BRAMBILLA, Giuseppe
Nacque in Como, da Giambattista, agiato negoziante, e da Maria Bossi, di Balerna nel Canton Ticino, nel luglio 1803; e dalla madre religiosissima fu avviato, dopo la prima istruzione nelle scuole comasche, alla carriera ecclesiastica presso il seminario. Quivi il B. insegnò retorica dal 1824 al 1828, ma per il suo carattere aperto e per i suoi sentimenti patriottico-liberali venne tosto a grave dissidio con le autorità ecclesiastiche. Solo nel '47, alla morte della madre, depose l'abito, eppure già dieci anni prima, in una lettera (ora perduta) a Pietro Giordani, aveva confessato la gravità dolorosa della battaglia in cui era impegnato. Nel 1838 e nel 1845 gli fu offerta per l'intervento di Raffaele Liberatore presso l'arcivescovo di Monreale, monsignor Balsamo, la cattedra di eloquenza nel collegio dei benedettini, ma il B. rifiutò l'una e l'altra volta per non staccarsi dalla madre; la sua nomina a direttore della biblioteca municipale di Como fu invece cassata nel 1846 dalle autorità austriache e il 1º ott. 1847 fu arrestato per delazione o denunzia (scrisse il B. medesimo nel 1862) di "due preti. L'uno dei quali ancor vive, pregando all'altare il ritorno della barbarie; l'altro morì consolato del mio perdono e del mio silenzio".
Tradotto a Milano "per delitto di Stato" - soprattutto la collaborazione a giornali di fuorusciti - e liberato durante le Cinque giornate il 20 marzo 1848, il B. sperimentò in quei frangenti la solidale amicizia di Gabrio Casati e di C. Cattaneo. Restituitosi alla sua Como il 24, vi fondò e diresse il locale foglio patriottico, Il Lario, fino al ritorno della dominazione austriaca e all'esilio (agosto 1848) in Lugano: donde, negatogli il diritto d'asilo, riparò in Piemonte, e fu professore di lettere italiane e storia al liceo di Chieri fino al 19 luglio 1859. Rifiutata la cattedra di letteratura latina all'università di Pavia, offertagli dal governo sardo per tramite di Achille Mauri, ottenne, invece, d'essere preside del liceo di Como fino al 1868, quando il prefetto Scelsi ne raccomandò il trasferimento ad altra sede. Rifiutata, come poco prima il Carducci, la cattedra di letteratura latina all'università di Napoli offertagli dal ministro Broglio, dopo due anni di aspettativa accettò dal ministro Correnti la nomina a preside del liceo di Alessandria: donde tornò pensionato nell'83 a Como; e quivi, nel sobborgo di Capiago, si spense il 5 genn. 1886.
Il B., che aveva iniziato la propria attività letteraria nel 1828con una cantica in morte del Monti (e del Monti sentì sempre l'influsso nella tecnica del verso e nella struttura dei suoi poemetti, ma non senza successivi echi foscoliano-aleardiani), alternò gli studi lessicali all'epigrafia italiana (dettando elogi del Giordani, del Mazzini, di Abbondio Sangiorgio, ecc.), la filologia classica (versioni da Seneca, del Moretum pseudo-virgiliano, di Claudiano, delle Metamorfosi di Ovidio, ecc.) all'illustrazione storico-poetico-artistica dei monumenti comaschi, la poesia latina (versione dei Sepolcri)e italiana alla critica storica e letteraria (donde le sue prese di posizione contro il Mommsen e, per la questione della lingua, contro il Manzoni). Già i tre canti della cantica sull'Italia (Como 1862)ripetono motivi della storiografia neoguelfa nell'esaltazione dei Gracchi, della guerra sociale e di Spartaco, antecedenti remoti dell'epopea unificatrice sabauda e della prossima celebrazione nazionale italiana del secentenario dantesco. La versione delle Trasformazioni (la cui editio princeps è la daelliana del 1863, dopo che l'Introduzione era già uscita sul Politecnico del Cattaneo) riflette un chiaro proposito di opposizione non tanto al Romanticismo, di cui il B. accolse e rifletté il meglio, quanto alle malsane degenerazioni esterofile della peggiore scapigliatura lombarda: "Niuno potrà biasimarmi di avere, con qualche nuova melensaggine forestiera, cooperato a soffocare in Italia lo spirito nazionale; che le mancò per la sua medesima ignavia". Assai meno letta ed elogiata della versione ovidiana, ma scrittura assai più importante, è la Lettera su la Storia romana di T. Mommsen (Como 1869). Qui, differenziandosi radicalmente dall'antimommsenismo accademico-nazionalistico della coeva critica italiana, cui pur cedette nel programma d'un suo non mai uscito settimanale Orbilio, dove il Mommsen è definito "quel pazzo detrattore del genio latino e italiano", il B. non solo tocca sagacemente i punti più criticabili della concezione mommseniana (i traits modernes, la svalutazione radicale della letteratura latina, il "fatalismo", ecc.), ma tenta una ricostruzione del divenire storico di Roma antica in termini di neoguelfismo italiano e di realismo lombardo, da buon discepolo del Cattaneo e del Romagnosi, risalito con la loro guida al Vico e al vichismo. I temi della storiografia risorgimentale (talassocrazia, unità e libertà, cesarismo e anticesarismo) risorgono tutti nel trattatello del B., quasi per una rivendicazione dei motivi del Niebuhr e del Gervinus, per una salvaguardia contro la duplice minaccia del "realismo" mommseniano e del "filologismo" postmommseniano. Per essi il B. tiene un luogo ben alto e suo nella storia della cultura classica dell'Ottocento italiano.
Fonti e Bibl.: Per notizie biobibliografiche cfr. A. De Gubernatis, Dictionnaire international des écrivains du jour, Firenze 1891, p. 400; L. Corio, nell'introduzione all'edizione (Milano 1885, pp. 14-20) delle Trasformazioni;A. Scalabrini, Intorno alla vita e alle opere del prof. G. B., Como 1887; E. Camerini, Profili letter., Firenze 1878, pp. 416-417. Per elogi e critiche alla vers. ovidiana cfr. C. Cattaneo, Scritti letterari, Firenze 1948, II, pp. 190-93; G. Trezza, in Politecnico, XXVI (1864), pp. 149-64; M. Kerbaker, in L. Goracci, Le metamorfosi di Ovidio, a cura di I. Del Lungo, Firenze 1894, II, pp. VI ss. (e cfr. Del Lungo, ibid., I, pp. XIX s.). Per le relazioni con P. Giordani, cfr. A. Bertoldi, Prose critiche di storia e d'arte, Firenze 1900, pp. 262 s.; con le precisazioni di G. Forlini, in Bollettino stor. piacentino, LV (1960), p. 8. Per il trattatello antimommseniano, P. Treves, in Nuova riv. stor., XLII (1958), pp. 185-204.