CALVETTI, Giuseppe
Nacque a Torino il 27 ott. 1819. Rimasto orfano di padre in tenera età, fece i primi studi al collegio S. Francesco di Torino e più tardi, nel 1831, al collegio del Carmine, diretto dai gesuiti. A soli sedici anni, il 12giugno 1835, entrò nella Compagnia di Gesù a Chieri. Particolarmente versato negli studi matematici, scientifici e filosofici, prima ancora di essere ordinato sacerdote gli venne affidato l'insegnamento di matematica e scienze naturali nello studentato di Cambrai, meritandosi anche, successivamente, l'ammissione nella locale Accademia delle scienze.
I fatti del 1848 lo sorpresero in Piemonte, ove studiava teologia. Espulso dal Regno sabaudo, si recò a Parigi con l'intento di andare missionario in California. Ma il provinciale di Parigi, che temeva per la sua salute cagionevole, lo convinse a restare in Europa, inviandolo, come insegnante, allo scolasticato di Laval. Nel 1850venne mandato in Belgio, a Namur, ove per due anni insegnò fisica e filosofia. La sua vasta preparazione culturale, soprattutto nel campo scientifico e teologico, la conoscenza di molte lingue europee, gli guadagnarono profonda stima negli ambienti della Compagnia, tanto che, nel 1851, egli fu chiamato a Roma dal padre provinciale Serafino Sordi, che probabilmente era stato suo maestro a Torino.
Dopo aver rifiutata l'offerta di una cattedra al Collegio Romano, non ritenendosi in grado di poter bene assolvere l'incarico, venne assegnato alla redazione della Civiltà cattolica. La rivista dei gesuiti era allora diretta dal padre Carlo Maria Curci, la cui posizione, in quel periodo, era diventata particolarmente difficile. I suoi articoli, giudicati violenti, accesi e polemici, non sempre passavano al vaglio della censura, e subivano spesso tagli e mutilazioni. Sul finire del 1853 il Curci si vide costretto ad abbandonare la direzione della rivista, che venne affidata al Calvetti.
Il Curci aveva lasciato a malincuore la rivista, tanto che non mancò di accusare il nuovo direttore di eccessiva tolleranza, di aver dato alla Civiltà cattolica un tono troppo debole, conciliante, privo di quello spirito battagliero che ne aveva distinto il primo periodo di vita. Ma il C., in realtà, riuscì, in un momento assai critico per la rivista dei gesuiti, ad assicurarle una continuità e a darle una forma definitiva, che ha mantenuto fino ad oggi. Riuscì anche ad ottenere il consenso del papa alla costituzione di uno speciale collegio riservato agli scrittori della Civiltà cattolica, secondo una proposta già avanzata dallo stesso Curci.
Non molti furono gli articoli del C. apparsi sulla rivista, ma tutti particolarmente importanti e significativi. Merita di essere ricordato, soprattutto, Congruenze sociali di una definizione dogmatica sull'Immacolato concepimento della B.V. Maria, apparso nel 1852 (s. 1, III, pp.377-96).
In esso l'autore, riprendendo un'idea avanzata dal conte E. Avogadro della Motta, nel volume Saggiointorno al socialismo e alle tendenze socialistiche (Torino 1851), confutava alla radice le dottrine razionalistiche, viste come un male della società, in quanto basate sulla difesa della bontà e piena integrità della natura umana. La definizione dell'Immacolata, il privilegio concesso alla Vergine rivelavano invece, per il C., la infelice condizione dell'umanità, che, avendo perduta la purezza originale, aveva bisogno, per redimersi, di un salvatore divino. Sulla base di tali considerazioni, il C. mirava ad abbinare la definizione dell'Inunacolata alla condanna degli errori moderni e del razionalismo.
Scritto all'indomani del colpo di stato di Napoleone III, l'articolo si concludeva con un omaggio alla Francia, culla della rivoluzione, che era stata la prima a romperla con questa e che additava la strada per una restaurazione ideale della società. L'articolo del C., che venne ripubblicato nel quinto dei nove volumi contenenti i pareri dei vescovi e di altre personalità cattoliche sulla definizione dell'Immacolata, ebbe notevole risonanza anche nella Curia romana e costituì un importante precedente delle condanne culminate più tardi nel Sillabo.Tra gli altri articoli del C. apparsi sulla rivista romana sono da ricordare anche una recensione critica al Rinnovamento di V. Gioberti (s. i, IX [1852], pp. 127-145) e Del progresso filosofico possibile nel tempo presente (s. 2, III [1853], pp. 265-287), con il quale l'autore pose le basi per un più preciso indirizzo neotomistico della rivista. Sotto la direzione del C., infatti, la Civiltà cattolica assunse un deciso orientamento neoscolastico. L'entrata del gesuita piemontese nel corpo redazionale e poi alla guida della rivista fu determinante nel condurre la Civiltà cattolica su questo indirizzo teologico. Si può dire che con il C . la dottrina di s. Tommaso divenne il sostrato delle analisi politiche, economiche, civili e religiose degli scrittori della Civiltà cattolica.
La permanenza del C. alla direzione della rivista fu molto breve. Di fisico delicato, sottoposto agli affanni, alle ansie e alle fatiche che rincarico comportava, cadde gravemente ammalato alla fine del 1854, e venne sostituito dal padre G. Paria. Morì a Roma il 2 febbr. 1855.
Fonti e Bibl.: Civiltà cattolica, s. 2, IX (1855), p. 496; G. A. Patrignani-G. Boero, Monologio di pie memorie d'alcuni religiosi della Compagnia di Gesù, II, Roma 1859, pp. 57-61; A. de Backer, Bibliotèque de la Compagnie de Jesus, I, Paris 1890, pp. 1018 s.; Ch. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus II, Bruxelles-Paris 1891, col. 569; S. Casagrande, De claris sodalibus provinciae Taurinensis S. I. Commentarii, Torino 1906, pp. 37-41; A. Masnovo, Il neotomismo in Italia, Milano 1923, pp. 97, 112 s.; G. Martina, Osservazioni sulle vane redazioni del Sillabo, in Chiesa e Stato nell'Ottocento, Miscellanea…, Padova 1962, II, pp. 426 s.; E. Papa, Il Sillabo di Pio IX e la stampa francese, inglese e italiana, Roma 1968, pp. 26-29; G. De Rosa, Introduzione a Civiltà cattolica, 1850-1945, San Giovanni Valdarno 1971, pp. 43-45, 54-56.