BIANCHETTI, Giuseppe
Nato il 22 luglio 1791 a Onigo (Treviso), ricevette la prima educazione letteraria in un collegio della pieve di Sant'Ilaria (od. Sant'Eulalia, fraz. di Borso del Grappa); quindi a Padova studiò per un anno filosofia nel seminario (1807), conseguendo la laurea in giurisprudenza presso l'università. Cominciò a Treviso a far pratica d'avvocato e a esercitare "svogliatamente la professione" (com'egli stesso racconta in una lettera del 26 marzo 1840 a I. Cantù). Del 1814 è un Discorso sui vantaggi della pubblicità nelle procedure criminali, alla cui risonanza contribuirono indirettamente le resistenze della censura austriaca (ma persino più tardi, per pubblicarlo nella più libera Toscana, dove apparve nel 1827-28, nei nn. 79, 93 e 95 della Antologia, ilB. fu costretto a servirsi di uno pseudonimo e a sopprimere alcune parti). Ragioni analoghe diedero fama, in particolare, agli "elogi" che dedicò a G. Filangieri (1818) e a C. Colombo (1820), poi, con altri, raccolti in volume (Elogi, Treviso 1826).
Nel 1821 fu tra i fondatori del Giornale sulle scienze e lettere delle provincie venete, di cui più tardi, dopo la morte del direttore G. Monico (1829), compilò alcuni numeri pressoché da solo; la mancanza di collaboratori e, soprattutto, i vari ostacoli frapposti dalla censura lo convinsero però nel 1831 a decretarne la fusione col Poligrafo di Verona. Una nutrita serie di opuscoli accademici, di saggi di estetica e di critica letteraria gli aveva dato intanto una discreta notorietà. Dal 1823 era entrato in contatto con P. Giordani, e nel 1825 aveva visto accogliere qualche suo articolo nell'Antologia del Vieusseux. A consolidare la sua fama aveva contribuito la pubblicazione di un romanzo, Giulia Francardi (Venezia 1826).
Esso rivela una sensibilità oscillante fra toni russoiani e foscoliani, e può anche fornire testimonianze interessanti sul carattere europeo della cultura del Bianchetti. Il successo ottenuto da quest'opera - per noi del tutto priva di originalità e di efficacia narrativa- lo spinse a impegnarsi, a più riprese e fino al 1856, in un attento lavoro di revisione; il progetto di darle un seguito (col romanzo Iacopo e Maria) non approdò, invece, che alla stesura di pochi frammenti.
Tra il 1826 e il '28 il B. compì una serie di viaggi, prima in vari centri dell'Italia meridionale e quindi in Grecia; sulla via del ritorno soggiornò a Firenze, rinsaldando ancora i suoi legami con la cerchia del Capponi e del Vieusseux; si recò poi a Parigi, dove incontrò alcuni rifugiati politici italiani. Breve durata ebbe una sua più intensa e sistematica collaborazione all'Antologia, cui preferì rinunciare per non piegarsi ai compromessi imposti dagli interventi della censura; sia pure a malincuore, tornò così a orientare la sua attività giornalistica - che cesserà, in pratica, nel 1835 - verso il Poligrafo di Verona. In quegli anni, dopo aver rinunciato definitivamente anche all'esercizio dell'avvocatura, cominciò la revisione dei propri scritti, raccogliendoli in sei volumi (Opere, Treviso 1836-37: I,Dello scrittore italiano. Discorsi; II,Alcune lettere; III, Giulia Francardi; IV,Studi filosofici; V, Alcuni articoli di critica; VI,Alcune prose accademiche, dove in appendice, alle pp. 165-170, è anche un elenco di altri suoi lavori non inclusi in questa edizione).
Il ritratto che ne emerge è quello di un letterato di vasti interessi e di notevole cultura, caparbiamente attento all'eleganza dello stile e non sempre capace di superare certe abitudini puristiche e accademiche, ma non meno impegnato nella difesa della libertà di pensiero, nella diffusione delle nuove idee, nello sforzo di sostenere una letteratura che parlasse "all'intelletto, all'immaginazione, al cuore". Nella polemica classico-romantica, da lui definita "minuta questione", assunse posizioni conciliatrici consone alle tendenze allora prevalenti (si pensi anche al Carrer) nell'ambiente veneto: l'unica distinzione importante andava comunque operata, secondo il B., non già fra romantici e classicisti, bensì tra scrittori "immorali e reazionari" e scrittori "morali e liberali", fermo restando il fatto che il necessario rinnovamento della nostra letteratura doveva essere attuato senza alcun distacco radicale dalla tradizione nazionale. Ciò non gli impedì tuttavia di avvicinarsi alle poetiche romantiche, dichiarandosi contrario al principio dell'imitazione e alla mitologia, esaltando i romanzi storici ed esprimendo la propria ammirazione (dopo aver intuito assai presto la grandezza del Leopardi) per scrittori apertamente romantici come il Manzoni e il Pellico.
