BUZZI, Giuseppe
Figlio del quadratore Giuseppe Maria (fratello di Elia Vincenzo); mancano dati biografici, ma ci è nota la sua attività di scultore svolta - secondo la tradizione artigianale e artistica della famiglia - per il cantiere del duomo di Milano dove è menzionato dal 29 marzo 1791 al 1835 (Annali, VI, pp. 223, 336).
Nel 1791 era stato scelto il suo disegno per l'altar maggiore della chiesa di S. Maria di Campagna di Piacenza; nella delibera il B., che tradusse egli stesso l'altare in marmo, è indicato come "architetto" (A. Corna, Storia ed arte in S. Maria di Campagna, Bergamo 1908, p. 212). Quando il B. entrò alla Fabbrica del duomo, la carica di protostatuario, incaricato di educare alla scultura i giovani della nuova generazione, secondo i termini del legato Magenta, era tenuta da C. M. Giudici, anch'egli da Viggiù, ma attivo per molti anni a Roma, nell'ambiente del Vanvitelli. A Milano, egli propugnò un superamento delle forme barocche e rococò, attingendo alle fonti lombarde tardo-cinquecentesche. In questo particolare e interessante momento della vita artistica lombarda vanno posti gli esordi del B., da un lato erede della tradizione settecentesca dello zio Elia Vincenzo, dall'altro attento al nuovo clima decisamente neoclassico instauratosi in Lombardia ad opera, soprattutto, di C. Pacetti. L'occasione a questa svolta è data dalla ripresa, frenetica dei lavori dopo il decreto di Napoleone, del 22 maggio 1805, che ordinava di terminare al più presto la facciata del duomo (Annali, VI, p. 259).
Dagli Annali (VI)risulta l'ordine cronologico delle opere del B., delle quali molte non identificate. Diamo qui di seguito solo l'elenco delle statue: Mosè (1792; p. 229); S. Giovanni Evangelista,S. Giov. Battista,S. Giacomo minore (1812; pp. 286, 287; Appendice II, p. 231; alla stessa data, 1812, il Nebbia, p. 289 n. 429, data un S. Severino); i Santi Liberata,Prisca,Crispino (1820; p. 300); Teodosio,Maurizio,Mattia,Antero e Uguccione (1821, p. 303); Zeno,Vittorino,Aurelio e Provino (1822; p. 305); Apollonio (2 statue); Capres,Ammonio,Teo,Beno (1823; p. 308); Secondo (1824; p. 310); Fusia e Silvia (1825; p. 312); Caio (1826; p. 315); Caterina (1827; p. 318); Oceano martire (1828; p. 320); Luciano (1829; p. 322); Salazio (1830; p. 324); Gajana (1832; p. 326); Luciano (1831 pagata in quell'anno ma eseguita l'anno precedente, p. 329; 1834, pagamento di un'altra statua, p. 331); Ciriana e Casina (1835; pp. 334 s., 336). In tutte queste statue è facile riconoscere nel B. il coesistere della tradizione settecentesca e del nuovo gusto neoclassico: esemplari le statue di S. Giov. Evangelista e S. Giacomo minore eseguite del resto su modello di C. Pacetti e caratterizzate da impostazione classica con panneggi armoniosi dalle cadenze lineari e ragionate; il S. Giov.Battista invece, eseguito senza la guida del Pacetti, è costruito su un asse sinuoso di chiaro sapore barocco. Nel S. Severino, per la mancanza di senso plastico e l'esilità della figura, si può pensare a una crisi generata da troppo attenta osservanza neoclassica; il S. Secondo e la S. Silvia sono caratterizzati da un recupero della forma plastica consolidata da un chiaro interesse veristico di marca decisamente lombarda, mentre il S. Caio, il S. Luciano e il S. Salazio obbediscono ormai decisamente alla ritmica neoclassica (Nebbia, nn. 509, 458, 462).
Fonti e Bibl.: Annali della Fabbrica del duomo…, VI, Milano 1885, pp. 223-336 (passim); Appendice II, ibid. 1885, p. 231; U. Nebbia, La scultura nel duomo..., Milano 1908, passim.