BESOZZI, Giuseppe (Nino)
Nacque a Milano il 6 febbr. 1901 da Aldo e Ada Ambreck. Dalla madre, attrice dilettante presso la Filodrammatica di Piacenza, ereditò la passione per il teatro. Dopo un corso disordinato di studi medi inferiori, studiò nell'istituto tecnico commerciale "Carlo Cattarvéo", dove, tra gli insegnanti, ebbe A. Panzini e, tra i compagni, C. Merzagora. Debuttò come dilettante il 17 febbr. 1916, presso il teatro dei Filodrammatici in due atti unici rappresentati da elementi del Corpo nazionale dei giovani esploratori italiani e come professionista il 17 ott. 1917 al teatro Piana, accanto a T. Di Lorenzo e ad A. Falconi, nel Nuovo falco di P. Teglio, commedia che non riscosse successo, ma in cui il B. piacque. Rimase in compagnia per tre mesi, poi, dopo aver ripreso gli studi dell'ultimo anno ed essersi diplomato nel 1918, s'impiegò a malincuore come addetto al controllo dei vagoni di canapa presso il Linificio e canapificio nazionale di Villa d'Almè (Bergamo). Un amico di famiglia, l'impresario L. Zerboni, convinse il padre a consentire al B. di intraprendere definitivamente la carriera dell'attore. Egli si scritturò allora, col ruolo di amoroso e secondo brillante, nella compagnia Wnorowska-Calò; dopo una sfortunata esperienza in un dramma francese a forti tinte, guadagnò un applauso a scena aperta con la parte del cameriere Decio in Divorziamo! di V. Sardou: da quella sera (2 apr. 1919 a Siena) egli divenne, richiesto ed amato dal pubblico, un modello insostituibile di brillante. librato tra il tono umoristico e quello faceto, signorile, elegante, manierato. Formata nel settembre 1919 la compagnia Irma Grarnatica-CalòPescatori, diretta dal Calò, il B. vi si scritturò. Fu Anselmo in una ripresa del Beffardo di N. Berrini, accanto ad A. Betrone nella Talli-Melato-Betrone; nell'estate 1921 l'interpretazione della Signorina mia madre di L. Verneuil gli valse un successo personale. Quando nel settembre 1921 la compagnia Ruggeri-Borelli-Talli, divenne Compagnia nazionale, meritando dalla stampa specializzata la denominazione di "Grande compagnia", V. Talli, che lo aveva già apprezzato in un infelice esperimento di compagnia dei giovani, invitò il B. nella formazione, consentendogli di dare la misura completa di sé in un repertorio di alto livello, sotto il controllo inesorabile del critico S. D'Amico: un'esperienza che l'attore stesso ricorderà come formativa.
Il programma, che conteneva due importanti prime, una riesurnazione del repertorio italiano ottocentesco e alcune riprese di quello contemporaneo, fu presentato dal Ruggeri in un'intervista a Il Giorno di Napoli in cui si ribadivano "i puri intendimenti d'arte" della compagnia. Si susseguirono Il ferro di G. D'Annunzio (teatro S. Carlo di Napoli, 14 ott. 1921), Cecilia di P. Cossa (teatro Argentina di Roma, 23 novembre, un "clamoroso successo"), Parisina pure del D'Annunzio (prima rappresentazione, stesso teatro, 12 dicembre, parte di Aldobrandino), Enrico IV di L. Pirandello (prima rappresentazione, teatro Manzoni di Milano, 24 febbr. 1922, parte di uno dei quattro consiglieri), Piccolo santo di R. Bracco (1922, parte di Barbarello). Comunque queste rappresentazioni "storiche" non parvero influire particolarmente sulla sua carriera.
