CAROZZI, Giuseppe
Nacque a Milano il 29 giugno 1864 da Luigi e da Paolina Maggioni. La famiglia paterna, oriunda di Brivio d'Adda, era proprietaria di vaste zone agricole nei dintorni di Pontida, di filande e dello storico convento ove avvenne il giuramento della Lega lombarda. Da generazioni i Carozzi esercitavano l'avvocatura a Milano. Fin dall'adolescenza, incoraggiato dalla famiglia che seguiva con simpatia l'attitudine del giovane alla pittura, il C. cominciò a prendere lezioni di disegno. Conseguita la licenza liceale al liceo Beccaria, si iscrisse alla facoltà di medicina presso l'università di Torino, ma, accortosi ben presto di non essere portato per tale disciplina, passò alla facoltà di giurisprudenza, sempre a Torino. è di questi anni la scoperta della sua vera vocazione: nel 1886, visitando il Museo civico di Torino, (lettera del C. del 1894, pubbl. da Stella), egli restò colpito dal quadro Aprile di Antonio Fontanesi, che aveva conosciuto anni prima (M. Calderini, A. Fontanesi pittore paesista, Torino 1901, p. 200). L'artista emiliano era nel frattempo scomparso (17 apr. 1882); il C. incontrò uno degli allievi del Fontanesi, Riccardo Pasquini, e da questo cominciò a prendere lezioni di disegno dal paesaggio. Malgrado avesse ormai definitivamente scelto la strada della pittura, continuò, per volontà della madre, gli studi di giurisprudenza, ma passò all'università di Bologna.
Il soggiorno bolognese fu per il C. quanto mai felice e ricco di esperienze: la campagna dei dintorni di Bologna fu la prima fonte d'ispirazione diretta dalla natura, e il nuovo maestro fu Augusto Sezanne. è di questi anni un'impressione di paese, Campagna bolognese (Zorzi, tav. I), che già mostra nel giovane artista la capacità del pittore di paesaggio e testimonia chiaramente l'eredità ricevuta dal Fontanesi. Laureatosi in legge, il C. ritornò a Milano, dove, nel 1889, esordiva all'Esposizione permanente con il quadro Piogge autunnali (cat., n. 94). Conobbe L. Bazzaro, e in un primo tempo lo seguì nelle gite per la campagna alla ricerca di spunti per studi dal vero; con lui si recò a Chioggia, dove si entusiasmò ai paesaggi lagunari: qui dipinse IlCanale Lavena, esposto con successo alla I Triennale di Brera nel 1891. Ai soggiorni a Chioggia il C. cominciò ad alternare gite in montagna, attrattovi dal paesaggio alpino, caro al Segantini, al Gignous, al Carcano (a quest'ultimo fin dal '94 era legato da una salda amicizia); le sue mete furono il Mottarone, l'Engadina, il Vallese (Nevicata in montagna, Alto Vallese, Le Dent Blanc, Alti pascoli, esposti alla II Triennale di Brera, 1894; Tramonti sereni, Per acqua, esposti alla I Biennale di Venezia, 1895); continuò tuttavia a recarsi ancora a Chioggia e a dipingere la laguna (Baruffa a Chioggia, esposto alla III Triennale di Brera, 1897, premio Fumagalli; A sera, acquistato per la Gall. naz. d'arte moderna di Roma). Ai temi della montagna e alle visioni lagunari aggiunse nuove ricerche nel campo paesistico, applicandosi agli effetti notturni al chiaro di luna e sulla neve (L'ora di notte, esposto a Torino all'Esposizione nazionale, 1898).
