PIERI, Giuseppe Andrea
PIERI, Giuseppe Andrea. – Nacque a S. Stefano di Moriano, nel Principato di Lucca e Piombino, il 17 marzo 1808 da Domenico e Maria Assunta Bonsignori.
Il padre, calzolaio e poi carceriere, lo iscrisse nel 1819 al Liceo reale di Lucca appena istituito da Maria Luisa di Borbone. Pieri intraprese svogliatamente gli studi legali, ottenendo il grado di ‘baccelliere in legge’ nel 1829 piuttosto che nei due anni previsti dal programma. Nel 1830 fu condannato a un anno di reclusione dalla Corte correzionale di Lucca per il furto di un orologio ai danni di un compagno di studi; la sentenza, contro cui ricorse inutilmente in appello, gli costò anche l’espulsione dal Liceo. Scontata la pena, nel 1832 emigrò in Corsica e poi in Francia. Stabilitosi a Lione nel 1833, si dichiarò rifugiato politico e trovò impiego in un maglificio. Nel 1834 si sposò, ma il nome della moglie, con la quale ebbe due figli, rimase ignoto e fu taciuto anche negli atti del processo per l’attentato a Napoleone III in cui sarebbe stato coinvolto nel 1858. Dopo un breve periodo ad Avignone, si trasferì a Parigi, dove lavorò come cappellaio.
Pieri non si avvicinò pertanto alla politica in gioventù, ma più avanti, e precisamente partecipando, il 6 gennaio 1842, alla nascita della sezione parigina dell’Unione degli operai italiani, organizzazione fondata da Giuseppe Mazzini a Londra nel marzo del 1841 per rilanciare l’attività della Giovine Italia. Divenuto segretario della sezione, Pieri propose di svincolare l’attività del gruppo di Parigi dalle direttive provenienti da Londra, nonché di sopprimere il comma dell’articolo 7 sull’Istruzione generale degli affratellati alla Giovine Italia che vietava l’appartenenza ad altre associazioni. Dopo il rifiuto di Giuseppe Lamberti, responsabile organizzativo della Giovine Italia, motivato da ragioni di sicurezza e di natura politica – «chi vuol esser con noi, lo deve esser esclusivamente» (Protocollo della Giovine Italia, I, Imola 1916, p. 162) – Pieri si rivolse direttamente a Mazzini che, evidentemente preoccupato dalle sue richieste, gli rispose indirettamente con l’articolo Necessità dell’ordinamento speciale degli operai italiani. Risposta ad una obbiezione (in Apostolato Popolare, 5 aprile 1842). Nel maggio 1842 la Congrega centrale di Londra, da cui dipendevano le sezioni dell’Unione degli operai italiani, minacciò la radiazione per quegli associati che Mazzini in una lettera a Lamberti definì «Pieristi» (Scritti editi ed inediti, XXIII, Imola 1915, p. 159). Il tentativo di dissuasione non sortì alcun effetto e nel giugno 1842 l’Unione degli operai italiani di Parigi fu ufficialmente disconosciuta dalla Congrega centrale di Londra e dalla Giovine Italia.
Per un breve periodo Pieri visse grazie ai sussidi degli amici e nel 1843 si arruolò nella legione straniera, sotto le cui insegne combatté in Algeria con il grado di sottotenente. Rientrato in Francia nel 1845, dopo un breve periodo trascorso a Lione, tornò a Parigi, dove prese servizio come cappellaio presso l’artigiano Chabre. L’ex datore di lavoro, chiamato a deporre nel 1858 al processo per l’attentato a Napoleone III, definì Pieri «esageratissimo in fatto di propaganda» (Orsini, 1863, p. 491) e assai attivo durante la rivoluzione del febbraio 1848. Fu in quei mesi che Pieri tornò a militare nell’orbita repubblicana, come consigliere dell’Associazione nazionale italiana fondata da Mazzini nel marzo 1848, anche se sono da escludere rapporti diretti con il patriota genovese; qualche settimana dopo arrivò sui campi di battaglia lombardi con la legione nazionale italiana, guidata dal generale Giacomo Antonini, anch’egli consigliere dell’Associazione nazionale italiana.
Impegnato tra maggio e giugno nella difesa di Treviso e Vicenza, dopo l’armistizio Salasco dell’agosto 1848 Pieri ripiegò su Lucca, annessa al Granducato di Toscana l’anno precedente; nell’ottobre, con un decreto di Leopoldo II, fu nominato «maggiore comandante del 1° Battaglione estero» (Laganà, 2002, p. 272). Dopo la fuga di Leopoldo II da Firenze, avvenuta il 30 gennaio 1849, Pieri si schierò con il governo provvisorio democratico radicale guidato da Francesco Domenico Guerrazzi e «si abbandonò, con due compagnie poste sotto i suoi ordini, ad ogni sorta di eccessi» (Orsini, 1863, p. 464) nei confronti delle popolazioni del Pistoiese, rimaste fedeli al granduca. Per questa ragione il restaurato governo granducale, nella primavera del 1849, destituì Pieri dal grado di maggiore e lo spinse a riparare nuovamente a Parigi. Ormai noto alle autorità di pubblica sicurezza, dopo il colpo di Stato di Luigi Napoleone Bonaparte del 2 dicembre 1851 fu espulso e costretto a emigrare in Inghilterra.
