MATTIOLI, Giuseppe Camillo
– Primo di sette fratelli, nacque a Bologna il 10 maggio 1817 da Gaetano, medico, e Luigia Galvani, discendente di Luigi Galvani.
Avviato agli studi umanistici, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, dove si laureò il 25 giugno 1839; nel 1843 fu ammesso a esercitare l’avvocatura. Più incline alle discipline letterarie che non alla pratica forense, il M. fu tra i collaboratori de La Parola, giornale di scienze, arti e belle lettere (1841-44), nelle cui pagine pubblicò le sue prime poesie. Stretta forte amicizia con S. Savini, direttore del periodico, e con G. Galletti, fu da questo avviato alla politica e avvicinato alla Giovine Italia.
Giovanissimo aveva partecipato all’insurrezione del 1831; nel 1843, in occasione dei moti di Savigno, il M. si espose in modo più concreto, tanto da divenire uno dei ricercati dalla polizia pontificia. Arrestato a Bologna il 9 maggio 1844 in seguito al fallimento dell’insurrezione, venne tradotto a Roma e rinchiuso nel carcere di Castel Sant’Angelo. Dopo un anno di reclusione la sentenza della Consulta di Roma lo condannò al carcere a vita da scontare nella prigione romana.
L’elezione al soglio pontificio di Pio IX e il successivo Editto del perdono (16 luglio 1846) ridiedero al M. e agli altri detenuti politici la libertà. Rientrato a Bologna, si avvicinò al gruppo di patrioti che dalle pagine de Il Felsineo (1840-48) sostenevano le posizioni del riformismo del nuovo pontefice. Nel febbraio 1847 iniziò a collaborare con il gruppo democratico di ispirazione mazziniana che si proponeva l’elevazione morale delle classi sociali più deboli e che aveva la sua voce nel giornale Il Povero (1846-50).
Il M. sosteneva che il progresso delle scienze non dovesse essere monopolio di pochi, bensì strumento per favorire l’affermazione di una società più equilibrata in cui vigesse una proficua collaborazione tra lavoratori e imprenditori, tra lavoro e capitale. Queste idee furono espresse dal M. nel maggio 1847, in occasione della venuta a Bologna di R. Cobden, cui dedicò versi dai contenuti sociali (A sir Riccardo Cobden, in Il Felsineo, 6 maggio 1847). Come altri suoi amici bolognesi, tra cui A. Aglebert e G.N. Pepoli, il M. utilizzò il teatro come strumento di pedagogia politica e sempre nel 1847 compose la tragedia lirica Gusmano il buono ossia L’assedio di Tarifa, musicata da M. Marliani e rappresentata nell’autunno dello stesso anno.
Il 1848 segnò per il M. l’ingresso nella politica militante. A spingerlo alla politica fu G. Galletti, suo vecchio amico e compagno di prigionia nelle carceri romane, il quale, allorché fu nominato ministro di Polizia nel primo governo costituzionale voluto dal pontefice dopo la concessione dello statuto, convinse il ministro degli Interni L.C. Farini a designare il M. governatore di Russi nella Legazione di Ravenna. Farini, pur essendo a conoscenza dei sentimenti democratici del M., acconsentì e il 1° maggio 1848 il M. assunse l’incarico, manifestando propositi di concordia politica e sociale pur non rinunciando alla propria fede repubblicana. In realtà continuò a mantenere stretti legami con il gruppo dei democratici e mazziniani bolognesi, rafforzati dalla comune appartenenza al Circolo felsineo, prima, e al Circolo popolare successivamente. Egli stesso fondò a Russi un Circolo popolare, di cui fu attivo presidente e che indirizzò chiaramente su posizioni repubblicane. Nel dicembre del 1848, dopo la fuga del pontefice da Roma, il M. fu tra coloro che sostennero la necessità di convocare subito un’assemblea costituente eletta a suffragio universale e in tal senso sollecitarono il governo provvisorio anche attraverso la pubblicazione di un manifesto approvato da 31 rappresentanti dei circoli popolari, di cui il M. fu uno dei redattori, con cui si chiedevano azioni energiche e risolutive.