Nel 1923 fu finalmente notato dal Simoni "a titolo di lode" in Nastasia di L. Ambrosini da F. M. Dostoevskij (teatro Olimpia di Milano, 19 genn. 1923) e tornò ad essere il brillante fine ed arguto che avrebbe convinto il pubblico anche in commedie mediocri (in programma lavori di S. Guitry non sempre felici, E. De Fonseca, G. Adami). Non poterono soddisfarlo il "periodaccio" della compagnia Paoli-Giorda o l'esperimento d'avanguardia, a lui non congeniale, del teatro del Convegno di Milano diretto da E. Ferrieri (lasciò una traccia, per lui, L'uragano di A. N. Ostrovskij, 27 nov. 1924). Nel 1930 figurò per la prima volta col nome in ditta nella Almirante-Pagnani-Besozzi (formazione di breve durata); dopo il successo riportato nella rivista Le lucciole dellacittà di D. Falconi e 0. Biancoli (teatro Olimpia, 18 apr. 1931) accanto a V. De Sica, C. Pilotto e G. Rissone, accettò la scrittura della casa Pittaluga per interpretare La segretaria privata di G. Alessandrini (1931) con il compenso di 7.000 lire.
L'esito del film, in cui il B. traspose la sua verve bonariamente caricaturale nel personaggio dei direttore di banca Berri, fu tale che egli decise di essere attivo anche nei teatri di posa per mettere a frutto la popolarità conseguita nel nascente cinema sonoro che, pertanto, ne diffuse, con il volto non bello ma mite e disteso e somionamente sorridente, anche il particolare timbro della voce, caldo, pastoso e leggermente nasale. Il Simoni rilevò, nel 1932, una nutrita serie di brevi ma succose interpretazioni nella compagnia Niccodemi, "di una comicità festosissima" (esemplari l'ameno marchese di Campanillas in Marchesa! del Sardou, teatro Olimpia, 1° apr. 1932; l'irruente Leone Brodier la La Costa Azzurra di A. Birabeau, stesso teatro, 10 maggio).
Il suo primo biennio di capocomicato nel gruppo artistico "Nino Besozzi-gestione Quinef (Qui nessuno è fesso)", il 1933-35, coincise con i successi cinematografici di Paradiso di G. Brignone (1932, parte di Max), Come le foglie di M. Carnerini (1934, parte di Massimo in una cornice aggiornata al tempo della lavorazione del film), Frutto acerbo di C.L. Bragaglia (1934) e soprattutto T'amerò sempre del Camerini (1933): egli conferì al ragioniere Fabbrini timidezza e gentilezza, da abilissimo mestierante, dando un'impronta di decoro e di accettabilità alla parte. Lo stesso 1933 fu l'anno del matrimonio con Italia Maria Conti. Fino allo scoppio della guerra fu assai attivo sullo schenno dove rimase uno degli interpreti ideali del repertorio "rosa" o "dei telefoni bianchi" con al centro esponenti della borghesia inedia o piccola, dai quieti schemi mentali e dai cauti atteggiamenti, immersi in una vita quasi del tutto priva di problemi e animati da un facile ottimismo appena percorso da brividi patetici. La scena, d'altronde, non gli portò fortuna: ad esempio, la commedia Lancio mio marito di G. Zorzi (casinò di San Remo, 8 dic. 1939) fu accolta con riserva e con un plauso di misura dal Simoni al teatro Nuovo di Milano l'11 dicembre successivo.
Il Leonelli constatava con una certa amarezza "che i saggi che il B. ci diede nel suo primo periodo artistico e che ci fecero tanto sperare in lui, rimasero per noi, e per molti anni, un ricordo. Nino Besozzi ha il dovere di rischiare per dare il suo apporto alle battaglie dell'arte, ricordando che soltanto nella lotta si progredisce". L'appello dei Leonelli parve esaudito nel 1940, grazie ad almeno tre interpretazioni impegnative: fu lord Illingworth, "con la calma ironia che il teatro del Wilde richiede", in Una donna senza importanza (teatro Nuovo, 3 genn. 1940); "il conte intransigente e protervo che si lascia giocare con spassosa e pretenziosa babbeaggine" in un leggiadro divertimento "in chiave di barocchetto viennese s, L'attrice cameriera di P. Ferrari (teatro Eliseo di Roma, 1° marzo); e Pedigò, "con un misto gustoso di solennità e di nervosità", nel Trionfo del diritto di N. Manzari (teatro Odeon di Milano, 9 novembre).
Ma il cinema lo attrasse ancora per tutto il periodo bellico: "profuse freschezza e vivacità" nel protagonista di Barbablú di C. L. Bragaglia (1941); rese accettabile il personaggio del sindaco, che la sceneggiatura aveva avvolto in un'ombra di torbidezza, nella Maestrina di G. Bianchi; condi "in salsa piccante" il conte Paolo Grazia nella Maschera e il volto di C. Mastrocinque (ambedue del 1942); impersonò il protagonista in Rossini di M. Bonnard (1943), un film pretesto per comporre un florilegio di brani operistici in occasione del 150° anniversario rossiniano.
