EANDI, Giuseppe Antonio
Nacque a Saluzzo (od. prov. di Cuneo) il 12 ott. 1735 da Andrea Valeriano, notaio del luogo, e Antonietta Garetti (secondo il biografo più attendibile, il nipote A. M. Vassalli Eandi; il Bonino attribui alla madre il cognome Gianotti).
Ebbe diverse sorelle; una di esse, Teresa, rimasta molto presto vedova, visse con l'E. (dopo che egli pronunciò i voti) unitamente al figlio Antonio Maria Vassalli, che cosi fu in stretto rapporto con lo zio fin dall'infanzia, recependone gli interessi intellettuali per diventarne poi collaboratore e successore.
Nel 1751, mentre l'E. seguiva studi letterari a Saluzzo, il padre mori, lasciando la famiglia in condizione economica non florida; pur ancora giovanissimo, l'E. lasciò alla madre e alle sorelle i modesti proventi dell'eredità paterna, provvedendo a se stesso con le lezioni private procurategli dalla reputazione di studente brillante. La sua vita subi una svolta culturale quando l'abate I. Butis, suo docente di filosofia nel 1753-54, l'incoraggiò a partecipare al concorso di ammissione al collegio delle Provincie, che offriva a Torino soggiorno e studi universitari gratuiti a giovani provenienti dallo Stato sabaudo. Nel concorso del 1756 l'E. risultò il miglior concorrente (nonostante una balbuzie poi progressivamente dominata). L'ambiente del collegio e quello dell'ateneo torinese, modernizzato a partire dalla riforma del 1720, misero in contatto il giovane provinciale, formatosi con moduli sostanzialmente tradizionali, con idee e contenuti didattici che, almeno in alcune discipline, andavano assumendo tono europeo. A Saluzzo l'educazione familiare e i maestri locali l'avevano orientato alla scelta della vita religiosa e a studi erudito-letterari, e non era neppure rimasto estraneo alla moda dello scrivere versi, anche se percepi presto di non avere disposizione poetica, cosicché i suoi interessi letterari assunsero veste storico-critica. Avendo concorso nel collegio ad uno dei posti riservati alla sottoclasse di lettere, nell'università l'E. segui inizialmente i corsi di lettere classiche e italiane di docenti quali G. Bartoli e G. D. Chioni; tuttavia, recatosi ad ascoltare le lezioni del cattedratico di fisica, G. B. Beccaria, converti gli interessi letterari in quelli scientifici, ottenendo il passaggio dalla sottoclasse di lettere a quella di filosofia.
A Torino, come altrove, il corso di laurea di questo nome era ormai interessato da una divaricazione crescente tra gli insegnamenti matematici e sperimentali, destinati a formare la futura facoltà di scienze, e le tematiche metafisiche, logiche ed etiche più vicine alla tradizione. L'E. curò con scrupolo entrambi questi versanti, ma per influenza del Beccaria e del matematico F. D. Michelotti, noto cultore di idraulica pura e applicata, i suoi interessi vennero poi focalizzandosi su temi sperimentali. Le sue doti e le capacità di applicazione furono presto apprezzate: già nel 1757 (su probabile parere del Michelotti) fu nominato ripetitore di geometria nel collegio; lo stesso docente (del quale l'E. segui i corsi anche posteriormente alla laurea, per otto anni) si valse di lui come collaboratore e supplente, durante le assenze per consulenze e incarichi pubblici. Ma ancor più significativo fu il rapporto con il Beccaria, del quale l'E. divenne, insieme con l'abate D. Canonica, il collaboratore abituale. La funzione di ripetitore nel collegio delle Provincie era un tramite molto indiretto verso la carriera accademica (solo i due ripetitori più anziani, tra i quali egli non era, avevano l'incarico di assistenti retribuiti nell'ateneo). Per sostentarsi egli dovette quindi proseguire le lezioni private dall'agosto 1761, quando superò l'esame di abilitazione all'insegnamento della filosofia, al 1770. In questi anni stabili contatti con l'ambiente scientifico e culturale torinese, e con brillanti ex allievi di Beccaria e Michelotti quali G. F. Cigna, G. A. Saluzzo e L. Lagrange, che, entrati in dissidio col maestro, avevano fondato la società scientifica destinata a divenire l'Accademia reale delle scienze. Tuttavia, per devozione al Beccaria o per evitarne il risentimento l'E. aderirà all'accademia solo dopo la sua morte.
