BERTINATTI, Giuseppe
Nacque a Castellamonte (Ivrea) il 25 luglio 1808 da Ubertino e da Maria Caterina Nigro. Compiuti i primi studi a Ivrea, alla morte del padre si trasferì a Torino, dove, ottenuto un beneficio ecclesiastico, poté entrare in seminario. Frequentò i corsi di teologia in quella università, dove ebbe come maestro Vincenzo Gioberti, e dove si laureò nel 1832. Nel 1833, in seguito a una sua vivace presa di posizione in materia teologica, fu espulso dal seminario. Nel 1833 prese la laurea in giurisprudenza. Era entrato, nel frattempo, a far parte del circolo che si riuniva intorno al Gioberti, e, sembra anche che fosse membro della setta carbonara dei "Veri Italiani". Processato il Gioberti, il B. preferì, anche dietro consiglio dell'amico A. Peyron, sebbene non vi fossero contro di lui prove determinanti, allontanarsi per qualche tempo da Torino. Tornatovi più tardi, cominciò a fare pratica legale, ma insofferente della inattività politica cui era costretto, nel 1835 si recò a Parigi, per completare i propri studi di diritto commerciale. Frequentò le lezioni di J. M. De Gérando e di Pellegrino Rossi, al quale ultimo era stato presentato da C. Botta, e che divenne ben presto suo amico; collaborò con J.- M. Pardessus alla compilazione della Collection des lois maritimes antérieures au XVIIIe siècle (6 voll., Paris 1818-1845), traducendo alcuni manoscritti italiani.
Verso la fine del 1836, dopo un breve viaggio in Inghilterra, il B. fece ritorno in Piemonte. Qui Cesare Saluzzo, suo amico, gli offrì una onorevole sistemazione in un ufficio governativo, ma, alla fine del 1837, il B. preferì tornare a Parigi e di qui, passare a Bruxelles dove, già da anni, si era stabilito il Gioberti. Dal 1837 al 1849, eccettuato un viaggio nell'estate del 1847, egli rimase all'estero, soggiornando alternativamente a Parigi e a Bruxelles.
Il B. fu legato al Gioberti da sentimenti di grande amicizia e ammirazione, come rivela la corrispondenza tra i due, continuata senza interruzioni dal 1834 alla morte del filosofo (1852). Questi ne ricambiò l'affetto e respinse decisamente le voci calunniose che, specialmente nel 1842, Si levarono contro il B., presentandolo come una spia inviata dal governo sardo a controllare i movimenti del Gioberti.
Il B., con l'appoggio del Gioberti, era riuscito a impiegarsi come correttore di bozze presso la tipografia Meline e Cans, che stampava le opere del filosofo; nel 1845, dietro consiglio dello stesso, si trasferì a Parigi, dove fu in contatto con il barone D. Borel, consigliere della regina, con P. Rossi, col Sainte-Beuve e con i rappresentanti dell'emigrazione moderata italiana. Si occupò, in quel periodo, della ristampa dei Prolegomeni e di un'edizione del Saggio sul bello del Gioberti corredata da note sue e di F. Trinchera (v. V. Gioberti, Saggio sul Bello o elementi di filosofla estetica, arricchita, da giunte di G. B. e F. Trinchera, e da una lettera di C. Troya, Napoli 1845); nel 1843 il B. aveva pubblicato a Bruxelles una traduzione dello stesso saggio.
Nel 1846 il B. tornò a Bruxelles, continuando a occuparsi delle opere dei Gioberti, e curando i rapporti del filosofo con i tipografi e gli editori; a Bruxelles egli era in rapporti con A. Quetelet, segretario dell'Accademia, con gli Arconati, con G. Arrivabene, con E. d'Azeglio, tutti ammiratori del Gioberti, del quale egli faceva quasi da intermediario e da portavoce.
Nel luglio 1847 il B. si recò a Zurigo, poi a Torino, Firenze e infine Roma, riallacciando, strada facendo, le amicizie italiane; si incontrò con S. Pellico, A. Peyron, V. Salvagnoli, G. Capponi; a Roma, il 25 settembre, venne ricevuto in udienza da Pio IX: dal colloquio egli riportò l'impressione che il pontefice fosse molto favorevole al programma giobertiano. Partito da Roma l'8 ottobre, il B. fece ritorno a Bruxelles il 15 dic. 1847, dopo brevi soste a Livorno, a Genova, a Torino e a Parigi.
Desideroso di entrare in diplomazia, il B. vi riuscì solo quando il Gioberti salì al potere: fu destinato alla legazione di Bruxelles e subito dopo (21 genn. 1849) trasferito come applicato alla legazione di Berna. Qui il B. rimase solo fino all'ottobre del '49, poiché, caduto il Gioberti, fu posto a disposizione del ministero. Tornato a Torino, nel 1851 venne incaricato di dirigere la 2a sezione del ministero degli Affari esteri, che si occupava dei rapporti, in quegli anni delicatissirrui, con la Santa Sede. Nel dicembre 1854 nominato console generale a New York e incaricato d'affari a Washington, raggiunse gli Stati Uniti nel maggio dell'anno successivo; quattro anni dopo, il 28 febbr. 1861, fu nominato ministro residente e infine, il 26 giugno 1864, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, carica che mantenne durante tutto il suo soggiorno negli Stati Uniti, conclusosi nel 1866.
Il B. svolse negli Stati Uniti intensa attività diplomatica, sia in campo commerciale - il Regno di Sardegna era legato a quella nazione già dal 1838 da un trattato commerciale per l'esportazione del tabacco - sia in campo politico; particolare successo egli riportò nel 1861, in occasione del riconoscimento dei re di Sardegna a re d'Italia, allorché, in luogo della fredda nota di riconoscimento che gli era stata consegnata in un primo momento, riuscì a ottenere dal segretario di Stato americano, W. H. Seward, una nuova nota molto più cordiale e calorosa. Nel 1862, inoltre, il B. fu scelto a far da arbitro nella commissione nominata per risolvere i contrasti sorti tra Costarica e Stati Uniti in seguito alla guerra del 1860, e anche in questo caso assolse il suo compito con generale soddisfazione. Fin dal 1860, all'inizio della crisi che portò alla secessione tra gli stati dell'Unione, il B., convinto dell'inevitabilità di un conflitto armato, prese posizione per gli Stati del Nord. La necessità di questa decisione era da lui motivata, oltre che da considerazioni etico-politiche, dalla previsione che l'intero sistema su cui si reggevano gli Stati sudisti era destinato a cadere, in quanto la schiavitù era causa di immobilismo economico e di degenerazione politica.
Il 2 maggio 1867, tornato in Europa, venne nominato inviato straordinario e ministro plenipotenziario in Turchia, e ivi rimase sino al 1869, occupandosi attivamente, tra l'altro, di riorganizzare le scuole italiane. Tornato in Italia, sappiamo - peraltro soltanto attraverso documenti riportati nel Diario segreto di F. Sclopis - che il B. fu incaricato di una missione a Roma per tentare un avvicinamento con la corte pontificia. Pur riportando un successo personale di stima, tuttavia fallì nell'intento. Il 13 febbr. 1870 fu mandato, sempre con la carica di inviato straordinario e ministro pienipotenziario, all'Aia. Qui morì il 4 ag. 1881.
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