Nell'immediato dopoguerra interpretò il marito amante del quieto vivere e irresoluto nel film Abbasso la miseria! di G. Righelli (1945) in gustosa contrapposizione ad A. Magnani, e fu un Callimaco "bello e facoso" nella Mandragola di N. Machiavelli (teatro Quirino di Roma, 1° dic. 1945, nell'ambito del Festival internazionale dei teatro). Il prestigio e l'affiatamento degli attori in ditta nella De Sica-Besozzi-Gioi gli aprirono la strada ad alcune affermazioni personali, parallelamente all'impegno che egli impiegò, nelle interpretazioni più cordialmente discusse della sua carriera, forse troppo frettolosamente liquidate nella sua autobiografia: fu accolto con qualche riserva nel Matrimonio di Figaro di Beaumarchais (teatro Quirino, 19 genn. 1946, regia di L. Visconti); fu Bruno nella memorabile prima italiana di Le cocu magnifique di F. Crommelynck al teatro Olimpia il 26 marzo per la regia di M. Chiari (una parte del pubblico e qualche critico, irritati dalla scabrosità del testo, dettero segni d'intolleranza ma, per quel che gli competeva, il B., "dove il lirismo non gli soccorreva, trovò la persuasione del forte piglio drammatico"); il 6 aprile fu un Kit "amenissimo", in "perfetto concerto" con gli altri interpreti, nei Giorni della vita di W. Saroyan (teatro Olimpia, regia di A. Celi); il 25 aprile, sempre nello stesso teatro, raccolse "la sua messe di applausi" come "lepidissimo imitatore caricaturale di deità sceniche" nella rivista Ah! … ci risiamo di D. Falconi e O. Biancoli. Poi avvenne il ripiegamento su un repertorio di consumo in ditte che lo videro primo attore o comprimario, accanto ad interpreti di grande spicco come D. Galli o A. Gandusio, che nei primi anni del dopoguerra insistettero sulla proposta o riproposta delle commedie più briose di G. Giannini in ossequio all'orientamento dei pubblico più disposto a dimenticare e a ridere: nella commedia Il ragionier Ventura, tra le migliori di quest'autore, il B. offrì una recitazione "vibrante e colorita" nella parte del protagonista (teatro Excelsior di Milano, 13 giugno 1949). Nel giugno 1952 conobbe Paola Orlova, prima donna della sua compagnia, che divenne la sua compagna "amatissima" e che, anche per stargli vicino, si ritirerà dalle scene nel 1955. A partire dal settembre 1952 raggiunse il più alto numero di repliche di un suo spettacolo (600 in tre anni) con la commedia Siamo tutti milanesi di A. Fraccaroli, ma ampiamente rimaneggiata dal B. (teatro Olimpia, 20 sett. 1952); in essa, che inaugurò il suo repertorio di teatro pluridialettale, egli dette al commendatore Alessandro Cusani (un ambrosiano che ha fatto fortuna fondando una fabbrica di prodotti farmaceutici e che nutre un amore sviscerato per la sua Milano e una certa diffidenza per i meridionali) "una bonomia cordiale e nostrana, gustoso nell'intonazione e nei particolari". Il 1° febbr. 1953, al teatro Sociale di Como mise in scena la prima e migliore delle sue due commedie (l'altra, di cui fu autore col Pantosti, è Don Ambrogio), scritta in collaborazione con A. Dello Siesto, Lo zio di Milano.
La televisione, ai suoi inizi, lo ebbe come interprete di Adriano Lari in Lo sbaglio di essere vivo di A. De Benedetti (16 marzo 1956, da studio): fu l'inizio di un'intensa collaborazione col nuovo mezzo di comunicazione che ne consolidò la notorietà da una parte, e se ne servì, dall'altra, per la valorizzazione e la diffusione capillare di commedie confinate, peraltro, di norma, in teatri non di prim'ordine (ad esempio Lo schiavo impazzito di G. Giannini, 11 nov. 1960, parte di Alvise di Sangallo; Pastica e figlio di D. Falconi, 4 genn. 1963, parte di Ascanio Pastica). Nella stagione 1958-59 fu scritturato al teatro Duse di Genova, ove ebbe "la fortuna", in un contesto di spettacoli deludenti, di interpretare la parte di un Benigno Cugole "disarmato e commovente" in Congedo dei Simoni (3 febbr. 1959).
