CAPRIN, Giuseppe
Nato a Trieste il 16 maggio 1843 da Giuseppe, operaio, e da Teresa Guardianich, aveva studiato presso la locale Accademia del commercio.
Gli eventi del 1859 determinavano di riflesso un miglioramento delle autonomie triestine, e le conseguenti elezioni amministrative rafforzavano notevolmente il nuovo corso. Tutto un insieme di mutamenti nella conduzione della cosa pubblica rianimava i sentimenti d'italianità, rinnovando l'interesse per gli affari civici e regionali: furono elaborati progetti di riforme, istituite nuove scuole medie comunali, incrementati musei e biblioteche, fondati nuovi giornali.
In questo quadro di entusiasmo, il giovane C. venne attratto dal giornalismo. Abbandonata l'attività commerciale, egli si impiegò nello stabilimento tipografico del Lloyd Triestino, che stava allora ultimando la collana a dispense dei classici italiani. Prendeva anche a collaborare a giornali triestini e di altre città, fondando nel contempo un foglio proprio, Il Pulcinella (18 giugno 1864-21 genn. 1865), la cui prosecuzione fu L'Arlecchino (4 febbr. 1865-6 genn. 1866), affiancato per poco dal bimensile Il Pulcinella politico (22 luglio 1865-30 sett. 1865), trasformatosi ne Il Pulcinella politico di Trieste che uscì fino al 17 febbr. 1866. Nello stesso periodo dava vita ad altri tre periodici analoghi (ancora Il Pulcinella,Il Pulcinella Fenice e Il Pulcinella del popolo, vissuti non oltre il '66), che nell'abile seguirsi della pubblicazione formarono un unico settimanale onde sormontare gli ostacoli delle leggi sulla stampa, mentre, al divieto di trattare di politica si ovviava con mille astuzie ed espedienti (apologhi, indovinelli, e altri passatempi dalle allusioni più o meno evidenti).
Nel 1866 lasciò Trieste simulando di trasferirsi a Ravenna per ragioni di lavoro, e si arruolava a Bari nelle file garibaldine; a Bezzecca venne gravemente ferito. Ristabilitosi, nonostante allettanti offerte di lavorare altrove, tornò nella propria città beneficiando di un'amnistia. Entrò allora (1867) a far parte della redazione del quotidiano liberale di Trieste, Il Cittadino. Nello stesso tempo fondava un giornaletto settimanale, intitolato ad una macchietta locale, Sior Bortolo Tacchi, che ebbe brevissima vita (23 marzo 1867-17 ag. 1867). L'interesse del periodico consiste nelle originali soluzioni grafiche, in geniali illustrazioni allusive ottenute mediante la composizione tipografica utilizzando ogni sorta di fregi e di rigature. La passione del C. per l'arte tipografica e per l'editoria ebbe modo di rivelarsi in termini veramente insoliti per quell'epoca.
Le riforme concesse dall'Impero asburgico dopo la guerra del 1866, che aveva veduto il Veneto ricongiunto all'Italia, ma non le regioni giuliane e istriane né il Trentino, ed in particolare le riforme del '67 e del '68 relative al diritto di associazione e riunione e alla scuola tolta al dominio ecclesiastico, nonché all'allargamento del diritto elettorale, portavano in prima linea il problema della cultura popolare. Se ne preoccuparono gli irredentisti della corrente democratica, e il C. fra essi. In seno alla Società di Minerva, una specie di accademia di scienze e lettere, sorgeva una Società della lettura popolare, per la cui opera il C. si adoperò instancabilmente.
Al centro di questa attività sta il periodico da lui fondato Libertà e lavoro, dal sottotitolo "Organo delle arti e mestieri, dedicato all'educazione del popolo", pubblicato dal 12 ottobre 1867 al 13 marzo 1884. Mediante questo vivace strumento di stampa il C. contribuì in misura decisiva alla maturazione della coscienza nazionale nelle popolazioni italiane della Venezia Giulia e del Friuli. Intanto, nel '68, fondava un proprio stabilimento tipografico insieme con B. Apollonio. La moglie, Caterina Croatto, gli era preziosa collaboratrice. Sulla rivista trattò ogni sorta di argomenti; in particolare manifestò un pugnace spirito volterriano scrivendo contro il fanatismo e la superstizione, ed insistette sui problemi dellaclasse proletaria, specie sul lavoro e sull'istruzione. Al periodico affiancò un almanacco, L'Amico del Popolo, che venne pubblicato dal 1868 al 1878, e che ricorda, in certo qual modo, Il Nipote del Vesta Verde di C. Cattaneo. Nell'almanacco iniziò anche un'attività di narratore, con racconti e novelle di argomento paesano o regionale i cui protagonisti sono quasi sempre persone di umile condizione, se non addirittura diseredati e reietti; e trattò anche un genere che sentiva congeniale per la materia, il racconto storico.
