BOITANI, Giuseppe
Nacque a Vigevano da Pietro e da Giuseppa Garbarino il 30 genn. 1820. Conseguito il diploma in ragioneria e compiuto il corso biennale di diritto civile, intraprese la carriera di funzionario al ministero delle Finanze, quando nel 1851-52 fu chiamato a ricoprire la carica di segretario della Società di mutuo soccorso di Torino, costituita il 30 marzo 1850. Il B. accettò l'incarico previa l'assicurazione dello stesso Cavour, allora ministro delle Finanze, che la sua carriera ministeriale non ne sarebbe stata pregiudicata.
Di notevole preparazione nel settore mutualistico e previdenziale, organizzatore ed attivista, il B. dette notevole impulso alla società operaia torinese, della quale fu segretario fino al 1865 e che rappresentò nei "congressi generali" delle società operaie di mutuo soccorso dello Stato sardo e, successivamente, in quelli nazionali. Portò il suo contributo anche alle organizzazioni delle altre società del Piemonte, tenendo conferenze e partecipando a riunioni operaie.
Nel 1854, in un difficile momento economico, turbato dal carovita, si fece promotore a Torino di un Comitato di previdenza, una specie di primitiva ed embrionale cooperativa di consumo. I componenti del comitato raccoglievano un piccolo capitale azionario, con il quale acquistavano generi alimentari all'ingrosso che vendevano poi ai soci a prezzo di costo. L'iniziativa ebbe presto enorme successo e si estese ad Alessandria, Biella, Vigevano e ad altri centri piemontesi.
Uomo di stretta fiducia del governo, il B. all'interno della società operaia torinese capeggiò l'ala più conservatrice, favorevole alla regolamentazione legislativa delle società di mutuo soccorso in modo da facilitarne il controllo politico e amministrativo, e restringerne l'azione alla mera attività assistenziale.
Tale corrente regnò quasi incontrastata all'interno della società operaia torinese contro una opposizione clericale numericamente poco rilevante (che giunse fino a proporre l'esclusione degli operai non cattolici, proposta che il B. riuscì a non far mettere in discussione); contro una più consistente corrente di sinistra, che nella caratterizzazione democratico-costituzionale aveva i suoi esponenti in R. Sineo e in A. De Pretis; contro la corrente democratico-mazziniana, della quale il più attivo esponente era G. B. Sormani.
Per il B., le società operaie di mutuo soccorso non dovevano "occuparsi di politica". Egli sosteneva inoltre che tali società "come istituzioni fondate su principi di economia... non solo non hanno scopi che possono adombrare il governo e le classi dei possidenti, ma riescono di utilità grandissima anche perché collegano gli interessi dell'operaio alla stabilità e alla durata degli ordini costituzionali, rimuovendo i pericoli di quelle perturbazioni sociali che funestano i paesi dove la previdenza popolare non aveva ricevuto ampio e saldo ordinamento" (Le società operaie..., p. 48). A sostegno della sua tesi il B. non esitò ad entrare in polemica diretta con Mazzini, scrivendo sulle colonne della torinese Gazzetta del Popolo, promotrice della istituzione della società operaia torinese.
Con l'estensione dell'organizzazione del nascente movimento operaio a tutto il territorio nazionale in seguito al raggiungimento dell'unità nazionale, la frattura tra le due opposte correnti divenne insanabile, finché si giunse attraverso una complessa vicenda alla scissione.
Se al congresso di Milano (ottobre 1860) il gruppo piemontese era ancora riuscito a far prevalere, sia pur di misura, le sue idee, al congresso di Firenze dell'anno successivo i democratici e i mazziniani ebbero il sopravvento. Nonostante l'opposizione della corrente conservatrice capeggiata dal B. - che assieme a quasi la metà dei delegati abbandonò i lavori - il congresso votò l'unificazione delle società in un organismo nazionale e fece propria la rivendicazione del suffragio universale.
Subito dopo il congresso, per iniziativa del B., la società operaia di Torino scatenò una violenta campagna antimazziniana, sostenuta da tutta la stampa governativa, e nell'ottobre del 1861 diffuse un appello a tutte le società d'Italia nel quale definiva illegale il congresso fiorentino e proponeva la convocazione di un altro congresso ad Asti. L'appello, di una intransigenza estrema, voleva provocare chiaramente una scissione. Tuttavia - per l'influenza soprattutto dei Boldrini - il congresso di Asti, svoltosi quaranta giorni dopo quello di Firenze, sfociò in un comunicato a carattere conciliativo. Dal congresso fu nominata una giunta di sette membri - nella quale fu compreso il B. - incaricata di prendere contatto con la commissione permanente eletta a Firenze: risultato fu una convenzione con la quale i moderati accettavano la validità del congresso di Firenze. Il contrasto, tuttavia, era lungi dall'essere stato sanato. In una situazione di fatto ormai cristallizzatasi - in molte città si erano già costituite due opposte società - si svolse il decimo congresso (Parma, ott. 1863). Qui la tesi della apoliticità sostenuta dalla corrente moderata fu definitivamente sconfitta; in seguito a ciò la società operaia di Torino decise di non riconoscere i deliberati dei congressi, rendendo così definitiva la scissione.
Nei congressi promossi successivamente dai moderati (Roma 1872, Bologna 1877, Bologna 1880, Roma 1882), quando dopo il 1864 anche la linea democratica mazziniana subì un rapido declino di fronte al nascente socialismo, risultò accentuato il carattere filogovernativo; la discussione si svolse eminentemente su progetti governativi di riconoscimento giuridico delle società. Al congresso del 1882, che si svolse con tutti i crismi dell'ufficialità governativa, fu presente anche il Boitani.
Il B., con il declinare dell'attività mutualistica torinese, aveva ripreso la carriera ministeriale. Divenuto segretario al ministero delle Finanze, nel 1865 lasciò Torino per trasferirsi a Firenze e poi a Roma, dove divenne capo divisione.
Morì a Roma il 13 maggio 1888.
Fonti e Bibl.: G. Boitani, Le società operaie di Torino del Piemonte. Sunto storico dal 1850 al 1865, Roma 1883, pp. 8 ss., 15-19, 35 s., 73, 81, 89, 91, 96-99; G. Manacorda, Il movimento operaio italiano attraverso i suoi congressi 1853-1892, Roma 1953, pp. 28 n., 40, 49, 56 s., 58 n., 149; E. R. Papa, Origini delle società operaie, Milano 1967, ad Indicem.