Nelle elezioni del 21 e 22 genn. 1849 il M. venne eletto alla Costituente tra i rappresentanti della Provincia di Ravenna, ufficio che non poté esercitare in quanto il 12 dello stesso mese la Commissione provvisoria di governo lo aveva scelto come sostituto di A. Saffi nella carica di preside di Ancona. L’assunzione di tale ufficio segnò l’inizio di uno dei periodi più difficili della sua esperienza politica.
Fin dall’arrivo ad Ancona avviò uno stretto rapporto con la stampa locale e dai fogli cittadini lanciò appelli agli abitanti per il mantenimento di una fraterna e civile concordia, espressione alta dei principî democratici. La proclamazione della Repubblica Romana e l’elezione di G. Mazzini a triumviro fecero pensare al M. di poter essere chiamato a Roma, tanto da dichiararsi disponibile per la carica degli Interni o dell’Istruzione pubblica. Ma i fatti di sangue accaduti ad Ancona a seguito degli scontri fra opposte fazioni politiche e, successivamente, la difesa della città durante il blocco austriaco impedirono al M. di allontanarsi. Tutte le Romagne e le Marche erano interessate da tensioni politiche e sociali, che sfociavano sovente in azioni cruente e mettevano in serio pericolo la Repubblica. Fin dal 25 febbr. 1849 il M. informava il ministero dell’Interno delle deplorevoli condizioni della città e denunciava la presenza di gruppi di sobillatori, chiedendo di rafforzare le insufficienti forze di polizia. La riapertura delle ostilità con l’Austria da parte di Carlo Alberto sembrò cambiare ancora la situazione generale, ma la sconfitta di Novara prostrò le speranze dei patrioti e consentì all’Austria di rivolgere le proprie armi contro i governi democratici che ancora esistevano in Italia. Nel porto di Ancona era concentrata la flotta piemontese che, al momento della firma dell’armistizio, fu richiamata nei territori sardi. Ancona venne così a trovarsi abbandonata a se stessa e fu preda di continui disordini. Da Roma furono inviati in aiuto del M. i patrioti M. Bernabei e F. Dall’Ongaro, che si rivelarono però incapaci di forti provvedimenti e più inclini al compromesso con gli elementi più facinorosi. Di fronte al perdurare della situazione di crisi giunse poi ad Ancona, con l’incarico di commissario civile e militare della provincia, F. Orsini, che operò con durezza proclamando per alcuni giorni lo stato d’assedio e procedendo all’arresto e alla carcerazione di quanti avevano messo in pericolo le istituzioni democratiche cittadine. Rinfrancato, il 30 apr. 1849 il M., per assicurare tranquillità e ordine alla città, istituì un Comitato di pubblica sicurezza, di cui si pose a capo insieme con Orsini e L. Zambeccari, che qui aveva il supremo comando militare. Poco dopo Orsini abbandonò Ancona, che rimase affidata al M. e a Zambeccari proprio nel momento in cui gli Austriaci si avvicinavano e stringevano d’assedio la città. Il blocco di Ancona, iniziato il 22 maggio, si protrasse fino al 19 giugno. In quei giorni, mentre Zambeccari aveva il comando delle operazioni militari, il M. si adoperò per mantenere la calma fra la popolazione, ai cui bisogni provvide con buone disposizioni annonarie, finanziarie e di sicurezza. Ciò nonostante i capi della difesa di Ancona vennero accusati di inefficienza, accusa che pesò sul M. per tutto il decennio seguente.