Nel novembre 1770 assunse la prefettura degli studi e l'insegnamento di filosofia nelle regie scuole di Savigliano, che tenne per tre corsi biennali. Ammodernò la didattica, potenziando gli insegnamenti di italiano e matematica, e attenuò il rigido apparato disciplinare. Fu ancor più notevole la sua riforma dei programmi di filosofia, episodio significativo di un processo di espansione della cultura moderna dal centro torinese alle istituzioni provinciali.
La descrizione fatta dal Vassalli dei testi manoscritti dei corsi dell'E. a Savigliano li qualifica come anelli intermedi della transizione da una manualistica filosofica onnicomprensiva, di assetto sistematico e aprioristico a una in cui era orinai matura la separazione tra trattatistica fisica in senso moderno e trattatistica filosofica; la transizione risulterà completa nei successivi Physices experimentalis lineamenta. A Savigliano, oltre ad aggiornare i contenuti, l'E. mutò anche in parte l'ordine tradizionale del cursus filosofico. Nel primo anno alla logica fece seguire la metafisica (comprensiva di ontologia e psicologia), ma anche un'ampia sezione di geometria; inoltre abbandonò in parte il metodo aprioristico-deduttivo, inserendo considerazioni storiche e metodologiche e dando un carattere più positivo alla discussione delle sostanze spirituali. Nel secondo anno trattò (con modalità analoghe) la morale e la fisica, aggiornando molto i contenuti (inclusa tra questi l'elettrologia, tema di voga europea divenuto, con Beccaria, abituale per i fisici piemontesi). Indice significativo del carattere non più scolastico della cultura dell'E., e insieme del suo intento di contrastare l'uso illuministico della scienza come agente corrosivo di atteggiamenti fideistici, sarà l'operetta Ragione e religione (Torino s. n. t.), dedicata al vescovo di Nizza, c. E. Valperga, già governatore del collegio delle Provincie quando l'E. ne era stato allievo. Il lavoro ebbe però tiratura e circolazione molto limitate, e oggi risulta quasi introvabile. Molto giovane ("subito che ebbe l'età prescritta dai sacri canoni", secondo il Casalis) egli si era fatto ecclesiastico, ma nessuna delle fonti chiarisce i termini di questa scelta. Ebbe un preciso interesse per il dibattito teologico contemporaneo, e fu un conoscitore della letteratura sul giansenismo, ma non risulta che traducesse le sue motivazioni di studio in prese di posizione esplicite. Molto apprezzato come oratore sacro, diverrà in seguito predicatore nell'ateneo, ed avrà l'incarico di tenere annualmente il discorso detto "della Sindone" alla famiglia reale ed alla corte (destinerà al Vassalli la rendita connessa con questa funzione).
