BRIATI, Giuseppe
Nacque a Murano l'8 genn. 1686 da famiglia iscritta nel Libro d'oro muranese, che da generazioni si tramandava l'arte del vetro. L'8 nov. 1716 venne eletto al Consiglio minore dell'isola e negli anni 1726 e 1727 fu deputato. Tra il 1724 e il 1738 fu gastaldo, sindaco, compagno di gastaldo della scuola dei maestri vetrai di San Nicolò. Come vetraio non ebbe subito successo. Poi, secondo una tradizione non documentata, nel 1733 andò in Boemia e, introducendosi come facchino in una vetreria, imparò i segreti della lavorazione del cristallo, che aveva in parte soppiantato, sul mercato europeo, il vetro di Murano. A Venezia, nel 1736 (11dic.), chiese al Consiglio dei dieci un privilegio di dieci anni per "poter continuare et ampliare la distinta qualità... dei lavori di cristallo finissimo", impegnandosi a non fabbricare i vetri ordinari per non sottrarre lavoro alle altre ditte. Il privilegio fu concesso nel 1737 (23 genn.) e venne successivamente prolungato fino al 1757.
Lui giovanetto, il padre e lo zio del B. erano stati uccisi, per rivalità di mestiere da Muranesi; per questo quando, nel 1739, egli fu minacciato di morte dai concittadini, chiese ed ottenne il permesso di aprire una fabbrica di vetri a Venezia, benché fin dal lontano 1271 le fornaci fossero state concentrate d'autorità a Murano per allontanare dalla città il pericolo degli incendi. Il B. aprì la fornace presso la chiesa del Carmine, al numero 2530 della Fondamenta che ora si denomina Briati. Sempre nel 1739, ottenne il privilegio di comperare il salnitro potassico, da usare per rendere più resistente il vetro incolore, allo stesso prezzo che veniva praticato al governo: avrebbe potuto così diminuire il costo dei suoi manufatti. I benefici apportati al commercio dei vetri veneziani fu tale che il B. ottenne (1757) il rinnovo dell'esonero dal "comparto" (contributo alla cassa di previdenza per i maestri inabili) e il permesso di tenere quanti dipendenti voleva, (il loro numero era, ordinariamente, limitato da regole invalicabili).
Il B. contribuì in modo determinante a risollevare le sorti delle vetrerie venete, che, dopo aver conosciuto un periodo di grande fioritura, erano fortemente decadute. La sua fabbrica divenne famosa per la produzione di vetri soffiati e incisi e di cristalli intagliati "alla moda di Boemia s: ma, mentre nel paesi nordici si apprezzava la purezza della materia, dell'intaglio e della linea, il cristallo del B. fu ricco di colori, di decorazioni spiritose, di riccioli e di fiori (cfr. G. Mariacher, Il Museo vetrario di Murano, Milano 1970, p. 50). Il maestro riportò anche in onore tecniche desuete del vetro muranese, e si specializzò nel fare comici con intagli detti "alla ruota", che incidevano il vetro ben più profondamente della punta di diamante. Anche il Gradenigo lo ricorda più volte nei suoi Notatori:per esempio, alla data 1760 annota che il maestro si accingeva "al lavoro di quattro specchiere grandi con suasa [cornice] somigliante al verde smeraldo, et una altra simile per spedire il tutto a Bologna, e collocare il Ritratto di un famoso generale della Famiglia Maruli".
Altra specialità uscita dalla vetreria del B. furono i lampadari, oggetto creato nel sec. XVIII. Egli s'ispirò a quelli di Boemia, ma caratterizzandoli con rifiniture che davano loro l'aspetto di trionfi di fiori policromi. Spesso v'introdusse motivi ispirati dalle pagode (erano, in quel periodo, di grande moda le cineserie), oppure le braccia che si diramano dal fusto centrale terminando come un delfino. Inoltre le sue fornaci produssero grandi centri da tavola (detti deser, da dessert) ed ogni sorta di oggetti richiesti dalla moda del tempo.
Alcuni suoi oggetti sono esposti nel Museo vetrario di Murano, a Ca' Rezzonico e al Museo Correr; altri si trovano in case private; gli amatori si contendono specialmente i lampadari.
Nonostante il provato disamore dei Muranesi, il B. beneficò la sua isola facendovi costruire, nel 1752, un oratorio e un ospizio destinato ad accogliere dodici donne indigenti, rimaste vedove di maestri e fabbricanti vetrai; l'ospizio Briati esiste ancora a Murano ed ospita ventitré donne povere.
Nel 1705 sposò Angela Santi e, rimasto vedovo nel 1757, sposò, nel 1762, Caterina Licini. Morì a Venezia il 18 genn. 1772 e volle essere sepolto nella collegiata di Santo Stefano di Murano (distrutta nel 1810).
La fabbrica Briati dei Carmini rimase attiva fino al 1808. Nell'Archivio di Stato di Venezia (Inquisitori di Stato, b. 817) si conserva, manoscritto dal "P. Antonius Giandolin", un trattato intitolato Opera chimica cioè studio e lavoro sopra metalli e minerali introdotto ed ampliato dal sig. Giuseppe Briati a maggior beneficio dell'arte vetraria.
Fonti e Bibl.: Quasi tutti i docc. citati sono riportati in R. Gallo, G. B. e l'arte del vetro..., Venezia 1953; ma v. anche G. F. Zanetti, Dell'origine di alcune arti principali presso i Veneziani, Venezia 1758, p. 83; Notizie d'arte tratte dai Notatori e dagli Annali del N. H. Pietro Gradenigo (1748-1774), a cura di L. Livan, Venezia 1942, p. 55;G. A. Moschini, Guidadi Murano, Venezia 1808, pp. 11, 40; V. Zanetti, Guida di Murano, Venezia 1866, pp. 59, 60, 69, 231, 358; B. Cecchetti, Dell'origine e dello svolgimento dell'arte vetraria muranese,in Atti dell'Istituto veneto discienze lettere ed arti, dispensa IV, t. I(1871-72), pp. 1729-1798 (passim:a p. 1729 erroneamente indica il ms. Opera chimica cioè studio elavoro sopra metalli come di G. Giandolin detto Briati);G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia 1915, pp. 98 s.; G. Lorenzetti, Vetridi Murano Roma 1931, pagine non numerate; G.Mariacher, L'arte del vetro, Verona1954, pp. 69, 70; A. Gasparetto, Il vetro di Murano dalle origini ad oggi, Venezia 1955, pp. 71, 117, 122, 123, 126, 132, 133, 137, 230; G.Mariacher, Specchiere italiane, Milano 1963, p. 20 tav. 25 (ritratto del B. su specchio, Murano, Museo);Id.,Vetri ital. del Sei edel Settecento, Milano1965, pp. 15-17, 20, 28, 32, 35; M. Causa, L'arte del vetro, Milano1966, pp. 16-24; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 6.