Dopo di allora si dedicò, oltre che alla televisione, ai fumetti e ai cortometraggi pubblicitari in condizioni psicologiche di amaro disinganno: "non si va più a teatro per passione. Non esiste più il così detto tifo per il teatro… in questi ultimi anni in cui esiste il cinematografo, la radio, la televisione, i fumetti e i caroselli, l'attore può scegliere e dato che la vita è molto cara e tutti mirano al guadagno, è umano che gli attori disertino le compagnie teatrali pur di guadagnare maggiormente", affermava nel libro autobiografico Cosa farai quando sarai grande? (Milano 1965), una narrazione rapida ed essenziale (nella parte conclusiva ridotta a nudo e frettoloso elenco), ravvivata da aneddoti riguardanti soprattutto i suoi più illustri compagni d'arte.
Nello stesso 1965 gli fu conferito il premio governativo destinato ai teatranti anziani, l'anno successivo apparve nel suo ultimo film, Scusi, lei è favorevole o contrario? di A. Sordi. In seguito partecipò saltuariamente a spettacoli di esito poco felice: fu il Vecchio, in un tono giudicato non giusto, nelle Sedie di E. Ionesco (teatro del Convegno, 7 maggio 1966), apparse in una luce quasi crepuscolare anche per la presenza dei B.; partecipò a La suocera di Terenzio (ridotto del teatro Eliseo, 19 genn. 1968) e a La commedia degli asini di Plauto (teatro dell'Arte di Milano, 29 marzo successivo), in cui riportò un successo di stima. Nelle ultime interpretazioni, ad aggravare la sua particolare situazione di attore superato contribuì l'abbassamento della voce (divenuta fioca al punto da rendere indispensabile il doppiaggio per le prestazioni televisive): i suoi concittadini poterono vederlo ancora, e ascoltarlo dal vivo, in'due parti brevissime e non faticose, dei Tre topi grigi di A. Christie (teatro Nuovo, 26 giugno 1969) e della Nona invitata di O. Davis (stesso teatro, 17 luglio successivo, la Prima Vittima), ambedue nell'ambito della Compagnia degli spettacoli gialli.
Colpito da trombosi cerebrale, morì a Milano nella notte dal 1° al 2 febbr. 1971.
Fonti e Bibl.: Comoedia, 20 settembre, 20 ottobre, 5 dic. 1921; Il Messaggero, 2 marzo 1940 e 3 febbr. 1971 (necrologio); Il Giornale del mattino, 20 genn. 1946; Il Popolo, 27 marzo 1946; Il Mattino d'Italia, 7 e 26 apr. 1946; Corriere della sera, 14 giugno 1949, 21 sett. 1952, 8 maggio 1966, 27 giugno e 3 luglio 1969, 3 febbr. 1971 (necrologio); La Provincia, 3 febbr. 1953; Radiocorriere, 11-17 marzo 1956, 6-12 nov. 1960, 31 dic. 1962-5 genn. 1963. Inoltre: N. Leonelli, Attori tragici e attori comici italiani, I, Milano 1940, pp. 128-130; R. Simoni, Trent'anni di cronaca drammatica, I, Torino 1951, p. 555 e passim; II, ibid. 1954, p. 131 e passim; III, ibid. 1955, p. 53 e passim; IV, ibid. 1958, p. 466 e passim; V, ibid. 1960, p. 5 e passim; N. Besozzi, Cosa farai quando sarai grande?, Milano 1965; E. A. Vernara, Guidateatro. Attori italiani 1965-1970, Roma 1972, p. 51; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, p. 40 e passim. Si vedano infine: Enciclopedia dello spettacolo, I, Roma 1954, coll. 426-427; Filmlexicon degli autori e delle opere, I, Roma 1958, coll. 629-630; Aggiornamenti e integrazioni 1958-1971, I, ibid. 1973, coll. 301-302.