Idee ancora più "progressiste" il B. espone nei quattro libri Degli uomini di lettere (Treviso 18-39) e nei due saggi Dei lettori e dei parlatori (Treviso 1842), "che senza dubbio devono essere considerate le sue opere più organiche e originali: in esse, fra l'altro, delinea una sua ideale figura di letterato (che dovrà essere non un "retore", bensì un "apostolo", cioè un "missionario delle verità utili al genere umano") e affronta con acume alcuni problemi inerenti ai rapporti tra scrittore e pubblico, giungendo perfino ad affermare che, in certi casi, proprio il "popolo" sarà "il solo competente giudice". Centrale, infine, nell'attività critica del B., deve essere considerata la convinzione della necessità di uno stretto e continuo legame tra letteratura e filosofia: anche per questo, appunto, egli fu spinto a dedicarsi a studi filosofici (e di estetica in particolare), nei quali si rivela seguace dell'eclettismo del Cousin e tuttavia non dimentico dell'insegnamento dei grandi pensatori italiani (soprattutto il Telesio, Campanella, Vico) e della filosofia francese del '700 (cfr. Opuscoli filosofici e letterari raccolti e riveduti dall'autore, Treviso 1864-65).
Come capo della delegazione di Treviso, il B. partecipò alla consulta generale delle provincie venete, riunitasi a Venezia il 10 apr. 1848; convinto che si volessero considerare le città della terraferma non come "aderenti", ma come "suddite" e, soprattutto, che fosse necessario decretare subito l'unione al Piemonte, egli ebbe un aspro diverbio con D. Manin, in seguito al quale la delegazione trevigiana abbandonò i lavori. Al ritorno degli Austriaci, il 14 giugno 1848, il B. fuggì da Treviso, iniziando quello che un po' pomposamente chiamerà il suo "esilio", narrandone le vicende in una serie di lettere raccolte nella sua ultima opera (Il mio esilio. Memorie, Treviso 1872): si recò dapprima a Ferrara e solo qualche mese più tardi, dopo varie peregrinazioni, giunse a Venezia, dove rimase fino al 31 ag. 1849. Ritiratosi quindi in campagna, a Onigo, si propose di riordinare le proprie opere in dieci volumi, ma riuscì ad attuare tale progetto solo in parte, con i tre volumi editi da Le Monnier tra il 1853 e il 1858. Nel 1853, benché si trovasse in condizioni economiche tutt'altro che brillanti, rifiutò la nomina a professore di lettere italiane nell'ateneo di Padova, offertagli dal governo austriaco; accettò invece, nel 1856, il più modesto incarico - mantenuto poi fino al '62 - di direttore della Biblioteca Comunale di Treviso. Dopo la liberazione del Veneto, il 15 nov. 1866, fu nominato senatore del Regno; già da tempo, però, la sua precaria salute lo aveva praticamente immobilizzato, tanto che non poté nemmeno prestare giuramento. Morì il 19 dic. 1872.
Fonti e Bibl.: Fonte indispensabile per la biografia del B. è il suo copialettere, conservato nella Bibl. Naz. Centrale di Firenze, V, 30-33, (lettere degli anni 1816-49 e 1855-63); Cassetta A, 6, ff. 141-206 (lettere del B. al Vicusseux dal 1825 al 1863). V. De Castro,G. B., bozzetto biogr., Milano 1869; G. Cittadella,Commem. in on. del sen. G. B., Venezia 1873; V. De Castro,G. B. e i suoi tempi, Treviso 1876; C. Catanzaro,Cari estinti, Siena 1876, pp. 49-53; L. Codemo,Svago a buona scuola, Treviso 1880, pp. 187-218; M. Tabarrini,Vita e ricordi d'italiani illustri del secolo XIX, Firenze 1884, pp. 332-340; A. Lizier,Il romanzo storico,il romanzo psicologico e G. B., in Miscellanea Mazzoni, Firenze 1907, II, pp. 447-473; E. Guerzoni,Brevi cenni sulla vita e sulle opere di G. B., Palermo 1910; G. Gambarin,La critica letteraria di L. Carrer e di G. B., in Riv. d'Italia, XVI(1913), pp. 931-952; L. Ogniben,Della vita e delle opere di G. B., Treviso 1914; G. Lava,Idee pedagog. d'uno scrittore trevigiano, in Il Corr. delle maestre, 31 ag. 1914; G. Gentile,Storia della filos. ital. dal Genovesi al Galluppi, Milano 1920, II, p. III; G. Gambarin, P. Giordani e G. B., in Giorn. stor. della lett. ital., XCIII(1929), pp. 241-293; G. Mazzoni,L'Ottocento, Milano 1934, I, pp. 484 s.; A. A. Michieli,Storia di Treviso, Firenze 1938, pp. 176, 208; Diz. del Risorg. naz., II, p.281.