FIALA, Giuseppe Antonio
Nacque nella prima metà del sec. XVII, probabilmente a Napoli. Con il nome di Capitano Sbranaleoni (ennesima denominazione della maschera del Capitano) recitò insieme con la moglie Marzia Narici nella compagnia dei duchi di Modena, Francesco I, Alfonso IV e Francesco II d'Este.
Il nome del F. compare, per la prima volta, in un documento datato 10 ag. 1651: una supplica inviata da Verona da alcuni comici della compagnia al segretario di Francesco I perché ottenesse dal marchese I. Bentivoglio l'autorizzazione a recitare a Ferrara, nel successivo mese di ottobre. Nel 1664 il F. figura nella lista di comici che l'attore napoletano Fabrizio - forse lo stesso che intorno al 1650 dirigeva una sua compagnia attiva nel Regno di Napoli e della quale faceva parte N. Biancolelli - desiderava organizzare e presentare alla corte di Parma. Della progettata troupe (il cui elenco è conservato nell'Archivio di Stato di Modena cit. in Rasi, I, 2, p. 854) avrebbe fatto parte anche la moglie del F., che con il nome di Flaminia interpretava il ruolo di seconda donna. Sempre nel 1664 entrambi i coniugi avevano recitato con F. Calderoni a Bergamo nello scenario di B. Locatelli Litre finti turchi. In una lettera del 13 agosto dello stesso anno il Calderoni, deplorando gli esiti poco felici dello spettacolo, ne attribuiva la colpa alle "gran disunioni" che laceravano la compagnia e, in particolare, alle prese di posizione dello stesso Fiala. Il risentimento verso il F. coinvolse, in seguito, anche la moglie Marzia, fatta oggetto di soprusi da parte del Calderoni e della sua consorte Agata. I Calderoni suscitarono nei suoi confronti l'ostilità di tutta la compagnia, giungendo a rinfacciarle pubblicamente di essere ormai vecchia e incapace di recitare. Marzia Narici era modenese, e ciò le valse la protezione del duca Alfonso IV, che le tenne a battesimo un figlio. Accanto al F. ed a sua moglie, nella compagnia del duca di Modena è ricordato sempre anche Bernardo Narici, che interpretava il ruolo di innamorato con il nome di Orazio.
Da Marzia il F. ebbe due figli (Rasi, I, 2, p. 879): un maschio, di cui si ignora il nome, ed una femmina, Angiolina, ambedue attori. Il nome di Angiolina figura in un mandato di pagamento del 1686 subito dopo quello della madre, nel ruolo di seconda donna, quando ormai Marzia era incontrastata prima attrice della compagnia.
Nel 1669 il F. e la moglie recitarono a Modena - nel teatro Comunale di via Emilia - su richiesta della duchessa Margherita Farnese. Nell'aprile del 1670 il padre di Margherita, Ranuccio duca di Panna, richiedeva che il F., la moglie, i figli e il cognato si unissero, a Mantova, a N. Zecca per dar vita ad una compagnia che recitasse per i Gonzaga.
Nel 1674 Marzia e il F. costituirono una loro compagnia che, però, non ebbe l'approvazione del duca Francesco II. Marzia, libera da esigenze della corte, si recò a Napoli cercando, anche nella nuova città, di organizzare una propria troupe. L'esito della tournée napoletana fu disastroso. Marzia, dovendo rientrare a Modena per ordine del duca - pena la confisca dei suoi beni e la condanna a morte del marito - dovette impegnare a Napoli tutte le sue gioie. I preziosi sarebbero stati riscattati con l'aiuto dei sussidi ducali dal F. che, a questo scopo, si sarebbe recato a Napoli in un momento successivo.
Nel 1677 il F. e la moglie recitarono a Venezia. All'inizio del 1681 erano a Modena, al teatro Valentini (il vecchio teatro Comunale). Ma il 20 gennaio l'incendio del teatro interruppe le rappresentazioni, che ripresero nella sala della Biada, appositamente attrezzata per ordine di Francesco II d'Este. Nel 1682 il duca sciolse la compagnia. Nel 1686 il F. e Marzia erano nuovamente al servizio di Francesco II d'Este a Modena, dove si trattennero per il carnevale. Nel giugno del 1687 la compagnia recitò a Cremona e poi a Lodi. Nell'inverno successivo gli attori si sarebbero dovuti recare a Pavia, ma la partenza fu rinviata dalla richiesta del marchese D. Fontanelli, gentiluomo al servizio di Francesco II d'Este, che li voleva a Vicenza. In una lettera (Rasi, 1, 2, p. 878) del 16 dic. 1687. inviata da Lodi a Modena, il F. e gli altri richiesero l'intervento del duca per poter recitare nel luogo da loro stabilito.
La continuità della presenza del F. e della moglie sulla scena testimonia che essi furono attori dotati di notevoli capacità artistiche. Ma le riflessioni del Riccoboni e degli altri intellettuali settecenteschi sulla decadenza del teatro italiano alla fine del sec. XVII li coinvolgono nella sorte del severo giudizio che graverà sugli attori di questo periodo.La lettera del 1687 è l'ultimo documento che riguarda la vita del Fiala. Due lettere di Marzia, del 1692 e del 1694 (Rasi, 1, 2, p. 878), non lo menzionano: avanti negli anni (si era definito vecchio già nel 1674), morì intorno al 1690. La moglie, ritiratasi dalle scene - non è più nominata tra gli attori della compagnia del duca di Modena -, gli sopravvisse probabilmente di poco.
Bibl.: G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, II,Modena 1782, p. 329; A. Gandini, Cronistoria dei teatri di Modena, Modena 1873, pp. 64-74; A. Bartoli, Scenari inediti della commedia dell'arte: contributo alla storia del teatro popolare italiano, Firenze 1880, p. CL; A. Bertolotti, Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova dal sec. XV al XVIII, Milano s.d. (ma 1890), p. 106; L. Rasi, Icomici italiani: biografia, bibliografia, iconografia, Firenze 1897-1905, I, 1, pp. 199 s.; 2, pp. 854 s., 876-879; II, p. 179; I. Sanesi, La commedia, Milano 1911, ad Indicem; II,pp. 132 ss.; U. Prota Giurleo, I teatri di Napoli nel Seicento. Le commedie e le maschere, Napoli 1962, p. 148; B. Croce, Iteatri di Napoli, Bari 1966, p. 102; C. Molinari, La commedia dell'arte, Milano 1985, pp. 181; N. Leonelli, Attori tragici, attori comici, I, p. 367; II, pp. 132 s.