CAPPI, Giuseppe
Nacque a Castelverde (Cremona) il 14 agosto del 1883 da Ercolano, un medico condotto, e da Anna Giudice. Frequentò il liceo di Cremona, iscrivendosi in seguito al collegio Ghisleri di Pavia, dove si laureò in lettere. Continuò gli studi presso l'università di Genova, dove, nel 1908, conseguì una seconda laurea, in giurisprudenza. Abbracciò, quindi, la carriera forense, esercitando la professione a Cremona.
Sin dagli anni universitari il C. aveva aderito al movimento cattolico, entrando a far parte della Federazione universitaria cattolica italiana: nel1905lo troviamo al congresso nazionale degli universitari cattolici, svoltosi a Milano dal 26 al 29 agosto. A Cremona si legò al movimento sindacale "bianco", che si raccoglieva intorno al periodico L'Azione, diretto da Guido Miglioli e a cui collaboravano, anche, G. Speranzini, R. Cocchi, A. Banderali e altri. Pur condividendo la linea di questo gruppo, che organizzava lotte contadine ed era portavoce dell'ansia di riscatto delle plebi rurali della Valpadana, propugnando una più attiva presenza dei cattolici a difesa delle istanze del proletariato, il C. rappresentò, all'interno del gruppo cremonese, un elemento di equilibrio, cercando spesso di contenerel'impetuoso temperamento del Miglioli.
Candidato alle elezioni anministrative del 1910, nel mandamento di Casalbuttano, risultò eletto consigliere provinciale con 1158 voti contro gli 813 del suo avversario, il socialista L. Bissolati. Non ebbe successo, invece, la sua candidatura nelle elezioni politiche del 1913:pur ottenendo un ottimo risultato (4243voti), dovette cedere il passo al radicale Bertesi.
Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale in fanteria e nei mitraglieri, nel 1919 aderì al Partito popolare italiano fondato da L. Sturzo, schierandosi nella corrente di sinistra del partito. Nello stesso anno fu candidato alle elezioni politiche, ma non risultò eletto. Nominato consigliere nazionale del partito popolare al congresso di Napoli (8-11 apr. 1920), ricoprì questa carica ininterrottamente fino al novembre 1926, allorché il partito venne sciolto dal fascismo. Al congresso popolare di Venezia (20-23 ott. 1921) lo troviamo tra i firmatari della relazione della minoranza di sinistra, assieme a G. L. Colombo, A. Piccioni, e G. Quarello. Nella relazione si chiedeva un maggior impegno del partito a sostegno delle classi lavoratrici e soprattutto del mondo contadino. Attiva, in questo periodo, fu la collaborazione del C. al periodico torinese diretto da A. Piccioni, Pensiero popolare e al settimanale milanese Il Domani d'Italia, diretto da F. L. Ferrari, che furono l'espressione della tendenza più sinceramente democratica del popolarismo.
Di fronte al pericolo fascista, il C. divenne fautore di una più stretta collaborazione parlamentare tra popolari e socialisti, già realizzata a Cremona sul piano locale, sindacale e amministrativo (patto di Cremona, 10 marzo 1922). La sua azione politica si fece più intensa dopola marcia su Roma, allorché prese un deciso atteggiamento contro la collaborazione dei popolari al primo gabinetto Mussolini (vedi gli articoli: Per orientarci, in L'Attesa, 18 nov. 1922 e La lettera di Cappi, in IlDomani d'Italia, 24 dic. 1922 ). Nei primi mesi del 1923 aderì alla formula "collaborazione all'impiedi, sì; collaborazione in ginocchio, no", che sarà alla base della relazione di L. Sturzo al congresso popolare di Torino (12-14 apr. 1923) e che provocherà l'uscita dei popolari dal governo Mussolini. Il 20 maggio 1924, in occasione della nomina di De Gasperi a segretario politico, il C. entrò a far parte anche della direzione del partito popolare.
Durante il ventennio fascista rimase intransigente nella sua opposizione. Abbandonò completamente l'attività politica e si dedicò esclusivamente alla sua professione di avvocato a Cremona. Dopo il periodo clandestino, durante il quale era entrato in contatto con le organizzazioni cattoliche antifasciste, aderì alla Democrazia cristiana. Il 27 apr. 1946, al primo congresso del partito venne nominato consigliere nazionale. Il 2 giugno 1946, candidato alle elezioni per l'Assemblea costituente, venne eletto deputato nella circoscrizione di Mantova.
I lavori dell'Assemblea costituente lo videro particolarmente impegnato, in quanto entrò a far parte della commissione dei settantacinque, adoperandosi attivamente nei lavori per l'elaborazione della carta costituzionale, ai quali portò il contributo della sua esperienza e preparazione giuridica.
Il 18 apr. 1948 venne eletto deputato al Parlamento nelle liste democristiane per la circoscrizione di Mantova-Cremona. Alla Camera ricoprì, fino al 3 febbr. 1949. la carica di presidente del gruppo parlamentare della Democrazia cristiana. L'11 genn. 1949, a seguito delle dimissioni di A. Piccioni, il consiglio nazionale del partito lo elesse segretario politico. Accettò solo dopo le vive insistenze di De Gasperi. Rimase in carica per pochi mesi, sino al 21 giugno 1949. In questo breve periodo egli cercò di imprimere al partito una linea unitaria.
Ai giovani del gruppo di Dossetti, pur condividendone l'ansia di rinnovamento e di più avanzato programma sociale, indicò il dovere di misurare gli impulsi e valutare le difficili condizione storiche del momento e il rischio di una frattura del partito.Eletto nuovamente deputato nelle elezioni del 1953, rimase in carica per soli due anni, in quanto, il 30 nov. 1955, il Parlamento gli conferì l'incarico di giudice della Corte costituzionale. Nel 1961, dopo la morte di Gaetano Azzariti, venne eletto presidente della Corte costituzionale; nell'ottobre 1962 fu però costretto a rassegnare le dimissioni per motivi di salute. La Corte, allora, gli conferì la presidenza onoraria.
Il C. morì a Roma il 12 luglio 1963.
Fonti e Bibl.: I deput. e i senatori del II Parlam. repubbl., Roma 1954, pp. 72 s.; Atti e documenti della Democrazia Cristiana, Roma 1968, passim; Gli atti del congr. del Partito popol. ital., a cura di F. Malgeri, Brescia 1969, passim; Improvvisa morte dell'on. C., in Il Popolo, 13 luglio 1963; A. Fappani, G. Miglioli e il movim. contadino, Roma 1964, passim;M. G. Rossi, F. L. Ferrari dalle leghe bianche al partito popolare, Roma 1964, passim;G. De Rosa, Storia del movim. cattolico in Italia, Bari 1966, II, passim; L'Azione. Antologia di scritti 1905-1922, a cura di C. Bellò, Roma 1967, passim; G. Spataro, Idemocratici cristiani dalla dittatura alla Repubblica, Milano 1968, passim; F. Malgeri, Il P.P.I. dalla marcia su Roma al congresso di Torino, in Ilpartito popolare. Validità di un'esperienza, Milano 1969, pp. 421-41; G. Baget-Bozzo, Ilpartito cristiano al potere, Firenze 1974, passim.