Durante gli anni di Savigliano l'E. non interruppe i rapporti con Torino e la collaborazione col Beccaria; nel novembre 1776, nominato secondo sostituto del cattedratico, tornò definitivamente nella capitale (il primo sostituto, destinato alla successione in cattedra, era l'abate D. Canonica, che teneva anche l'incarico interinale di geometria). Morto il Beccaria nel maggio 1781 gli successe il Canonica, lasciando l'insegnamento della geometria all'E., che nel novembre tenne la prolusione (che Vassalli qualificò importante, ma rimase inedita ed è probabilmente perduta). Per le esigenze didattiche egli ampliò la parte matematica dei corso di Savigliano, già comprendente algebra, aritmetica e geometria (oltre alle applicazioni); ne risultò un manuale rimasto inedito, che funse da base ai successivi Arithmetices et Geometriae elementa. L'inserimento nei ruoli universitari portò l'E. ad incarichi diversi: nel dicembre 1782 divenne presidente del collegio di belle arti (che conferiva le lauree), ed operò perché la presentazione delle tesi da parte dei relatori, tradizionalmente formale ed elogiativa, diventasse una discussione di merito. Vassalli scrisse che i suoi interventi su tesi scientifiche ebbero spesso un carattere storico, volto ad individuare lo sviluppo della tematica considerata nella storia scientifica piemontese, e questa dimensione dei suoi interessi si rivelerà anche in alcune delle sue pubblicazioni. Curò con scrupolo anche le altre incombenze della carica (quali la censura su alcuni generi di pubblicazioni e la sovrintendenza a scuole pubbliche di Torino). Con gli anni ebbe riconoscimenti esterni allo Stato sabaudo, quali la nomina a membro associato dell'Accademia di belle arti di Perugia (1793) e dell'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna (1795). Nel dicembre 1788 fu ammesso come socio nazionale residente nell'Accademia delle scienze di Torino, ponendo termine al distacco mantenuto durante la vita del Beccaria, senza che questo comportasse l'abbandono dell'eredità di idee del maestro: sollecitato da rilievi mossi all'estero sulla scarsa risonanza che in Piemonte sembrava aver avuto la morte del grande fisico, chiese al Canonica di scriverne una biografia, e di fronte alla mancata disponibilità di questo vi lavorò egli stesso.
L'opera (Memorie istoriche intorno gli studi del padre Giambattista Beccaria delle Scuole Pie professore di fisica sperimentale nella R. Università di Torino, Torino 1783) apparve anonima; l'attribuzione all'E., oltre che da concordi testimonianze, si ricava dalla sua dedica al giovane conte Prospero Balbo, già allievo ed erede delle carte scientifiche del Beccaria, che intendeva pubblicarle. Il proposito non avrà esecuzione, ma il Balbo curò la stampa, in appendice alle Memorie, delle lettere di B. Franklin al Beccaria e di un elenco degli scritti editi ed inediti dello scolopio. Oltre al valore documentario (resta ancora la più ampia biografia del Beccaria), il libro mantiene una utilità storica per l'asserzione dei significati, metodi e scopi attribuiti dal maestro alla ricerca scientifica, e sostanzialmente condivisi dall'Eandi. La funzione storica assolta dal Beccaria in Piemonte vi è descritta come il superamento definitivo delle fisiche aprioristiche (di matrice scolastica o cartesiana), sostituite da un atteggiamento di ricerca che l'E. presenta come empiristico e induttivo, tale da "partire sempre dai fatti per passare alle conclusioni"; per esso la fisica sarebbe piuttosto "sagacitas, et odoratio quaedam venatica, quam scientia", e dunque il suo scopo non può essere il dedurre i singoli fenomeni da modelli precostituiti, ma il descriverne attentamente le modalità e solo in seguito proporne spiegazioni caute e circoscritte. Quanto alla valutazione dei risultati scientifici del maestro, l'E. (in ciò codificatore di una interpretazione persistita a lungo in area piemontese) spesso li amplifica vedendovi l'anticipazione di intuizioni o concezioni di cui, a rigore, aveva approntato o rinvenuto alcuni elementi costitutivi, senza però disporre d'un quadro teorico atto a mostrarne pienamente il senso. Questo è vero sia per la sua posizione rispetto all'elettrologia del tardo Settecento, sia per quella rispetto alle idee di Priestley o di Lavoisier sulla ossidazione e la combinazione chimica. Le Memorie documentano anche un aspetto umano dell'E. su cui concordano le fonti, cioè la sua sobrietà di giudizio unita a riserbo sui propri meriti e aspettative. Il libro evita di evidenziare il suo contributo alle ricerche del Beccaria, anche in punti nei quali questo è attestato da altre fonti. Tra l'altro, è noto che fu l'E. a segnalare al maestro le osservazioni di G. Rey (1630) sulla calcinazione dei metalli, che orientarono le ricerche dello scolopio verso la chimica dell'ossigeno.