Nominato direttore della "Famiglia artistica" di Milano, il C. nel 1900 organizzò l'Esposizione artistica di Como e l'Esposizione di pittura lombarda del secolo XIX alla Permanente di Milano. Aveva cominciato a esporre all'estero (Monaco, 1895; Berlino, Copenaghen, Pietroburgo, tra il 1898 e il 1901; Parigi, Esposizione universale 1900, dove vinse una medaglia d'argento), e i viaggi a Parigi, in Inghilterra, in Olanda, Belgio, Spagna, il contatto con la pittura dei Francesi, dei divisionisti, determinarono in lui un periodo di meditazione e un'evoluzione anche nella sua pittura. Dal 1902 al 1905 egli lavorò spostandosi di continuo tra Chioggia e la montagna, ma non espose: furono anni dedicati allo studio e alla ricerca di tecniche pittoriche, e tale raccoglimento è testimoniato da appunti che il pittore in quegli raccolse e che sono conservati tra le carte dell'artista. Nel 1905 il C. espose a Monaco (Primavera in Engadina, Valle solitaria)e a Venezia (Vecchia fontana sotto la luna, Armonie del crepuscolo, quest'ultimo acquistato dalla regina). Espose ancora a Venezia (1907, 1909, 1910 e 1912, anno in cui presentò ventidue opere), a Roma e a Monaco nel 1912. In Engadina ricercò i luoghi dove Segantini aveva dipinto, si fermò presso il massiccio di Piz d'Err (Tramonto d'oro, esposto a Monaco nel 1909; Il commiato del sole, esposto a Venezia nello stesso anno); e nel Vallese, presso il Lac Noir, dove dipinse L'Incantatore (esposto a Venezia nel 1912, fu acquistato dalla Francia per il Museo del Lussemburgo di Parigi) e la Catena del Mischabel (Roma, Musei Capitolini). Nell'autunno dello stesso anno viaggiò in Francia, visitò Lione e la campagna cara ai paesisti francesi; si fermò a Optevoz, nella Valle d'Amby, luogo caro al Fontanesi, dove poi tornò più volte.
Nel 1912, all'apice della carriera artistica, il C. venne eletto a far parte della giuria di accettazione della X Biennale, alla quale partecipò con una vasta personale (cfr. Catal., presentazione di V. Pica, p. 91, sala 32, 22 opere; v. anche recens. di L. Coletti in Vita d'arte, V[1912], 2, pp. 136 ss.). Tale mostra dette la dimensione della personalità del C. "pittore della montagna", libero ormai dagli influssi del Fontanesi da una parte, del Segantini dall'altra, pittore sobrio, che trova la sua espressione più autentica nell'architettura severa delle montagne, fatta di masse nude e nette, libere da ogni ricerca di realismo fotografico e da romanticismo. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, nel 1914 il C. tornò a vivere a Milano dove restò, quasi inattivo, fino alla fine della guerra. Nel 1919 tornò a Chioggia, nel 1920 era di nuovo sulle montagne, in Valtellina (espose paesaggi valtellinesi alla Biennale di Venezia, 1920, 1922, e alla gall. Pesaro di Milano, 1921). Nel 1923 si recò sulle Dolomiti. Nel 1926, invitato ad entrare a far parte del gruppo del "Novecento italiano", non accettò, per non legarsi a una scuola.
Cominciava a soffrire di cuore, e gli diveniva sempre più difficile andare in montagna; si stabilì quindi a Milano, dove abitava ed aveva lo studio in viale Vercellina n. 5. Poi, per ragioni di salute, dovette abbandonare anche Milano e trasferirsi, durante la stagione fredda, a Montecarlo. Qui, il 17 febbr. 1938, si spense.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. in H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX. Jahrh.s, I, pp. 393 s., si veda: A. Stella, Ilpaesaggio di G. C., in Natura e arte, XIX (1900-1901), pp. 837-849; A. R. Willard, History of modern art, London 1902, p. 610; N. Barbantini, G. C., in Varietas, VI(1909), pp. 589-95; L. Callari, Storia dell'arte contemp., Roma 1909, p. 313; V. Pica, Artisti contemporanei: G. C., in Emporium, XXXV(1912), pp. 322-38; E. Salvaneschi, Un pittore del tramonto, in Natura e arte, XLIII (1912-13), pp. 217-33; G. Bistolfi, Artisti moderni, G.C., in Nuova Antol., 16 sett. 1913, pp. 245-52; V. Bucci, G.C., Milano 1921; E. Zorzi, G.C., Venezia 1942 (con ampia bibl.; recens. di A. Caffi in IlRegime fascista, 26 febbr. 1943); S. Pagani, La pittura lomb. della Scapigliatura, Milano1955, pp. 536-38; Storia della pittura ital. dell'Ottocento, Milano 1975, II-III, ad Indicem.