CACCHI, Giuseppe
Nacque a L'Aquila intorno al 1535 e dovette fare buoni studi che proseguì probabilmente a Napoli ove risiedette per vari anni entrando in relazione con Orazio Salviani, ottimo tipografo ed editore, che ebbe probabilmente maestro nell'arte della stampa e nella pratica del commercio librario. Divenuto provetto tipografo tornò nella città natale nel 1565 con il proposito di riportarvi la stampa che ne era stata assente per oltre mezzo secolo.
Ci è rimasto il verbale della seduta del Gran Consiglio (Magistratuum reformationes)del 15 giugno 1565 durante la quale il gonfaloniere informò i consiglieri che il concittadino C. aveva presentato un memoriale nel quale richiedeva il consenso ad aprire in città una officina "da stampa" e un negozio di libraio. Messa ai voti la proposta, il Consiglio - dopo aver espresso al C. la sua gratitudine per l'iniziativa che tornava a onore e beneficio della comunità - concedeva al proponente "stadia pagata et da pagare a spese de la ciptà et cinque some da grano annue" col patto "che habbia da portar compagno forestiero et atto al ditto exercitio".
Il Giustiniani, solerte indagatore della storia tipografica del Regno di Napoli, e, sulla sua scorta, altri bibliografi sino al Fumagalli, ne fanno iniziare l'attività nel 1569. Migliori ricerche hanno fatto rinvenire sue edizioni aquilane risalenti al 1566, ossia a poche mesi dopo aver ottenuto il consenso ad aprire la sua bottega.
La prima opera pubblicata fu: Breve historia delle città nobili del mondo et di tutta Italia... con il principio della guerra dei Longobardi; col modo de la elezione dell'Imperatore et la descrizione de l'Africa dell'Asia et Europa. È un in-8º di cc. 40. Il testo è dello stesso C. che si dimostra più che mediocre scrittore. Nello stesso anno diede in luce: Il Frappa,commedia di Massimo Cammello aquilano e La Psiche di Giuseppe Cantelmo duca di Popoli. Negli anni seguenti dové sperimentare quanto le condizioni culturali ed economiche e quanto le vessazioni della censura politica ed ecclesiastica rendevano difficile a L'Aquila una attività editoriale proficua. Nel 1569 decise di tornare a Napoli - pur mantenendo aperta nella sua città la bottega di libraio - e cercarvi miglior fortuna. Nella capitale del Regno la censura era più tollerante, il ceto colto era vasto e poteva assicurare buoni profitti ad un tipografo abile.
La sua prima edizione napoletana fu del 1569: "Apud I. Cacchium et Socios", e di questi soci nulla si conosce, se non che furono occasionali; in quello stesso anno il C. pubblicava da solo L'antiquità,sito,chiese,reliquie et statue de Roma con la Nobiltà di Napoli di L. Contarini. Negli anni successivi pubblicò buone opere di vari autori; si ricordano: G. B. Telesio: De his quae in aere fiunt et de terraemotibus (1570), De mari (1570), De colorum generatione (1570), De rerum natura iuxta propria principia (1572); di U. Foglietta pubblicò Ex universa historia rerum suorum temporum coniuratio I. L. Flisci (1571); ed ancora: B. Rota, Carmina. Egloghe. Rime (1572); C. Anania, La universal fabbrica del mondo (1573); C. Caracciolo, Dieci libri della felicità humana (1574).
Nel 1572, mentre era in piena attività la bottega di Napoli, il C. fu chiamato a Vico Equense dal vescovo Paolo Regio, perché componesse sotto i suoi occhi le due parti delle sue Opere spirituali. L'edizione risultò piena di errori, tanto che il Regio la fece ristampare nell'anno successivo dai Carlino e Pace.
Inspiegabilmente, sul principio del 1574 il C. lascia Napoli e torna a L'Aquila ove riprende a stampare sino all'anno 1583. Di questo secondo periodo aquilano non sono molte le edizioni che meritano ricordo: la Historia del regno di Napoli di Angelo Di Costanzo (1581) è la sua più bella edizione. Nel 1583 il C. si recò a Sulmona cedendo la bottega al figlio Bernardino, cui affiancò come socio Marineo d'Alessandri, che già aveva tenuto bottega in Napoli; ma la ditta ebbe vita breve e quasi inattiva, tanto che si può considerare - con la partenza del C. - chiuso il secondo periodo della stampa aquilana.
Dopo una breve sosta a Sulmona, il C. ritornò a Napoli ove rimase sino alla morte. Gli anni 1583-1593 furono i più fecondi della sua attività editoriale, durante i quali alternò il suo lavoro tra Napoli e Vico Equense ove il vescovo Paolo Regio, scontento degli altri tipografi che aveva sperimentato dopo il C., lo volle per la stampa di alcune sue opere: Delle vite dei Santi... del Regno di Napoli (1586-87); Vita del b. Iacopo della Marcha... e di altri frati Osservanti della Provincia Aquilana (1586); Storia ecclesiastica (1588), tutte edizioni in-folio tipograficamente assai decorose. A Vico Equense stampò anche opere di S. Monti, Rime in lode di Giovanna Castriota (1585) e di G. B. Iasolino, De' rimedii naturali che sono nell'isola di Pithecusa oggi detta Ischia (1588). Un grazioso libretto in-4º è quello de I veri disegni de' marchi di tutte le più famose razze di cavalli che sono nel Regno (1588). Nel 1589 pubblicò Epistolae et orationes di Pietro Gravina e De gestis regum Neapo. ab Aragonia,libri qui extant di G. Albino. Di Giovan Battista Del Tufo stampò successivamente: Natione et costumi di mons. Paolo Regio vescovo di Vico. Il volumetto è privo di data, ma elementi interni chiarissimi ne fan certa la sua pubblicazione nel 1593.
Si ignora l'anno della morte del C., ma è verosimile che questa avvenisse proprio nel 1593.
Fonti e Bibl.: L'Aquila, Bibl. provinciale, Magistratuum reformationes, ms., scaffale K, nº 330, fasc. III;Bologna, Bibl. univers., ms.cartaceo 1344, c. 1; L. Giustiniani, Saggio critico sulla tipografia del Regno di Napoli, Napoli 1793, pp. 146, 151, 157; C. Minieri Riccio,Biblioteca storico-tipografica degli Abruzzi, Napoli 1862, pp. 470 ss.; G. Pansa, La tipografia in Abruzzo dal sec. XV al XVIII. Saggio critico bibliografico, Lanciano 1891, pp. 19 ss.; C. Vecchioni, L'arte della stampa in Aquila, Aquila 1908, pp. 29 ss.; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Firenze 1905, pp. 13, 257, 519, 612; F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze 1953, pp. 25, 34 ss.