Negli anni successivi al 1781, pur mantenendo l'insegnamento di geometria, l'E. si occupò essenzialmente di fisica, e primariamente di elettrologia, associandosi nella ricerca il Vassalli (nel 1787 questi costrui il suo elettroscopio a foglie d'oro). Nel 1788, avendo il Canonica lasciato l'insegnamento per motivi di salute, passò alla cattedra di fisica sperimentale seguitando a valersi dell'aiuto del nipote, che nel 1792 divenne sostituto e nel 1795 ebbe la designazione governativa a suo successore (gli succederà di fatto nel 1801). Il lavoro sperimentale dell'E. in questi anni non è pienamente ricostruibile, sia perché le sue pubblicazioni furono esigue, sia perché i suoi risultati confluirono in quelli del Vassalli, sia infine perché le ricerche di Galvani e Volta tracciarono presto vie d'indagine rispetto alle quali le sue risultarono obsolete o incomplete.
In una memoria letta nell'Accademia delle scienze di Torino nel maggio del 1790 (Sur l'électricité dans le vide, in Mémoires de l'Académie Royale des sciences, X [1790-1791], pp. 7-17), pur restando fedele alla tradizionale teoria del calorico e seguitando a sostenere l'identità di esso col "fluido elettrico", presentò originali esperienze volte a provare - contro George C. Morgan - la trasmissione delle cariche elettriche nel vuoto. In un'altra memoria letta nel giugno 1792 (Résolution des questions suivantes sur l'électricité; I, L'air est-il électrique par frottement?, II, La lumière excitée par le frottement dans les corps est-elle électrique?; III, Les corps résineux décèlent-ils de l'électricité par la chaleur et la fission?, ibid., Année 1792 à 1800, XI [1801], pp. 1-7) ribadi come proprio l'ideale scientifico che aveva attribuito al Beccaria: "La Nature presque jalouse de sa marche dans la production de ses merveilles à peine semble-t-elle permettre que le Physicien s'approche de son sanctuaire. De-là vient que nous ne pouvons recucillir que quelques vérités singulières, dont la découverte dépend le plus souvent de l'invention de quelque nouvel instrument". I suoi esperimenti gli suggerirono risposte positive ai primi due quesiti e una cautamente negativa al terzo. Possiede poi un notevole interesse storico la Lettera di un amico al conte Balbo col ragguaglio delle esperienze di Luigi Galvani, accademico bolognese, intorno all'azione dell'elettricità nei movimenti muscolari, comparsa nella Biblioteca oltremontana (marzo 1792, p. 294). La lettera offriva una discussione ampia e non pregiudiziale degli esperimenti del Galvani e delle questioni che aprivano; tradotta in francese nel Journal de physique, essa divenne uno dei tramiti principali per la conoscenza in Europa dei lavori dello scienziato bolognese.
A un settore che, con l'elettrologia, era stato al centro del lavoro del Beccaria e suo, la chimica dell'ossigeno, l'E. dedicò una breve ricostruzione dei contributi piemontesi (Essai sur l'histoire des théories de la respiration, de la combustion etc. en Piémont), pubblicata nello stesso volume dei Mémoires dello scritto precedente, alle pp. 8-17. Egli presentò le osservazioni torinesi (Beccaria, Cigna e altri) sulle variazioni cromatiche del sangue in relazione alla presenza dell'aria come origine della forma matura della teoria dell'ossigeno del Priestley e del recente riconoscimento della respirazione come forma "un peti plus lente" di combustione. Anche qui, secondo la meccanica già accennata, egli sottovalutava il mutamento concettuale intercorso tra quelle osservazioni e questi sviluppi.
Dopo il 1790 l'E. fu consultato dal magistrato all'Istruzione Pubblica circa la riforma degli studi di filosofia e teologia nel Regno sabaudo, e tra l'altro propose l'ado.zione di manuali nuovi ed unici per ogni disciplina. La proposta fu accolta e gli fu assegnato l'incarico di redigere i testi di matematica e fisica; nell'accettarlo, associò al lavoro il Vassalli. I due manuali ebbero successo anche fuori del Piemonte, venendo adottati in diverse università (Arithmetices et geometriae elementa ad Subalpinos, Taurini 1795; Elementa physicae experimentalisad Subalpinos, ibid. 1793).
