BERNERI, Giuseppe
Nacque a Roma nel 1634. Non si hanno notizie sulla sua formazione letteraria, latina e volgare, né sulla sua vita pubblica, che dové del tutto identificarsi con la carriera di uomo di teatro. Quanto alla cultura, i modelli non saranno poi stati tanto peregrini da superare quelli tradizionali dell'Accademia degli Infecondi, di cui il B. fu segretario fino alla morte: i classici, nelle varie rimasticature maccheroniche ed eroicomiche del Cinque e Seicento, Cesare Caporali, il Tassoni, Lorenzo Lippi, e poi la numerosa rimeria in romanesco, da Giovan Battista Pianelli al Peresio. A questi esempi l'Accadernia romana fiorita all'ombra della famiglia Rospigliosi aggiungeva la tradizione di un teatro squallidamente edificante, di cui aveva fornito un modello lo stesso Giulio Rospigliosi, poi Clemente IX, con la Baldassarra comica convertita (1668): commedie per musica, intermezzi, opere sceniche morali, che emulavano grevemente l'operazione controriformista portata avanti dai gesuiti.
Tutti questi "generi" erano diventati "popolari" nel significato voluto e instaurato dalla Controriforma, che fu il primo movimento di cultura a imporsi il problema di una letteratura popolare. Dopo più di un secolo, e a Roma, la direzione culturale era divenuta un fatto di costume così radicato che non esisteva più neanche nelle intenzioni la possibilità di una frattura fra autore e grosso pubblico: le dissertazioni che si svolgevano (in latino) nell'ambito dell'Accademia descrivevano pubbliche feste in cui la plebe inneggiava alle vittorie della cristianità; la plebe, viziata da secoli di parassitismo, aveva la boria propria dell'ignoranza e le buone intenzioni della Controriforma: plasmava i propri campioni sopra i fantocci del poema eroicomico e del melodramma.
Il Meo Patacca ovvero Roma in feste ne i trionfi di Vienna, edito a Roma dal B. nel 1695, è tra i più goffi poemi "giocosi" di tutto il secolo. Narra in dodici interminabili canti in ottave le imprese dei protagonista volte a sollevare la plebe romana contro gli infedeli e indurla a muovere contro il Turco che minacciava Vienna. Dopo la notizia della vittoria cristiana (1683) Meo decide di devolvere i fondi stanziati per la spedizione in pubbliche feste che si svolgono, tra banchetti, carri allegorici, scoppio di petardi, assalti al ghetto e legnate ai provinciali, sino al termine del poema. Su questa trama, tutt'altro che travolgente, il B. riesce anche a far posto a un antieroe, Marco Pepe, che è il "bullo" a chiacchiere, pavido e millantatore, e a un personaggio femminile, Nuccia, l'amante di Meo, che dopo una serie di malintesi si riconcilia con l'eroe e lo sposa; cosicché, alla fine della vicenda, vittoria cristiana e amore sacramentato si danno giustamente la mano. La lingua del poema non è il vernacolo romanesco (del resto mai assurto a dignità dialettale), ma un idioma letterariamente imbarbarito, dal quale lo scrittore si studia di trarre effetti di corsività espressiva piuttosto freddi e trasandati. Anche in questo la lezione del poema eroicomico è particolarmente evidente.
Al tempo del Meo Patacca il B. aveva già conseguito una notevole fama letteraria come scrittore di teatro ufficiale all'Accademia degli Infecondi. Anton Giulio Bragaglia, che ne ha seguito la carriera, assicura che "del Berneri il libraio Fr. Leone pubblicò una ventina di commedie quasi tutte sacre, noiose e scipite, che si trovano facilmente nelle biblioteche". Fra le "quattro o cinque diecine di opere sceniche", compilate nel corso di un'indefessa attività di autore, regista e attore, meritano appena una menzione La felicità ricercata,opera drammatica ideale (1673), La Susanna vergine e martire, opera sacra (1675), La verità conosciuta, dramma morale (1676), L'onestà riconosciuta in Genuefa, che fu poi santa in questo nome, opera sacra (1677), Tutti un ramo han di pazzia, dramma recitativo (1680), I sensi disingannati della ragione, dramma morale recitativo (1681), Il pentimento glorioso di Egidio…, dramma recitativo (1682), Li sacri eroi del Giappone,t ragedia sacra (1683), La conversione di S. Agostino (1687). A tutto ciò vanno aggiunti, secondo il Bragaglia, un "opuscolo accademico sulla bandierata, in versi latini" e un "Ludus qui vulgas dicitur la Cannafiendola", dissertazioni recitate in data non precisabile al cospetto degli Infecondi.
Ma non a queste opere è legata la fama sette e ottocentesca del B. quanto al poema che lo stesso autore provvide ad allestire per le scene nell'anno 1701: l'Intermedio nuovo con Meo Patacca, Nina e Menico "da recitarsi in qualsivoglia commedia e ricreazione". In quello stesso anno egli si spegneva.
Ristampando il Meo Patacca (Roma 1821),il prefatore Giuseppe G. Martinetti "accademico di religione cattolica" sentiva ìl dovere di avvertire: "è cosa meravigliosa come questo poema gioioso… mantenga lo stesso dialetto della plebe romana ed ebraica, gli stessi usi ed abitudini che vediamo a' nostri giorni, prova evidente che non bastano i secoli per rimuovere di un sol punto le abitudini e superstizioni che siansi insinuate nella plebe. Egli è anche osservabile che il Meo Patacca protagonista del poema rappresenta uno di quegli uomini popolari, o capi-popolo dello stesso genere plebeo, e perciò unicamente apprezzati dalla plebe: e di questi uomini popolari appunto, e di questi capipopolo si servono talvolta i saggi governi, per isgridare ed anco correggere l'insolenza e velleità del basso popolo. Anche il filosofo può trarre da questo poema delle utili lezioni, e giudico perciò che possa essere riprodotta con le stampe la sua pubblicazione".
Sulla scorta di queste raccomandazioni il poema conobbe altre due ristampe sull'Ottocento (Roma 1825 e 1884), arricchite dalle incisioni del Pinelli, mentre i letterati stranieri in cerca di anticaglie si entusiasmavano di fronte alla vitalità romantica della plebe romana. Filippo Tacconi, il celebre "Pippo er gobbo", allestiva una nutrita serie di riduzioni teatrali del poema (che si protraggono, quasi senza soluzione di continuità fino al 1934 allorché Augusto Jandolo escogitò una versione sentimentale e patriottarda del poema eroicomico). L'ultimo successo del Meo Patacca si registra nel 1965, in virtù di una riduzione teatrale tentata dal Teatro dei Satiri di Roma.
Bibl.: Un'introduzione biografica e critica arricchisce la pìù recente ristampa del Meo Patacca, a cura di B. Rossetti, Roma 1966, ma per un esauriente panorama dell'attività letteraria del B.cfr. A. G. Bragaglia, Storia del teatro popolare romano, Roma 1958, ad Indicem. V. inoltre A.Belloni, Il Seicento, Milano s.d., p. 246; Enc. dello Spett., VII, col. 441.