Quest'aspetto della personalità del C. è il risultato, a prescindere dalle doti di fantasia, di un'assidua formazione autodidattica perseguita fin dalla prima giovinezza, di preferenza con letture di poesia ed esercitandosi nella pittura. Orientato, per convinzioni democratiche, verso il realismo di radice romantica, non concepiva la letteratura come fine a se stessa, bensì come mezzo per attingere quegli obbiettivi politici e sociali che gli stavano a cuore; ciò però non infirma la genuinità di non pochi esiti, dovuti ad un estro felice e ad un gusto lungamente esercitato, anche se nel suo linguaggio permangono disarmonie e scorie di differenti modelli non sufficientemente assimilati.
Pubblicò per primo, in opuscolo a sé, un racconto che volle dedicare al padre operaio in segno di gratitudine, Una vittima (Trieste 1870) che è appunto la storia di una creatura emarginata. L'opuscolo, avrebbe dovuto essere il primo di una "Biblioteca popolare di lettura", che però non ebbe seguito, ed il cui programma verteva sui punti della politica culturale condotta dal Caprin. Sei anni più tardi pubblicò una raccolta di novelle, Sfumature (Milano 1876), da una delle quali trasse, su invito di A. Marolin, una commedia veneziana, El relogio del vilagio, rappresentata in quello stesso anno e il cui copione è andato perduto. Indi fu la volta di un altro racconto, A suon di campane (Milano 1877).
Colpisce nella narrativa del C. la ricorrente descrizione di oggetti d'arte, non di rado condotta con minuzia calligrafica e con evidente compiacimento: sono quegli stessi oggetti di cui egli fu appassionato collezionista, manufatti che rappresentavano il miglior frutto di un eccellente artigianato contemporaneo, ma talvolta produzione di epoche lontane. Testimonianze che gli stavano particolarmente a cuore e che lo illuminavano sulla storia della civiltà con maggiore evidenza e suggestione di altre testimonianze e documenti.
L'attività propriamente letteraria del C. fu però soverchiata dall'impegno in campo giornalistico. Dal 1871 data infatti una nuova collaborazione, al giornale Il Progresso fondato da F. Hermet, di cui assunse la direzione nel '73. Frequenti furono i sequestri della polizia austroungarica, che non risparmiò neppure le perquisizioni nella casa del C., divenuto nel '75 unico proprietario della tipografia che nel '78 ampliò notevolmente. Nel 1878 divenne collaboratore, in prevalenza per la politica, del quotidiano liberalnazionale L'Indipendente, assumendone poi la direzione che tenne fino al 1886 (vi svolse un ruolo di particolare rilievo nel difficile anno 1882); sul giornale pubblicò anche i resoconti dei suoi viaggi (a Vienna nell'82, in Germania nell'85, in Spagna nell'86), firmando con l'iniziale Y. (abbreviazione di Yung, suo vecchio pseudonimo).
Della attrazione che sul C. esercitava la storia fanno fede innanzi tutto i suoi studi sulla Rivoluzione francese, argomento che fece oggetto di due conferenze in seguito date alle stampe, Movimento intellettuale in Francia prima e durante la Rivoluzione (Trieste 1878). Altre due conferenze rimaste inedite dedicò pure, nel 1880, a La donna in Francia durante la reggenza di Luigi XV e Da Luigi XVI sino alla presa della Bastiglia. Pubblicò inoltre: Ritagli storici su Luigi Adolfo Thiers (in Libertà e lavoro, 3 ott. 1877, e seguenti) e la commemorazione di Voltaire nel centenario della morte (ibid., XIII [1879], fasc. 6-9), commemorazione da lui tenuta durante una manifestazione popolare indetta dalla Società del progresso a Trieste. Egli scrisse anche un dranuna storico in quattro atti, un prologo ed un epilogo, Il regno di Luigi XVI, ma non gli fu concesso il permesso di rappresentarlo. Questo lavoro, cui assegnava una funzione di propaganda politica, lo impegnò persino in uno scrupoloso progetto di messinscena per amore di fedeltà storica. Del testo non si conoscono che le due ultime scene dell'atto III, che pubblicò molto più tardi (Trieste 1895).
Della storia però il C. amò dare un'interpretazione di preferenza poetica, di farne a suo modo opera d'arte; estendeva così la sua fertile e sollecita attenzione ai fatti di costume ed alle tradizioni popolari, espressione del profondo affetto che nutriva per la sua terra e del suo radicato sentimento di italianità..
Dell'arte italiana, di cui fu entusiasta estimatore e le cui vestigia cercò attivamente nella sua terra, non mancò di dar conto in tante sue pagine. Nella sua abitazione triestina, fornita di unn ricca biblioteca, ricreò fra l'altro unsa "sala veneta" di eccezionale splendore valendosi dei preziosi oggetti che andava collezionando. E ospitò, perché invitati alla Società di Minerva o per altre circostanze, personalità letterarie e politiche di primo piano quali G. Carducci, E. De Amicis, G. Giacosa, F. Cavallotti, G. Gallina, P. Cossa. Di un atto del Gallina, Senza bussola, scrisse anzi il proemio che venne letto dall'attore F. Benini in occasione della prima rappresentatone della commedia alla Fenice di Venezia (1898) e che pubblicò ne L'Indipendente (11 genn. 1898).