Stabilitosi a Birmingham, iniziò a insegnare italiano e francese. Nel 1857, proprio a Birmingham, incontrò Felice Orsini, impegnato in una serie di conferenze sulle condizioni d’Italia nelle quali criticava pesantemente la strategia politica mazziniana. L’avversione verso Napoleone III e il probabile livore maturato nei confronti di Mazzini fin dal 1842 indussero Pieri a collaborare alla cospirazione contro l’imperatore francese che il carismatico Orsini stava pianificando con l’aiuto del rifugiato repubblicano francese Simon Bernard.
Il ruolo di Pieri nell’organizzazione dell’attentato fu rilevante. Tra l’ottobre e il novembre del 1857 acquistò a Birmingham le tre rivoltelle sequestrate durante le perquisizioni seguite all’arresto dei congiurati, oltre a verificare, su richiesta di Orsini, l’affidabilità di Antonio Gomez. Bernard chiese a Pieri, sbarcato in Francia alle prime ore del 7 gennaio 1858, di recuperare un ordigno a Bruxelles e quindi di raggiungere Parigi. Nella capitale belga Pieri commise il grossolano errore di incontrare Rosina Hartman, sua domestica a Birmingham, accennandole a una delicata missione che avrebbe potuto costargli la decapitazione; la Hartman rivelò le confidenze di Pieri alla sua padrona, permettendo all’ambasciata francese di segnalare l’imminente arrivo a Parigi. Infine fu l’arresto di Pieri, avvenuto in modo casuale il 14 gennaio 1858 nei dintorni dell’Opéra poco prima dell’attentato grazie al suo riconoscimento da parte di un funzionario di polizia in licenza, a permettere alle autorità di risalire rapidamente a Orsini, Gomez e Carlo Di Rudio.
La condanna a morte del 26 febbraio 1858 confermò la centralità di Pieri nell’organizzazione dell’attentato. Furono la sua condotta difensiva – si dissociò in modo plateale dai colleghi negando il complotto – nonché il ‘protagonismo’ di Orsini, a consegnarlo all’oblio. Stando al racconto della Gazette des Tribunaux, Pieri trascorse in modo convulso i giorni di prigionia e all’alba del 13 marzo 1858, giorno dell’esecuzione, si presentò al direttore del carcere in chiaro stato di agitazione (Orsini, 1863, pp. 589 s.). Si calmò cantando Mourir per la patrie, l’inno dei girondini, fino a quando la lama della ghigliottina pose fine a una vita difficile, complicata senza dubbio dal suo temperamento inquieto, ma anche dalle difficoltà morali e materiali dell’esulato.
Fonti e Bibl.: Le fonti relative a Giuseppe Andrea Pieri, reperibili presso l’Archivio arcivescovile di Lucca, l’Archivio parrocchiale di Ponte a Moriano, l’Archivio di Stato di Lucca e l’Archivio storico del Comune di Lucca, sono citate e in parte riprodotte nell’unica biografia disponibile su Pieri, quella di N. Laganà, P. G.: un cospiratore lucchese che prese parte all’attentato del 14 gennaio 1858 a Napoleone III, Lucca 2002. Notizie sulla vita di Pieri si trovano anche negli atti processuali del 1858 pubblicati in F. Orsini, Vita e memorie di Felice Orsini precedute dalla storia dell’attentato del 14 gennaio 1858, seguita dagli interrogatori e documenti del processo, Firenze 1863; nella voce di M. Menghini, P., G. A., in Enciclopedia italiana, Roma 1935 (anche on-line, http://www.treccani.it/enciclopedia/ giuseppe-andrea-pieri_(Enciclopedia-Italiana)/); e, più di recente, in E. Bacchin, Italofilia. Opinione pubblica britannica e Risorgimento italiano 1847-1864, Torino 2014, pp. 171 s.; Ead., Felice Orsini and the construction of the pro-italian narrative in Britain, in Britain, Ireland and the Italian Risorgimento, a cura di N. Carter, Basingstoke 2015, pp. 80-103. Lo scambio epistolare intercorso nel 1842 tra Pieri da una parte e Mazzini e Lamberti dall’altra è stato pubblicato in G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, XXIII, Imola 1915, pp. 47-109, 156-204, 268-277, e nel Proto-collo della Giovine Italia, I, 1840-1842, Imola 1916, pp. 158-222. La partecipazione di Pieri all’Associazione nazionale italiana è menzionata in G. Mazzini, Scritti editi ed inediti, XXXV, Imola 1922, pp. 42, 351. A Pieri si è liberamente ispirato Mario Martone per caratterizzare il personaggio di Angelo Cammarota nel film Noi credevamo (2010), sceneggiato con Giancarlo De Cataldo, su cui si veda la discussione a più voci: F. Benigno - S. Lupo - M. Marmo - E. Morreale, Da Nord a Sud: Noi Credevamo di Mario Martone, in Meridiana, 2010, vol. 69, pp. 145-170.