Il 20 giugno 1849 gli Austriaci occuparono la città, che il M. era riuscito ad abbandonare nella notte precedente per recarsi in esilio in terra greca. Dal 1849 al 1859 il M. visse a Corfù, dove riprese gli studi letterari senza peraltro allentare i contatti con i mazziniani. Rientrato a Bologna dopo la cacciata degli Austriaci il 12 giugno 1859, il M. trovò la città guidata dal partito moderato e finì per essere isolato pur avendo aderito al programma della Società nazionale e accettato il programma «Italia e Vittorio Emanuele II».
Disilluso, affidò a una lettera aperta ai Bolognesi la sua difesa dalle accuse sui fatti di Ancona del 1849: in quelle pagine, rivolte Ai miei concittadini (Bologna 1859), il M. respingeva ogni attacco calunnioso e si scagionava dai sospetti di connivenza con gli autori di delitti e violenze.
Avvertita l’ostilità dei moderati guidati da M. Minghetti, il M. si avvicinò allora al partito d’azione e nel 1860 fu attivo all’interno della società La Nazione, sorta in contrapposizione alla Società nazionale e, soprattutto nel comitato di provvedimento per l’impresa garibaldina nel Meridione, di cui fu presidente insieme con F. Stanzani e A. Aglebert. Partecipe delle operazioni militari nell’Italia centrale nel settembre del 1860, il M., rimasto sempre fermamente repubblicano, pose fine, con questa esperienza alla propria attività politica e cercò un impiego stabile.
Nel 1864 venne nominato preside del r. istituto tecnico di Ancona, incarico che gli venne presto tolto per riduzione dei quadri. Nel 1868 ottenne la nomina a professore di lettere italiane, storia e geografia presso il r. istituto tecnico di Bologna, dove continuò a insegnare fino alla morte. Operò costantemente all’interno della Società operaia di Bologna, alla cui fondazione nel 1860 aveva contribuito assieme all’amico Zambeccari e dove presiedette il comitato d’istruzione istituito nel 1870. Chiamato spesso a prendere la parola in occasione di commemorazioni patriottiche, in pubbliche conferenze e in comizi, fece di quei momenti occasioni per riaffermare gli ideali politici e sociali di Mazzini. Dall’ottobre del 1862 al luglio del 1872 sedette come consigliere sui banchi del Consiglio comunale di Bologna. Nel 1872 sposò Virginia Maria Simoncini, da cui ebbe una figlia. Trascorse gli ultimi anni della vita circondandosi di amici letterati e frequentando le lezioni universitarie di G. Carducci e G. Ceneri.
Il M. morì a Bologna il 1° febbr. 1893.
Tra gli scritti del M., oltre ai numerosi versi – cantiche, odi e sonetti, pubblicati nei giornali cittadini La Parola, Il Povero, Il Felsineo – e a Gusmano il buono, cit., ricordiamo le prose: Necrologia di Savino Savini, in Monitore di Bologna, 9 sett. 1859; Necrologia di Tito Savelli, Palermo 1862; Discorso pronunciato nella piazza dell’otto agosto, commemorazione del XX anniversario di fondazione della Società operaia, Bologna 1880; A Silvestro Gherardi primo preside dell’istituto tecnico Pier Crescenzi, ibid. 1883.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Tribunale della Sacra Consulta, Processi politici, bb. 134, 156 n. 98; Bologna, Arch. comunale, Atti del Consiglio 1862-1872; Ibid., Museo civico del Risorgimento, G.C. Mattioli; C. Rainieri Biscia, Notizie biografiche dell’avvocato G. M., Bologna 1899; G. Natali, Il patriota bolognese G.C. M. (1817-1893). Notizie biografiche e bibliografiche. Documenti inediti, Bologna 1931; A.M. Ghisalberti, Contributo alla biografia di G.C. M., in Il Comune di Bologna, 1932, febbraio, pp. 65-71; E. Gaddi Pepoli, G.C. M. e Gioacchino Napoleone Pepoli (1847-49). Documenti inediti, Bologna 1932; Diz. del Risorgimento nazionale, III, pp. 532 s. (A.M. Ghisalberti).