lo iniziò ai primi del giugno 1851, nell'oratorio dei SS. Antonio e Paolo, ma il 10 giugno, dopo la seconda lezione, per ordine delle autorità, timorose delle opinioni dell'insegnante, il corso fu sospeso.
D'altra parte, secondo il Cantimori, proprio il corso testimoniava "come si diluisse ed attenuasse la propaganda lenta e prudente della sana filosofia" di quel Buonarroti, alla cui ideologia il C. sarebbe "rimasto fedele". Benché sospese, le sue lezioni poterono essere pubblicate col titolo Corso di storia d'Italia in ventidue lezioni del professore G. C.,vicepresidente del Comitato genovese d'istruzione e di educazione (Genova 1851). Secondo il Cantimori "il vigore buonarrotiano è come soffocato in queste pagine; e, anche se non si vuole prescindere dalla minor cultura e dalla meno decisa formazione mentale del C., si può ben dire che la "prudente e necessaria cautela" ci ha la sua parte".
Dal 29 nov. 1852 il C. diveniva professore di storia e letteratura al liceo di Sampierdarena, ma continuò a prestare la sua opera nelle scuole popolari, che, nel novembre 1857, si trasferivano nella nuova sede della Consociazione in palazzo Rainegi. Il prevalere del lavoro politico, con le intense vicende degli anni '60, ne determinarono la chiusura: esse però - come ricordava il Giornale delle associazioni operaie italiane del 6 marzo 1864 - non passarono invano in quanto "suggerirono al comune il pensiero delle scuole serali".
Socio onorario, tra i più attivi e prestigiosi, della Confederazione operaia genovese, fu delegato a rappresentarla, assieme al Savi e al Prina, al X congresso delle Società operaie, che si tenne a Parma nell'ottobre 1863. Fu il congresso della affermazione repubblicana, che si concretizzò nella definizione di un più stretto legame federativo (progetto alla cui stesura anche il C., seguito dall'interesse di Mazzini, aveva lavorato); nella costituzione di una commissione permanente, con sede a Genova, della quale entrarono a far parte ben cinque genovesi, tra cui il C., che, se buonarrotiano ancora si riteneva, non sembra lo palesasse più; e con la decisione di pubblicare il Giornale delle associazioni operaie, che affiancandosi all'azione della Consociazione ebbe riflessi importanti sul movimento operaio genovese, il quale "assume ora un chiaro indirizzo politico" (Montale). Il primo numero del giornale usciva il 3 genn. 1864, con una dichiarazione programmatica, firmata da F. B. Savi, G. Asproni, G. Stampa, F. Valentino, e dal C., in cui si affermava che "l'istruzione morale, lo sviluppo dei sentimenti di solidarietà e fratellanza è... la base e il principio d'ogni sistema di educazione". Ma quando il suo impegno culturale politico a favore della nascente classe operaia assumeva un rilievo nazionale, il C. morì a Genova il 17 genn. 1864.
Fonti e Bibl.: Un necrologio del C. si trova nel Giornale delle associazioni operaie del 24-31 genn. 1864; una scarna biografia in Diz. del Risorg. naz., II, p. 519. Inoltre, si vedano: Ediz.naz. degli scritti di G. Mazzini,Epistolario, I, p. 203; XIX, pp. 275, 284; LXXI, p. 264; LXXVI, p. 85; N. Tommaseo, Diario intimo, a cura di R. Ciampini, Torino 1938, p. 162; Le prime vittime di Francesco IV duca di Modena..., a cura di G. Carducci, Roma 1897, pp. 169, 172, 174, 188, 192, 194; G. Sforza, La rivoluzione del 1831nel ducato di Modena, Roma-Milano 1909, pp. 256 s.; G. Leti, La rivoluzione e la Repubblica romana (1848-1849), Milano 1913, ad Indicem; D. Cantimori, Utopisti e riformatori italiani (1794-1847).Ricerche storiche, Firenze 1943, pp. 147-150; A. Saitta, F. Buonarroti..., I, Roma 1950, pp. 39, 244; II, ibid. 1951, pp. 77, 227, 236; G. Perillo, Comunismo,social. e cristianesimo sociale nella stampa genovese tra il 1848 e il 1852, in Mov. oper. e social. in Liguria, IV (1958), p. 201; Id., Gli albori dell'organiz. op. nel Genovesato,ibid. VI(1960), pp. 51, 54; B. Montale, La Confederazione operaia genovese e il movimento mazziniano in Genova dal 1864 al 1892, Pisa 1960, ad Indicem; Il movimento operaio e socialista. Bilancio storiografico e problemi storici (Convegno di Firenze, 18-20 genn. 1963), Milano 1965, p. 80; G. Balestrieri, F. B. Savi e il "Giornale delle associazioni operaie italiane", in Il giornalismo italiano dal 1861 al 1870(Atti del V Congresso dell'Istituto nazionale per la storia del giornalismo), Torino 1966, pp. 66 s., 70; N. Rosselli, Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio italiano (1860-1871), Torino 1967, pp. 110 s.; A. Galante Garrone, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento (1828-1837), Torino 1972, ad Indicem.