CANELLA, Giuseppe
Nacque il 28 luglio 1788 a Verona, da Giovanni e da Angela Perdomi. Fu avviato alla pittura dal padre (nato il 13 ag. 1750, morto il 30 dic. 1847), attivo a Verona come architetto e scenografo, del quale conosciamo solo il progetto (1802) per la parrocchiale di Sanguinetto terminata nel 1834 (L. Simeoni, Verona..., Verona 1953, pp. 87, 307). Come scenografo esordì anche il C., che dovette dimostrarsi molto precoce, perché fin dal 1802 il suo nome compare nei documenti d'archivio accompagnato dalla qualifica di pittore. Ma presto caddero in dimenticanza i suoi lavori di carattere decorativo, eseguiti a tempera per scene di teatro, o a fresco in alcuni palazzi di Verona. Cominciò, invece, ad attirare l'attenzione del pubblico dedicandosi al paesaggio e, in particolare, a quel tipo di "veduta" di città, che aveva raggiunto i più alti livelli d'arte nell'opera dei grandi veneziani del Settecento, e si era, continuata fino al principio del nuovo secolo, esaurendosi nella superficiale vivacità descrittiva di G. B. Bison e nel suo patetismo blandamente preromantico. A questo filone si rifà, come numerosi paesisti veneti del tempo, anche il C., come appare dalle sue tele che ancora si conservano a Verona, nella Galleria d'arte moderna. Ma se là egli non pare fuori posto nel gruppo dei minori "romantici", neppure ci sorprende il ritrovarlo affiancato a neoclassici nella civica Galleria d'arte moderna di Brescia: così eclettica si dimostra la sua maniera in cui la facile piacevolezza non riesce a mascherare la modesta personalità del pittore; appunto a tale accomodante eclettismo, tuttavia, il C. è debitore dei suoi facili successi e dell'onore di una tomba in S. Croce, a Firenze.
A Milano, nella biblioteca del Castello Sforzesco, si conserva un'autobiografia manoscritta del pittore, che ci permette di seguire tutta la sua carriera. Dopo un soggiorno a Mantova (1811-1815) egli passò a Venezia, dove si fece particolarmente apprezzare come pittore di marine. Non però contento di quanto gli poteva offrire l'ambiente veneto, si trasferì prima a Milano dove espose nel 1919 all'Accademia di Brera tre paesaggi a tempera, onorevolmente citati dalla giovane critica romantica (in IlConciliatore 5 sett. 1819, a cura di V. Branca, III, Firenze 1954, p. 289). Quindi intorno al 1820 si imbarcò in cerca di nuovi temi verso la Spagna, che la moda romantica vedeva come fonte inesauribile di poetiche ispirazioni. Nel 1823 giungeva a Parigi, dove lavorò per alcuni anni con profitto; ai Salons del 1826 e del 1827 espose alcune vedute della città, che vennero acquistate dal duca d'Orléans (il futuro Luigi Filippo), e fruttarono all'autore la medaglia d'oro (nei musei parigini Carnavalet e Nissim de Camondo e in quello di Saint-Denis sono conservate tavolette con vedute urbane francesi: vedi Bassi Rathgeb, 1959). In quel periodo il C. compì anche viaggi in Alsazia, in Normandia, nel Baden, in Olanda. Ne riportò dipinti come la Tempesta sulla costa di Scheveningen,Strada nel granducato di Baden (Milano, Brera) e un album di vedute parigine, di buon effetto prospettico, attribuibile al 1830 (proprietà della Galleria d'arte moderna, a Milano, oggi nella raccolta di disegni del Castello Sforzesco: vedi Pittaluga); un taccuino di disegni di propr. Litta Arese è stato venduto da Christie's a Roma nel 1971. Pur continuando a viaggiare attraverso l'Europa e l'Italia, il C. stabilì la sua residenza a Milano nel 1832, affermandosi accanto ad Angelo Inganni come pittore di vedute.
Benché egli sia, senza dubbio, il meno dotato dei due, acquistano valore di documenti storici le sue tele che ci conservano scorci e angoli tipici della Milano ottocentesca, oggi quasi completamente distrutta (La corsia dei Servi, al Museo di Milano). Nel 1833 espose a Brera una tela con Piazza Fontana (già del Verziere), che fu poi riprodotta in incisione da J. J. Falkeisen. Nominato consigliere dell'Accademia di Brera dall'imperatore Ferdinando I, il C. rifiutò una cattedra offertagli dall'Accademia veneziana, preferendo all'insegnamento la vantaggiosa condizione di pittore alla moda nella capitale del Lombardo-Veneto; condizione che gli permise di figurare ripetutamente alle esposizioni ufficiali di Vienna, e di presentarsi con lusinghiero esito in quelle dell'Accademia di Berlino. Negli anni tardi la miniatura e la pittura ad olio si avvicendarono nell'attività del C., che ormai non si limitava più ai paesaggi e alle vedute urbane (Lungo il fiume Adige, olio su tela, firmato e datato 1847: Cat. Finarte, 16 nov. 1972, Milano 1972), ma si cimentava pure nel ritratto (Autoritratto nello studio, ritratto del pittore viennese Von Amerling:Milano, Galleria d'arte moderna). I dipinti del C. facenti parte della collez. Bassi Rathgeb sono stati donati al comune di Abano Terme.
Il C. morì a Firenze l'11 sett. 1847.
Anche il fratello Carlo (nato a Verona il 6 apr. 1800) fu pittore di vedute, molte delle quali sono comparse recentemente sul mercato. Due del Duomo di Milano sono nel Civico Museo Revoltella di Trieste e F. Firmani, nella breve scheda nel catalogo (Trieste 1970, pp. 35 s.), dice che dal 1847 si stabilì a Firenze.
Bibl.: C. Trecca, in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, Leipzig 1911, pp. 497 s. (con ampia bibl. precedente); G. Nicodemi, in Encicl. Ital., VIII, Roma 1930, p. 722 (con bibl.); Bergomum, L (1956), 4, pp. 113, 116;R. Bassi Rathgeb, Il pittore G. C., Bergamo s.d.; Id., G. C. pittore della Parigi romantica, in Arte figurativa, VII (1959), 1, pp. 35-37; M.Pittaluga, L'Album parigino di G. C., in Antichità viva, XI (1972), 1, pp. 27 ss.;Id., Un altro album...,ibid., 3, pp. 23 ss.