BOSCHI, Giuseppe
Nacque a Roma intorno al 1760. Nulla sappiamo della sua attività sino al 1783, anno in cui vinse il primo premio della seconda classe di scultura dell'Accademia di S. Luca con un rilievo, Abramo in adorazione dei tre angeli, tuttora conservato nelle collezioni dell'Accademia, che rivela la sua abilità di modellatore in uno stile tardo barocco sfiorato da spirito neoclassico. Nel 1786 compare nello Stato d'anime di S. Andrea delle Fratte come "scultore aet. 26", abitante nella strada Felice ed è probabile che a quest'epoca egli cominciasse a produrre le statuette in bronzo per le quali è noto. La maggior parte di quelle finora identificate consiste in piccole riproduzioni di statue e busti antichi di poco inferiori per qualità a quelle che nello stesso periodo scolpivano Giov. Zoffoli e F. Righetti: l'Arianna del Vaticano (Londra, coll. privata); il Bacco e Arianna di Marbury Hall (Minneapolis, Institute of Arts); il Sileno (Minneapolis, coll. Anthony M. Clark). Da un inventario dell'inizio dell'800 della coll. Tarnowski in Polonia (Grottowa) si apprende che essa comprendeva bronzi del B. da sculture scoperte a villa Adriana: busti di Bruto e Cicerone e un tripode con la statua di Mercurio. Sul mercato di Londra è apparso nel 1968 un piccolo busto di Caterina II di Russia.
In una lettera, conservata nel Victoria and Albert Museum di Londra, da Roma a Henry Holland, del 10 luglio 1795. l'architetto inglese Ch. Heathcote Tatham scrive che aveva ricevuto preventivi per otto figure equattro candelabri in bronzo da A. Righetti, G. Valadier e Boschi. La sensibile inferiorità del prezzo che era stato chiesto dal B. viene spiegata dallo scrivente col fatto che era lui stesso l'artefice, che non si limitava a dare i modelli ma eseguiva anche la fusione. Da questo, continua la lettera, si sarebbe potuto arguire che il lavoro sarebbe stato difettoso, ma forte del sostegno di Angelica Kauffmann e di suo marito Zucchi, nonché del Canova, del Visconti e di G. Bonomi, l'architetto commissionò il lavoro al Boschi. Ma di esso non ne resta traccia come di un orologio fatto per lady Spencer, su disegno di lei, ricordato nella stessa lettera.
Come altri esecutori di statuette in bronzo suoi contemporanei a Roma, il B. fu anche orefice: nel 1792 figura tra i lavoranti dell'università degli orefici; nel 1800 e nell'anno seguente fu denunciato insieme con A. Pagani per tenere bottega senza patente, in via Gregoriana "incontro al giardino". Il 27 luglio 1806 fu ammesso alla prova di maestro (Bulgari).
Tuttavia pare che lavorasse per lo più in bronzo: il Guattani, nel 1808, nomina come eseguiti di recente un Mercurio da quello del Giambologna e una Ebe dal Canova; menziona anche dei bronzi - non specificati - per il "commendatore Demidoff" e un "gran desert" per il ministro di Spagna. Abitava allora a via Gregoriana 40. Il B. sposò una sorella dello scultore V. Pacetti che il 10 nov. 1805 lo fece ammettere alla Congregazione di S. Giuseppe dei Virtuosi del Pantheon; da una lista dei soci sappiamo che era ancora vivo nel 1821.
Fonti eBibl.: Roma, Archivio del Vicariato, St. delle Anime, S. Andrea delle Fratte, 1786; Londra, Victoria and Albert Museum, Gabinetto delle stampe e disegni, ms. 92 d. 28; Roma, Ist. per la storia del Risorg. ital., bb. 654-5: Diario di V. Pacetti (ms.); G. A. Guattani, Memorie enciclopediche, Roma 1808, III, pp. 5 s.; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, I, 4, Parma 1820, p. 219; A. de Champeaux, Dictionnaire des fondeurs ciseleurs, Paris 1886, p. 155 (cita un bronzo dall'antico firmato "Joseph Boschi fecit Roma 1610", con tutta probabilità lettura errata per 1810); C. Drury-E. Fortnum, Bronzes, London 1877, p. 109; H. Lüer-M. Creutz, Geschichte der Metallkunst, Stuttgart 1904, p. 546; V. Golzio, Le terrecotte della R. Accademia di S. Luca, Roma 1933, pp. 27 s.; K. Grottowa, Zbiory Sztaki J. F. i W. Tarnowskich, Wroclaw 1957, pp. 90, 123; C. G. Bulgari, Argentari gemmari e orafi d'Italia, I, Roma, 1, Roma 1958, p. 200; H. Honour, After the antique: some Italian bronzes of the eighteenth century, in Apollo, LXXVII (1963), pp. 194-200; H. Hawley, Neo-classicism: style and motif, New York 1964, n. 103.