Del primo testo l'E. scrisse la parte geometrica, lasciando al nipote quelle di aritmetica e algebra. La strutturazione del testo di fisica dipese sia dai connotati generali della didattica della disciplina nel periodo, sia da situazioni specifiche dell'ateneo torinese. Essendo lo studio della fisica ancora interno al corso di laurea in medicina, e non esistendo ancora a Torino gli insegnamenti di chimica e storia naturale, gli autori vollero far fronte nell'opera anche a queste lacune; in diversi punti la loro esposizione risultò allineata al fronte avanzato delle indagini. I due manuali risultano, nel complesso, la migliore documentazione del lavoro dell'E., supplendo in parte alla scarsità delle sue pubblicazioni.
Secondo il Vassalli, l'interessamento dell'E. fu decisivo per la realizzazione della specola universitaria (1789-90, che egli dotò di libri e strumenti, anche se non fu propriamente un astronomo attivo. Il Bonino fornisce i titoli di quattro inediti, che sembrano perduti (Essai sur les erreurs de quelques physiciens modernes sur l'électricité; Essai sur les découvertes dup. Beccaria, de mm. Saluces, Cigna et Morozzo relativement d la calcination, d la combustion, et d la végitation; Experiences et rfflexions sur les mouvements des animaux, nouvellement attribués au fluide électrique; Histoire des découvertes sur l'électricité animale). Questi titoli, tuttavia, possono far supporre che, più che di scritti ulteriori, si trattasse di abbozzi o di stesure diverse delle memorie scientifiche che stampò. Molto più genericamente altre fonti gli attribuiscono, oltre ai testi dei suoi sermoni, anche composizioni apologetiche e uno scritto di teoria politica. Non ha una collocazione unitaria, ed e probabilmente in gran parte perduta, l'ampia corrispondenza dell'E. con ricercatori ed istituzioni. L'assenza di lettere sue o a lui nell'epistolario di un Volta, del quale egli conobbe sollecitamente i lavori, si spiega con la funzione di tramite assolta dal Vassalli.
La campagna d'Italia e l'occupazione francese del Piemonte misero in crisi il quadro istituzionale ed ideologico nel quale l'E. si era formato, anche se è possibile che - nel suo modo riservato e umbratile - egli condividesse alcuni ideali illuministici, se non certo il radicalismo rivoluzionario. La nuova amministrazione gli offri incarichi, che rifiutò; lasciò tuttavia che il Vassalli si recasse a Parigi come rappresentante del Piemonte nella commissione per i pesi e misure, destinata a ratificare il nuovo sistema metrico.
L'arrivo in Piemonte della controffensiva austrorussa del 1799, con l'aggravarsi dell'impressione di un paese in balia di forze estranee, determinò in lui una forte depressione, che minò una salute forse già declinante. Consigliò il Vassalli, ancora a Parigi, di non tornare fino al chiarimento della situazione, e lo istitui suo erede, secondo alcuni ponendogli come condizione l'aggiunta dei proprio cognome al suo (secondo altri questa fu invece una scelta spontanea del nipote).
L'E. mori a Torino il 1° ott. 1799.
Fonti e Bibl.: Biblioteca oltremontana, XIV (1790), vol. XII, p. 364; A. M. Vassalli Eardi, Notice sur la vie et les ouvrages d'E., in Mémoiresde l'Académie des sciences littérature et beaux-artsde Turin, pour les années X et XI (1801-1802), XII (1803), pp. I-LXXV; G. G. Bonino, Biografiamedica piemontese, II, Torino 1834, pp. 501-09; G. Carena, Notizie biografiche del prof. Vassalli-Eandi, Segretario perpetuo, in Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino, XXX (1826), pp. XIXXLI passim; G. Casalis, Diz. geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re diSardegna, XVII, Torino 1848, pp. 803-808; Il primo secolo della R. Accademia delle scienze di Torino. Notizie stor. e bibliografiche, Torino 1883, p. 159; S. Ramazzotti-L. Briatore, Didattica e ricerca fisica nell'ateneo torinese nel XVIII secolo, I, in Giornale di fisica, XVI (1975), pp. 141-152 (in part. 148-152); XVII (1976), pp. 232-38 passim; M. Roggero, Scuola e riforme nello Stato sabaudo, Torino 1981, p. 215.