Fu socio e animatore delle varie associazioni culturali triestine, spesso nascostamente politiche: della Società del progresso, della Pro Patria, della Lega nazionale (per la lingua italiana), della Società di Minerva, del Circolo artistico, dell'Università del popolo, della Società alpina delle Giulie, dell'Associazione ginnastica. Nel 1890 fu nominato socio dell'Accademia di Udine per i suoi meriti di appassionato illustratore e di assertore dell'italianità del Friuli; e fu anche socio corrispondente dell'Ateneo veneto.
Editore di fine gusto, fondato su di una lunga e geniale esperienza tipografica, pubblicò in una "Collana della Venezia Giulia" le sue opere più ragguardevoli: otto libri sapientemente illustrati con disegni e fotografie, che rappresentavano anche un eccellente contributo al progresso dell'arte grafica.
Sono libri di storia patria che compendiano le sue qualità di storico e di letterato, di innamorato della propria terra nei differenti aspetti, da quelli naturali a quelli artistici: I nostri nonni,Pagine di vita triestina dal 1800 al 1830 (Trieste 1888); Marine istriane (ibid. 1889); Lagune di Grado (ibid. 1890); Tempi andati,Pagine della vita triestina (1830-1848) (ibid. 1991); Pianure friulane (ibid. 1892; ristampa fotostatica, ibid. 1970); Alpi Giulie (ibid. 1895; ristampa fotostatica ibid. 1969); Il Trecento a Trieste (ibid. 1897); L'Istria nobilissima, 2 voll. (ibid. 1905-1907) opera incompiuta pubblicata a cura della vedova.
Per due volte ebbe il premio municipale di storia patria istituito da Domenico Rossetti: nel 1892 per Tempi andati e nel 1902 per Il Trecento a Trieste.
Morì a Trieste il 15 ott. 1904.
Altri scritti: Il Gottardo, in Libertà e lavoro, XVII (1883-84), fasc. 4-6 (è il testo di una conferenza tenuta il 16 febbr. 1883); Documenti per la storia di Grado, in Archeografo triestino, XVI (1890), pp. 162-223, 436-470; XVII (1891), pp. 207-254, 325-362; I dissidi tra i figli di Raimondo VI della Torre,docc. ined..., ibid., XVIII (1892), pp. 80-89; Guerre gradiscane,docc., in Pagine friulane (Udine), VI (1893), n. 1 (estratto di pp. 39); Pietro Zorutti (commemorazione del primo centenario della nascita tenuta a Cividale il 24 sett. 1893; pubblicata in opuscolo per nozze Pitteri-Artelli, Trieste 1895); Pensieri, in Ricordo del VII Congresso della Lega nazionale, Trento 1900 (estr. di pp. 71); Le prime stamperie in Trieste, in IlRisveglio, 24 giugno 1900; IlTeatro Nuovo,XXI AprileMDCCCCI, Trieste 1901.
Fonti e Bibl.: Necrol., in Archeografo triestino, s. 3, II (1905), pp. 193-196; e in Atti della Accademia di Udine, s. 3, XII (1904-1905), pp. 916; G. Vidossich, G. C., in Il Marzocco, 8 febbr. 1903; R. Pitteri, Letteratura della Venezia Giulia: Hortis e C., in Cron. civ. Eleno-Lat., 1º marzo 1903, pp. 237 s.; D. Venturini, G. C., in Pagine istriane, II (1904), pp. 261-271; B. Z. [B. Ziliotto], L'Istria nobilissima di G. C., ibid., III (1905), pp. 149-152; A. Gentille, Il primo secolo della Società di Minerva, Trieste 1910; Id., G. C., in Archeografo triestino, s. 3, VII (1914), pp. 185-214; P. Molmenti, Friuli, in Il Fanfulla della Domenica, 26 sett. 1915; B. Coccani, Un giornale contro un Impero. L'azione irredentistica dell'"Indipendente" dalle carte segrete della polizia austriaca, in Pagine di passione giuliana..., a cura dell'Ist. G. Oberdan, Trieste 1932, pp. 70-73, 105, 112; C. Pagnini, I giornali triestini(saggio bibliogr.), in Archeografo triestino, n.s., XIV-XV (1948), pp. 133-60; XVI-XVII (1949), pp. 363-400; XVIII-XIX (1953-54), pp. 337-60; Id., G. C., in Pagine istriane, s. 3, I (1950), 4, num. spec., pp. 235 ss.; B. Astori, Funzione storica del giornalismo a Trieste, in Rassegna storica del Rinascimento, XXXVIII (1951), p. 231.